Storia

Published on Settembre 25th, 2022 | by Massimo Campi

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Keke Rosberg vince il mondiale 1982

 

Di Carlo Baffi

E’ stato il primo finlandese a laurearsi Campione del Mondo di Formula Uno. Il suo volto poco incline al sorriso dietro ad un paio di baffoni, induceva a credere che fosse scorbutico, in realtà era solo un tipo riservato. Ed in pista duro al punto giusto, per farsi rispettare. Parliamo di Keke Rosberg, colui che conquistò la corona iridata nell’ultima gara del 1982, al volante della Williams-Cosworth. Un’incoronazione avvenuta il 26 settembre negli Stati Uniti a Las Vegas, la capitale del gioco d’azzardo che già l’anno prima aveva organizzato il Gran Premio su un circuito alquanto anomalo. Un toboga ricavato nel parcheggio dell’Hotel/Casinò Caesars Palace, in cui si erano tenuti importanti match di pugilato, tant’è vero che la denominazione del Gran Premio non fu quella degli Usa, bensì prese il nome del celebre albergo. Il layout era lungo 3650 metri, con 14 curve tra i muretti e la prima edizione disputata il 17 ottobre, salutò il trionfo di Alan Jones su Williams e laureò Nelson Piquet campione del mondo sulla Brabham. Dunque nell’82, Las Vegas era nuovamente cruciale per l’assegnazione del mondiale. Alla vigilia la classifica vedeva Rosberg primo con 42 punti, poi Pironi a 39, Watson a 33, Prost 31 e Lauda a 30. Da considerare che Pironi era ormai fuorigioco. Il transalpino vittima di un grave incidente nelle prove di Hockenheim era fermo dalla prima settimana di agosto. Una stagione drammatica quella del Cavallino, che soltanto due mesi prima aveva perso Gilles Villeneuve perito in uno schianto nelle prove del Gran Premio del Belgio a Zolder. Persi i due piloti titolari a Maranello erano corsi ai ripari affidando l’ottima 126C2 spinta dal V6 turbo a Tambay e ad Andretti. Se il titolo piloti era ancora in bilico, quello costruttori era praticamente nelle mani della Ferrari che giunse a Las Vegas come prima forza con 11 punti di vantaggio sulla McLaren e 15 sulla Renault. Ma tornando a Rosberg la sua missione non era particolarmente difficile. Doveva controllare i rivali diretti senza correre col coltello fra i denti. Le qualifiche furono dominate dalla Renault con Alain Prost in pole e Renè Arnoux al suo fianco.

In seconda fila c’era il nostro Michele Alboreto su Tyrrell insieme ad Eddie Cheever, noto come “l’americano di Roma”, a bordo della Ligier-Matra. Problemi in casa Ferrari con una sola monoposto in griglia, quella di Mario Andretti autore del settimo tempo. Il suo compagno Patrick Tambay doveva dava forfait dopo il warm-up della domenica mattina, per via del riacutizzarsi di un problema cervicale estesosi al braccio destro che gli provocava la perdita della sensibilità. Una complicazione non da poco per il parigino da tempo afflitto da questa patologia che metteva in dubbio la sua futura permanenza a Maranello. La corsa prese il via quando in Italia erano le 22.10 con Arnoux pronto ad avere la meglio su Prost e comandare il gruppo. Dietro seguivano Alboreto, Patrese, Cheever, Andretti, Rosberg, Piquet e Watson che scattato 13esimo s’era subito lanciato in una rimonta. Il domino delle gialle monoposto della Regie durò per una decina di giri, poi la RE30B di Renè rallentò cedendo il passo a Prost.

Il calvario del futuro pilota del Cavallino sarebbe terminato al 20esimo dei 75 passaggi previsti complice il guaio ad una valvola. Prima di lui s’era arreso Patrese con il cambio bloccato. Poco fortunata anche la corsa dell’altra Brabham-Bmw di Piquet messo ko per la rottura di una candela. Nel frattempo Prost proseguiva davanti seguito a breve distanza da Alboreto. Dalle retrovie Watson si metteva in luce con una serie di sorpassi a raffica che lo portavano al terzo posto, dopo aver passato anche Rosberg, il quale però badava a tenersi fuori dalla mischia. Si intuiva che il nord-irlandese non voleva darsi per vinto nella rincorsa all’iride, sfoderando tutta la sua esperienza. Alla tornata 28 anche Andretti usciva di scena. L’italo-americano, alle prese con un sovrasterzo sin dall’inizio, finiva in testa coda volando in sabbia all’ingresso di un tornante. Per le rosse si concludeva così un fine settimana decisamente poco felice. In quel momento Rosberg realizzava di aver messo le mani sul titolo:” Quando ho visto Mario fermarsi davanti a me ho capito che sarei diventato campione del mondo. Ero quinto ed avevo alle spalle molto staccato il mio compagno Derek Daly.” Con Lauda anch’esso out, il Gran Premio pareva avviato ad una conclusione scontata. Al 37esimo giro Prost era saldamente primo con un vantaggio di oltre 16” su Alboreto. Ma ecco il colpo di scena. La Renault iniziava a balbettare al punto che il milanese della Tyrrell recuperava terreno sino a raggiungere il capofila ed infilarlo al passaggio 52. Da li in avanti Alboreto non avrebbe più mollato la leadership, sebbene l’indiavolato Watson avesse aumentato il ritmo. Un forcing che avrebbe mandato in crisi la McLaren-Ford numero 7, provocandole forti vibrazioni alle ruote anteriori rendendola inguidabile. A Watson non restava che accontentarsi della seconda piazza, lasciando al 26enne Alboreto la gioia del suo primo trionfo in Formula Uno. Terzo era Cheever che dopo la premiazione non risparmiava critiche al vincitore:” Allo start mi ha chiuso e spinto all’esterno della prima curva, danneggiando l’avantreno della mia Ligier. Con la vettura a posto avrei potuto lottare per vincere. Lo aspetto l’anno prossimo.” Pronta la replica di Michele:” Non voglio neppure discutere, lascio giudicare gli altri su cosa sia successo.” Alle spalle dell’americano di Roma chiudeva Prost e poi Rosberg, che giungeva sul traguardo con le braccia alzate suggellando il trionfo in campionato. Un gesto salutato dal suo muretto box con lo sventolio delle bandiere inglese ed araba, in omaggio ai main sponsor mediorientali della scuderia d’oltre Manica. Il finnico saliva sul podio insieme ai primi tre classificati dove ad attenderli c’era pure la popolarissima star della musica Diana Ross, nell’inconsueto ruolo di intervistatrice. Nel dopo corsa, il neo iridato con tanto di sigaretta in bocca non appariva particolarmente provato:” Non è stato difficile. Sapevo sin dall’inizio che sarebbe stata una battaglia tra me e Prost. Poi nel finale la situazione è cambiata e non ho avuto particolari problemi. Non mi sono neppure preoccupato quando Watson mi ha superato. “Keke rendeva poi omaggio al team e ad un suo ex collega e amico:” Ho commesso parecchi errori, particolarmente a metà stagione, però la squadra mi ha sempre aiutato, standomi molto vicina. Vorrei inoltre precisare che pur essendo il primo finlandese a vincere il titolo, c’è un altro pilota scandinavo che prima di me è stato un vero campione e che avrebbe meritato il casco iridato: Ronnie Peterson. Dedico questo successo a me stesso, ma ci tengo a ricordarlo. E’ stato un grande maestro e solo per sfortuna non ha avuto questa soddisfazione.” Peterson era infatti scomparso quattro anni prima in seguito alla paurosa carambola in cui rimase coinvolto alla partenza del Gran Premio d’Italia a Monza.” E’ incredibile – prosegue Rosberg – che Ronnie non abbia ottenuto quello che ho avuto io essendo meno bravo di lui. Ora mi prenderò una bella sbronza come ai vecchi tempi, ma le vacanze dureranno poco. Williams è inflessibile, bisogna subito preparare la nuova macchina”. E proprio su questo si auspicava di avere a disposizione una monoposto competitiva per difendere il titolo, ma ad una condizione, ossia di non aver al suo fianco Andrea De Cesaris (in procinto di lasciare l’Alfa Romeo). Le cui voci di un possibile ingaggio del romano si stavano facendo sempre più insistenti.” Non mi fa paura – precisava Keke – ma De Cesaris non mi piace e quindi preferirei tenerlo lontano.” Congedatosi dai media, Rosberg lasciava il circuito accompagnato dalla moglie per muoversi alla volta di San Francisco.

Nella stessa serata avrebbe partecipato al party organizzato per festeggiare il compleanno di Mansour Ojjeh, il trentenne magnate franco-saudita proprietario della Tag, sponsor della Williams. Il miglior modo per chiudere una giornata che segnò in modo indelebile la carriera di questo pilota, nato a Solna il 6 dicembre del 1948. Fece il suo debutto sui kart nel ’65 accompagnato dal padre, un chirurgo veterinario, in veste di meccanico. Un hobby che lo portò a spostarsi nei kartodromi di Germania, Svezia e Danimarca, oltre a quelli del suo paese natale. Ed a poco a poco, grazie anche ai successi, Keke s’innamorò di questo sport sposando l’idea di fare il pilota, abbandonando la futura carriera di programmatore informatico. Il suo percorso continuò nella Formula Super V divenendo professionista in cui si distinse per le doti velocistiche. Purtroppo la mancanza di risorse finanziarie tarpò un po’ le ali a questo giovane promettente, che senza demordere si fece largo in F.3 ed in F.2. Fece un test anche con una Lola di F.5000 a Silverstone facendo registrare ottimi tempi, ma il volante gli fu soffiato da un concorrente appoggiato da un munifico sponsor. Fu allora che il finnico decise di emigrare oltre oceano nella F. Atlantic, partecipando a gare negli Stati Uniti, in Canada e Nuova Zelanda. Sacrifici non indifferenti, ma necessari per poter proseguire l’attività agonistica e che ben presto iniziarono a dare i loro frutti. Nel 1977, Rosberg provò una Kojima di F.1 accarezzando l’idea di prendere parte al G.P. del Giappone. Il progetto non andò in porto, ma il 4 marzo del ‘78 fece il suo esordio nella massima serie nel Gran Premio del Sud Africa con la Theodore Racing: partì 24esimo e si ritirò al 15° giro. Due settimane dopo si prese una bella rivincita con il successo all’International Trophy di Silverstone (prova non valida per il mondiale) sostituendo Cheever. Sotto una pioggia battente ebbe la meglio sul ben più navigato Emerson Fittipaldi ed i big del calibro di Andretti e Peterson non video la bandiera a scacchi. Il rapporto con il team di Teddy Hyp proseguì per tutta la stagione nell’anonimato. Nel ’79 Rosberg ebbe una nuova chance, quando dopo Monte Carlo venne contatto da Peter Warr team manager della Wolf che gli offrì il volante dell’ex iridato James Hunt, ormai demotivato. Keke si presentò al via del G.P. di Francia e scattato 16esimo concluse nono. Purtroppo per lui si trattò dell’unico risultato di rilievo in quell’anno. La macchina a disposizione era al di sotto delle aspettative e lo portò a ritirarsi ripetutamente. Era il preludio alla fine dell’avventura nel Circus della compagine canadese le cui attrezzature ed i materiali furono ceduti alla Fittipaldi. Di conseguenza Rosberg venne riconfermato dalla scuderia brasiliana e conquistò un prezioso podio col terzo posto in Argentina, round inaugurale del campionato 1980. Malauguratamente i sopravvenuti problemi tecnici ed i contrasti con Emerson, pilota e proprietario, complicarono il cammino di Rosberg che solo a Monza riuscì ad entrare nella top-six con la quinta posizione. Una situazione travagliata acuita dalle grane finanziarie e che nell’81 portò alla chiusura dei programmi e che lasciò Keke a piedi. Quanto fatto vedere in pista però non era passato inosservato agli addetti ai lavori. Tra questi vi era Gianfranco Palazzoli, allora direttore sportivo dell’Osella che era rimasto particolarmente colpito da quel finnico combattente ed al tempo stesso costante nelle prestazioni, ovviamente il tutto rapportato al mezzo a disposizione, che non era certo dei migliori. Palazzoli gli propose un ingaggio e Keke si disse disponibile. Ma nel proseguimento della trattativa subentrò la Saima, allora un’azienda leader nei trasporti e nella logistica, nonché main sponsor della scuderia piemontese. Emerse fin da subito che il finanziatore preferiva Jean Pierre Jarier, francese, classe 1946 e con una lunga esperienza alle spalle. Aveva esordito in F.1 nel 1971 su una March ed ora era ormai a fine carriera. Di conseguenza la possibilità per Rosberg di salire sull’Osella venne meno. Nel frattempo però si fece avanti Sir Frank Williams coi risultati che sappiamo. Sono le sliding doors, le cosiddette porte scorrevoli in grado di condizionare la nostra vita. Se per il finlandese si trattava di una svolta importante, per il quotato team britannico era un po’ una scommessa. Si pensi che all’inizio del 1982, Keke erapiù sconosciuto al grande pubblico, al punto che qualche bookmakers quotò 400 a 1 la possibilità che si laureasse campione del mondo. Beato chi allora ebbe l’intuizione di scommettere su quel 34enne. Rosberg sarebbe rimasto alla Williams fino al 1985 cogliendo altre quattro vittorie e chiudendo terzo in quel mondiale.

La stagione dopo si sarebbe trasferito alla McLaren, il team rinato sotto la guida di Ron Dennis che dal 1984 aveva portato al titolo rispettivamente Lauda e Prost. A differenza del transalpino, che si sarebbe riconfermato campione, il finlandese non andò mai oltre il quarto posto. Piazzatosi sesto assoluto nella classifica piloti, avrebbe appeso definitivamente il casco al chiodo dopo il G.P. australiano di Adelaide, ultimo round in campionato. 34 anni dopo quel pomeriggio a Las Vegas, la famiglia Rosberg avrebbe festeggiato un’altra corona iridata. Quella di Nico, figlio di Keke, classe 1985, che imponendosi ad Abu Dhabi gara conclusiva del mondiale, si laureò campione sulla potente Mercedes W07, ai danni del compagno ed acceso rivale Lewis Hamilton.

Immagini © Raul Zacchè/Actualfoto – Carlo Baffi

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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