Storia

Published on Gennaio 21st, 2024 | by Massimo Campi

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Argentina 1979: ecco De Angelis !

 

Di Carlo Baffi

Ripercorriamo l’esordio del talentuoso pilota romano alla sua prima apparizione nel Circus.

E’ il 21 gennaio 1979, quando sulle scene della Formula Uno fa la sua comparsa un 21enne pilota italiano (il più giovane degli iscritti), messosi in luce nelle categorie addestrative. Si chiama Elio De Angelis, è nato a Roma il 26 marzo del ’58. Al di là delle sue doti tecniche, impressiona per classe e fascino con cui fa breccia sul gentil sesso. E’ cresciuto in una famiglia dell’alta borghesia capitolina e ben presto sviluppa la passione per i motori, oltre a quella per il pianoforte. Inizia coi kart a 14 anni, vincendo il titolo nazionale, piazzandosi 2° nel mondiale ’75 e laureandosi campione europeo nel ’76. Proprio in quell’anno sbarca in F. Italia e in F.3. Dapprima guida una Chevron, poi al G.P. Lotteria di Monza del ’77 passa su una Ralt R1 e vince. Arriva quindi il titolo nazionale che lo promuove in F.2 dove debutta a Misano con una Ralt-Ferrari del team Everest diretto da Minardi. Enzo Ferrari lo nota e lo inserisce in un programma di test a Fiorano, dove nel ’78 gira con la 312 T3 e collauda la 512 boxer per la 24 ore di Le Mans. Ma il sodalizio con il Cavallino dura poco: da una parte non vi sono sbocchi e dall’altra le scarse prestazioni, portano il romano a proseguire la stagione su una Chevron. Con la “B38”, vince il prestigioso G.P. di F.3 a Monte Carlo, facendosi conoscere dalle figure autorevole del Circus. Si fanno avanti Brabham-Alfa, Tyrrell, Surtees e Shadow. E sarà proprio con quest’ultima scuderia che De Angelis farà il suo esordio nella tanto sognata categoria regina. Il palcoscenico è quello dei 5,968 km di Buenos Aires che ospitano il 15° Gran Premio d’Argentina, prima corsa del mondiale ‘79 di F.1.

Il panorama – La nuova stagione si annuncia parecchio interessante e con molti interrogativi. Il modello evoluto della Lotus dominatrice nel ’78, forte dell’effetto-suolo, avrebbe continuato a dettare legge con il Campione del Mondo uscente Mario Andretti e col nuovo arrivato Carlos Reutemann? La Brabham motorizzata Alfa Romeo avrebbe fatto ulteriori passi avanti grazie alla presenza del due volte iridato Niki Lauda? C’è poi la francese Ligier, al suo quarto anno in F.1, che schiera due vetture affidate a Jacques Laffite e Patrick Depailler. Spinta del motore Ford-Cosworth, la JS11 punta a fare il salito di qualità. E la Ferrari? Nel 1978, le 312T3 di Villeneuve e Reutemann avevano avuto poche chances nei confronti delle straripanti Lotus, chiudendo seconde nella classifica costruttori a 28 lunghezze dalla vetta. A Maranello è quindi d’obbligo lottare per il titolo e dalla mente geniale dell’ingegner Mauro Forghieri scaturisce la 312T4. Per via della sua particolare forma molto diversa dalle cosiddette “wing cars” viene ribattezzata ironicamente “la ciabatta”, ma i critici avrebbero dovuto presto rimangiarsi certe ironie. Al funambolo Villenueve è stato affiancato il sudafricano Jody Scheckter, pilota molto coriaceo distintosi nel biennio precedente sulla Wolf.

Le prove – Dopo circa tre mesi di pausa si riaccendono dunque i motori giovedì 18 marzo alle 15 locali e nelle prime prove emergono le due Ligier rispettivamente con Depailler primo e Laffite secondo. A seguire le Lotus con Andretti e Reutemann, poi Jarier con la Tyrrell e Villeneuve con la prima delle Ferrari. Le rosse schierate da Maranello sono due evoluzioni della vecchia 312T3; Scheckter inizialmente figura solo decimo. Grande delusione per le due Brabham-Alfa Romeo con il giovane Piquet 18° e addirittura Lauda 25°, ossia penultimo. Davanti al due volte iridato austriaco e subito dietro a Piquet s’è invece piazzata la Shadow numero 18, quella di Elio. La monoposto gemella, quella affidata all’olandese Jan Lammers è 15^.

La Shadow – Per la verità, il primo a puntare gli occhi sul driver capitolino era stato Ken Tyrrell che l’ha messo pure sotto contratto, ma quando si tratta di farlo debuttare gli preferisce l’esperto Jean Pierre Jarier appoggiato dalla Candy, che al team del “boscaiolo” fa gola viste le difficoltà economiche. Una decisione improvvisa che spiazza Elio, il quale pur facendo causa al manager inglese si ritrova senza un sedile a ridosso del campionato. Gioco forza la scelta ricade sul sedile liberatosi per l’infortunio dello statunitense Danny Ongais. E’ quello della Shadow, la scuderia americana fondata nel ‘68 dall’eccentrico Don Nichols. Parliamo di un ex agente della Cia che aveva prestato servizio per l’esercito statunitense stanziato nel Pacifico e che ama circolare nel paddock avvolto in un mantello nero accompagnato da un cappello a tesa larga in stile cowboy della stessa tonalità. Un look dark singolare, da cui prende vita il logo del team: per l’appunto la sagoma nera di un uomo con capello e mantello. Nel ’78, la Shadow fa parlare di sé non tanto per le performances, bensì per un contenzioso con la Arrows accusata di spionaggio del modello DN9. L’autorità giudiziaria da ragione a Nichols, che però non fa grandi progressi. Non investe e si presenta ai nastri di partenza ancora con il progetto dell’anno prima, motorizzato Ford-Cosworth, salvo qualche piccolo aggiornamento. Ebbene quel volante costa circa 40 mila dollari a gara e De Angelis può permetterselo grazie ai suoi sponsor personali.

La griglia – Le qualifiche confermano il potenziale delle Ligier con Laffite in pole col tempo di 1’44”20 alla media di kmh 206,195 e Dapailler al suo fianco. In seconda fila si piazzano Reutemann e Jarier, a seguire Scheckter e Watson. Vita dura per i big: se il campione del mondo Andretti è settimo, Lauda si qualifica col penultimo tempo per il rotto della cuffia. Niki evita l’onta dell’esclusione con un crono arpionato a bordo della vecchia BT46 prestatagli da Piquet. La sua nuova ed estrema BT47, è rimasta ferma sul tracciato per la rottura del motore provocata da una perdita d’olio. Pure De Angelis è vittima di un guasto al propulsore, ma è sedicesimo e parte dall’ottava fila, facendo meglio di Lammers, quart’ultimo.

Start col botto – Il prologo alla gara non è di buon auspicio. Nel warm-up della mattina, Riccardo Patrese sbaglia la frenata in fondo al rettilineo (prima della chicane Ascari) e la sua Arrows sbatte violentemente contro la fiancata di Piquet e la Williams di Jones. Fortunatamente i piloti sono incolumi. Il padovano, già travolto dalle polemiche per i tragici fatti del G.P. d’Italia dell’anno prima, finisce nuovamente alla sbarra con tanto di riunione tra il Presidente Fisa Balestre, i commissari ed Ecclestone, il boss dell’Associazione costruttori, nonché patron della Brabham, guarda caso l’auto di Piquet. Per Patrese non ci saranno conseguenze disciplinari, ma non prenderà il via per i danni riportati alla propria scocca. Il secondo brivido si materializza appena dopo la partenza, avvenuta alle 18,25 italiane. Le due Ligier prendono la testa seguite da Jarier, quando all’ingresso della seconda curva s’innesca una paurosa carambola. Watson e Scheckter si urtano e si girano. Il sudafricano, che dirà di esser stato tamponato dall’irlandese, rimbalza in pista e viene colpito da Andretti. Inevitabile la conseguente collisione tra alcuni dei concorrenti che stanno sopraggiungendo. Finiscono out Pironi, Tambay, Merzario e di nuovo Piquet. In totale le vetture incidentate sono sette. Scheckter lamenterà una lussazione al polso destro, mentre il giovane brasiliano ad un dito del piede. Insomma un bilancio accettabile, dal momento che con le vetture in piena velocità e cariche di benzina s’è rischiato il dramma. La gara viene sospesa per consentire l’intervento dei soccorsi, il recupero delle auto e la pulizia del tracciato pieno di detriti e rottami. Ci sono pure problemi di ordine pubblico, in quanto i troppi spettatori che si trovano ai bordi della pista (pare siano stati venduti biglietti in eccesso) si sono riversati sul luogo dello schianto creando ulteriore caos. Da qui l’intervento della polizia che allontana tutti, giornalisti compresi. Non mancano le critiche nei confronti degli organizzatori. Lauda punta il dito sui soccorsi parlando di gente inesperta:” Volevano tirare fuori Piquet dall’abitacolo afferrandolo per il casco e quasi lo soffocavano.” Il 26enne carioca, viene però estratto in sicurezza con l’aiuto dell’onnipresente Merzario che tra l’altro s’infortuna ad un braccio. Duro anche il commento di Regazzoni (pilota della Williams) che non risparmia le autorità sportive ed i costruttori per le vetture dotate di un’accelerazione troppo violenta:” Le macchine con le minigonne sono un tentativo di suicidio collettivo.” Nell’occhio del ciclone finisce anche la procedura di partenza troppo lenta che avrebbe influito su quanto accaduto successivamente. Depailler rivelerà:” Una volta giunti sulle piazzuole, il semaforo non diventava mai verde. Ad un certo momento mi sono messo addirittura a battere le mani per dire allo starter che era ora di partire.”

La gara – Solo dopo 75 minuti viene ridato il secondo start. Tutto procede regolarmente, il gruppo si sgrana con le due azzurre Ligier ancora davanti. Depailler conduce, ma Laffite gli si fa sotto e lo passa assicurandosi un discreto vantaggio. A seguire Watson, Reutemann e Andretti. “Jacot” procede in tutta tranquillità a differenza del compagno che deve guardarsi dagli assalti del beniamino di casa, Reutemann, al secolo “El gaucho triste”. Il transalpino resiste fino a dieci delle 53 tornate previste poi Carlos sale secondo e si lancia all’inseguimento del capofila. Speranza vana e Laffite centra il suo secondo successo in F.1. Terzo termina Watson. Depailler deve accontentarsi della quarta piazza, con alle spalle Andretti e Fittipaldi che chiudono la top six. Con entrambe le Ferrari ritirate, l’unica buona notizia per i colori italiani arriva da Elio De Angelis, settimo nel giorno del debutto. Il romano s’è tenuto saggiamente lontano dai guai, compiendo una gara tatticamente perfetta, priva di errori, con un risultato encomiabile festeggiato in un noto locale della capitale argentina. A metà gara era settimo e la zona punti pareva essere alla sua portata. Purtroppo, complice il degrado degli pneumatici, è stato sopravanzato da Rebaque e Villeneuve che poi avrebbero alzato bandiera bianca nel finale. ”Avessi avuto fortuna – dirà nel post gara – mi sarei piazzato al sesto posto. Quando Depailler ha avuto problemi, per un attimo mi sono ritrovato sesto, ma alla fine ho sentito che stava finendo la benzina ed ho percorso gli ultimi giri in quinta marcia per non rimanere a secco.  Così Depailler mi ha potuto superare ed io non ce l’ho fatta ad agguantare Fittipaldi.” E sulle prime fasi della competizione rivela:” All’inizio la mia Shadow col pieno di carburante andava molto veloce. Forse ho peccato di ingenuità e di riverenza rinunciando ad attaccare subito Fittipaldi, che mi stava davanti. Non volevo commettere sbagli ed il mio obiettivo era solo quello di finire. Con quel caldo poi, le gomme sono andate degradandosi col passare dei giri e da metà gara in avanti non ho più potuto forzare.” L’ultimo pensiero di De Angelis riguarda la macchina:” Manca di motore, finanziamenti e sviluppo tecnico. La squadra non è delle più ricche, anzi…”

La stagione – In un campionato che avrebbe salutato il trionfo della Ferrari con Scheckter Campione del Mondo e Villeneuve alle sue spalle e l’ascesa della Williams tra i top team, De Angelis si sarebbe fatto onore portando più volte al traguardo una monoposto decisamente scarsa. Con la DN9 riuscirà addirittura ad arpionare un importante quarto posto nell’ultimo G.P. a Watkins Glen che frutterà gli unici tre punti conseguiti dal team di Don Nichols. Il miglior piazzamento di Lammers sarà una nona piazza in Canada. La scuderia dell’ex 007 americano era però giunta al canto del cigno. Nel 1980 sarebbe stata ceduta ad uno spregiudicato business man (per metà indonesiano e per metà olandese), tale Teddy Yip che avrebbe ritirato la squadra, ribattezzata “Shadow-Theodore” dopo il G.P. di Francia, visti i risultati disastrosi.

Cavallo di razza – Diverso il destino di Elio, che nel 1980 affiancherà Andretti alla blasonata Lotus, dimostrando le proprie qualità e conquistandosi la stima del grande Colin Chapman, vulcanico patron del team. Sulla monoposto d’oltre Manica, il romano siglerà il suo primo successo nella categoria regina al termine di uno storico sprint con Rosberg in Austria nel 1982. Nel mondiale 1984 sarà terzo assoluto nella classifica piloti. Con la prematura scomparsa del suo mentore Chapman e l’arrivo di Ayrton Senna, l’astro nascente brasiliano, il rapporto con la Lotus s’incrinerà e De Angelis si vedrà costretto a cambiare aria. Verrà ingaggiato dalla Brabham in vista del 1986. La monoposto che lo attende è la scorbutica BT55 denominata “sogliola”. Gordon Murray ha progettato una vettura molto bassa e col 4 cilindri BMW inclinato di 72° sul lato sinistro, per abbassare il baricentro a vantaggio dell’aerodinamica. Un progetto tanto rivoluzionario, quanto deludente e rischioso. Malauguratamente a farne le spese sarà proprio De Angelis nel corso di un test a Le Castellet. Dopo aver perso una paratia dell’ala posteriore, la monoposto capotta più volte, terminando la sua corsa oltre il guard-rail. Si sviluppa immediatamente un incendio mentre il pilota è intrappolato nelle lamiere. Una volta estratto e trasportato all’ospedale di Marsiglia, Elio si spegne il giorno dopo a causa dei gas tossici respirati. Sotto accusa finiranno i soccorsi troppo lenti e l’assenza dell’elicottero sul circuito. E’ il 15 maggio 1986. Da quel triste giorno, De Angelis verrà per sempre ricordato come uno dei piloti migliori del panorama italiano e molto quotato a livello internazionale.

 

 

 

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Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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