Storia

Published on Settembre 4th, 2019 | by Massimo Campi

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Spartaco Marmugi, il “Leone della CEA”

Il Gran Premio d’Italia 1978 è una gara drammatica, segnata dall’incidente di Peterson. Un giovane addetto antincendio della CEA si precipita tra le fiamme della sua Lotus, ed ancora oggi Spartaco Marmugi lo troviamo a bordo pista

La tragedia di Ronnie Peterson ha segnato profondamente il mondo della Formula Uno, uno dei primi incidenti, spettacolari per il fuoco che si è sprigionato, ripreso in diretta televisiva. Era il 10 settembre del 1978 quando la nera Lotus urtava le barriere a lato pista nella concitata partenza del Gran Premio d’Italia, le immagini delle fiamme scatenate dai serbatoi ancora pieni fecero il giro del mondo, ma subito dopo si vede un vigile del fuoco che corre sui rottami della macchina inglese e spegne immediatamente le fiamme con il suo estintore, mentre una rossa vettura antincendio arriva a tutta velocità sul luogo dell’incidente ed in pochissimi istanti le fiamme vengono domate. Da quel giorno quegli addetti sono stati subito soprannominati “i Leoni della CEA”, la squadra che curava il servizio antincendio, nata ad Imola, ma è a Monza che si sono fatti conoscere in tutto il mondo per la loro efficienza. Domato l’incendio occorreva soccorrere il pilota svedese che venne estratto ancora vivo e cosciente ma con sette fratture alla gamba sinistra e quattro a quella destra. Trasportato all’ospedale di Niguarda e ricoverato in terapia intensiva, Ronnie Peterson è stato sottoposto ad un delicato intervento chirurgico per la ricostruzione delle ossa rotta, ma nella notte è subentrata una embolia lipidica e la mattina seguente il forte pilota svedese era solo un triste ricordo.

Sono passati più di quattro decenni, ma quell’addetto antincendio che corse per primo e spense le fiamme della Lotus è ancora a bordo pista, con il suo estintore nelle mani. Si chiama Spartaco Marmugi, allora era un giovane di 28 anni, oggi ha qualche decennio in più, ma ha ancora l’entusiasmo di quando ha corso in mezzo alla pista per salvare il pilota svedese. Spartaco è sempre pronto con il suo estintore, ma quando una gara finisce e ci sono gli intervalli, stare con lui in una postazione è sempre uno spasso.

Profondamente toscano, battuta pronta e barzelletta, sai che è sempre un divertimento parlare con lui, ma quando gli chiedi dei ricordi il tono si fa serio e quell’intervento su Ronnie Peterson è ancora vivo nella sua mente.

“Sono nato ad Empoli, nella vita ho fatto il programmatore, l’agente di commercio, ed ora mi godo la mia attività di pensionato concedendomi ancora le trasferte per fare l’addetto antincendio a bordo pista. Mi definisco un volontario appassionato, innamorato di questo sport sono entrato a fare parte della squadra CEA nel 1976 dopo avere superato un corso specifico teorico e pratico sull’antincendio e su come ci si comporta in pista in caso di incidente. La Squadra antincendio della CEA nasce ad opera di Ermete Amadesi della CEA Estintori ed è un corpo di specialisti per l’intervento in caso di incendio. Negli anni ’70 con le vetture di allora, gli incendi in pista erano molto più frequenti e molto più pericolosi rispetto ad oggi, con serbatoi che contenevano anche 200 litri di benzina e vetture che non avevano le scocche in carbonio con un grado di sicurezza come gli standard attuali. L’addestramento degli addetti antincendio è ancora oggi molto accurato con corsi di aggiornamento continui sull’uso delle nuove attrezzature e dei mezzi moderni”.

Il GP d’Italia 1978 era il tuo primo Gran Premio di Formula Uno.

“Avevo già fatto due stagioni in pista con gare ad Imola ed al Mugello, inizialmente come aiuto in postazione affiancando i colleghi esperti che valutavano le tue capacità e ti consigliavano sempre su come comportarti, evitando il più possibile le situazioni di pericolo, agendo nel modo corretto per soccorrere il pilota incidentato. Tra le prime avventure ricordo di avere soccorso Giacomo Agostini che era caduto alle Bucine in una gara al Mugello con la sua moto. Avevo accumulato oltre 45 servizi in pista e visto i buoni risultati sono stato inserito nella squadra per la gara di Monza”.

Eri posizionato alla staccata della prima variante, cosa ricordi di quegli istanti, cosa sei riuscito a vedere?

“La mia postazione era alla staccata della prima variante, all’inizio della sopraelevata. La raccomandazione che mi era stata fatta era quella di stare molto attento in partenza, con il restringimento della pista poteva essere un punto pericoloso. Precisamente ero tra il cartello dei 150 e quello dei 50 metri alla staccata, pronto con il mio estintore nelle mani, quando ho visto la nera Lotus che veniva toccata dal dietro, sbatteva violentemente nelle protezioni e rimbalzava fermandosi sul lato sinistro della pista. Il serbatoio conteneva oltre 200 litri di benzina che hanno preso immediatamente fuoco come fosse scoppiata una bomba”.

Sei stato il primo ad arrivare sui rottami della Lotus di Ronnie Peterson, come hai fatto ad arrivare vicino alla monoposto?

“La Lotus è subito stata avvolta dalle fiamme, immediatamente sono scattato con il mio estintore da 6 kg caricato ad Halon. Sono riuscito ad arginare le fiamme arrivando vicino all’abitacolo, Peterson si stava puntando con le braccia, cercando di uscire dall’abitacolo, la tuta aveva iniziando a prendere fuoco e con il getto dell’estintore sono riuscito a spegnere le fiamme più pericolose, soprattutto nella schiena che era la parte più vicina al serbatoio. Usando l’estintore sono riuscito a mantenere un varco di sicurezza nel fuoco per tenere isolato abitacolo, Ronnie intanto cercava di uscire, ma le gambe erano incastrate nei rottami, tra il volante e la parte anteriore della scocca.

Sei stato aiutato da Hunt per estrarlo, Peterson, parlava, era cosciente?

“Ho visto immediatamente quale era il problema, ho cercato di liberare il piede, ho slacciato la scarpa che intanto è caduta nella vettura, li ho visto che il piede era dritto e non ad L come doveva essere, ho capito che il problema era serio, alle mie spalle è arrivato James Hunt che ha preso Peterson per le spalle tirandolo fuori dall’abitacolo mentre io arginavo le fiamme attorno. Nel mentre erano arrivati i colleghi con la Maserati della CEA al seguito della partenza che hanno completato lo spegnimento delle fiamme con i loro estintori. Peterson era lucido e cosciente, parlava tra lamenti ed imprecazioni in svedese che non riuscivo a capire. Quando sono arrivati i soccorsi lo hanno disteso sulla barella e caricato sull’ambulanza che è partita verso l’uscita. Lo svedese non aveva ferite visibili, l’unica anomalia visibile era rappresentata dal piede con fratture multiple e scomposte e probabilmente il tallone completamente distrutto. Ronnie non aveva nessuna ustione, ero riuscito ad evitare che il fuoco attaccasse la tuta, in compenso avevo io qualche ustione sulle braccia: per il caldo avevo i polsini della tuta antincendio slacciati, nella foga dell’intervento mi erano salite le maniche e le braccia nude erano rimaste ustionate dal calore sprigionato dalla benzina in fiamme.

Oltre a Ronnie Peterson è rimasto coinvolto anche Vittorio Brambilla nell’incidente multiplo.

“La monoposto del pilota monzese non aveva problemi di fuoco, quindi mi sono buttato sulla Lotus di Peterson che era avvolta dalle fiamme. Non sono riuscito a vedere bene la dinamica dell’incidente di Brambilla, con la ruota che lo colpiva, l’incendio e la polvere che si è alzata già coprivano la visuale. Spento le fiamme della Lotus, quando mi sono girato per vedere se c’erano altri problemi di fuoco o benzina sulla pista, ho visto la Surtees del monzese con lui ancora nell’abitacolo ed il capo reclinato in avanti, sembrava svenuto, ed intanto commissari stavano correndo verso di lui per capire il problema, mentre io continuavo a sorvegliare i rottami della Lotus con il pericolo della benzina rimasta ancora nel serbatoio mentre i medici soccorrevano Peterson”.

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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