Storia

Published on Maggio 27th, 2019 | by Massimo Campi

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Carlo Facetti da assistente meccanico a pilota ufficiale

La vita di Carlo Facetti è una lunga avventura, da assistente meccanico nell’officina del padre Piero, ex meccanico di piloti importanti, a pilota ufficiale e collaudatore dell’Alfa Romeo e della Lancia. Carlo Facetti, anno di nascita 1935 in quel di Cormano, alle porte di Milano, nasce in una famiglia “da corsa”, oltre suo Padre che ha lavorato al fianco di Gigi VilloresiPiero Taruffi e Alberto Ascari, e diventa uno dei preparatori principali delle Alfa Romeo negli anni ’50 e ’60, ci sono il fratello Giuliano che conquista il titolo di Campione Italiano Turismo “classe 1300” nel 1967, mentre sua sorella Rosadele vince il titolo del “Campionato Italiano assoluto femminile” nel 1965 e 1966.

“Il mio debutto nelle corse è avvenuto nel 1953, grazie ad Elio Zagato, avevo 18 anni e dovetti seguire il giro delle Calabrie in veste di meccanico-copilota a bordo della sua Fiat 1100. Subito mi venne la passione per le corse, ed inizia a seguire Zagato nelle gare. La prima gara come pilota l’ho fatta con una Alfa TZ nel 1956, da allora ho avuto la possibilità di fare tante belle corse, ho vinto 10 campionati, sette italiani, e due mondiali. Le prime gare sono state soprattutto con le vetture turismo, gare stradali ed in salita, molto in voga negli abbi ’50 e ’60, poi sono passato alla pista ed alle monoposto. A Monza inizio a correre con la F.Junior nel 1960. Normalmente trascorrevo le mie giornate in officina come meccanico-preparatore, ma la sera dedicavo molto tempo, con mio fratello Giuliano, alla costruzione di una nostra monoposto per la Formula Junior, la categoria in voga all’epoca che serviva a formare i giovani piloti. A lavori ultimati nel 1960, la monoposto era pronta, il motore era il 4 cilindri della Lancia Appia accoppiato alla trasmissione della Fiat 600. Anche se era fatta nei ritagli di tempo, era considerata una vettura innovativa per la tecnologia dell’epoca con il motore alle spalle del pilota, come le monoposto che venivano dall’Inghilterra. Il motore era montato posteriormente al pilota, per bilanciare i pesi il serbatoio della benzina era anteriore, mentre quello dell’olio era posteriore, con il suo radiatore per il raffreddamento. La testata,era quella della Lancia Appia modificata con due condotti di aspirazione supplementari. La potenza del motore era arrivata a 88 cavalli con un regime di rotazione di 7000 giri. La carrozzeria era disegnata da Zagato. Dopo le prime prove e le gare per la messa a punto del mezzo, mi resi conto che la nostra vettura era competitiva. A Monza, sulla pista Junior, dove spesso si svolgevano le gare, la vettura aveva un buon motore ed un ottimo telaio, tanto che riuscivo a competere con i migliori piloti professionisti della categoria. Tra i miei avversari c’erano Lorenzo Bandini, Lodovico Scarfiotti,  Giancarlo Baghetti, Corrado Manfredini, piloti e futuri campioni con cui ho avuto rapporti di amicizia. Diverse gare di F.Junior si svolgevano proprio a Monza, in una di queste ebbi un incidente proprio all’entrata del tracciato Junior con la mia monoposto che si è intraversata, ha fatto perno sulle ruote esterne ribaltandosi e ritornando successivamente sulle quattro ruote, con mio grande spavento, ma fortunatamente senza nessun danno al sottoscritto. Tra le gare del 1960 ricordo un Gran Premio Vigorelli, il 24 aprile, giorno di Pasqua, con una lotta serrata tra la mia vettura e quella di Michael May, che ha saputo meglio sfruttare la mia scia passandomi proprio sulla linea del traguardo, vincendo la gara per pochi centimetri.”

archivio Facetti

La sensibilità di Carlo Facetti e la conoscenza meccanica maturata nell’officina di famiglia lo portano a fare il meccanico ed il pilota in Argentina.

“Per la mia carriera il periodo argentino è stato molto importante. Ho fatto esperienze molto interessanti con un modo di correre e gente diversa rispetto alla consuetudine italiana ed europea. Dalle fine degli anni ’50 ai primi anni ’60 ho corso molto nelle gare Turismo in Argentina. L’avventura nasce dall’amicizia con Giuseppe Vianini, importatore per l’Argentina delle Alfa Romeo ed in quel paese sono anche diventato amico di Manuel Fangio, tanto che dormivo spesso a casa sua. Durante la seconda guerra mondiale Vianini fuggì in Argentina, nascosto nella stiva di una nave. Arrivò nel nuovo continente senza niente, dopo la guerra si mise a fare l’importatore di moto ed automobili italiani e fece presto fortuna. Li importava smontati, come pezzi di ricambio e li faceva montare in Argentina con lauti guadagni. Giuseppe Vianini in Argentina faceva preparare le Alfa in Italia da un altro preparatore, ma non era contento dei risultati ottenuti, per due anni le vetture si erano subito fermate con diversi problemi meccanici. Andò in Alfa, per chiedere una preparazione ufficiale, ma al Portello erano molto occupati e dirottarono a noi il lavoro. Anche l’Alfa si serviva dei nostri motori e mio padre conosceva già Vianini dalla metà degli anni ’40, quando si occupava di ricambi Alfa in Italia e correva le gare in salita. Tra mio padre e Vianini ci fu subito intesa, andai in Argentina a seguire la macchine e presto presi anche il volante in mano per collaudarle e portarle successivamente in gara.

archivio Facetti

L’accordo con Vianini prevedeva la preparazione di un motore, montato su una vettura venne collaudato da Froilan Gonzales, fece oltre 6.000 Km senza nessun tipo di problema, e venne dato il via alla produzione di altri cinque motori per la gara che si svolgeva in autunno. Vianini convinse mio padre per farmi fare l’assistenza in Argentina e, ligio al dovere, dovetti partire. La gara più bella della mia vita è stata il Gran Premio YPF che durava 10 giorni per un totale di 5.600 km si andava dal mare alle Ande. Avevo solo 26 anni, i piloti erano Jorge Cupeiro e Oscar Cabalen con le loro Alfa Giuletta TI che erano rimaste ferme dalle gare della stagione precedente. Mancavano una ventina di giorni alla gara, le macchine erano in un capannone abbandonate dalla corsa precedente, il lavoro da fare era immenso. Vianini mi dette come aiuto un paio di meccanici italiani abbastanza bravi e cinque locali con poca esperienza. Venne subito spedito nuovo materiale dall’Italia, il lavoro era tantissimo, una impresa quasi impossibile arrivare in tempo per la gara, rinunciai al comodo albergo in centro, ogni giorno ci mettevo quasi tre ore per arrivare in officina in preda all’immenso traffico di Buenos Aires, e mi accontentai di una brandina nel retro dell’officina per sfruttare tutto il tempo possibile. Finite le prime macchine mi misi a collaudarle, Vianini spesso veniva in macchina con me e mi chiese di correre, giudicò che ero molto più esperto e veloce dei suoi piloti locali. Presi il posto di un pilota argentino su una delle vetture, la gara si svolgeva sulle strade locali, molte erano ancora in terra battuta. Il baule della macchina era carico di pezzi di ricambio, si facevano oltre 800 km al giorno sempre a tavoletta. La partenza era da brivido, si partiva a mezzanotte in un gruppo di 400 vetture, tutte scatenate. Correvo nella categoria fino a 1.500 cc, eravamo oltre 100 iscritti, il mio compito, oltre a gareggiare, era quello di assistenza veloce ed a metà della prima ero già entrato in azione per cercare di sistemare il problema di una nostra vettura. C’era ben poco da fare, il pilota aveva sbagliato una cambiata ed a causa del fuori giri aveva piegato le valvole con conseguente ritiro. Vicino a Cordoba nei pressi di un aeroporto militare, mi sono ribaltato in una discesa con diverse conseguenze alla vettura. Il volo era da paura, mi portarono all’ospedale dell’aeroporto, ma dopo un’ora sono uscito e mi sono fiondato al parco chiuso per assistere le varie vetture. La mia vettura era inservibile, ma Vianini mi mise a disposizione un elicottero per seguire la gara e potere giungere in tempo alle successive assistenze. La classifica assoluta venne vinta dalla Mercedes, che però aveva un grosso problema con la presa d’aria molto bassa che impediva il guado dei fiumi. I tedeschi si erano organizzati con dei trattori su ogni guado, le macchine ufficiali si fermavano prima, venivano tappate le prese d’aria per impedire che entrasse acqua nell’aspirazione ed entravano in azione i trattori che trainavano le vetture attraverso il guado. Dopo le due Mercedes ufficiali arrivarono le nostre due Giuliette di 1,3 litri, sopravanzando una grande quantità di vetture americane con motori di 5 litri. Con il grande risultato ottenuto Vianini mi chiese di stare in Argentina per partecipare ad una gara a Mar de Plata, un’altra maratona di 600 km. Correvamo io e  Cupeiro, una gara velocissima, ho fatto una media di 162 km/h con la Giulietta SZ di 1,3 litri che al massimo faceva 175 km/h. Seguii Cupero, grande esperto di questa gara, andavamo via in coppia, in alcuni tratti ci spingevamo ed in discesa si sorpassavano i 190 Km/h. Cupero a 100 km dall’arrivo ruppe il radiatore dell’acqua ed io vinsi la categoria. Corsi anche in circuito a Buenos Aires, ed il regolamento consentiva una preparazione più spinta della SZ. Vinsi davanti a macchine molto più potenti come la Jaguar. Riuscii a ripartire per l’Italia solo alla vigilia di Natale, mia figlia aveva già un mese, sentivo la mancanza della famiglia, ma per alcuni anni tornai a correre nelle gare argentine durante la stagione invernale dove non si corre nel vecchio continente.”

Le esperienze maturate portano Facetti a fare il collaudatore ufficiale per l’ Alfa Romeo

“La carriera di collaudatore parte dalla esperienza come meccanico e come costruttore della mia F.Junior ed ho sempre cercato di correre per migliorare ed evolvere il mezzo meccanico. Nelle squadre dove correvo ho sempre cercato di fraternizzare con gli altri piloti con i tecnici facendo il gioco di squadra per migliorare il mezzo. Entro in contatto con l’Alfa Corse nel 1962, quando vinco un campionato con la Giulietta preparata da noi a Bresso. La collaborazione tra i motori Facetti e l’Alfa era di lunga data, le ultime gare di Consalvo Sanesi sono state fatte con macchine preparate Facetti.

archivio Facetti

Anche Zanardi, Moroni spesso si servivano di mio padre per la preparazione dei loro mezzi. Da Bresso ad Arese c’era poca strada e spesso si trovavano anche dopo il lavoro. Sono andato a fare il collaudatore Alfa Romeo nella seconda metà degli anni ’60 e dal 1969 al 1973 sono stato dipendente della fabbrica lombarda. Tutto nasce nel 1962 quando si doveva andare alla 12 Ore di Sebring con Leto di Priolo. Il circuito, ricavato da un aeroporto militare, aveva un asfalto molto sconnesso ed alcune frenate importanti che mettevano in crisi l’impianto frenante. L’Alfa mi fece trovare a destinazione una cassa proveniente dalla Girling ed io dovevo occuparmi del montaggio e di portare in gara i nuovi freni a disco al posto di quelli a tamburo normalmente usati. C’erano diverse macchina Alfa Romeo in gara tra cui due vetture dell’Alfa Romeo America che erano state preparate nella nostra officina di Bresso e provenivano da Daytona dove avevano corso nella 24 Ore. Avevo solo tre giorni per montare il tutto, dischi, pompe ed impianto idraulico, mi sono fatto aiutare da due meccanici americani. Ho modificato due TZ su tre, il resto del materiale l’ho tenuto di scorta in caso di avaria durante la gara. Fu un successo, la macchina degli americani vinse la categoria, con noi secondi e questa gara è rimasta negli annali della fabbrica lombarda come la prima gara in cui hanno corso le Alfa con i freni a disco”.

Dall’Alfa Facetti passa alla Lancia. 

“Ho fatto molti collaudi per la casa di Arese e sono stato anche richiamato dall’Alfa per i primi collaudi del 12 cilindri tre litri, poi arrivò anche Arturo Merzario a completare i lavori di messa a punto. Nel 1974 ho vinto il campionato Italiano Assoluto con De Adamich, e l’Autodelta dichiara di non correre più ufficialmente, così sono stato ricontattato da Cesare Fiorio con cui avevo già collaborato in precedenza. Mi invitò a Torino, aveva dei problemi con lo sviluppo della Stratos in versione stradale. Ho lavorato soprattutto sulla macchina da pista e sulla versione per la categoria Silhouette. La versione più evoluta e potente è stata preparata nella mia officina a Bresso. In officina a Bresso avevamo già lavorato su una Stratos, ma non l’avevo mai guidata. Fiorio mi ha proposto un contratto di assunzione con la Marlboro che sponsorizzava la squadra Lancia, abbiamo dovuto organizzare l’officina con un reparto apposta per lo sviluppo della macchina torinese che non doveva essere vista da eventuali clienti. Ho utilizzanto alcune parti della versione rally, la testa invece era a quattro valvole proveniente dalla versione V6 del Dino Ferrari.

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Abbiamo lavorato ininterrottamente per quattro mesi, e con Brambilla abbiamo corso anche a Monza con ottimi risultati. Lo sviluppo ha portato alla versione per il Giro d’Italia. Mike Parkes era il direttore tecnico della squadra, ed una volta la settimana veniva a Bresso a controllare il lavoro svolto. La parte telaistica era sviluppata a Torino, a Bresso facevamo la meccanica. Facemmo anche la versione preparata Gr4 a due valvole per cilindro che andava molto bene. La prima volta che ho guidato la Stratos tornando da Torino mi sono quasi preso paura, era corta, nervosa, aveva problemi di direzionalità, ed invece adeguatamente sviluppata è diventata vincente. Mi ritrovai in corsa al Giro d’Italia contro l’Alfa Romeo 33 che, nel 1974 aveva sviluppato una versione speciale del prototipo portato in gara da Androuet. L’avevo già provata quando ero in Alfa, sapevo del suo potenziale, ma era completamente fuori dai regolamenti anche se venne comunque ammessa alla partecipazione.

Archivio Facetti

L’Alfa riuscì ad omologarla dichiarando falsamente che avrebbe prodotto il numero minimo di 25 esemplari richiesti per l’omologazione. La sfida era tra la mia Stratos e la vettura di Androuet, alla fine rompemmo entrambi. alla Lancia si ruppe una biella a Casale Monferrato con conseguente incendio della vettura. Androuet vinse nel 1974 con la Stratos Turbo ed io ho vinto il Giro d’Italia in coppia con Piero Sodano nel 1976 con la Stratos Turbo in versione Silhouette Gr.5, con il motore che sviluppava oltre 500 cv.”

La specialità di Carlo Facetti diventano le corse di durata a ruote coperte, ed infine dall’amicizia con Martino Finotto nasce la Alba Gruppo C.

“A Le Mans la prima volta ho corso con Spartaco Dini ed ho guidato per 16 ore di fila. Correvamo con la Alfa 33 a coda lunga, feci tutte la prove per mettere a punto la macchina che era piuttosto nervosa ed inguidabile in una gara così lunga. Alla fine mi ero così assuefatto alla macchina che mi fecero fare la maggior parte della 24 ore. Ho corso con la 33 anche a Balcarce, avevo un accordo con Fangio per disputare la prima gara su quel circuito. La 33 che mi avevano lasciato aveva un problema con il cuscinetto di una ruota anteriore, andammo con il fratello di Fangio in un negozio di ricambi a Buenos Aires, presi un pezzo di serie, feci fare una apposita bussola per adattarlo al mozzo lavorando di notte e corsi la gara con immenso piacere di Manuel. Ho corso a Daytona con la Porsche 935 in coppia con Martino Finotto, eravamo primi con 14 minuti di vantaggio, sono partito io, Finotto doveva fare l’arrivo, la Porsche aveva il fissaggio delle ruote posteriori collegato al serraggio del disco freno, causa la polvere e lo sporco delle pastiglie durante un cambio gomme non si è serrata bene una gomma posteriore e Finotto che doveva fare l’ultimo turno, non riusciva a tenere in strada la Porsche. Dallo sforzo si era piegato anche il mozzo, siamo dovuti intervenire smontando mezza sospensione per rimediare al problema ed abbiamo perso la gara. L’amicizia con Martino Finotto risale ai tempi delle gare in salita, Finotto era un industriale nel mondo della Chimica. Dopo Daytona Finotto decide di creare un proprio team, prende una officina a Zingonia ed è così nata la nostra collaborazione. Finotto andò a correre nelle gare IMSA Americane, ed assieme creiamo l’Alba.  Martino Finotto era un cliente Porsche, correva abitualmente con le 935. Fiorio mi chiamò per una gara che serva un secondo pilota affidabile per fare coppia con Patrese, provai la Beta Montecarlo, era stata realizzata da Dallara ed andava molto bene, un vero gioiello da guidare in pista. Finotto prese la vettura, a Daytona siamo arrivati 10° assoluti con Facetti-Finotto-Ricci.

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Ricci distrusse la macchina in prova, venne ricostruita per la gara, siamo partiti in coda al gruppo, arrivando 10° abbiamo portato punti per il titolo mondiale di categoria alla Lancia. Ad otto ore dalla fine si è bruciata una valvola, abbiamo continuato la gara praticamente a tre cilindri.  A Le Mans ho corso con la Beta in coppia con Alboreto e Cheever, tutto bene nelle prove, ma in gara abbiamo avuto un problema con la cinghia che comandava la pompa dell’olio: quando faceva freddo tendeva a slittare. Allora feci coprire il radiatore dell’olio per tenere alte le temperature.

Archivio Facetti

Durante il mio turno di notte si è rotta la cinghia a Maison Blance, e pian piano sono tornato ai box. Con la struttura Alba creiamo la Alba Gruppo C che monta un motore di 1,8 litri turbo denominato Carma (da Carlo Facetti e Martino Finotto, le iniziali dei nostri due nomi) e vinciamo il campionato costruttori C Junior nel 1983, con le vittorie a Silverstone, Nurburgring, Brands Hatch, Fuji e Mugello”.

Carlo Facetti preparatore, collaudatore e pilota. Potenza in punta di piedi – Editore: Asi Service


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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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