Published on Agosto 8th, 2023 | by Massimo Campi
0Nigel Mansell il “leone di Inghilterra”
Veloce, irruento, indisciplinato incostante, campione, piede pesante e tanto cuore. È questa in sintesi la carriera di Nigel Mansell, il “leone di Inghilterra”, un pilota venuto quasi dal nulla, da comprimario a campione del mondo.
Immagini © Massimo Campi – Raul Zacchè/Actualfoto – illustrazione © Carlo Baffi
Nigel Ernest James Mansell nasce l’8 agosto del 1953 a Upton-upon-Severn e milita per anni nelle formule minori diventando uno dei protagonisti. Colin Chapman intuisce che in quell’uomo, con il fisico massiccio a la faccia da impiegato c’è un pilota che ha del talento. Per cinque anni alla Lotus fa il suo dovere, buone qualifiche, buoni piazzamenti in gara ed un ottimo comprimario di Elio De Angelis, ma nulla di più.
La svolta avviene nel 1985, quando patron Frank Williams lo vuole nella sua squadra. Arrivano i motori Honda turbo ed Mansell improvvisamente il “mansueto” Nigel diventa il “leone”. Arrivano le prime vittorie ed un lotta interna all’ultima staccata con il blasonato compagno di squadra Nelson Piquet. Nel 1986 ed 87 vince ben 13 gare, ma non il mondiale, perso in Australia, ultimo G.P. della stagione 1986, per colpa di una gomma scoppiata mentre gestiva un comodo terzo posto più che sufficiente alla conquista del titolo che finirà poi, nelle mani di un incredulo Alain Prost. In Ungheria, nel 1987, ancora una ruota maldestramente avvitata da un meccanico si stacca mentre era abbondantemente in testa, Piquet ne approfitta, ritorna in lizza per il mondiale. La disperata rincorsa che ne seguirà si concluderà tristemente a Suzuka dove un terribile incidente gli procura lo schiacciamento di due vertebre che gli impedisce di partecipare agli ultimi due gran premi lasciando via libera al brasiliano.
Nel 1988 i motori Honda ufficiali vanno alla McLaren di Ron Dennis che dominano il mondiale con Senna e Prost e Mansell riesce a fare ben poco ancora sofferente per i postumi dell’incidente di Suzuka. Enzo Ferrari si innamora del modo di guidare del baffuto inglese, gli ricorda quello dei cavalieri del rischio anteguerra, sempre al massimo, senza nessun tatticismo. Poco prima di morire lo vuole per la rossa ed a Maranello Mansell ci passa due anni. Nella stagione 1989 guida la rossa alla riscossa, infila due vittorie gioiello, la prima con il nuovo cambio sequenziale voluto da John Barnard e la seconda che diventerà una delle grandi imprese della sua carriera: sul circuito dell’Hungaroring, notoriamente famoso per l’impossibilità a sorpassare, parte dalla tredicesima posizione e vince dopo aver infilato 11 avversari e beffato nel finale Ayrton Senna. Ma nel 1990 arriva Prost, arriva la politica ed i tatticismi, non è più il mondo per Nigel che dopo l’ennesimo abbandono durante il G.P. di Inghilterra, annuncia, mestamente, il suo primo ritiro.
Ritorna a chiamarlo patron Frank, lo riporta a casa, in Inghilterra, con la nuova vettura ideata da Adrian Newey e rivista da Patrick Head. Monta il nuovo Reanault aspirato, va veloce, è la vettura giusta. Nel 1991, superate le difficoltà tecniche iniziali, lotta fino all’ultimo per il titolo con Senna e si classifica secondo, anche per colpa del solito pneumatico avvitato male, questa volta in Portogallo. Nel 1992 domina completamente la stagione: troppo superiore tecnicamente rispetto alla concorrenza la Williams e troppo motivato il suo pilota. Mansell vince 9 G.P. su 16, si laurea campione con 5 gare di anticipo lasciando agli altri solo le briciole. Ma Mansell non è politico, non sa fare pubbliche relazioni e la Renault impone un pilota francese per il futuro, ovviamente Prost. Mansell è appiedato, si rifugia negli States dove vince il titolo di F.Cart dimostrando di non essere un pilota finito.
Mansell farà qualche altra apparizione in F.1: nel 1994 ancora con la Williams dopo la morte di Senna, riuscendo perfino a vincere l’ultimo G.P. della stagione, e nel 1995 per soli due G.P. con la McLaren. E’ demotivato, i risultati sono scarsi e, dopo il gran premio di Monaco del 1995, Mansell annuncerà il suo ritiro, stavolta definitivo.
« Se Mansell è in giornata e ha l’auto giusta, è impossibile cercare di tenerlo dietro. Ti sorpasserà, anche sopra la testa, ma ti sorpasserà. » sono la parole di Ayrton Senna, il suo più acerrimo rivale sulle piste.
Non è mai stato un pilota tattico, non aveva la visione di gara di un Lauda o di un Prost né il perfezionismo di Senna. Aveva solo l’obbiettivo di sconfiggere l’avversario, demolirlo anche psicologicamente, a colpi di giri veloci. Se l’avversario era dietro il suo obbiettivo era fare il vuoto, se era davanti non si dava pace fino a quando non entrava nel suo mirino.
Il suo ritmo di gara era velocissimo, sempre al massimo, senza spesso badare al consumo delle gomme, dei freni, della meccanica e per questo ha vinto tanto, ma ha anche perso due titoli mondiali. La stampa lo ha spesso criticato per quel suo modo di correre “senza testa” ma il pubblico lo ha amato proprio per questo. Mansell nell’era moderna del computer e delle tattiche di gara è saputo entrare nel cuore della gente, come i Nuvolari, i Villeneuve, i grandi campioni del passato a cui somigliava tanto.