Immagini ©Massimo Campi
Alla fine degli anni ’30 la Squadra Corse dell’Alfa Romeo è la Scuderia Ferrari che realizza a Modena le vetture da competizione per la fabbrica milanese e le gestisce sui campi di gara. Nel 1938 nasce la Alfetta 158, la Scuderia capitanata da Enzo Ferrari è il braccio armato dell’Alfa Romeo. La casa Milanese, ormai sotto l’egida statale dell’IRI, ha deciso da anni il ritiro ufficiale dalle corse, ma serve mantenere l’immagine sportiva delle vetture per poterle vendere. Ed allora il futuro Drake di Maranello si inventa una sua scuderia per continuare a fare correre le rosse del Portello, conquistando gare e titoli per il marchio del biscione. Anzi a Modena si fa di più, si inizia a realizzare vetture più aggiornate per conquistare nuovi trionfi. Il mondo dei Grand Prix negli anni ’30 è dominato dalle frecce d’argento tedesche, ma c’è anche la categoria “voiturettes” destinata a sostituire le potenti Grand Prix in futuro ed a Modena nasce l’Alfetta 158 che debutta il 31 luglio 1938 alla Coppa Ciano sul Circuito del Montenero a Livorno, con la vittoria di Emilio Villoresi. La carriera della 158 continua con vari successi, mentre al Portello, dove ci sono Ugo Gobbato e l’ingegnere spagnolo Wifredo Ricart che comanda il Servizio Studi Speciali e del Servizio Progettazione, nasce un nuovo progetto con una monoposto a motore centrale sullo stile della Auto Union ed un motore 12 cilindri contrapposti per abbassare il baricentro.
La GP Tipo 512 nasce dalla matita di Wifredo Ricart che era un geniale progettista aeronautico, ma con poca esperienza in ambito automobilistico e soprattutto in quello sportivo. Prendendo ispirazione dalla monoposto tedesca progettata da Ferdinand Porsche, colloca il motore alle spalle del pilota ed al centro delle masse sospese. Il propulsore 12 cilindri boxer era alimentato da carburatori Weber a triplo corpo e sovralimentato con due compressori.
Il motore di 1.490 cc, progettato per la categoria voiturette, è una unità quadra di 54 mm di alesaggio per 54.2 mm di corsa con la distribuzione a 2 valvole per cilindro comandata da doppio albero a camme in testa. Era una unità molto potente per la sua epoca, con ben 35 cv a 8600 giri/minuto, che comportava una potenza specifica di ben 225 CV/litro, più potente di quella della Mercedes-Benz M165 che raggiungeva i 186 CV/litro. Al retrotreno la 512 era munita di una sospensione con il ponte De Dion, mentre all’anteriore troviamo uno schema a quadrilatero e barre di torsione longitudinali su entrambe gli assi. Anche aerodinamicamente la 512 era molto valida con una linea che partiva dal muso tondeggiante per finire con la coda molto rastremata. L’impianto frenante era affidato a 4 efficientissimi tamburi.
La monoposto nel settembre del 1940 scende in pista per i primi collaudi con Consalvo Sanesi. Subito i tecnici della squadra corse capiscono che occorre un lungo lavoro di sviluppo per renderla competitiva: uno dei problemi più grossi è rappresentato dalla scarsa rigidità torsionale del telaio che tende a flettere compromettendo la tenuta in curva.
L’Italia ormai è in guerra già da tre mesi. Ben presto la sinfonia dei motori verrà sostituita dal rombo dei cannoni e dagli scoppi delle bombe. Le vetture da corse vengono nascoste in attesa di tempi migliori, ma per la 512 l’avventura è già terminata. Quando finisce la guerra tante cose saranno cambiate. Ricart lascia l’Italia e l’Alfa Romeo per potenziali rischi personali e torna in Spagna dove successivamente si occuperà di nuovo di automobili. Dai rifugi saranno tirate fuori le vecchie Alfette 158 realizzate a Modena. Sarà con queste che l’Alfa conquisterà i primi due titoli mondiali della storia. Della 512 venero realizzati due soli esemplari, una è al Museo di Arese, l’altra al Museo della Scienza e Tecnica di Milano.