Di Carlo Baffi
Aneddoti storici dal tracciato medio orientale sorto nel 2009 e spesso sede dell’ultima tappa del Mondiale di F.1.
Il Circus è di scena sul circuito di Yas Marina per disputare il Gran Premio di Abu Dhabi, 24° ed ultimo round della stagione. Una pista moderna che per la sua collocazione nel calendario ha scritto alcuni verdetti storici della Formula Uno. Come non ricordare l’edizione 2021, con il duello rusticano tra Max Verstappen e Lewis Hamilton all’ultimo giro, che incoronò l’olandese in un mare di polemiche? La pista degli Emirati Arabi disegnata dal celebre architetto tedesco Hermann Tilke, sita sull’isola Yas, ha però riservato negli anni anche alcune piccole curiosità che ci fanno meglio conoscere i protagonisti del motorsport. Nella veste di narratore è Manfredi Ravetto, attuale proprietario della Scuderia Ravetto & Ruberti (SR&R) presente nelle serie GT in tre campionati diversi, che per svariati anni ha operato in qualità di manager nella massima formula.
La memoria corre al Gran Premio di Abu Dhabi del 2010 (corso il 14 novembre), quando Ravetto ricopriva il ruolo di Direttore Generale dell’Hispania Racing F1 Team (scuderia dall’ex-pilota Adrian Campos che debuttò in quella stagione).
“Era la prima volta che mi trovavo a Yas Marina ed alloggiavo presso l’Hotel Yas Island, che si trova all’interno del circuito che passa sotto quel lussuoso edificio. Siccome la F.1 entrava in scena dal tardo pomeriggio in avanti, tutti i nostri impegni si svolgevano fino a notte fonda, mentre le gare di contorno erano programmate durante la giornata. Di conseguenza, adottando l’orario della pista con le libere 1 che iniziavano al tramonto era inutile presentarsi nel paddock all’alba. Ricordo però che il venerdì mi alzai relativamente presto e mentre facevo colazione vidi che erano in corso le prove libere dell’allora GP2 Series (l’attuale Fia F.2 – ndr). Annesso al salone riservato alle prime colazioni c’era un ampio terrazzo che dava sul circuito. Fuori, col sole a picco, ci saranno stati oltre 40 gradi, non c’era nessuno tranne un individuo. Era di spalle appoggiato alla balaustra, indossava una maglietta ed un cappellino ufficiale della Mercedes. Un fatto che mi incuriosì, perché mi son chiesto chi fosse così interessato ad una support race di mattina e con quel caldo. Restai ad osservarlo per un po’ e quando si girò incamminandosi verso di me scoprii stupore che si trattava di Michael Schumacher. Proprio lui! Lo salutai e gli chiesi come mai un sette volte iridato fosse già in pista per seguire delle prove di un campionato addestrativo. Buttandola sul ridire gli dissi:” Sei andato a prendere un po’ di sole?” E lui:” No, volevo vedere lo stile di guida di questi giovani. Magari tra loro c’è qualcuno che fa qualche traiettoria diversa, o una staccata particolare in certe curve.” Questa risposta mi fece riflettere e capire chi avevo davanti. Ma ci rendiamo conto? Malgrado fosse un eptacampione, a quel tempo ancora l’unico prima di venir raggiunto da Hamilton alcuni anni dopo, Schumi impiegava il suo tempo libero ad osservare le giovani leve perché nella vita non si finisce mai di imparare e di migliorarsi. Lui era il Re assoluto, strapagato, celebrato e che avrebbe potuto prendersela comoda standosene in camera con l’aria condizionata per poi farsi la consueta seduta di allenamento in palestra prima di calarsi nell’abitacolo.”
Impressionante questa dedizione totale per la professione, nonostante il Kaiser avesse alle spalle una lunga carriera di trionfi…
“Si ma non è finita, perché eravamo soltanto al venerdì. Arriviamo a sabato. Nel paddock di Yas Marina si trova da un lato la palazzina dei box che costeggia la pit-lane, in mezzo c’è un viale e sul lato opposto gli edifici dio due piani che ospitano le varie hopitality delle squadre; teniamo presente che i grandi motorhome sono impiegati nelle trasferte europee. La disposizione dei team segue l’ordine della classifica costruttori dell’anno prima e noi come Hrt ci trovavamo in fondo dal momento che eravamo esordienti. Sabato sera si svolsero le qualifiche (le due F110 motorizzate Cosworth di Bruno Senna e Klien chiusero ultime – ndr.), dopodichè ci furono i debriefing tecnici che si prolungarono sino all’una di notte. Una volta esauriti i nostri compiti, io ed alcuni colleghi dell’HRT decidemmo di recarci sulla terrazza, che dava sul molo dove erano ormeggiati gli yacht. Confesso che quell’atmosfera mi piaceva, la trovavo rilassante e così mi dilungai nelle chiacchiere, tanto la mattina dopo avremmo potuto riposare sino a tardi. Tirammo fino alle tre, dopodichè decidemmo di rientrare in hotel. Ripercorremmo il corridoio dei retro-box che ormai avevano le serrande abbassate. Giunti al garage della Red Bull vidi che fuori c’erano posizionati parecchi set di pneumatici montati sui rispettivi cerchi, materiale che sarebbe stato utilizzati in gara la domenica. In mezzo a quella calma piatta mi colpì la presenza di un membro del team, era in divisa blu e stava ancora lavorando in completa solitudine. Prendeva ciascun cerchione e facendolo ruotare controllava accuratamente se fossero presenti delle imperfezioni. Un lavoro certosino ripetuto continuamente, in stile catena di montaggio. Ebbene, costui era Adrian Newey! Roba da pelle d’oca, perché parliamo del responsabile dell’area tecnica della squadra anglo-austriaca, considerato da tutti il tecnico più geniale del Circus; un luminare assoluto, la cui fama era cresciuta a dismisura negli anni e che tuttora è ancora al top (l’Aston Martin se l’è accaparrato offrendogli 35 milioni di dollari per cinque stagioni – ndr.). Lui che aveva a disposizione fior di meccanici che avrebbero potuto adempiere a quel compito, preferiva farlo di persona ed a notte fonda. Poi ti domandi perché c’è gente che vince fior di mondiali ed altri che non ne vincono manco mezzo. Ecco, la risposta a questa domanda la ritrovi in queste pillole conservate nell’album dei miei ricordi e da cui emerge il professionismo di questi due autentici fenomeni.”
L’ennesima riprova che il successo prolungato non arriva mai per caso.