Storia

Published on Giugno 14th, 2020 | by Massimo Campi

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Porsche: 24 Ore, 19 vittorie

La Porsche ha vinto per 19 volte la 24 ore di Le Mans in 50 anni

Ventiquattro ore per entrare nella leggenda, la Porsche è la marca che più ha contribuito a creare la storia della leggendaria maratona della Sarthe. In mezzo secolo di storia le macchine di Zuffenhausen sono salite ben 19 volte sul gradino più alto del podio, ed a queste bisogna sommare una serie di vittorie di classe. Per scrivere il proprio nome nell’albo d’oro della 24 ore. Un albo d’oro che ha inizio nel 1923, ben settantasette anni fa, con sessantotto edizioni disputate. La gara sul tracciato stradale della Sarthe ha fatto grandi molte marche di auto. Il pensiero corre al giaguaro, al cavallino rampante, ma è la casa di Stoccarda quella che ha vinto più edizioni della maratona francese, ben diciannove in mezzo secolo di storia, a cui bisogna sommare ben 108 vittorie di classe che portano la Porsche ad essere il produttore di maggior successo nella storia quasi centenaria di Le Mans.

La prima volta che la Porsche partecipa a Le Mans risale al 1951, quando viene iscritta la prima vettura, una 356 Lightweight Coupè, alla gara della Sarthe. I piloti sono Veuillet e Mouche, che vincono la classe 1.100 giungendo ventesimi assoluti, ma per vedere le Porsche nelle posizioni alte della classifica bisogna attendere il 1955. Polensky e Von Frankerberg sono quarti assoluti, seguono in classifica Seidel-Gendebien e Glockler-Juhan. Tutti sono al volante delle piccole 550, piccole spider derivate dalla 356, con il motore di 1,5 litri. L’edizione del 1955 diventerà tristemente famosa per la tragedia della Mercedes di Levegh, ma nulla toglie alla grande prestazione delle piccole vetture di Stoccarda che dominano la loro classe, un dominio destinato a continuare per molte stagioni. Gli avversari in quel periodo hanno nomi che sono già una leggenda: Mercedes, Maserati, Jaguar e soprattutto Ferrari, un marchio destinato ad entrare nella storia, un marchio con cui la Porsche dovrà misurarsi per entrare nell’olimpo tra i grandi. L’avventura a Le Mans delle piccole Porsche continua negli anni. Dalle varie evoluzioni della 550 si passa alla 718 Rsk, poi alla Rs61, alle 904, per arrivare alle 906 Carrera, 907, 910 ed infine alla 908, tutte sempre nelle posizioni alte di classifica. Tanti i nomi di campioni al volante delle vetture tedesche. Wolfgang Von Trips, Jean Berha, Hans Hermann, Edgar Barth, Paul Frere, Jo Siffert, Rolf Stommelen Jochen Neerpasch, Rico Steinemann, piloti che hanno lasciato un segno nella storia della grande gara di durata. Alla fine degli anni ‘60 la Porsche è una realtà nel mondo dello sport automobilistico, ma non è ancora riuscita a vincere la 24 ore. La Ferrari ha già vinto nove volte, un primato che sembra imbattibile, ma ha avuto anche sonore sconfitte, specialmente contro la Ford, dopo la mancata cessione della fabbrica agli americani. I regolamenti delle gare di durata prevedono vetture sport di cinque litri e prototipi di 3 litri di cilindrata. La Ford è ancora in campo con le GT40 omologate come granturismo ed affidate alle scuderia di John Wyer, mentre la Porsche punta alle categoria prototipi con le 908 iscritte nella categoria di 3.000 cc. Le Mans è l’appuntamento principe della stagione 1969 e per la Porsche ci sono serie speranze di conquistare il gradino più alto del podio. Il finale è incandescente, si danno battaglia la 908 guidata da Hans Hermann e la GT40 di Jacky Ickx. La diversità di cilindrata e la grinta dell’asso belga fanno la differenza. Per un soffio, solo 120 metri di scarto, è la vettura di John Wyer a vincere. Per Ickx è la prima delle sei affermazioni, ma per la Porsche è una gara molto triste. In previsione del cambio dei regolamenti, che impone per la stagione successiva vetture sport di 5 litri, la Porsche porta a Le Mans una nuova vettura, la 917. Due sono le vetture ufficiali per Stommelen-Ahrens ed Attwood-Elford ed una privata per Wolfe-Linge. L’inglese John Wolfe, subito dopo la partenza rimane vittima di un grave incidente in cui perde la vita, e si capisce che la 917 ha bisogno di un grosso sviluppo per diventare una vettura stabile e competitiva. Rico Steinemann, diventato direttore sportivo della Porsche, si accorda con la John Wyer Automotive per sviluppare la nuova vettura che per la stagione successiva diventa una vera macchina da vittoria. Per la Porsche è arrivata l’ora di misurarsi con la leggenda: la Ferrari.

14 giugno 1970 il successo Porsche inizia con la prima vittoria

Nel 1970, La Porsche schiera sei vetture contro ben 11 Ferrari 512S, tra ufficiali e private; ma per le vetture rosse è una ecatombe tra rotture di bielle, incidenti e guasti di varia entità. Ickx, mentre era secondo e stava rimontando sulla vettura di testa, esce di strada. Nella notte, la pioggia si tramuta in diluvio. Ickx, a mezzanotte, sfruttando le sue capacità sotto la pioggia forza l’andatura, ma un maledetto acquaplaning lo proietta fuori pista. La 512 senza più controllo, decolla su un muretto, ed atterrando investe un commissario di percorso togliendogli la vita e ferendo altre due persone.

La sfida è ad altissimo livello ed il 14 giugno 1970, allo scadere delle 24 ore, la Porsche conquista la sua prima vittoria nella più famosa maratona al mondo. Vincono Hans Hermann e Richard Attwood con la 917 della Scuderia Salisburgo, di Ferdinand Piech, seguono Gerard Larrousse e Willy Kausen con la 917LH, la versione a coda lunga. Per la Ferrari c’è solo un misero quarto posto con 512S privata della NART di Posey-Bocknum e con questa vittoria la casa di Stoccarda entra a pieno merito nella leggenda della maratona francese. Due curiosità: il via della 24 ore del 1970 è dato da Ferry Porsche, ed è anche la prima volta che i piloti partono a bordo della propria vettura e non devono fare la famosa corsa attraversando il rettilineo di partenza.

Hans Herrmann e Richard Attwood, tagliano per primi il traguardo con la Porsche 917K con il numero di partenza 23, dopo 4.607,8 km. “Era una gara dominata dalla pioggia, abbiamo dovuto cambiare spesso le gomme per adattare la vettura ai continui cambiamenti del meteo – afferma Hans Herrmann – competere a Le Mans con solo due piloti non è un’impresa da poco ed è stata l’armonia del nostro equipaggio che ci ha portato alla vittoria”.  Molti concorrenti – tra cui numerose vetture Porsche – hanno dovuto abbandonare la gara. “Le Mans è una gara in cui tutto va bene o non lo fa. A quei tempi, la 24 ore era più simile a una corsa di resistenza che a una gara – ricorda Richard Attwood – Vincere Le Mans con Porsche e Hans è stato un risultato arrivato inaspettatamente perché la nostra auto non aveva il giusto assetto per le velocità. Hans ed io eravamo semplicemente una squadra da sogno. ”

Nel 1971 si replica, e non c’è nulla da fare per gli avversari contro le 917K. Helmuth Marko in coppia con Gijs Van Lennep conquistano la 24 ore con la vettura sponsorizzata dalla Martini. Le 917K sono molto veloci e sul rettilineo dell’Hunandieres, lungo 5,7 km, la vettura di Jackie Oliver e Pedro Rodriguez, detentrice della pole, viene cronometrata a 386 km/h. Seconda finisce la 917K di Muller-Attwood, solo terza la 512M della North American Racing Team pilotata da Posey ed Adamowicz. La vettura di Marko e Van Lennep è la 917 più lenta del lotto, ed in versione coda corta, ma i due sono molto regolari e non incappano nei tanti guai e trabocchetti tipici di questa difficile gara che decimano gli avversari. La Porsche vincitrice segna anche il record assoluto sulla distanza, con ben 5335 Km percorsi. Cambiano nuovamente i regolamenti, vengono abolite le grosse sport di 5 litri, e la Porsche si dedica allo sviluppo della nuova tecnologia con il motore turbo. Emigra in America, sbanca la Can Am ed a Le Mans si ripresenta nel 1976, quando i regolamenti consentono l’utilizzo di motori sovralimentati.

La Porsche ritorna nel 1976 ed iniziano le vittorie con il turbo

La casa di Stoccarda prepara due vetture, la 935 e la 936, entrambe equipaggiate dal sei cilindri turbo. La 935 “silouette” è derivata dalla 911 Gt, mentre la 936 è una barchetta. Il nuovo avversario da sfidare è la Renault, che ha scommesso tutta la sua credibilità sul motore turbo, investendo considerevoli cifre. La Renault è molto sensibile al fascino della maratona francese, sia la pole position che il giro più veloce in gara sono opera della A442 di Jean Pierre Jabouille, ma le vetture della Regie non riescono a concretizzare il grande sogno transalpino, a causa di vari problemi meccanici, lasciando via libera alla Porsche. Jacky Ickx e Gijs Van Lennep portano alla vittoria la 936 Martini, precedendo la Mirage GR8-Ford di Jean Louis Lafosse e Francois Migault. Chris Craft ed Alain De Cadenet completano il podio con la Lola T380-Ford preparata da De Cadenet, e precedono la prima vettura silouette, la Porsche 935 di Rolf Stommelen e Manfred Schurti.

E’ la prima vittoria per una vettura turbo e per il celebre “flat six” nella gara francese. La 936 conquisterà altre due volte la gara, nel 1977 e nel 1981. Jacky Ickx è il principale attore delle vittorie che condivide con Jurgen Barth e Gregg Haywood nel ‘77 e con Derek Bell nell’81. Grande gara quella della Porsche vincitrice nel 1977, dopo due ore è solamente 41° assoluta ed inizia la sua grande rimonta fino alla vittoria.

Nel 1979 è la 935K3 di Klaus Ludwig e dei fratelli Wittington a salire sul gradino più alto del podio ed è la prima volta che una Porsche completamente privata vince la gara. La vettura è preparata dal Team Kremer, ed è anche la prima vittoria con una vettura derivata, anche se molto lontanamente, da una granturismo di serie Porsche.

Con la formula consumo Gruppo “C” la Porsche è nuovamente leader

Siamo all’inizio degli anni ‘80 e cambiano nuovamente i regolamenti. Si passa alla formula “Endurance”, basata sui consumi con le vetture gruppo “C”. A Stoccarda sono già pronti alle nuove regole. La vettura è la 956, una sport-prototipo destinata a far rivivere i fasti della 917 di un decennio prima. Nel 1982 la gara della Sarthe è un trionfo per la Porsche 956. La gr.C Porsche conquista le prime tre posizioni e sulla vettura vincente c’è ancora una volta Jacky Ickx. Il pilota belga transita primo sotto la bandiera a scacchi di Le Mans per la sesta volta, un record difficilmente eguagliabile nella maratona francese. Il compagno di Ickx è Derek Bell, alla sua seconda affermazione a Le Mans, ne vincerà ancora due negli anni successivi.

La 956 e la 962, la successiva evoluzione, dominano la ventiquattrore fino al 1987. Holbert-Haywood-Schuppan vincono nel 1983 con la vettura ufficiale, Stuck-Bell-Holbert vincono nel 1986 ed 87, sempre con le vetture ufficiali. Il Team di Reinhold Joest vince per due anni di fila, nel 1984 ed 85. I piloti sono Klaus Ludwig, Henry Pescarolo, il mito francese, John “Winter” e Paolo Barilla. La casa tedesca si deve misurare con vari avversari, come la Mercedes, tornata nuovamente alle corse con la Sauber, e la Jaguar che si appoggia al team di Tom Walkinshaw. Particolarmente sofferta è l’edizione del 1987, con la maggioranza delle Porsche in gara ferme per problemi all’iniezione, ma l’unica vettura ufficiale rimasta in pista riesce a precedere le vetture del giaguaro. Dopo questa vittoria la Porsche ufficiale esce di scena, lascia agli avversari il prestigio della vittoria alla 24 ore, intanto il mondiale per vetture a ruote coperte vede la sua fine. Siamo agli inizi degli anni ‘90 ed in Europa resiste solo la 24 ore di Le Mans, inossidabile nel tempo ed alle mode.

Nel 1994 sale nuovamente una Porsche 962 sul gradino più alto del podio. I nuovi regolamenti della maratona francese prevedono l’utilizzo di vetture granturismo anche prodotte in unici esemplari, basta che siano omologate per l’utilizzo stradale. La Porsche ha ceduto alcune 962 al preparatore Jochen Dauer che le ha trasformate in vetture stradali. Ottenuta l’omologazione, le Dauer 962 LM si presentano a Le Mans e vincono con Baldi-Dalmas-Haywood.

TWR Porsche e 911Gt1, le protagoniste degli anni ‘90

Intanto si ha un notevole sviluppo delle vetture GT e la Porsche, per il 1996 mette in pista la 911 GT1, vero prototipo, presentato come evoluzione della vettura granturismo. Il Team ufficiale Porsche è l’armata da battere, ma gli avversari più ostici li trova in casa. Reinhold Joest ha rilevato dalla Porsche una barchetta destinata al programma americano con la serie Word Sport Cars. La vettura è una ex TWR-Jaguar, vittoriosa nel mondiale ‘91, trasformata in barchetta ed equipaggiata con il 6 cilindri biturbo di Stoccarda. Rimasta inutilizzata, Joest la schiera nel suo Team e vince l’edizione 1996 con Reuter-Jones-Wurz.

La vittoria è ripetuta nel 1997 con Alboreto-Johansson-Kristensen. Una vittoria molto discussa in casa Porsche. Le 911 GT1 ufficiali sono le vetture da battere, ma problemi meccanici e qualche distrazione dei piloti pressati dalla vettura del Team Joest, costringono alla resa il Team ufficiale Porsche. Per Joest è la quarta vittoria a Le Mans. Una curiosità: tutte e quattro le vittorie, sono ottenute con una vettura che porta il numero sette.

L’edizione 1998 è una nuova sfida è ad alto livello, la Porsche deve combattere contro Mercedes, Nissan e Toyota. GT e Sport sono schierate dalle squadra ufficiale. I piloti sono tutti ad alto livello, la battaglia continua fino quasi alla fine, ma sotto la bandiera a scacchi transita per prima la 911 GT1 di Aiello-Ortelli-Mc Nish, quella formata dall’equipaggio più giovane. E’ la vittoria numero 16, una vittoria con la “V” maiuscola considerato il livello degli avversari, una vittoria nuovamente da leggenda, giusto per celebrare il mezzo secolo di vita della casa di Stoccarda.

Con la 919 Hybrid le ultime tre vittorie

La Porsche 919 Hybrid, è stato il prototipo di classe LMP1 che ha riportato la Casa di Zuffenhausen a rivestire il ruolo da protagonista nel Campionato Mondiale Endurance e nella mitica 24 Ore di Le Mans. Tre mondiali vinti, ed altrettante vittorie nella maratona della Sarthe sono gli incredibili risultati di tre stagioni ad altissimo livello. Il prototipo a tecnologia ibrida è dotato di un powertrain ibrido composto da un motore termico da un V4 da 2.0 litri alimentato a benzina con un sistema di iniezione diretta di nuova concezione e da un propulsore elettrico montato sull’asse anteriore con batteria agli ioni di litio. Il V4 trasmette i valori di coppia e potenza alle ruote posteriori fino ad un regime di 9.000 giri; passata questa soglia viene coadiuvato nel funzionamento dal motore elettrico che provvede a muovere le ruote anteriori. La Porsche 919 Hybrid dispone anche di due sistemi di recupero dell’energia: uno recupera quella sviluppata in fase di frenata e l’altro quella dispersa sotto forma di energia termica dl sistema di scarico, recuperando così fino ad un totale di 8 megajoule, il massimo consentito dai dettami regolamentari della categoria LMP1. Il primo anno, il 2014, è stato quello dei primi collaudi, il debutto in pista è avvenuto nella stagione successiva e dopo le prime gare passate nel mettere a punto la complicata tecnologia e la gestione sui campi di gara, la Porsche ha iniziato ad essere la protagonista assoluto scalzando la podio le blasonate rivali Audi e Toyota che sfruttavano l’esperienza già accumulata nelle stagioni precedenti. La data, ormai storica, risale al 13 giugno 2015 quando la Porsche si è aggiudica la vittoria della 24 Ore di Le Mans 2015: a tagliare per prima il traguardo è stata la Porsche 919 Hybrid n.19, guidata da Nico Hulkenberg, Earl Bamber e Nick Tandy. Si tratta della prima vittoria firmata dalla Porsche ibrida ed il ritorno sul gradino più alto del podio dal 1998. Il secondo gradino del podio è ad appannaggio di un’altra Porsche, la n.17 di Timo Bernhard, Mark Webber e Brendon Hartley che completa il trionfo della casa di Stoccarda. Numeri importanti per la vittoria a Le Mans 2015, si tratta della quarta doppietta di Porsche a Le Mans, un’impresa ambita, che già riuscita agli uomini di Zuffenhausen nel 1971, nel 1987 e nel 1998. La 919 Hybrid vittoriosa ha percorso ben 5.383 km a 224 km/h di media, mentre la velocità massima raggiunta dal prototipo ha toccato i 340,2 km/h, quella pilotata da Mark Webber.

Per la stagione 2016 la casa di Zuffenhausen ha fatto diverse evoluzioni della 919 Hybrid per contrastare la concorrenza della giapponese Toyota e soprattutto quella dei diretti cugini tedeschi Audi, che hanno mal digerito la doppia sconfitta dell’anno precedente. La grande sfida dell’anno è sempre la 24 Ore di Le Mans dove la Toyota appare subito molto competitiva. La TS050 Hybrid domina la corsa ma ad un minuto dalla fine della corsa la vettura si ammutolisce consegnando la vittoria all’incredulo Team Porsche. Vince la Porsche n.2, ma la cosa era tutt’altro che scontata visto che all’ultimo giro la Toyota di Nakajima si è inesorabilmente spenta davanti ai box della sua squadra. Una beffa incredibile, un vero dramma sportivo, una maledizione che insegue da anni la casa giapponese. La Toyota ha impostato il ritmo di gara dal primo giro fino a quattro minuti dalla fine quando Nakajima è rimasto senza boost. Ci sono stati pianti e disperazione, e l’incredulità del box Porsche, di Marc Lieb-Neel Jani e Romain Dumas che fino ad allora erano rimasti battuti sul campo e sono invece passati da vincitori sotto la bandiera a scacchi.

Il 2017 è stata una stagione con sole due protagoniste, Porsche e Toyota e la casa di Zuffenhausen che ha vinto terzo mondiale con una gara di anticipo dopo avere annunciato il ritiro. La prima parte della stagione ha visto un sostanziale equilibrio delle prestazioni, ma la 24 Ore di Le Mans ha evidenziato in generale la complessità gestionale dei prototipi ibridi, con la Porsche che ha vinto dopo una lunga rimonta sulle piccole LMP2, mentre la Toyota soccombeva in un mare di guai. Nuova debacle Toyota alla 24 Ore di Le Mans dove la Porsche si aggiudica per il terzo anno consecutivo la maratona della Sarthe. La vittoria nell’edizione 2017 è andata alla 919 Hybrid n.2, affidata a Timo Bernhard, Earl Bamber e Brendon Hartley, nonostante una serie di problemi tecnici dati dalla complessità dei sistemi ibridi delle vetture WEC.

Tra i piloti che hanno vinto la 24 ore con la Porsche vi sono ben tre piloti italiani: Paolo Barilla, Mauro Baldi e Michele Alboreto. Il primo, all’epoca, era un giovane pilota figlio di una delle grandi dinastie industriali italiane e con varie esperienze nelle formule minori. Dopo la vittoria nella gara francese il giovane Barilla ritorna alle monoposto gareggiando in F.3000 e nel 1989 e 90 in F.1 con la Minardi, ora si occupa dell’azienda di famiglia.

Diverso il discorso per Alboreto e Baldi, entrambi alla vittoria con la Porsche dopo una carriera invidiabile. Il reggiano, prima di ritornare alla guida della Porsche, ha vinto il Mondiale Endurance con la Mercedes, ed ha continuato la sua carriera di pilota di durata sviluppando e correndo con la Ferrari 333SP. Michele Alboreto dopo 14 anni di F.1 ed esperienze poco positive nel DTM, è stato chiamato da Rehinold Joest, dove si è subito dimostrato un leader con la sua grande professionalità. Nel 1997, anno della sua affermazione, è la prima volta nella storia della 24 ore che la stessa vettura conquista pole position, giro veloce e vittoria. Michele Alboreto continua la sua carriera con Joest e l’Audi dove avrà il drammatico incidente durante una sessione di prove per Le Mans sulla pista del Lausitzring nel 2001.

Immagini © Massimo Campi – Porsche press

 

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Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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