Storia

Published on Agosto 30th, 2024 | by Massimo Campi

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GP Italia nella storia: 10 settembre 1989, Prost verso il titolo mondiale

 

Di Carlo Baffi

La 60^ edizione del G.P. d’Italia andò in scena l’11 settembre in una stagione dominata dalle McLaren-Honda di Alain Prost ed Ayrton Senna, la cui rivalità si trasformò in una vera e propria faida, al punto da spingere il francese ad emigrare in Ferrari al posto di Berger in vista del 1990. La notizia del trasferimento del Professore a Maranello, venne pubblicata in anteprima da “La Gazzetta dello Sport” il 2 settembre, proprio ad una settimana dalla gara monzese, mentre l’annuncio ufficiale arrivò quattro giorni dopo. La trattativa era iniziata durante il G.P. di Francia del 9 luglio e s’era conclusa a Lugano. L’arrivo di Prost a Maranello fu salutato positivamente da Nigel Mansell, suo prossimo compagno di squadra:” Alain è un buon pilota ed un ottimo collaudatore, la nostra sarebbe la miglior coppia del mondiale. E’ uno dei miei pochi amici sui circuiti. Se con Piquet i rapporti non sono stati in questi termini, con Prost una cosa simile non si ripeterà.” Il problema della gestione di due top-driver non andava sicuramente sottovalutato e qui c’è un particolare importante da considerare. Il comunicato di Maranello recitava infatti che Mansell, per venire incontro agli interessi della Ferrari, aveva rinunciato alla qualifica di “prima guida”, pertanto i piloti avrebbero goduto dello stesso trattamento sia in prova che in gara. Inoltre si specificava che Nicola Larini (l’allora pilota della Ligier) aveva firmato da tempo un’opzione per le stagioni ’91,’92 e ’93. Perché questa precisazione? Mansell s’era visto prolungare il contratto poco prima del G.P. del Canada, in cui il Presidente Piero Fusaro ed il direttore sportivo Cesare Fiorio gli concedevano tutte le richieste avanzate, tra queste lo status di primo pilota, questo perché sarebbe approdato Nicola Larini. Fatto che poi non si verificò e con l’ingaggio di Prost il quadro cambiò. Il francese non avrebbe mai accettato di fare il secondo, per cui il britannico volle ridiscutere i patti puntando ad un ritocco dello stipendio, che ottenne rinunciando ai gradi di primo pilota. Il transalpino non nascose il proprio entusiasmo:” Passare alla Ferrari rappresenta un salto di prestigio, la possibilità di proseguire ai massimi livelli una carriera e di ritrovare nuove motivazioni. La Ferrari è sulla strada giusta, sta attraversando un periodo molto favorevole ed oltre ad essere un mito, credo fortemente nelle sue possibilità tecniche.” E riguardo al confronto diretto col “Leone britannico”:” Nigel è uno dei piloti più veloci di oggi, non sarà facile batterlo. Con lui ho un ottimo rapporto, che spero possa continuare anche in futuro, malgrado ci ritroveremo l’uno contro l’altro.” Detto ciò, era lecito chiedersi come avrebbe reagito la McLaren, oppure la Honda nell’ambito della lotta iridata. Avrebbe lasciato le stesse chances ad un pilota partente? Prost poteva bene immaginare, che qualcuno non fosse contento (ad esempio il motorista nipponico), però sapeva anche che una notizia di tale portata non sarebbe stato possibile nasconderla. Prima del G.P. d’Italia, la classifica piloti vedeva Prost primo a quota 62 con 11 lunghezze su Senna e con 5 gare da disputare. Una situazione ancora aperta, acuita dal clima tesissimo tra i due. Il brasiliano infatti non aveva perso l’occasione di rimarcare:” Tra me e Prost è finita, ormai comunichiamo soltanto attraverso gli ingegneri. C’era un accordo per Imola e le gare successive, fu lui che nella stagione precedente propose di non darci battaglia alla prima curva, ma credo che lui interpretasse questo patto in maniera diversa da me. Nel G.P. di San Marino – continuò Senna – lui partì meglio di me, ma io sfruttando la sua scia arrivai più veloce e lo superai prima della frenata. La manovra fu regolare e non contraria a quanto si era stabilito. Cosa dovevo fare, rallentare perché ero più veloce di lui? Io non ho tradito l’accordo, ma posso capire che lui la pensi diversamente da me, anche se la sua reazione è stata assolutamente sproporzionata.” A Monza, la pole fu appannaggio di Ayrton che con un giro prodigioso in 1’23”720 fece svanire il sogno di Berger e del Cavallino (l’austriaco aveva stabilito il miglior tempo il venerdì girando in 1’24”734) a 14’ minuti dalla fine delle qualifiche, abbassando il tempo di oltre 1 secondo. “Mi spiace aver deluso i tifosi che già pregustavano la grande festa dei loro beniamini in prima fila – rivelò il poleman che poi entrò nei dettagli dell’impresa:” Col primo set di gomme ho commesso un errore in una cambiata, comunque avevo capito come ottenere una buona prestazione. Sarebbe stato sufficiente che la pista si fosse asciugata (in mattina aveva piovuto) ancora di più, montare pneumatici freschi e poi spingere. Sapevo che sarei potuto entrare ancora più veloce alla prima chicane e l’ho fatto, anche se ciò mi è costato una leggera intraversata perché sono salito sul cordolo con una ruota posteriore. Invece ho tenuto giù perché ero sicuro che sarebbe stato un giro buono e così è stato. Ho compiuto un giro perfetto senza incontrare vetture lente. Anzi all’uscita della Parabolica, sul rettilineo, ho potuto sfruttare la scia della Benetton di Nannini che avevo davanti e ciò mi ha aiutato. Comunque sia – concluse Senna – sarà un Gran Premio duro, le Ferrari sono notevolmente migliorate.” Prost finito quarto, avanzò sospetti di un trattamento di favore del team verso il compagno-rivale:” …due secondi di svantaggio da Senna sono troppi.” La griglia di partenza del Gran Premio d’Italia, oltre a Senna e Berger in prima fila, vedeva in seconda Mansell e Prost (quando si dice una curiosa combinazione), in terza il duo Williams-Renault con Patrese e Boutsen, poi la Lola-Lamborghini di Alliot e la Benetton-Ford di Nannini. Allo start, Senna prese il comando e lo mantenne sino al 44° dei 53 passaggi programma. Fino ad allora tutto pareva andare per il meglio, tant’è che Ayrton procedeva spedito malgrado si fosse accesa due volte la spia rossa della pressione dell’olio. Rassicurato dai motoristi Honda, non aveva ridotto l’andatura pensando ad un falso contatto. Persino quando quel segnale era divenuto fisso, il leader aveva fatto segnare il suo giro più veloce. Ma a nove tornate dalla bandiera a scacchi, all’ingresso della Parabolica, il suo V10 esplodeva con tanto di fuoriuscita dell’olio che finendo sulle ruote posteriori mandava in testa coda la sua McLaren numero 1. Monza era nuovamente stregata per il paulista. Come l’anno precedente quando un contatto nel finale con la Williams di Schlesser lo privò nel finale di una vittoria praticamente certa. Nel frattempo Prost, grazie ai serbatoi più leggeri, era risalito in seconda posizione sopravanzando prima Mansell e poi Berger. La corsa del britannico sarebbe terminata al giro 41 per la rottura del cambio che aveva iniziato a dargli problemi dopo una decina di passaggi. Nigel aveva lanciato l’SOS via radio:” E’ terribile, non riesco più a cambiare, va tutto in folle. Spero di riuscire a portare la macchina ai box, non voglio lasciarla qui in mezzo alla pista, in segno di resa.” Un appello vano, perché la sua 640 iniziò a rallentare vistosamente al punto di spaventare Patrese che se la ritrovò di colpo davanti mentre affrontava le curve di Lesmo a 240 orari. Fu bravo il padovano a schivare per pochissimo l’ostacolo. La Rossa avrebbe esalato l’ultimo respiro in uscita dalla Parabolica a poche centinaia di metri dalla finish line, costringendo il suo driver a raggiungere i box a piedi fra gli applausi dei suoi fans. Così Prost ormai leader si ritrovò il trionfo servito su un piatto d’argento. Praticamente un miracolo visto che procedeva a 21”7 dal compagno. Il francese precedette Berger di 7”3 ed il belga Thierry Boutsen di 14”975. Alle loro spalle si piazzarono nell’ordine Patrese, Alesi (Tyrrell-Ford), Brundle (Brabham-Judd) e le due Minardi motorizzate Ford di Martini e Sala. La premiazione fu molto calorosa nei confronti del Professore, il quale venne acclamato dal popolo della rossa che vedeva in lui la speranza del riscatto Ferrari, che mancava ormai da troppo tempo. In segno di riconoscenza e molto probabilmente con un’abile mossa politica, Alain regalò il trofeo ai tifosi che avevano invaso la pista giungendo fin sotto il podio. Un gesto che fece imbufalire Dennis, gelosissimo dei trofei conquistati e destinati ad arricchire la già ricca bacheca del team. Il manager inglese scaraventò la coppa riservata alla scuderia vincitrice sui piedi di Alain, con cui ebbe una lunga discussione. Prost invece era al settimo cielo:” Non avrei mai voluto scendere dal podio tanto era stupenda la sensazione nel vedere la folla assiepata la sotto. Per questo – aggiunse il Professore – quando ho ricevuto il trofeo, m’è venuto spontaneo offrirlo a tutte quelle mani protese verso di me.” Peccato che per contratto, le coppe spettavano alla McLaren, da qui la reazione di Dennis, probabilmente già indispettito dall’addio di Alain. Non a caso nel comunicato ufficiale post-gara, il team boss dichiarandosi felice sia per la vittoria nella gara sfuggita la stagione prima e sia per la conquista matematica del mondiale costruttori, non citò affatto il nome del primo classificato. Senna beffato ancora una volta dalla sorte, parlò ai media del suo abbandono:” Se mi si accusa di aver compromesso la resistenza del motore – si rivolse seccato ad un giornalista – vuol dire che non si sa molto di corse e di quanto accade in pista. Io stavo andando entro i limiti accettabili per il mio 10 cilindri Honda. Di colpo si è rotto e non ho nulla da rimproverarmi. Ho quindi spento subito dopo il cedimento, ma purtroppo il lubrificante fuoriuscito è andato a finire sulle ruote ed ho perso il controllo della vettura.” A fronte di questo ritiro, il gap tra Ayrton e Alain salì a 20 lunghezze, ma il brasiliano trattò l’argomento con un certo sarcasmo:” Poco male, mancano ancora quattro gare. Finora ho avuto molta sfortuna, prima o poi dovrà averla anche … l’altro.” Una frase in cui si guardò bene dal nominare il suo diretto rivale. “Per il titolo sarà dura, ma non sono affatto battuto, lotterò ancora di più per cercare di conquistarlo. Può succedere di tutto, è presto per dire che sono sconfitto.” Dal canto suo Prost non risparmiò una frecciata all’avversario, sottolineando ancora l’inferiorità del suo propulsore:” Si vede cha Ayrton ha rotto il suo motore perché era troppo potente. Lo ripeto, oggi ho vinto soltanto per fortuna, ma è chiaro che non potrò contare sempre sull’aiuto della buona sorte.” E ad infuocare ulteriormente la sfida si aggiunsero le parole del Presidente della Federazione Jean Marie Balestre, che all’insegna dello sciovinismo d’oltralpe esaltò il successo del suo connazionale:” Sono contento che abbia vinto Prost soprattutto perché aveva un motore meno potente rispetto a quello di Senna. Lo so per certo, aveva venti cavalli in meno.” La guerra fratricida del duo McLaren Honda si sarebbe risolta ancora a Suzuka dopo una collisione che assegnò il titolo a Prost. Un episodio che scatenò una valanga di roventi polemiche, in cui Senna mise in atto la sua abilità nei rapporti con stampa e tv, facendo sapere al mondo intero quanto fosse disgustato, meditando perfino un clamoroso ritiro dalle competizioni. Nel mirino delle sue contestazioni c’era ovviamente Balestre, accusato di favorire il “Professore”. L’autoritario Presidente, sentitosi offeso reagì minacciando di non rinnovare la superlicenza ad Ayrton se questi non avesse presentato pubblicamente le sue scuse. Fortunatamente le parti in causa si ammorbidirono dopo varie telefonate, la McLaren pagò una multa e così il paulista poté schierarsi ai nastri di partenza del Campionato 1990 deciso a pigliarsi la rivincita sul suo eterno avversario.

 

 

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Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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