Formula 1

Published on Novembre 1st, 2023 | by Massimo Campi

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GP del Giappone 1998: l’alba triste di Schumi

 

Di Carlo Baffi

Il 1 novembre del 1998, Mika Hakkinen conquista il suo primo titolo iridato beffando Michael Schumacher che partiva dalla pole. Tutto si decide allo start, col ferrarista fermo ed il finnico della McLaren-Mercedes che fugge verso il trionfo.

Secondo la tradizione popolare la notte di Halloween, in calendario il 31 ottobre di ogni anno, si popola di streghe,  fantasmi, mostri e forze oscure. In sostanza prendono corpo le nostre paure che scherzosamente vengono esorcizzate con dolcetti e scherzetti. Vi chiederete, ma che c’azzecca con il motorsport? Ebbene in quella vigilia di “Ognissanti” del 1998, due piloti e due scuderie trascorsero ore trepidanti, attanagliate dalla crescente tensione in vista della battaglia finale per il titolo mondiale di Formula Uno. Una notte in bianco anche per il popolo del Cavallino ed i tifosi di Schumi che avevano puntato la sveglia all’alba. Li attendeva una nuova speranza di festeggiare finalmente quel titolo mondiale piloti che mancava dal lontano 1979, anno che incoronò Jody Scheckter al volante della 312T4, la mitica “ciabatta” di Mauro Forghieri.

I duellanti – Gli attori in questione erano Michael Schumacher e Mika Hakkinen. I team, la Ferrari e la McLaren-Mercedes. Il primo, tedesco classe 1969, il secondo finlandese nato nel ’68. Michael era sicuramente il più quotato, considerato la nuova stella del Circus forte delle due corone conquistate con la Benetton nel ’94 e nel ’95, che con la prematura scomparsa del grande Ayrton Senna nel G.P. di San Marino del 1994, si era ritrovato campo libero per la sua inarrestabile ascesa. La Ferrari, alle prese con una profonda crisi di risultati, aveva pensato bene di ingaggiarlo (insieme ad alcuni tecnici della Benetton) sborsando una fortuna, ma l’investimento era necessario per la resurrezione. Schumi era giunto a Maranello nell’inverno del 1995 e già due anni dopo aveva sfiorato il titolo, compromettendo il tutto con una collisione dolosa ai danni del rivale della Williams-Renault, il canadese Jacques Villeneuve, figlio del grande Gilles. Meticoloso, metodico nella messa a punto e particolarmente aggressivo nella guida, il teutonico era determinato nel riconsegnare alla Rossa il tanto agognato mondiale. Hakkinen invece non vantava le credenziali del rivale. Era un pilota molto veloce, di classe, di temperamento più freddo rispetto al teutonico che a volte aveva dimostrato di agire sotto l’effetto della spinta emotiva. Mika era sbarcato in F.1 nel 1991, come Schumacher e dopo due stagioni con la Lotus era passato alla McLaren. In sei anni aveva vissuto di alti e bassi, complice anche una monoposto non sempre competitiva ed un grave incidente occorsogli durante le prove del G.P. d’Australia del 1995 in cui rimase in coma artificiale per alcuni giorni. Guarito completamente, si ripresentò in pista con molta fiducia ed al volante della McLaren spinta dal propulsore Mercedes costruito da Mario Illien, ottenne il suo primo trionfo in F.1 nel G.P. d’Europa a Jerez del ’97, proprio quello in cui Schumacher speronò Villeneuve.

Il precedente – I due però avevano già avuto il modo di scontrarsi nelle categorie addestrative. Nel Gran Prix di Macau del 1990 di Formula 3, Hakkinen s’era aggiudicato la prima manche e gli bastava terminare a meno di 3” da Schumi per conquistare anche gara 2. Tutto pareva volgere a favore del finnico anche perché era nettamente più veloce del diretto avversario, peccato che nel tentativo di sorpasso di Michael, che procedeva lento, quest’ultimo si spostò di colpo nella stessa direzione di Mika, dopo aver guardato gli specchietti: ed il tamponamento fu inevitabile. Con Hakkinen out, Schumacher portò a termine la corsa senza lala posteriore e si laureò Campione. Insomma una manovra spregiudicata simile alla collisione equivoca contro Damon Hill ad Adelaide nel 1994, che lo consacrò Campione del Mondo per la prima volta.

Corsa al titolo – Archiviato il ’97 con l’esclusione dalla classifica per l’autoscontro con Villeneuve, Schumacher e la Ferrari si presentarono favoriti per il campionato ’98, ma sin dalle prime gare si trovarono di fronte una McLaren molto più competitiva del previsto. Sulla MP4/13 si vide subito la mano del genio Adrian Newey fresco acquisto dalla Williams, per la quale aveva contribuito a realizzare modelli imbattibili. Dopo i primi due centri di Hakkinen, Schumacher si riprese dal G.P. di San Marino dimostrando competitività della F300, disegnata da Rory Byrne. Tanto che dopo il Gran Premio d’Italia, “Kaiser Schumi” aveva agguantato Mika in testa alla classifica piloti. Ma nel G.P. del Lussemburgo al Nurburgring, il finnico aveva sopravanzato il ferrarista facendo si che all’arrivo in Giappone fosse nuovamente in testa con 4 lunghezze di vantaggio. Una debole dote. Da non dimenticare il trionfo sicuro gettato alle ortiche dal Cavallino nel G.P. del Belgio di fine agosto, quando con Hakkinen out, Schumacher aveva tamponato il doppiato Coulthard (compagno del finlandese) mentre era solitario al comando. E nell’economia di un campionato certi errori alla fine costano cari. Tra i costruttori invece, la compagine anglo-tedesca vantava un margine di 10 punti sopra la Rossa.

Numeri e quote – Secondo i calcoli matematici, Hakkinen sarebbe stato Campione anche se fosse giunto secondo alle spalle di Schumi, o avesse chiuso 3°, 4°, o 5° ed il suo rivale non avesse vinto. Il teutonico invece era iridato in caso di vittoria ed il finnico fosse arrivato 3°, oppure avesse chiuso 2° e Mika non oltre la sesta posizione. I due potevano anche terminare a pari punti ed avrebbe riso Hakkinen per via dei migliori piazzamenti. Dal mercato delle scommesse, i bookmakers d’oltre Manica informavano che il driver della McLaren era il favoritissimo con una quota “sotto la pari”: a 2-5 si vinceva appena la metà della puntata. Nel caso in cui la spuntava il ferrarista, con 7-4 si vinceva il 75% della somma giocata. Però parliamo di quote fissate nella prima parte della stagione, quando le maggiori incertezze garantivano alti guadagni. Con il trascorrere dei Gran Premi le cifre erano calate e nei giorni a ridosso di Suzuka la sfida del secolo pagava poco. Per sperare di sbancare occorreva puntare sul nostro Giancarlo Fisichella, in F.1 dal ’96 ed in forza alla Benetton, dato 40 ad 1.

Sfida nella sfida – Un altro aspetto del confronto, era costituito dalla competizione tra i gommisti: la giapponese Bridgestone contro l’americana Goodyear. La prima, fornitrice della McLaren, sbarcò nel Circus nel ’97, mentre la seconda che calzava la Ferrari, fece i suoi esordi a metà degli anni ’60 e dopo una lunga permanenza anche come monopolista, si apprestava a correre l’ultimo Gran Premio della sua storia volendo fare un ultimo regalo a Schumi. C’era consapevolezza che gli pneumatici avrebbero avuto un ruolo rilevante se non decisivo nel Gran Premio. Secondo Hakkinen la Bridgestone aveva compiuto miglioramenti incredibili:” Mi auguro che la corsa di casa spinga la Bridgestone a dare ancora di più.” Differente invece l’opinione di Schumacher, secondo cui il fattore campo non avrebbe inciso più di tanto. Il teutonico confidava nelle nuove coperture Goodyear dopo i record siglati nei test al Mugello; un progresso enorme valutato tra i 5 e gli 8 decimi di secondo al giro. Per la scelta delle speciali mescole destinate a Suzuka, aveva dato il suo contributo uno specialista giapponese del settore, Joshi Sue. Un anziano ingegnere chimico, che come ricompensa particolare avrebbe potuto assistere a prove e gara dal box Ferrari con la divisa dell’azienda di Akron.

Ping pong – Nei giorni che precedettero lo showdown le parti si punzecchiarono attraverso i media. Se Schumacher diceva di avvertire sensazioni positive, Hakkinen ribatteva:” Quando arrivai in F.1 pensavo di diventare il migliore, ora lo sono.” Alla fiera delle provocazioni parteciparono anche i compagni dei duellanti, Eddie Irvine della Ferrari e David Coulthard per la McLaren. Il primo nordirlandese, a Maranello da tre anni si dichiarò pronto ad aiutare Michael visto che Suzuka era la pista del mondiale che gradiva di più coi suoi saliscendi sui quali era sempre andato forte. Ed a fronte delle rivelazione del tabloid inglese “Sun” sul presunto premio di tre miliardi di Lire per l’aiuto al suo capo squadra, fu categorico:” Tutte fandonie. Io e Michael centreremo una doppietta.” Il secondo invece, scozzese, in McLaren dal ’96, rassicurava Schumi che non avrebbe commesso alcuna scorrettezza, ma al tempo stesso lo mise in guardia:” Sarà più complicato scavalcare me di Irvine.” Ed al dibattito non poterono mancare i vertici delle due compagini. Il Presidente Luca di Montezemolo sentenziò:” Schumi mi ha assicurato che qui siamo competitivi.” E Jean Todt, capo delle Rosse aggiunse:” Non abbiamo mai lavorato tanto su ogni minimo dettaglio. Ho la medesima convinzione di un anno fa a Jerez, spero però di ribaltare il risultato.” Ma Ron Dennis, Team Principal di Woking replicò spavaldo:” Domenica puntiamo alla vittoria. E’ l’unico modo per assicurarsi i titoli piloti e costruttori.”

La zampata – Il venerdì, le chiacchiere lasciarono finalmente spazio ai cronometri con le prime prove in pista che videro svettare “Kaiser Schumi” col tempo di 1’39”823 seguito dal fratellino Ralf sulla Jordan a 0,513. Hakkinen era solo quinto a 0,821 preceduto da Irvine. Galvanizzato e carico dagli ottimi riscontri, Schumacher impose la sua legge anche nelle qualifiche del sabato, nonostante un problema idraulico avuto la mattina. Il ferrarista non lasciò scampo al rivale dopo un testa a testa palpitante. Hakkinen andò più volte all’assalto del giro veloce, ma senza mai issarsi in vetta e nel suo ultimo tentativo finì addirittura lungo. Risultato: il Kaiser di Kerpen siglò la sua terza pole stagionale (1’36”203) per soli 178 millesimi in meno di Mika. In seconda fila sarebbero partiti gli scudieri, Coulthard col 3° tempo ed Irvine quarto: entrambi ad oltre 1” dalla pole. In terza fila le due Williams-Mecachrome di Frentzen e del Campione del Mondo uscente Villeneuve. Sebbene soddisfatto della partenza al palo, Schumi restò coi piedi per terra:” La pole non mi deve eccitare più di tanto, ma senza dubbio è servita ad accrescere la mia convinzione di potercela fare. Confido in una buona partenza e la presenza di Eddie in seconda fila è incoraggiante, perché potrebbe superare Mika.” Positivo il pensiero del finlandese:” La pole è una bella cosa, ma è già una situazione ideale partire sulla stessa fila di Schumacher.”

Grandi assenti – A fare notizia in un paddock carico di pathos fu la mancata presenza di Bernie Ecclestone, il responsabile della Formula One Association, nonché padre padrino del Circus. Complice un piccolo intervento ambulatoriale, rimase a casa da dove aveva comunque proseguito la sua attività, in vista di un possibile allargamento del calendario. Le indiscrezioni parlavano di 20 Gran Premi, due dei quali negli Stati Uniti nel 2000. E ad imitare “Miste E”, fu anche il Presidente della Federazione Internazionale dell’Automobile Max Mosley che avrebbe seguito il Gran Premio dal vecchio continente.

L’attesa – Le prime luci del mattino di quella domenica 1 novembre, mentre in Europa era notte fonda, annunciarono che il giorno della verità era giunto. Il collegamento con Rai 1 era previsto per le 4.30, mezzora prima del via ed avrebbe catalizzato la grande attenzione di un foltissimo pubblico. Non mancarono le iniziative organizzate a Maranello e pure a Kerpen paese natale di Schumi con tanto di maxischermi allestiti per seguire il Gran Premio. Nel comune emiliano venne organizzato nei pressi della Galleria Ferrari un vero e proprio show (come nel 1997), con collegamenti radio e tv, spettacoli musicali e la presenza sul palco di ospiti illustri. In Germania, nella cittadina renana, il veglione si tenne nella mensa di una scuola mettendo a disposizione 1200 posti a sedere. Biglietto d’ingresso a 8 mila Lire tutto incluso: musica, wurstel e birra come da tradizione. Ma torniamo ancora un istante sui due fighters. Schumacher volò in Giappone da solo, la moglie Corinna era rimasta a casa con la figlia Gina Maria. Al contrario, Hakkinen aveva al suo fianco Erja, l’inseparabile consorte:” Sono contento che sia vicino a me, è un bel conforto” commentò il finnico. La vicinanza di questa donna dal portamento elegante, di sette anni maggiore, rimasta accanto a Mika durante i mesi difficili dopo il dramma del ’95, fu fondamentale nella rinascita del pilota.

Sisu – Questo strano termine finlandese indica la forza di volontà, il coraggio, la razionalità e la determinazione. Deriva infatti da “sisus”, ovvero intimo, interiore. Un vocabolo che nella fantascienza ci richiama alla famosa “forza” tanto cara ai personaggi di George Lucas nella famosa saga di “Guerre Stellari”. Parliamo di quella dote che ti permette di sconfiggere anche i nemici all’apparenza imbattibili. Una parola che sarebbe stata tirata in ballo proprio da Mika Hakkinen negli anni seguenti, quando avrebbe rispolverato i fatti di Suzuka ’98 e capiremo il perché. Sotto un cielo sereno, il pubblico aveva gremito le tribune lungo i 5.807 metri del tracciato, facendo registrare il tutto esaurito: nei tre giorni si contarono oltre 318 mila presenze. Un palcoscenico ideale per l’atto conclusivo con un layout particolare a forma di “otto”, che era stato arbitro del mondiale sin dall’esordio nel 1987. Allora Nigel Mansell fu vittima di un rovinoso botto nelle libere del venerdì che lo costrinse a dare forfait, consegnando il titolo al suo compagno e rivale Nelson Piquet della Williams-Honda. E come dimenticarsi del triennio che va dall’88 al ’90 con la faida tra Senna e Prost? Per arrivare al più recente 1996, quando la lotta in ambito Williams-Renault fra Hill e Villeneuve si risolse a favore del britannico. Quando in Italia erano le 5 del mattino, le 21 monoposto partirono per il giro di ricognizione per ripresentarsi dopo poco sulla griglia pronte ad affrontare i 51 giri previsti. La tensione era al massimo, però ecco che si agitarono le bandiere gialle dei commissari. In settima fila Jarno Trulli ebbe un problema che rese necessario ripetere la procedura di partenza. Un imprevisto che fece salire ulteriormente il pathos. Nel secondo giro di formazione Schumi, che per l’occasione indossava un nuovo casco con l’argento al posto del bianco tradizionale, allungò quasi volesse sfogare il proprio stress. Invece Hakkinen rallentò stranamente il gruppone che lo seguiva, facendo si che il tedesco una volta sulla piazzuola avesse dovuto attendere il posizionamento degli avversari. Solo allora i semafori rossi si sarebbero spenti ed il Kaiser avrebbe potuto scatenare la cavalleria. Ma quell’attesa interminabile giocò un brutto scherzo alla frizione del ferrarista. A pochi secondi dal via, dall’abitacolo della F300 numero 3, Michael alzò il braccio destro segno inequivocabile che c’era un problema. Nell’inserire la prima marcia il suo motore si era improvvisamente ammutolito; la frizione era comandata dal pilota tramite il volante attraverso un bottone che agiva attraverso i bilancieri del cambio. La procedura s’interruppe ancora, pole vanificata e per regolamento il due volte iridato venne retrocesso in coda al gruppo. In un attimo il tedesco e la Ferrari precipitarono nel baratro, altro che gli zombetti di Halloween, veri e propri sorci verdi famelici usciti da qualche manga locale. Il titolo mondiale si stava allontanando dal Cavallino. Schumi rischiava seriamente di perdere la battaglia ancora prima di averla iniziata. Quella mossa astuta di Hakkinen si era rivelata la chiave di volta del mondiale. Un colpo di genio frutto della freddezza, figlia proprio del sopracitato “sisu”. L’immagine di Michael fermo al palo che veniva sfilato da tutti i concorrenti non si sarebbe mai cancellata dalla mente dei ferraristi. Le telecamere della regia internazionale indugiarono un attimo sui volti pietrificati di Montezemolo e Todt immobili ai box. Il nuovo restart, vide Hakkinen prendere comodamente la testa nonostante Irvine si fosse portato alle sue spalle. Nelle retrovie, Schumacher restio a darsi per vinto, s’era lanciato nella “mission impossible”. Una prova di grande generosità, che in una trentina di passaggi gli permise di risalire in terza posizione con sorpassi da incorniciare in cui scaricò tutta la sua rabbia. Hakkinen però mantenne alta la concentrazione e proseguì la sua cavalcata senza imperfezioni. Poi al 32° passaggio, il destino mandò Michael definitivamente al tappeto, mentre si trovava a 25” dal capofila. La gomma posteriore destra della sua Rossa esplose, probabilmente a causa di alcuni detriti presenti sulla pista. Fu abile a governare la F300 che sbandò nervosamente e la parcheggiò sul prato a fianco di un muretto su cui si sedette dopo essere uscito dall’abitacolo col volto deluso e rassegnato. Game over. Il popolo del Cavallino doveva sopportare l’ennesima delusione. Una piadina dura da digerire per i tanti fans accorsi alla kermesse di Maranello, che dovettero ripiegare i vessilli e tornare mestamente a casa. Gli ultimi scampoli di gara furono all’insegna della marcia trionfale di Hakkinen che tagliò il traguardo vittorioso, per l’ottava volta nel ’98, dopo 1ora 27’ e 22”. Era il nuovo Campione del Mondo! Il secondo finlandese dopo Keke Rosberg (1982). Alle sue spalle si classificarono Irvine e Coulthard, autore di una gara anonima.

E grazie al titolo costruttori vinto dalla McLaren, la Mercedes tornava in cima al mondo 44 anni dopo i trionfi del leggendario Juan Manuel Fangio.

La gloria – Una volta fermata la sua Freccia d’Argento in parco chiuso, Hakkinen si ritrovò di fronte a Michael Schumacher che in abiti borghesi, ma con tanto di cappellino rosso, gli strinse la mano complimentandosi per il successo ottenuto. Un gesto nobile che fece onore al Kaiser. Una volta sul podio Irvine e Coulthard si misero sulle spalle il neo iridato fradicio di champagne. Grande euforia pure nel garage della McLaren tra vertici, tecnici e meccanici. Le foto celebrative, che fecero il giro del mondo, immortalarono Mika che riceveva il bacio dalla sua signora, accanto al trofeo appena conquistato. “Non so da che parte iniziare a raccontare la mia enorme gioia – esordì il finlandese davanti ai cronisti – Quando hanno retrocesso Schumacher mi sono tolto un bel peso, dato che prima della corsa sentivo la pressione. Comunque mi sono dovuto impegnare più del solito per restare calmo e concentrato – ammise Mika – Alla fine però è stato più facile di quanto prevedessi controllare la situazione; che invece è sfuggita di mano a qualcun altro nel momento decisivo.” Poi ecco il giusto tributo alla scuderia:” Senza le lunghe ore di lavoro in fabbrica con i tecnici e tutto il personale, non saremmo mai riusciti a conquistare questa fantastica doppietta mondiale. Io non ho mai avuto dubbi, anche se il risultato tardava a venire.” I festeggiamenti proseguirono nel corso della serata e della notte nel locale di karaoke “Log Cabin” in due saloni prenotati in anticipo dal team in barba alla scaramanzia. Leitmotiv intonato nei cori, il celeberrimo “We are the champion” dei Queen.

Parola di genio – Solitamente dietro le quinte ed impegnatissimo a trovare soluzioni innovative per rendere imprendibili le sue creature, il 39enne Adrian Newey ingegnere aerodinamico di talento, non potè nascondere la propria soddisfazione:” E’ molto bello, anche se faticoso. Ho dato il mio contributo assieme a tanti altri, perché è sempre il risultato dello sforzo collettivo della squadra.” Costantemente presente anche durante i test, fatto anomalo per i progettisti, ecco il Newey pensiero:” Nel corso dell’anno la macchina deve continuare a crescere senza sosta. E al box è necessaria la presenza del progettista. Non è un lusso, uno spreco di energie, ma una necessità.”

Kaiser kaputt – Come da contraltare ai vincitori, l’amarezza del clan Ferrari era sotto gli occhi di tutti. Arrivato nell’hospitality, Schumi si tolse la tuta e poi incontrò la stampa. “Una grossa delusione, sono dispiaciuto, ma non mi sento distrutto come in altre occasioni. La botta della partenza è stata tremenda, un piccolo problema, ma non so cosa. So solo che quando ho messo la prima si è spento il motore perché la frizione si è chiusa da sola. Li ho capito che il campionato era perduto. Incredibile, ancor prima di partire tutto era rovinato; tanto lavoro buttato via. Quando mi son trovato dietro a tutti credevo di impazzire dalla rabbia.” E sulla veemente rimonta rivelò:” Ero convinto di poter ribaltare la situazione perché la macchina era migliorata molto in quest’ultima gara. Nei primi due passaggi mi sono anche divertito, tutti i piloti che ho superato non mi hanno creato problemi, li ho apprezzati.” Solo con Damon Hill (forse l’inglese rammentò la toccata di Adelaide ’94) faticò più del dovuto:” Un pilota deve fare la propria gara. Non ha commesso alcuna scorrettezza, anche se non ha fatto niente per agevolarmi.” Infine Michael fornì la sua versione sulla gomma disintegrata:” Non so come sia potuto succedere, non mi pare di aver raccolto detriti, non ho visto nulla in traiettoria. Quando ero finito un po’ fuori pista avevo spiattellato l’anteriore destra, ma alla mia domanda via radio, dai box mi dissero di continuare. Mi sarei aspettato problemi davanti e invece mi è scoppiata la gomma dietro. Purtroppo non era la mia giornata, stava scritto che questo non doveva essere il nostro campionato.” Infine il pensiero ad Irvine:”…da un mese gli chiedevo di arrivare secondo e lui mi ha dato retta, è stato bravo a rispettare il compito. Io invece no.” Il Presidente Montezemolo che aveva seguito il G.P. dal pit-wall, alla vista del ritiro del suo pupillo rientrò nel box dove ad accoglierlo c’erano i figli Matteo e Clementina.” Ci è andata male, abbiamo perso alla roulette, sapevamo che era difficile ma dopo la pole ed i buoni tempi del warm-up ero ottimista. Complimenti ai vincitori. Sono stati bravi.” Nonostante l’umore nero, cercò di risollevare il morale della sua truppa e dei ferraristi sbilanciandosi:” Posso garantire che il mondiale lo vinceremo l’anno prossimo. E’ stata comunque una stagione bellissima, non ci siamo mai arresi e per il secondo anno consecutivo ci siamo giocati il mondiale all’ultima gara. Mi dispiace per questi ragazzi, li ringrazio tutti. Sono venuto in Giappone proprio per star loro vicino.”

Parla l’Avvocato – In un’intervista al TG1, Gianni Agnelli, figura di riferimento del Cavallino, cercò di consolare la Rossa dicendosi soddisfatto della prova di Schumi.” Quando lo sentirò gli dirò bravo. E’ andata male, ma la sua corsa è stata magnifica: è stato veramente formidabile. Peccato per quel guaio alla frizione. Voglio che me lo spieghino nei dettagli.” E circa la scuderia sentenziò:” La Ferrari di oggi è molto, molto forte. Ma se uno si trova a fare il pugile quando ha di fronte Tyson passa anni difficili. L’anno della Ferrari è stato ottimo, con vittorie, pole position e giri più veloci.”

Filatelia – Per commemorare il trionfo del loro connazionale, le poste finlandesi emisero un francobollo raffigurante il volto di Hakkinen festante e la McLaren-Mercedes MP4/13 in azione.

The Flyng Finn – Dopo quella prima corona, Hakkinen fece il bis l’anno successivo, giocandosi la partita decisiva sempre nell’ultimo round a Suzuka. L’avversario era ancora un pilota del Cavallino, ma non Schumacher: bensì Irvine. Il tedesco era rimasto escluso dalla lotta al vertice dopo il rovinoso schianto contro le barriere di Silverstone in cui si fratturò una gamba. Giocò forza, i gradi di capitano passarono sulle spalle di Eddie che pur presentandosi in Giappone con 4 lunghezze di vantaggio e spalleggiato da Schumi (rientrato in Malesia dopo mesi di convalescenza) in veste di scudiero, venne sconfitto dal finnico. Solo nel 2000, Mika sarebbe stato detronizzato dal Kaiser che riportò finalmente il mondiale piloti a Maranello. Teatro di quel terzo scontro per l’iride, sarebbe stato ancora il circuito del Sol Levante.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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