Di Carlo Baffi – foto ©Enrico Ghidini
Il numero personale di Hamilton comparve anche in passato sulle Ferrari di Taruffi, Trintignant, Gendebien e Baghetti beneficiato dal patron Enzo.
La stagione 2025 di Formula Uno scatterà ufficialmente il prossimo 18 febbraio con la sfilata dei team in un mega show a Londra, ma la nostra impressione è che il sipario si sia già alzato lunedì 20 quando a Maranello è sbarcato Lewis Hamilton. E’ esplosa la Hamilton-mania ed a testimoniarlo è il calore riservato al sette volte iridato inglese dal pubblico e dalla Scuderia stessa. Il suo caro numero 44 è ormai nel cuore dei ferraristi che non mancano di raffigurarlo su cartelli e striscioni. Ma consultando gli archivi emergono dei curiosi precedenti, ossia che questo numero non è la prima volta che compare su una Rossa.
Amarcord – Si parte dal 27 maggio del 1951 con il nostro Piero Taruffi, noto col soprannome di “Volpe argentata” datogli dalla stampa messicana dopo la vittoria alla Carrera Panamericana di quello stesso anno. “Volpe” per la sua scaltrezza nello sfruttare al meglio la vettura e gli errori degli avversari. “Argentata” per il colore grigio lucente dei suoi capelli. Nel di Gran Premio di Svizzera disputato sullo stradale di Bremgarten presso Berna, l’allora 44enne di Albano Laziale giunse secondo alle spalle dell’Alfa Romeo di Juan Manuel Fangio, pilotando una 212 F1 dopo esser partito sesto. Andò meglio quattro anni dopo sull’iconico palcoscenico di Monte Carlo al francese Maurice Trintignant, classe 1917, che colse il suo primo trionfo al suo 6° anno nella Classe Regina. In quel 22 maggio 1955, Trintignant dopo esser partito dalla nona piazza, iniziò a guadagnare posizioni grazie anche a ritiri illustri (dal poleman Fangio, a Moss mentre era al comando) e quando Alberto Ascari, leader solitario sulla Lancia volò in mare alla chicane del porto (rimanendo fortunosamente illeso) si ritrovò al comando e condusse vittorioso al traguardo la sua Ferrari 625 dopo ben 100 giri. Precedette Castellotti (Lancia) ed il duo Behra/Perdisa (Maserati). Il 1 luglio del 1956, il belga Olivier Gendebien prese il via nel G.P. di Francia a Reims su una monoposto della Scuderia col numero 44. Schieratosi 11°, non ebbe molto fortuna perché al 38° dei 61 passaggi alzò bandiera bianca complice un problema meccanico sulla sua Ferrari D50 (ex Lancia). Ad imporsi fu comunque il Cavallino siglando una doppietta con Peter Collins ed Eugenio Castellotti.
Miracolo a Monza – Passa un decennio ed il fatidico 44 finisce sulle spalle di Giancarlo Baghetti. Milanese nato il 25 dicembre del ’34 e divenuto famoso per aver vinto all’esordio in F.1 nel ’61 a Reims e per di più sulla Rossa. Baghetti, dopo un 1964 incolore a bordo di una Brm della Scuderia Centro Sud, aveva disputato soltanto il G.P. d’Italia del ’65 e dopo un’ulteriore lunga sosta decise di far capolino nel Circus ad un anno di distanza ancora nel “Tempio della Velocità”. E proprio nella gara di casa, fu protagonista di un episodio alquanto singolare. Era stato iscritto come driver del team privato britannico di Reg Parnell che gli mise a disposizione una Lotus-Brm 2000. Un modello vecchio che non poteva certo competere con le vetture 3000 di cui era dotata la concorrenza, infatti dopo la prima giornata di prove stazionava in fondo al gruppo. Ma ecco il colpo di scena! Recatosi nel box del Cavallino insieme all’amico Lorenzo Pilogallo, autorevole firma de “Il Corriere della Sera”, per salutare i vecchi amici, Baghetti si ritrova davanti Enzo Ferrari. Il Drake, di buon umore per gli ottimi tempi dei suoi tre alfieri, Parkes, Bandini e Scarfiotti, scherza col milanese rimproverandolo di aver lasciato Maranello a fine ’62 cedendo alla tentazione della meteora A-T-S (scuderia creata dall’ingegner Carlo Chiti licenziato dal Cavallino insieme ad altri vertici). Così fra una battuta e l’altra, Ferrari rivela:” Pensi che a Modena ho una macchina ferma, una 2400. Se la guidasse lei farebbe lo stesso tempo di Bandini, Parkes e Scarfiotti.” Si trattava della vecchia monoposto a 6 cilindri, più leggera e con 100 cavalli in meno delle 3000 a 36 valvole ufficiali. Il discorso non andò oltre, almeno credette Baghetti. Il grande vecchio però stimava il suo ex-pilota e non rimase indifferente al suo sforzo di battersi con i rivali sebbene avesse un mezzo decisamente inferiore. Così, dopo aver discusso con il fido direttore sportivo Eugenio Dragoni, decise di prestare la vecchia Rossa al team Parnell. Per Baghetti, all’oscuro di tutto, fu una bellissima sorpresa vedere la 246 F1 T nel suo box il sabato mattina. Ovviamente il numero restava quello dell’iscrizione, il 44. Giancarlo tornava così a guidare con immenso piacere una Ferrari quattro anni dopo l’ultima volta. Purtroppo per lui, non riuscì a sfruttare a pieno il potenziale della macchina per diverse ragioni: da un anno non scendeva in pista e non s’era mai calato nell’abitacolo di una monoposto da 270 cavalli. Nelle prove ufficiali il milanese percorse parecchi giri, ma non andò oltre il 16° tempo che lo collocò in penultima fila. Non si scoraggiò e la domenica sfoderò tutta la sua grinta sin dalla partenza dando vita ad una veemente rimonta che lo issò fino al 5° posto. Malauguratamente alla 55^ delle 68 tornate previste, un bloccaggio dell’acceleratore lo mandò fuori alla Parabolica e lo costrinse ad una lunga sosta ai box che vanificò la grande impresa che stava portando a termine (non venne classificato). Quella che sarebbe stata l’unica gara di Baghetti del 1966, entrò comunque nella storia grazie alla doppietta Rossa firmata da Scarfiotti e Parkes. Un italiano saliva finalmente sul gradino più alto del podio monzese 14 anni dopo il mitico Alberto Ascari e da allora nessun connazionale riuscì mai più ad imitarlo. Ma torniamo al presente. Oggi il 44 torna a far capolino sulla livrea della Ferrari abbinato al nome di un fuoriclasse del calibro di Hamilton, l’eptacampione che alimenta i sogni di gloria del popolo del Cavallino ansioso di tornare ai fasti dell’era Schumacher.