Di Carlo Baffi
Il finlandese Kimi Raikkonen spegne 45 candeline. Alle sue spalle una luminosa carriera coronata con il titolo piloti del 2007, l’ultimo conquistato dalla Ferrari. Aneddoti, curiosità e cronaca di una vita all’insegna della competizione.
L’ultimo atto della sua storia agonistica porta la data del 12 dicembre 2021, quando si ritirò al giro 25 del Gran Premio di Abu Dhabi (l’ultimo della stagione) per un problema ai freni. In realtà la notizia del suo ritiro dalle competizioni, Kimi Raikkonen l’aveva anticipata con un post su Instagram il 30 settembre: “Questa sarà la mia ultima stagione in Formula 1. Si tratta di una decisione che ho preso lo scorso inverno. Non è stata una scelta facile, ma dopo questo campionato è tempo di iniziare cose nuove. Anche se la stagione è ancora in corso – ha proseguito il finnico- voglio ringraziare la mia famiglia, tutte le mie squadre, tutte le persone che sono state coinvolte nella mia carriera e soprattutto tutti voi fans, che avete fatto il tifo per me per tanto tempo.” Il comunicato si concludeva dicendo che se anche la carriera era prossima al capolinea:”… c’è molto di più nella vita che voglio vivere e godermi. Ci vedremo ancora in giro! Cari saluti Kimi”. Parole mantenute coi fatti. “Iceman” infatti avrebbe fatto ancora capolino nel Paddock, non ultimo nei giorni precedenti il Gran Premio d’Italia del 1 settembre scorso, quando circolava a Monza con moglie e figlio al seguito. I merito al suo abbandono, qualcuno fece notare che da un driver blasonato ed ex Campione del Mondo, ci si sarebbe aspettato magari un annuncio in prima persona davanti a telecamere e microfoni, ma stiamo parlando di Raikkonen un anticonformista per eccellenza che non ha mai amato stare davanti ai riflettori, insomma uno che parla poco. E qui emerge la personalità particolare di questo pilota che si combina con la sua forte attrazione per la velocità. Ecco, Raikkonen potrebbe essere descritto con due sole parole: silenzio e velocità. Nella memoria di appassionati e addetti ai lavori, è rimasta indelebile la reazione di Kimi nel Gran Premio di Abu Dhabi 2012 tra il 22esimo e 23 esimo giro. Mentre era al volante della Renault, il suo ingegnere lo invitò via radio a spingere dal momento che Alonso si trovava a 5”. Risposta:” Lasciatemi in pace, so quello che sto facendo!” Una frase pronunciata ovviamente in inglese, che venne riprodotta su t-shirts che arricchirono il merchandising del finnico. Il suo repertorio è ricco di altre risposte stringate, ovvie e surreali (combinate allo sguardo fisso nel vuoto con i suoi occhi vivi e glaciali), le quali sono divenute un marchio di fabbrica al punto da essere sfruttate dal marketing. Raikkonen è stato testimonial prima per la Renault e poi per l’Alfa Romeo, quando era in forza a queste scuderie. Spot in cui Kimi non va oltre a risposte telegrafiche e gesti curiosi. Il suo essere taciturno emerse sin dall’infanzia al punto che i genitori lo portarono dai medici quando aveva tre anni perché ancora non parlava. Per fortuna non c’era alcuna patologia ed il bimbo fu lestissimo a reagire a tutti i test di controllo. Le parole arrivarono col tempo. Malauguratamente all’età di cinque anni, Kimi fu vittima di un incidente con la bici in cui sbattè il collo contro il manubrio. Subì una lesione alle corde vocali che gli provocò quella voce particolare, un po’ bassa e rauca. Già la bici…al piccolo Kimi piaceva scorrazzare sul suo modello da cross, molto più facile da spingere a tutta velocità rispetto all’automobilina regalatagli dai genitori sulla quale non raggiungeva i pedali. Nel cortile di casa era un duello continuo col fratello maggiore Rami, segno di un’equivocabile smania per la competizione. Un forte spirito agonistico che l’avrebbe accompagnato per il resto dei suoi anni. Kimi ha da sempre trasformato qualunque cosa divertente in una sfida personale da vincere. Lo conferma anche Mark Arnall, il suo fido preparatore conosciuto dai tempi della McLaren. Una virtù che gli sarebbe stata utile nella sua carriera motoristica. Una passione scoperta fin da ragazzo insieme al fratello, complice il padre. Matti Raikkonen, classe 1954, di professione guidatore di una motolivellatrice, amava anch’egli i motori. Non si limitava solo a lavorarci sopra, ma partecipava a delle gare di Folkrace: una specialità popolare nei paesi nordici in stile “rallycross”, dove vecchie auto malconce si sfidano su sterrati. Quello fu il primo approccio dei due ragazzini col motorsport. Poi un collega di papà li portò al kartodromo di Bembole. Una pista storica, dove fecero i primi passi Keke Rosberg, JJ Lehto, Salo ed Hakkinen. Per Kimi e Rami fu una folgorazione, al punto che papà Matti comprò un vecchio kart che sostituì la bici per le sfide. Peccato che dovevano dividerselo e dal momento che Rami era molto più alto di Kimi, ad ogni cambio di pilota andava modificata la pedaliera. Così poco tempo dopo arrivò anche un secondo mezzo e pazienza se l’acquisto andò a discapito della ristrutturazione della modesta casa di famiglia costruita dal nonno in mezzo ad un bosco, con il gabinetto all’esterno. Alla lunga, come avrebbero dimostrato i risultati, sarebbe stato un ottimo investimento. Kimi disputò la sua prima gara a dieci anni e non tardarono le prime affermazioni, nonostante (per le solite questioni economiche) avesse a disposizione un vecchio telaio. Suo rivale era Toni Vilander di un anno più giovane, che sarebbe poi diventato un inseparabile amico. Le noti dolenti riguardavano invece la scuola, che il ragazzo abbandonò a sedici anni per dedicarsi esclusivamente alle competizioni. A detta del padre consumava parecchi zaini, ma non per via dei libri stivati, bensì perché li usava come slitta sulla neve. Probabilmente anche qui c’era in ballo il morbo della velocità. Il suo percorso nel karting proseguì in Europa assistito da Kalle Jokinen che divenne una figura importante: meccanico, trainer e consigliori. I successi a ripetizione giunsero all’orecchio di David Robertson, un manager molto abile nell’investire e crescere giovani talenti che rappresentò una vera e propria rampa di lancio per Kimi, il quale nel 1999 salì su una monoposto di F.Renault per disputare il campionato d’oltre Manica. Se il primo fu un anno di apprendistato, il secondo fu quello della grande rivelazione con la conquista del titolo ed il nome di questo giovane fenomeno iniziò a circolare tra gli addetti ai lavori. Accadde che proprio in quel periodo Peter Sauber fosse intenzionato ad ingaggiare la promessa Jenson Button reduce da una stagione felice con la Williams. L’inglese però non era disponibile ed ecco che Robertson propose al manager svizzero il finnico. Sauber accettò la scommessa e dopo un ottimo test al Mugello datato 12 settembre 2000, fece debuttare Kimi al volante della C20 in Formula Uno. Lo stipendio era di 500 mila dollari l’anno più 50 mila a punto conquistato. Non mancò lo scetticismo verso quel 22enne taciturno con alle spalle soltanto ventun corse in una serie cadetta. Alla vigilia del suo esordio in Australia si ritrovò di punto in bianco nella fossa dei leoni. Non parliamo dei rivali in pista, bensì dei media che lo assediarono per intervistarlo. Fu uno shock per uno abituato alle rare “one to one” nella F.Renault. Pare che commentò dicendo che sarebbe stato magnifico guidare una F.1 in incognito. La Federazione gli concesse inizialmente una licenza per i primi quattro G.P. del 2001. Per tutta risposta, Kimi andò subito a punti in Australia e due mesi dopo in Austria, giunse sorprendentemente quarto. In quell’occasione qualcuno gli fece notare che non fosse molto felice malgrado il risultato eclatante. Risposta:” Lo sarò quando vincerò delle gare.” Quella che inizialmente pareva essere una scelta di ripiego, era destinata a trasformarsi in un proficuo business per Sauber. Sul finire di quello stesso anno, Ron Dennis team boss della McLaren Mercedes strappò Kimi alla Sauber prima della scadenza naturale del contratto prevista nel 2003, versando 20 milioni di dollari. Un’operazione che rimpinguò le casse di herr Peter, che potè permettersi la galleria del vento ad Hinwil. Ovviamente non mancarono critiche e perplessità verso la scelta di Dennis, ma anche in questo caso le smentite non sarebbero tardate. Nell’ingombrante ruolo di erede del due volte iridato Mika Hakkinen, Raikkonen fu terzo con la Freccia d’Argento al debutto di Melbourne nel 2002 e dopo altri tre podi, firmò la sua prima vittoria in carriera nel G.P. della Malesia del 2003. Con le quotazioni in netto rialzo, anche il conto in banca registrò una notevole impennata. Il primo ingaggio percepito dalla scuderia di Woking s’aggirava intorno al milione più 50 mila dollari a punto e Kimi potè finalmente regalare a mamma e papà una nuova casa; come aveva promesso sbarcando in F.1. E proprio in quel 2003 avrebbe conteso il titolo fino all’ultimo round, in Giappone, ad un certo Michael Schumacher perdendolo per soli due punti. Sarebbe giunto ancora secondo anche nel 2005, battuto da un altro astro nascente, Fernando Alonso. Nella penultima gara di quel campionato, sul veloce tracciato di Suzuka, il finnico, partito 17esimo fu autore di una storica rimonta che culminò con un sorpasso formidabile ai danni di Fisichella leader della gara fino a due tornate dal termine. Per Kimi fu il settimo successo stagionale. E sempre in quel campionato, come dimenticarsi dello schianto in piena velocità al Nurburgring? Mentre era in testa al Gran Premio d’Europa, la sua MP4-20 iniziò a lamentare delle forti vibrazioni alla ruota anteriore destra. Dal box gli dissero di rientrare ma lui proseguì. All’ultima tornata la sospensione si ruppe di colpo rimbalzando contro la carrozzeria e la vettura fuori controllo finì contro le barriere. Per fortuna non ci furono conseguenze per il pilota, che rientrato ai box e deluso per il mancato successo, a chi gli chiese cos’avesse provato in quel momento, rispose seccamente:” Shit feeling….” Confessò di aver proseguito pur sapendo del rischio di cedimento, ma in gioco c’era la corsa. Non a caso Dennis, l’aveva soprannominato “Iceman”, (Sauber l’aveva invece ribattezzato curiosamente “Eskimo”) ossia l’uomo di ghiaccio, sia per lo sguardo, sia per la calma con cui affrontava determinate situazioni e sia per la capacità di concentrarsi. In un’intervista rivelò che mentre si prepara ad una gara riesce ad estraniarsi da tutto e tutti, escludendo qualsiasi pensiero diverso. Il suo essere introverso era ormai diventato un marchio di fabbrica, così come la sua classe e le sue doti velocistiche. Un giovane consacrato tra i migliori top driver il cui ingaggio aveva raggiunto gli 8 milioni di dollari nel 2006. I suoi anni in McLaren furono duri, ma sicuramente ne temprarono il carattere. Non era semplice vivere sotto la disciplina maniacale e severa di Dennis che non lasciava nulla al caso. Kimi e Ron erano all’opposto, ma entrambi avevano un obiettivo comune, la sete di vittoria. E di trionfi con sulla Freccia d’Argento, “Iceman” ne siglò ben nove. Ormai lo tenevano d’occhio in tanti, compresi i vertici del Cavallino. Jean Todt allora gran capo della Gestione Sportiva seguiva Kimi da anni cercando un erede di “Kaiser” Schumi, ma “Iceman” era blindato da Woking sino al 2007. Ma è risaputo che i contratti valgono fino ad un certo punto e non è facile resistere al fascino ed alle offerte del Cavallino. Quando nel 2006, Schumacher sciolse le riserve in merito al suo ritiro, si materializzò la possibilità di salire sulla rossa. Radio-box parlò di un contratto triennale intorno a 28 milioni di Euro a stagione. Il passaggio ufficiale di consegne ebbe luogo sul podio di Monza il 10 settembre 2006 nel G.P. d’Italia: Michael primo e Kimi alle sue spalle. Ed anche in questa nuova avventura Raikkonen fugò immediatamente le incertezze del caso. Vinse alla sua prima gara in rosso a Melbourne (l’Australia gli ha sempre portato fortuna), ma non festeggiò in modo eccessivo. Il giorno dopo si fece tatuare intorno al polso destro (dove porta l’orologio) un soggetto dalla grafica tribale. Gli chiesero se il tatuaggio fosse permanente o sarebbe sparito nel tempo. Risposta:” Staremo a vedere.” Al termine del mondiale 2007 mise le mani sul titolo iridato in un rocambolesco G.P. del Brasile, ultimo round del mondiale dopo un testa a testa con la coppia McLaren formata da Alonso e dal rookie Lewis Hamilton, l’astro nascente. Ad Espoo, il suo paese natale, fu festa grande e qualcuno propose d’intitolargli una strada. Kimi non fu molto entusiasta e non se ne fece nulla. Il finlandese lasciò Maranello e la F.1 a fine 2009, stanco del troppo stress accumulato: meeting, briefing, passerelle e quant’altro l’avevano stufato. Disse:” la popolarità è stancante, in quanto ti obbliga a trattare con troppa gente.” Aveva sempre faticato a scaricare l’enorme tensione accumulata nei weekend di gara e ritornare alla tranquillità, quella che andava sempre cercando. Non ha mai nascosto il suo amore per l’ozio tra le mura domestiche. Ha ammesso di aver speso parecchio danaro in voli privati, spiegando:” Do molta importanza al mio tempo e noleggiando un jet rientro a casa molto prima.” E’ pure un grande amante del sonno. Un suo meccanico ai tempi del karting, rivelò che Kimi riusciva a dormire a tempo. Una volta lo sorprese in preda alle grinfie di Morfeo sotto il van, poco prima che partisse la gara. Lo svegliò ed era subito pronto a scendere in pista, come se si fosse riacceso. Da ragazzino iniziò a praticare l’hockey su ghiaccio (sport in cui si cimenta tutt’oggi), ma poi lo abbandonò perché doveva svegliarsi presto al mattino per gli allenamenti. Tra il 2009 ed il 2011 si dedicò ai rally, altra sua grande passione, molto popolare in Finlandia. Una disciplina che ha prodotto grandi fuoriclasse, in cui s’è pure cimentato il fratello giunto secondo nella serie junior del campionato nazionale. In molti sostennero che fosse lo sport ideale per Kimi, libero di scatenare i cavalli in un’atmosfera molto spartana lontana dai rigidi protocolli della F.1. La parentesi nel WRC però fu poco esaltante con qualche uscita di troppo. Nel marzo 2011 “Iceman” annunciò di prendere parte ad alcune competizioni nella Nascar riprendendo a correre insieme agli altri e nel frattempo non rimase insensibile alle sirene che provenivano dal Circus. Trattò inizialmente con la Williams, poi il 29 novembre 2011 venne annunciato il suo ritorno con la Lotus. La scuderia nata dall’acquisizione della Renault F1, sponsorizzata da Lotus Cars, per conto della Genii Capital. Malgrado le difficoltà iniziali, il finlandese non si lasciò certo condizionare e grazie alla crescita della monoposto progettata da James Allison si tolse pure la soddisfazione di imporsi nella terz’ultima tappa ad Abu Dhabi chiudendo terzo in campionato. Un risultato non certo pronosticabile a inizio anno, dimostrando a tutti quanti che non era affatto “bollito”. Tanto che due stagioni dopo fu richiamato, nella sorpresa generale, alla Ferrari dal Presidente Montezemolo intento a pungolare il sempre più polemico Alonso. Si narra che una volta firmato il contratto con la Rossa, gettò il cellulare in mare perché stufo di rispondere ai tanti messaggi di congratulazioni ricevuti. Raikkonen rimase a Maranello sino al 2018 e quello fu il suo anno migliore della seconda avventura in Ferrari. Nel mondiale si piazzò terzo alle spalle del compagno Vettel e di Hamilton, il vincitore. Senza dimenticare che nel G.P. degli Stati Uniti ad Austin firmò il suo ultimo successo in F.1. Il 2019 vide “Iceman” in forza alla ex-Sauber, ovvero l’Alfa Romeo Racing: scuderia satellite e cliente della rossa di cui montava le power unit. Per nulla demotivato, Kimi accettò il trasferimento in un team di secondo piano ed ebbe comunque modo di mettersi in luce anche con la modesta C38. Nel Gran Premio del Brasile del 2019, arrivò a ridosso del podio arpionando un prestigioso quarto posto. Insomma una carriera lunga e da incorniciare quella di questo talento cristallino, in cui si contano oltre alla corona iridata: 21 trionfi, 18 pole position e 103 podi. Di sicuro un antidivo come Raikkonen manca al Circus, ma non siamo sicuri che la Formula Uno stia mancando a lui. Sul fatto che Raikkonen sappia godersi la vita non abbiamo mai avuto dubbi e qui spunta il “Mr. Hyde” con tutti gli eccessi del caso. Uno dei suoi miti è stato James Hunt, noto per la sua vita tanto spericolata quanto sregolata. In suo omaggio indossò una replica del casco del campione inglese nel G.P. di Monaco del 2012. Ma non solo. S’iscrisse ad una gara di motoslitte in Finlandia con lo pseudonimo “James Hunt”. “Mi piacevano gli anni in cui correva Hunt – rivela Kimi nella sua autobiografia – Non si era sempre sotto osservazione e c’era più solidarietà anche perché c’era la paura di morire.” Come diceva James era meglio far baldoria la sera, data l’incognita del giorno dopo. E’ la filosofia del “carpe diem” parecchio gradita da Kimi che non ha mai disdegnato i vizi legati a “Bacco, tabacco e Venere”. Ha fumato da ragazzo ma poi hai smesso, limitandosi a qualche tiro quando è un po’ alticcio. E qui tocchiamo un tasto dolente. Per sua stessa ammissione, gli piace bere un bicchiere con gli amici, l’alcol attenua lo stress; non ama il vino, bensì … qualche drink. Però sono noti gli episodi in cui è stato colto in stato di ebbrezza. Sorvoliamo sulle sbornie risalenti all’epoca del karting e del servizio militare e limitiamoci ai tempi recenti. La memoria corre al Galà di fine stagione organizzato a San Pietroburgo dalla Fia nel 2018. Salì sul palco per ritirare il premio camminando in modo strano, scherzò con Sebastian Vettel, lo abbracciò e dispensò sorrisi alla platea. Anni prima i tabloid inglesi avevano riportato in prima pagina la notizia con tanto di foto, secondo cui il finnico era stato allontanato bruscamente da un pub dopo che nel privè aveva importunato, essendo alticcio, due cubiste. Un cronista spagnolo raccontò che in una festa a Budapest, Raikkonen fosse sdraiato sul bancone del bar: era così poco lucido che perse passaporto e portafoglio. Due anni prima reduce dal secondo posto in Bahrain, trascorse insieme al suo amico Kimmo Pikkarainen (giocatore professionista di hockey) sedici giorni in cui non si fecero mancare gli alcolici, in aggiunta alle serate trascorse in birreria ed al ristorante con altri amici. Una lunga serie di bagordi che avrebbe messo chiunque ko, invece il giovedì precedente il G.P. di Spagna, Kimi cambiò registro e si presentò a Barcellona nella forma migliore piazzandosi terzo. Non disdegna il luppolo, prova ne è che al G.P. di Monaco del 2006 dopo essere finito a piedi per colpa del motore, anziché tornare nel paddock per il debriefing e le interviste di rito, Raikkonen si diresse verso il suo yacht ormeggiato alle curve delle Piscine e dopo essersi tolto tuta e casco seguì la fine della corsa gustandosi una birra fresca. Ai media desse:” Che c’è di strano? La barca era vicino al punto in cui mi sono fermato e poi la mia gara era terminata.” In campo sentimentale, malgrado il nickname, “Iceman” non è certo un ghiacciolo di fronte al gentil sesso ed ha ottimi gusti. Le immagini di quando Nicole Kidman fece capolino nel box Ferrari ed il finnico si limitò a salutarla con una fugace stretta di mano insensibile al fascino della diva, sono fuorvianti; come detto sopra, quando è in pista la sua concentrazione è massima. Kimi s’è sposato una prima volta nel 2004 con Jenni Dahlman, una modella finlandese eletta Miss Scandinavia nel 2001, da cui si separò a dodici anni di distanza. Subito dopo incontrò ad una festa Minttu Virtanen, una hostess della “FlyBe”, anche lei coi capelli scuri come Jenni. Rimase molto affascinato da quella ragazza single ed iniziò a frequentarla. I due convolarono a nozze tre anni più tardi celebrate nell’abbazia di San Galgano presso Siena e successivamente ebbero due figli Robin e Rianna. Sempre nell’autobiografia di Raikkonen, Minttu confesserà di essere rimasta colpita dall’umorismo di quell’uomo che conosceva soltanto dai giornali:” Passavo giornate intere a ridere delle sue storie.” Come non credergli. E qui spunta puntale un altro aneddoto. Gran Premio del Canada 2008. E’ il 19esimo passaggio quando dopo l’entrata in pista della safety-car iniziarono i rifornimenti. Kubica sulla Bmw e Raikkonen sulla Ferrari furono più veloci di Hamilton, il leader della gara e lo superarono presentandosi in fondo alla pit-lane attendendo che il semaforo diventasse verde. L’inglese, forse innervosito e distratto dal sorpasso subito finì col tamponare la rossa di Kimi. Subito dietro, anche Nico Rosberg restò sorpreso dell’accaduto e toccò il retrotreno della McLaren di Hamilton. Insomma, il classico tamponamento a catena come quelli che si verificano agli incroci in città. Usciti dalle vetture i piloti controllarono i danni ed il glaciale finnico si avvicinò ad Hamilton e con una leggera pacca sulla spalla gli indicò il semaforo, come a dirgli:” … guarda che quando c’è il rosso ci si ferma….”, dopodichè si avviò con calma verso il proprio box. Per non parlare di quando in aeroporto s’infilò nel nastro del controllo bagagli ai raggi X, davanti allo sguardo allibito dei presenti. Bloccato ed interrogato dalla polizia giustificò quel gesto dicendo che voleva avere un’immagine di come fosse interiormente il suo corpo. Questo è Raikkonen. Che dire d’altro?