Published on Giugno 8th, 2023 | by Massimo Campi
0Lodovico Scarfiotti tra Ferrari e Porsche
L’8 giugno 1968 Lodovico Scarfiotti perde la vita in una gara in salita al volante di una Porsche
Sabato 8 giugno 1968, Rossfeld, Germania meridionale, all’altezza di una secca curva a destra, dopo quattro curve dalla partenza delle prove del “Premio delle Alpi”, la seconda prova dell’Europeo Montagna, una Porsche 910 ufficiale esce rovinosamente di strada a 140 km/h. La leggera biposto precipita in una scarpata lasciando sull’asfalto una nera striscia di 60 metri di frenata. A bordo della vettura c’è, o sarebbe ormai più giusto dire c’era, Lodovico Scarfiotti, l’ultimo pilota italiano vittorioso in un G.P. d’Italia: le ferite alla testa sono gravissime, è la fine.
Scarfiotti era nato il 18 ottobre del 1933 a Torino. Figlio dell’alta borghesia industriale piemontese, suo nonno era uno dei fondatori della Fiat, è cugino di Gianni Agnelli e mostra ben presto una grande passione per le auto e le corse. Il padre Luigi, ingegnere, ex pilota, si trasferisce a Porto Recanati, nelle Marche, dove conduce un cementificio e Lodovico appena ottenuta la patente prende in mano il volante di una Fiat 500C ed ottiene la prima vittoria di classe nel 1952.
Le disponibilità finanziarie, le conoscenze ed il sostegno della famiglia, gli fanno ben presto fare vari salti di categoria. Lo ritroviamo alla 1000 Miglia con una Fiat 1.100 TV preparata dal mago De Sanctis, dove ottiene il successo di classe. Nel 1957 vince il tricolore Gt ed il titolo italiano della montagna con la Fiat 8V Zagato. Nel 1958 conquista 12 vittorie su 14 corse con la Osca 1.100 Sport; prosegue con una Maserati Birdcage in coppia con Nino Vaccarella all’inizio degli anni ’60 e nel 1962 entra a far parte della Scuderia Sant’Ambreus. Conquista il campionato Europeo della Montagna con la Ferrari Dino 2 litri e con la Ferrari corre pure a Le Mans.
Lulù, come viene chiamato dalla stampa, è pronto per le grandi corse mondiali, il suo sogno è quello di correre stabilmente in F.1, ma le grandi soddisfazioni arrivano con le ruote coperte. Il suo nome è un gran passaporto nel mondo delle corse ed Enzo Ferrari lo tiene in particolare considerazione. Nel 1963 parte alla grande vincendo la 12 ore di Sebring in coppia con Surtees, poi arriva secondo alla Targa Florio e trionfa a Le Mans con Lorenzo Bandini. Lodovico Scarfiotti e Lorenzo Bandini rappresentano ben presto il meglio di quegli anni nel panorama dei piloti italiani. Aristocratico il primo, ex meccanico il secondo, entrambi con tanta voglia di vincere e portare alto il blasono dei piloti italiani, dopo la scomparsa dei Musso e Castellotti negli anni ’50. Enzo Ferrari vuole premiare il pilota torinese per la vittoria sulla Sarthe e lo fa debuttare una settimana dopo in F.1 nel G.P. d’Olanda, dove deve sostituire l’infortunato Willy Mairesse. Ottiene il suo primo punto in carriera al debutto, ma poco dopo finisce fuori pista a Reims. Piove, la rossa sbanda, tira giù due pali della luce ad oltre 220 all’ora, brutto incidente, ospedale e stop della carriera. Rientra nel 1964, si è ristabilito, vince la 1000 Km del Nurburgring con Vaccarella, ritorna in F.1 con la Ferrari a Monza arrivando solamente nono. L’anno successivo, il 1965, rivince al Nurburgring e l’Europeo della Montagna con la Dino, ma sono le monoposto la sua grande passione. In Ferrari non c’è posto per lui, il grande vecchio lo vuole solo sulle ruote coperte ed allora corre con la vecchia BRM della Centro Sud di Mimmo Dei ed in F.2 con la Cooper-BRM di Ken Tyrrel. Nel 1966 è al volante della piccola Dino, ottiene diversi podi nelle gare mondiali, ma è anche l’anno del grande successo a Monza dove giunge primo nel GP d’Italia, scortato dal compagno Mike Parkes.
Nel 1967 Scarfiotti è sempre con le rosse, sempre con le biposto, mentre Bandini è uno dei piloti di punta con le monoposto. Lulù è secondo con la P4 a Daytona, nel famoso arrivo in volata voluto da Franco Lini, secondo anche a Monza ed a Le Mans. La rivalità con Bandini finisce forzatamente nel tragico rogo del G.P. di Monaco, dove viene iscritto alla gara con la stessa vettura come riserva. Lulù sale sulla 312 a Zandvoort giungendo sesto, ma con Ferrari sta ormai scrivendo la parola fine. Il Drake, nonostante la gioia di averlo visto trionfare sullo stradale brianzolo l’anno prima, lo vuole solo per vetture coperte. Non vuole che possa succedere un eventuale altro incidente di un pilota italiano su una sua vettura, oltretutto di un personaggio legato alla Fiat con cui sta conducendo l’accordo di collaborazione dopo il grande rifiuto della Ford.
Scarfiotti sceglie un’altra via, via dall’Italia, da quella famiglia diventata imbarazzante ed abbraccia la Porsche. Al via nel Mondiale Marche con le 308 tre litri, in lotta con le potenti Ford GT40 e nell’Europeo Montagna con la leggerissima e pericolosa 910, una speciale barchetta costruita appositamente per le cronoscalate. Solo tre vetture realizzate, 398 kg di peso dotata di una carrozzeria composta da una pelle di plastica di soli 0,5 mm di spessore. Il motore è un 8 cilindri ad aria con oltre 260 cv. Il 2 giugno nella salita di Montsemy in Spagna, Gerard Mitter e primo, Scarfiotti e secondo, ma entrambe le vetture avevano avuto rotture allo sterzo e Lulù aveva confidato ad un amico giornalista le sue perplessità su quelle vetture sempre più leggere. Parole che sono risuonate come macigni solo sei giorni dopo a Rossfield quando la 910 di Scarfiotti è precipitata senza nessun avvertimento nella scarpata e 400 metri dopo, sempre durante le prove, un incidente analogo è capitato a Rolf Stommelen con conseguenti ferite e varie fratture.