Storia

Published on Agosto 31st, 2024 | by Massimo Campi

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1994 GP Italia nella storia: 11 settembre 1994, Damon Hill porta al successo la Williams

 

Di Carlo Baffi

Parliamo di una stagione entrata nella storia per gli eventi drammatici che l’hanno segnata. Complice l’esasperazione delle prestazioni raggiunte, le monoposto erano divenute pericolosissime e per di più correvano su tracciati obsoleti e, carenti per quanto concerne le vie di fuga. Fattori di rischio elevati che furono all’origine di schianti rovinosi, di cui due tragici verificatisi entrambi nel weekend nero del Gran Premio di San Marino. Ad Imola infatti persero la vita l’austriaco Roland Ratzenberger (al suo 3° G.P.  in F.1) sulla Simtek-Ford ed il grande Ayrton Senna sulla Williams-Renault. La scomparsa del fuoriclasse brasiliano ritenuto il primo favorito nella lotta iridata in quanto dotato delle miglior monoposto del lotto, aveva spianato la strada alla nuova star Michael Schumacher al volante dell’emergente Benetton-Ford. Il 25enne tedesco, che fece il suo esordio nella categoria regina nel ’91, s’era fatto rapidamente largo mostrando le sue notevoli doti velocistiche e pure una certa aggressività, al punto da entrare in rotta di collisione con lo stesso Senna, non solo agonisticamente, ma pure a parole con liti riprese in mondovisione: vedi Magny-Cours ‘92. Se nella prima metà del campionato Schumacher aveva fatto il vuoto, nella seconda era salito alla ribalta Damon Hill (figlio del due volte iridato Graham), divenuto il pilota di punta del team di Sir Frank. Aggiungiamoci anche alcuni episodi dubbi in cui la Benetton diretta dal Flavio Briatore era finita nel mirino dei commissari e si spiega la ragione per cui il mondiale era ancora aperto, sia sul fronte piloti che su quello costruttori. Il riferimento va a quanto accaduto nel Gran Premio di Gran Bretagna in cui Schumacher non aveva rispettato la bandiera nera espostagli per il mancato stop&go inflittogli per un’infrazione precedente. E nella sentenza pronunciata all’indomani del G.P. del Belgio (corso due settimane prima di Monza) s’era visto squalificare per due round: Italia e Portogallo. Fra l’altro, proprio a Spa, gli era stata tolta l’iniziale vittoria a perché in sede delle verifiche post-gara fu rilevato l’eccessivo consumo del pannello di legno posto sotto il fondo della sua B194. Un verdetto contro il quale la scuderia anglo-italiana decise di presentare appello finito nel nulla. Il successo era così andato ad Hill che alla vigilia di Monza era secondo a 21 lunghezze dal teutonico leader della classifica, mentre sul fronte costruttori la Williams inseguiva la Benetton a + 23. La Ferrari figurava come terza forza in entrambe le graduatorie, i suoi alfieri Berger ed Alesi erano rispettivamente terzo e quarto, ma ai fini della lotta iridata erano praticamente fuori dai giochi. Perso Schumi, il volante della Benetton passò nelle mani di J.J. Lehto, un 28enne finlandese alla sua sesta stagione in F.1, che fino ad allora aveva ottenuto solo piazzamenti ed un podio in virtù del 3° posto ad Imola nel ’91 sulla Dallara. Era reduce da una stagione sulla Sauber con la quale aveva chiuso in 13^ posizione nel mondiale. Lehto, avrebbe affiancato Jos Verstappen che poco più di un mese prima, nel G.P. di Germania s’era ritrovato avvolto tra le fiamme durante il pit-stop. Anche quell’episodio finì al centro di un’indagine federale, perché l’incendio fu provocato dalla manomissione della macchina dei rifornimenti al fine di velocizzare l’operato dei meccanici. Ma al di là delle vicissitudini del campionato, è d’uopo aprire un’ampia parentesi su un altro aspetto che caratterizzò il 65° Gran Premio d’Italia, quello riguardante il futuro della manifestazione e della pista brianzola. L’Autodromo Nazione di Monza visse infatti mesi turbolenti, con progetti bocciati e riammessi, di ricorsi e polemiche, culminati con un salvataggio in extremis. Per comprendere meglio cosa accadde è bene compiere un passo indietro di qualche settimana, tornando a sabato 13 agosto, mentre era in corso di svolgimento la tre giorni del G.P. d’Ungheria. Quel giorno i giornali riportarono una notizia che fu un vero e proprio fulmine a ciel sereno per il “Tempio della Velocità”. Emblematico il titolo de “La Gazzetta dello Sport”: Cancellata Monza!” E come mai? Il giorno prima, era stato emanato un provvedimento dalla Federazione Internazionale allora presieduta da Max Mosley, che d’accordo con Ecclestone (il quale disse ai cronisti “Per Monza è finita.”), annullava di fatto la corsa tricolore. Motivo? Il perdurare dell’incertezza da parte delle autorità italiane in merito all’autorizzazione ai concordati lavori richiesti per migliorare gli standard di sicurezza. La Fia aveva richiesto alcuni cambiamenti del tracciato in linea con le misure imposte dopo il tragico G.P. di San Marino a tutte le piste. Al di là dello shock iniziale, si trattava però di un segnale forte e non di una decisione definitiva, perché si percepiva che ci fosse ancora un margine di manovra ad un mese dall’evento. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dell’allora governo Berlusconi, Gianni Letta scrisse immediatamente una lettera a Mosley, invitandolo a salvare la gara. E lo stesso Presidente del Consiglio dopo aver auspicato una soluzione di buon senso dichiarò pubblicamente che non si sarebbero dovuti abbattere gli alberi. Ecco il motivo principale del contendere! Le modifiche al circuito prevedevano la creazione di alcune vie di fuga nella zona delle Curve di Lesmo, situate all’interno del bosco. L’intervento avrebbe comportato un abbattimento di circa 500 alberi, tra cui querce secolari di pregio (a detta delle associazioni ambientaliste, scese sul piede di guerre insieme ai partiti della sedicente opposizione). Si trattava però di una stima iniziale, visto che poi le piante da tagliare si ridussero a 123. Ne sortì un braccio di ferro durato settimane al termine del quale la Regione Lombardia diede il suo benestare, per contro spuntò il “niet” della Sovrintendenza ai Beni culturali di Milano che negò l’autorizzazione al disboscamento. La palla passò al Governo che si dichiarò favorevole ad un compromesso con la creazione di una chicane tra le due curve per rallentare la marcia, ma i tempi si stavano dilungando troppo e dal Circus decollò quell’ultimatum che servì a sbloccare la situazione. Domenica 14 agosto, sempre “La Gazzetta” aprì la prima pagina scrivendo:” Monza, svolta per il si.” Miracolo? Quasi. Si apprese che nella notte Berlusconi si parlò con Ecclestone al telefono ed il pomeriggio successivo ci fu un vertice a Cannes tra Mosley (proprietario di una villa in Costa Azzurra), Letta, l’ex Presidente della Csai Piccinini, il Presidente Aci Alessi ed i vertici della Regione Lombardia. Insomma, qualcosa si stava muovendo e lo confermava lo stesso Ecclestone, pur essendo già pronto a rimpiazzare Monza col Nurburgring fattosi avanti:” E’ scattata una molla – rivelava il “Supremo” – stiamo lavorando per trovare una soluzione e c’è ancora una speranza. Tutto dipende dai piloti anche se non credo che accetteranno l’ipotesi di una chicane.” Un parere condiviso anche dal suo ex-driver Lauda, che seppur convalescente da un incidente su una moto d’acqua a Ibiza, si recò su invito del Presidente della Ferrari Montezemolo all’Hungaroring per convincere i piloti a correre anche con la sopracitata variante. Nel frattempo però sull’Autodromo cadde un’altra tegola. La magistratura monzese a seguito di numerosi esposti dei “verdi” mise sotto sequestro cautelativo una parte del cantiere aperto dalla Sias alla variante della Roggia. Il casus belli riguardava il taglio di una quercia secolare, per prolungare la via di fuga di 15 metri.” Seguirono due giorni di assoluto silenzio, quand’ecco la fuma bianca. Pare che in quelle 48 ore ci fosse stata un’apertura degli ambientalisti sulla chicane di Lesmo, perchè avrebbe scongiurato il sacrificio di tanti alberi. Nel giorno di Ferragosto (terminato il G.P. d’Ungheria vinto da Schumi) la Fia riammise Monza ed il 16 la Sias (la società che gestiva l’Autodromo) e l’ACI Milano presentarono il progetto alla Giunta Regionale ed alla Sovrintendenza. Nell’annuncio si apprese che non ci sarebbe stata alcuna chicane e che la seconda Curva di Lesmo avrebbe subito una modifica della traiettoria di percorrenza con conseguente riduzione della velocità. Un provvedimento che però avrebbe riguardato solo il 1994, in attesa di una soluzione definitiva, ma che intanto poneva rimedio ad una questione quasi disperata. Finalmente aveva prevalso il buon senso, anche da parte di coloro che da sempre osteggiavano la presenza dell’Autodromo. La Seconda di Lesmo veniva quindi modificata accentuandone l’angolazione intorno ai 90° (il raggio scendeva da 100 a 36 metri) trasformandola in un tornante da terza marcia percorribile a 170 km/h anziché a 280. Una soluzione studiata insieme agli esperti della Federazione ed a Gerhard Berger in qualità di rappresentante dei piloti. Il nuovo layout utilizzava lo spazio ricavato dalla demolizione della tribuna esterna e dall’espianto di soli 14 alberi presenti in quell’area che furono trapiantati in altre zone del parco. La Sias si impegnava inoltre a sostituire quelli che non fossero attecchiti. Ottenuto il nulla osta, partirono immediatamente i lavori sul nuovo asfalto in modo che questo potesse amalgamarsi al meglio: la deadline era fissata per i test di Sauber, Ferrari e Minardi in programma dal 31 agosto al 1 settembre. Restava ancora da sciogliere il nodo della Roggia. Finalmente arrivò il benestare dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali con il conseguente dissequestro e la quercia della discordia fu rimossa. Caduto anche l’ultimo ostacolo, in occasione della presentazione ufficiale del Gran Premio furono resi noti i numeri del restyling. La pista fu riasfaltata per 2,4 chilometri senza variarne la lunghezza complessiva che restava di 5.800 metri. Oltre alla Curva di Lesmo, mutava pure, la Variante Ascari (che raggiungeva gli 80 metri) e la Curva Grande che vide aumentare il proprio raggio da 303 a 325 metri e la cui via d’uscita fu ampliata a 40 metri e coperta dalla ghiaia. Il tutto per una spesa complessiva di oltre 3 miliardi di lire a cui si aggiunsero i 700 milioni per la costruzione del nuovo Centro Medico ed i 150 per gli alberi reimpiantati a fronte di quelli tolti, in rispetto degli accordi presi. Con l’Autodromo messo in salvo, l’interesse poteva quindi riconcentrarsi sull’aspetto agonistico. L’assenza forzata di Schumacher e del compianto Senna, faceva si che il 12° dei 16 round previsti dal campionato, perdesse parte del suo appeal. Per Hill si presentava la ghiotta occasione di accorciare ulteriormente le distanze dal teutonico e per la Ferrari di cogliere un trionfo nella gara di casa, che andava ad aggiungersi a quello sparuto siglato da Berger ad Hockenheim. Un risultato che avrebbe soddisfatto anche Bernie Ecclestone, il grande patron del Circus che in un’interessante intervista realizzata da Pino Allievi per “La Gazzetta dello Sport” confessò:” Sarebbe bello che la Ferrari vincesse a Monza, perché il Campionato diventerebbe interessantissimo. La F.1 deve molto al Cavallino.” Mercoledì 7 settembre arrivò la sentenza di assoluzione da parte della Fia nei confronti della Benetton per il rogo di Hockenheim. Le fu riconosciuta la buona fede, anche se certe perplessità restavano. E fu graziata pure la McLaren finita anch’essa sul banco degli imputati per la questione del cambio utilizzato da Hakkinen a Imola, che consentiva la salita automatica delle marce senza l’intervento del pilota. In entrambi i casi non venne riscontrato alcun tentativo di frode, fu confermato invece il penalty di Spa. Nelle prime prove del venerdì, l’acuto portò la firma di Jean Alesi che sulla 412T1B siglò il tempo di 1’24”620, precedendo le Williams-Renault di Hill e Coulthard, poi Berger ed Hakkinen. Delusione invece per le Benetton, rispettivamente 14^ e 16^ con Verstappen e Lehto. Al transalpino di Avignone andava il merito di non aver perso la calma dopo aver rotto il suo V12 al mattino ed aver commesso un testa-coda in prima variante all’inizio delle qualifiche, culminate poi con un giro da manuale in cui ottenne anche la velocità più alta di 334,4 km/h. Ed il giorno dopo la musica non cambiò, anzi, oltre ad Alesi che migliorò il suo tempo scendendo a 1’23”844 centrando la pole, pure Berger piazzò la sua Rossa in prima fila staccato di soli 134 millesimi dal compagno. I fantini del Cavallino, oltre ad aver esaudito il desiderio di Ecclestone, avevano regalato una grande gioia ai tanti ferraristi tra i 40mila presenti sugli spalti; ora mancava di completare l’impresa in gara. Malgardo i favori del pronostico, c’era da tener d’occhio Hill, terzo che si disse convinto di poter guastare la festa alle Rosse:” Sono in ottima posizione per farlo” avvertì il figlio d’arte. Da non sottovalutare anche Johnny Herbert, 4° con la sorprendente Lotus-Mugen, a seguire Coulthard, Panis e Hakkinen. Ancora sottotono il team leader del mondiale: 10° Verstappen e addirittura 20° Lehto. Al box Ferrari era ritornata l’euforia dei giorni migliori, l’idea di realizzarre una doppietta nella corsa di casa non era più un miraggio e pure la cabala giocava a favore del Cavallino. L’ultimo G.P. d’Italia corso l’11 settembre risaliva al 1988, sei anni prima quando fu doppietta con Berger ed Alboreto, con Senna fuori gioco nel finale complice il contatto con Schlesser. Alesi faticava a nascondere l’entusiamo:”Questo riusultato è una consacrazione – disse Jean – ma ne aspetto un’altra per la gara. Avere Gerhard accanto a me in prima fila aggiunge felicità alla felicità, sarà lui il principale avversario per la vittoria. Sono certo che faremo entrambi una grande gara, ma la spunterà io.” Berger, ci scherzò sopra (ha sempre fatto parte del suo carattere) e provocò il compagno:” Ho in mente la tattica per battere Jean, gli metterò qualcosa nel serbatoio così romperà subito i pistoni. Per la gara sono ottimista anch’io, ma resto convinto che Hill ci darà molto fastidio.” E le parole dell’austriaco risulteranno profetiche. Nota di colore: la presenza nel garage Ferrari del figlio del Presidente Montezemolo, Matteo di 17 anni che si rendeva utile alla squadra:” Per me è una gioia stare coi meccanici, vado a prendere la benzina, lucido i cerchioni, porto la frutta ed i gelati dal motorhome al box. Logicamente rispondo alle continue telefonate di papà (per questa volta il numero uno di Maranello non aveva potuto essere presente). Alla pole l’ho chiamato io ed era felicissimo ed ha voluto parlare coi capi-meccanici per ringraziarli.” Appartato nel box, ma felicissimo anche John Barnard il responsabile dei progettisti, che puntualizzava:” A Monza, è obbligatorio fare la pole e se possibile occupare tutta la prima fila. Ora speriamo di andare bene anche in corsa e abbiamo ottime possibilità di spuntarla.” Ma se il sabato fu una giornata perfetta, alla domenica andò diversamente ed il buon giorno si vide già dal mattino. Durante il warm-up, intorno alle 10.41, Berger stava effettuando il secondo giro con 70 chili di benzina a bordo, arrivò alla curva dell Roggia lanciato a circa 299 km/h, quando dopo aver affondato il pedale del freno in ritardo (lo ammise il pilota stesso) la macchina partì in testa-coda per terminare la sua marcia contro le barriere di gomme. Un impatto violentissimo col posteriore ad oltre 200 km/h. Berger uscì frastornato, ma da solo, dalla 412T1B; venne adagiato sul prato dai soccorritori e poi trasportato al centro medico, dove dai primi controlli emerse che l’austriaco non aveva subito gravi danni. Però su sua richiesta venne trasferito all’Ospedale San Gerardo di Monza per ulteriori visite. Gerhard infatti, a seguito di un incidente stradale occorsogli alcuni anni prima portava un sostegno metallico alla 2^ vertebra e guarda caso, la settimana prima del G.P. era finito nello stesso pronto soccorso dopo che il suo taxi era stato tamponato da un’automobilista distratta. Fortunatamente gli easmi radiografici durati un’ora confermarono il buon stato di salute del ferrarista che mostrò una certa impazienza nella lunga attesa per le visite dei sanitari. Riscontratagli una distorsione al rachide cervicale, gli ortopedici gli sconsigliarono di correre consigliandogli di indossare un collare, ma Gerhard fu inflessibile rispondendo che doveva ritornare in Autodromo per preparare il set-up del muletto in vista della gara che sarebbe partita di li a breve. Alla fine prevalse la sua volontà e fece ritorno in ambulanza nel motorhome dove lo attendeva impaziente Cristina, la figlia 14enne, che avrebbe ritrovato poco dopo sulla piazzuola della griglia, vestita con la divisa Marlboro e con tanto di cartello recante il nome del papà. Il pubblico, a conoscenza dell’incidente, salutò con grande tripudio la presenza del driver del Cavallino. Davanti a 75mila spettatori la gara scattò alle 15 ed Alesi prese subito il comando seguito da Berger. Nemmeno il tempo di chiudere la prima delle 53 tornate in programma, che in prima variante si verificò una rovinosa carambola che indusse la direzione gara ad esporre la bandiera rossa. A provocare il botto, una manovra sconsiderata di Eddie Irvine che frenando in ritardo toccò Herbert che intraversatosi colpì la Ligier di Panis ed a loro volta finirono nel mucchio altre vetture tra cui anche la Williams di Coulthard che però potè ripartire. Dopo mezz’ora di attesa per rimuovere le monoposto e ripulire la pista, ci fu il secondo start che vide le Ferrari ancora condurre le danze. Alesi cercò subito di prendere il largo dal momento che la sua strategia prevedeva due soste (rifornimento e cambio gomme), contro la sola di Berger. Il francese marciava spedito col compagno dietro a 11”3 e pareva destinato a condurre una marcia in solitario senza grossi problemi. Al giro 14 entrò in pit-lane per la sua prima sosta ed ecco materializzarsi di colpo l’incubo. La sua Rossa non ripartì, Jean cercò di innestare più volte la marcia, ma l’auto non andò oltre ad un breve sussulto. Un segnale inequivocabile che annunciava la resa. Una doccia gelata per il leader, che dopo essersi messo le mani sul casco, uscì dall’abitacolo furente, si sbarazzò di casco e guanti e con le lacrime agli occhi e si rifugiò nell’hospitality dove c’era il fratello, prima di lasciare in tutta fretta il circuito. Purtroppo la sfortuna aveva bersagliato nuovamente Alesi, questa volta tradito dal cambio, che lasciò così la testa a Berger, sul quale il popolo ferrarista ripose tutte le proprie speranze. Trascorsero otto passaggi e l’austriaco rientrò per effettuare il pit-stop insieme ad Hill. E purtroppo anche qui, il fato ci avrebbe messo nuvamente lo zampino. La Rossa numero 28 si ritrovò a tu per tu con Panis, si sfiorò la collisione e questo causò una perdita di tempo eccessiva che costò la leadership a Gerhard, superato da Hill e Coulthard (anche per loro una sola fermata). Le FW16 B volavano e a Berger, relegato terzo, non restò che gettarsi all’inseguimento. Purtroppo per lui, avendo a disposizione una monoposto con più carburante a bordo, faticava non poco a reuperare anche per via di una tenuta di strada non ottimale. A nove passaggi dalla bandiera a scacchi il gap dai battistrada era di 16”3, tutto pareva ormai deciso, ma Berger non si rassegnò. Visti i tempi di Hill e Couthard, intuì che i due cercavano di gestire la corsa e così forzò il ritmo tentando il tutto per tutto. La 412T1 B alleggerita dal consumo di carburante iniziò a recuperare fino a vedere in lontananza le Williams, elemento che spinse il ferrarista a spingere ulteriormente. Una tenacia che fu premiata all’ultimo giro quando alla Curva Parabolica, Coulthard rimase a secco e venne infilato inesorabilmente da Gerhard che chiuse secondo a 4”9 dal vincitore Hill. Terzo fu Hakkinen sulla McLaren-Peugeot davanti alla Jordan-Hart di Barrichello, alla seconda McLaren di Brundle ed al povero Coulthard terminato ad un giro. Per le Benetton altro calvario dopo le qualifiche anonime: Lehto finì 9°, mentre Verstappen andò ko per via di una collisione con la Lotus-Mugen-Honda di Alessandro Zanardi dopo il secondo start. Nel dopo gara si scoprì che quella di Hill fu una vera e propria impresa. Completato il giro di posizionamento in griglia, l’inglese si precitò ai box informando i tecnici che la sua Williams perdeva olio, da qui la decisione di farlo partire con l’auto di riserva. Ma non è finita. Per la seconda ripartenza, Coulthard avendo l’auto incidentata, prese il via sulla FW16B di Hill che era stata spinta a mano a bordo pista, manovra che suscitò non poche perplessità da parte del direttore di gara Roland Bruynseraede. Per assurdo Damon fu salvato dal contrattempo, perché la sua vettura iniziale, sebbene fosse stata rifornita per percorre la distanza di 307,400 km, s’era arrestata complice il malfunzionamento dell’iniezione che fece aumentare i consumi più del previsto. Hill confesserà di aver avuto qualche preoccupazione nelle prime tornate quando Alesi allungava, poi stabilizzatosi il margine capì che il ferrarista aveva imbarcato poco carburante ed avrebbe fatto una sosta in più. Berger dirà che gli è andata bene superarlo durante la sosta, perché in pista sarebbe stato complicato. L’austriaco da par suo si disse soddisfatto della propria gara, visto com’era iniziata la domenica. “ Non avendo potuto testare il muletto – raccontò il ferrarista – ho corso i primi 15 giri con prudenza, cercando di prendere confidenza con la macchina. Avevo pure un dolore al collo nel percorrere la Curva Grande che poi è scomparso. Dopo il pit-stop, la macchina aveva un fortissimo sottosterzo, poi quando si è alleggerita si è sitemata ed io ho potuto spingere, ma rispetto alle Williams ero indietro. Ho fatto un bel finale di gara, però non avrei potuto fare di più. Un secondo posto a Monza è una gran cosa, ma sarebbre stato grandissimo con Alesi primo. Mi dispiace molto per lui.” A fronte del suo successo, Hill si rilanciò nel mondiale che ora lo vedeva in ritardo di 11 punti su Schumacher. Pure tra i costruttori si ridusse la forbice tra Benetton e Williams, scesa a 12 lunghezze. Il duello con Schumi si sarebbe concluso all’ultimo round in calendario il 13 novembre. Una battaglia finale che per il suo epilogo ebbe uno lungo strascico di veleni. Sul cittadino di Adelaide, il tedesco si laureò per la prima volta Campione del Mondo nonostante il ritiro insieme al suo diretto avversario. Destò non pochi sospetti la collisione tra Schumi ed il suo rivale Hill, forse un po’ troppo ingenuo. A Michael giunto in Australia in qualità di leader con un solo punto di vantaggio, sarebbe bastato che Damon non avesse preso punti più di lui. Ed al 35° degli 81 giri, alla Curva East Terrace una volta finito fuori pista contro le barriere per un suo errore, cosa c’era di meglio che rientrare in pista e mettere fuori gioco il rivale (che lo seguiva da vicino) con una toccata “innocente” imputabile al mal funzionamento dello sterzo? Ah saperlo… un mistero rimasto tale, che continua a far discutere, ma che ha contribuito a scrivere la storia del motorsport.

 

 

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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