La 24 Ore di Le Mans

Se c’è una competizione motoristica che ha contribuito concretamente all’evoluzione dell’automobile di tutti i giorni, questa è senza dubbio la 24 Ore di Le Mans. Una gara nata nel 1923 proprio per permettere all’ancora giovane industria automobilistica di provare i suoi modelli di serie nelle severe condizioni proprie di una competizione che durava uno sproposito … ben 24 ore!

Per la prima volta si iniziò a correre di notte e nelle condizioni mutevoli tipiche di quella parte della Francia prossima alla Bretagna e quindi all’Atlantico. Il buio permise alle Case di sviluppare impianti d’illuminazione sempre più efficienti, la pioggia (frequente, specie di notte) fece sì, ad esempio, che i tergicristalli, prima azionati manualmente, divenissero elettrici.

I freni a disco ad uso automobilistico fecero il loro debutto, tra molto scetticismo, alla 24 Ore del 1955 montati sulle Jaguar ufficiali. Qualche anno più tardi un’altra casa inglese, la Rover, tentò l’esperimento del motore a turbina, ripreso timidamente dalla Formula 1 solo molto dopo. Fu sul lunghissimo rettilineo dell’Hunaudières (quasi sette chilometri, ora rallentato da due chicane per motivi di sicurezza) che i progettisti cominciarono ad intuire l’importanza dell’aerodinamica in campo automobilistico: dapprima con soluzioni artigianali dettate dall’intuizione, poi con ali, pinne e prese d’aria sempre più sofisticate.

Oggi la sfida tecnologica è tra vetture dotate di motori (diesel e benzina) ibridi, che, contrariamente alla Formula 1, portano avanti varie soluzioni di recupero e di sfruttamento d’energia. Power unit ben più sofisticate di quelle che la Formula 1 sta cercando di sviluppare, che hanno ormai dimostrato di essere affidabili, efficienti, potenti.

Ma la 24 Ore di Le Mans è soprattutto passione… una passione ben palpabile in pista e sulle tribune, di giorno e nelle ore notturne. Una kermesse che nasce in pista e si trasmette agli oltre 200mila e passa spettatori stipati sulle tribune e sulle gradinate. Perché a Le Mans non si va per vedere una gara ma per viverla, per esserne parte. Una Woodstock motoristica, con i suoi eccessi e con i suoi entusiasmi, ma sempre a misura di famiglia.

“Qui nasce la leggenda”: è la scritta che campeggia all’ingresso dell’autodromo. Ed è proprio vero.

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