Immagini ©Massimo Campi
“Je vois huit Roméo, mais aucune Juliette! (Vedo otto Romeo, ma nessuna Giulietta!)” , una frase, buttata lì da un decaduto principe russo durante una cena di presentazione dell’Alfa Romeo 1900 a Parigi, una battuta verso otto dirigenti della casa del Portello che verrà raccontata anni dopo durante una pausa di una riunione per decidere il nome da dare al nuovo modello che porta la dicitura in codice come “tipo 750”.
Siamo nel 1955 e sta iniziando il boom economico che porterà l’Italia a nuovi traguardi internazionali anche nella motorizzazione di massa. L’Alfa Romeo, sotto l’egida dell’IRI, ha già fissato da un quinquennio alcuni obiettivi industriali e la tipo 750, che verrà ben presto rinominata “Giulietta” rappresenterà una grande svolta produttiva. La casa automobilistica lombarda, nei primi anni del dopo guerra lancia la 1900, una berlina che incontra un ottimo successo però prodotta con una modalità ancora artigianale che prevedeva circa una ventina di esemplari al giorno. La Giuletta invece deve essere prodotta in almeno 200 esemplari/giorno e per l’impegno economico necessario viene anche fatta una sottoscrizione pubblica di capitali attraverso delle cartelle fondiaria da parte dell’IRI ed una lotteria a estrazione mensile con vincita di una vettura, a partire dal gennaio 1955.
Il motore della Tipo 750 viene progettato dai tecnici diretti da Giuseppe Busso, il gruppo di Orazio Satta Puliga studia la restante parte meccanica e la scocca, contemporaneamente il centro stile guidato da Giuseppe Scarnati traccia la linea della berlina e della coupè.
Serve un tecnico di valore per risolvere i problemi di ingegnerizzazione del progetto e organizzazione della progettazione ed a Milano arriva l’ingegnere austriaco Rudolf Hruska che aveva già seguito l’industrializzazione della Volkswagen al fianco di Ferdinand Porsche.
Nel 1953 inizia la sperimentazione sui primi prototipi ed i principali problemi riguardano soprattutto l’insonorizzazione delle parti meccaniche con il rumore che risulta superiore alla concorrenza. Serve tempo per risolverli, ma il piano industriale deve essere rispettato ed il presidente dell’Alfa Romeo, Giuseppe Luraghi in accordo con Hruska decide la presentazione anticipata della Sprint coupé nel 1954 che, essendo una macchina sportiva, presenta meno problemi rispetto alla berlina.
La versione quattro porte della Giulietta monta il bialbero 4 cilindri di 1.290 cc con una potenza iniziale di 50 cv. La trasmissione è basata sul cambio a 4 rapporti con il comando al volante.
Salone dell’automobile di Torino 1955, nello stand dell’Alfa Romeo campeggia la nuova Giuletta Berlina ed è subito successo: è il sogno possibile delle nuova classe media italiana, la riscossa dell’Alfa Romeo. Gli ordini sono tanti, inizia la produzione e dalle officine del Portello a Milano usciranno 132.000 vetture, numeri altissimi per gli anni ’50. Per il periodo storico è una vettura molto potente ma anche non esosa nei consumi con un bagagliaio che può contenere i bagagli di una famiglia ed frenata potente.
In seguito, nel 1957 viene presentata la Giulietta TI (Turismo Internazionale) con il motore portato a 65 cv e alcune piccole modifiche estetiche al cofano ed ai fanali. La versione TI viene anche impiegata nelle competizioni dove conquista successi nei rally, nelle gare in salita e quelle di durata.
I successivi aggiornamenti arrivano con il restyling del 1959 al Salone di Francoforte che presenta il bocchettone del serbatoio chiuso da uno sportellino integrato nel parafango posteriore destro, parafanghi più bombati, fanali incassati, nuove ghiere dei fari, la mascherina anteriore rielaborata con barre orizzontali e le estremità a pinna dei parafanghi posteriori. Curati meglio anche gli interni con una nuova versione degli strumenti. La versione del 1961 presenta un ulteriore restyling esterno e la versione TI monta il quattro cilindri con la potenza portata a 74 cv che consente di superare i 155 Km/h. La produzione della Giulietta dura un decennio fino a quando viene definitivamente sostituita della Giulia.