Formula 1

Published on Giugno 19th, 2024 | by Massimo Campi

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F1 Montreal ’82: la tragedia di Paletti

 

Di Carlo Baffi

In un terribile schianto al via, morì il 23enne esordiente milanese a bordo dell’Osella.

13 giugno 1982, una data molto triste nella storia del motorsport, in particolare della Formula Uno. In quel giorno nefasto, sul tracciato di Montreal si correva la 21^ edizione del Gran Premio del Canada e purtroppo in partenza si verificò un drammatico incidente in cui perse la vita il giovane Riccardo Paletti. Proprio nella stagione che lo vide esordire nella classe regina. Un anno che sarà ricordato come uno dei più neri, con l’incidente mortale di Gilles Villeneuve nelle qualifiche di Zolder e poi con quello del suo compagno Didier Pironi nelle prove ad Hockenheim, che pose fine alla carriera del transalpino. Un colpo terribile per la Ferrari che pur perdendo i piloti titolari avrebbe comunque conquistato il mondiale costruttori a riprova dell’efficienza della 126 C2 spinta dal V6 turbo, progettata dalla coppia Forghieri-Postlethwaite. Ma torniamo a Paletti. Riccardo era nato a Milano il 15 giugno 1958 ed era cresciuto in una famiglia facoltosa con due genitori (separati) che stravedevano per lui. Dopo aver cercato di mettersi in evidenza in varie discipline sportive, Riccardo mosse i primi passi nel motorsport grazie agli aiuti del padre, un facoltoso imprenditore nel ramo immobiliare. Nel 1979 giunse terzo nel Campionato Italiano Super Ford e l’anno seguente debuttò prima in Formula 3 e poco dopo in Formula 2. In quest’ultima categoria si mise in luce nel G.P. di Monza, gara però non valida per il Campionato Europeo, in cui salì sul terzo gradino del podio al volante di una March 802 Bmw. Nel 1981 firmò due secondi posti nelle prime fasi del trofeo continentale di F.2, per la precisione a Silverstone e Thruxton su una March 812 motorizzata Bmw; e a fine stagione chiuse decimo. Il 1982, ingaggiato dall’Osella, lo vide approdare in F.1, il traguardo tanto ambito per quel ragazzo longilineo, poco incline al sorriso e che portava sempre gli occhiali. Nei test invernali salì sul modello dell’anno prima e con la monoposto ’82, alla sua prima uscita nel G.P. del Sud Africa, non riuscì a qualificarsi, così come nei successivi appuntamenti in Brasile e negli Stati Uniti, sullo stradale di Long Beach. Paletti riuscì finalmente a schierarsi nel round di casa, il G.P. di San Marino a Imola; per la cronaca quello boicottato dalle scuderie britanniche complice la guerra politico-economica tra la Federazione Internazionale di Jean Marie Balestre e la Formula One Constructors Association di Bernie Ecclestone. Paletti scattò 13esimo e si sarebbe ritirato dopo dieci tornate per il cedimento di una sospensione. Mancata la qualificazione in Belgio ed a Monte Carlo, il milanese prese il via a Detroit (suo 1° G.P. a ranghi completi). Aveva il 23° tempo, ma anche in qui la sorte non gli fu amica. Gli fu fatale il war-up, in cui finì contro le barriere danneggiando irreparabilmente la propria FA1/C e siccome il muletto spettava al suo compagno Jean-Pierre Jarier dovette alzare bandiera bianca. Sette giorni dopo il Circus sbarcava a Montreal, ottavo round del mondiale. Sull’isola di Notre Dame, le qualifiche salutarono la pole position di Pironi sulla Ferrari, che precedette la Renault di Arnoux. Riccardo scattava dalla penultima fila essendo riuscito a qualificarsi col 23esimo crono. Per lui si trattava di un’occasione importante per dimostrare che non era arrivato in F.1 soltanto per le risorse del padre. Paletti era ambizioso e puntava pure ad insidiare il navigato Jarier, che partiva alcune file più avanti col 18esimo tempo; è risaputo che il compagno di squadra è il primo avversario. Il destino era però in agguato. Al momento del via il propulsore della Ferrari si spense. Pironi cercò di segnalare il guaio sbracciandosi, ma nel frattempo le monoposto erano già scattate. Alcune di queste, le più vicine, riuscirono ad evitare l’ostacolo mentre Paletti, avendo la visuale ridotta dal gruppo dei concorrenti che lo precedeva, si ritrovò di colpo la Rossa immobile davanti a lui. La sua Osella era in piena accelerazione ed il tempo di reazione fu così breve da non permettergli di evitare l’impatto. Uno schianto violento contro il retrotreno della Ferrari, stimato intorno ai 180 km/h. Un dato dedotto dalla marcia bloccata in terza e dal contagiri con la lancetta ferma sui 10.200 giri. Paletti perse conoscenza e rimase inerme all’interno dell’abitacolo. I soccorsi si precipitarono in suo aiuto e con loro anche Pironi. A complicare la situazione contirbuì l’incendio divampato per il carburante fuoriuscito dai serbatoi, che fortunatamente venne domato in pochissimo tempo. Malgrado non presentasse ustioni, le condizioni del pilota apparvero disperate e per estrarlo dalle lamiere ci vollero circa venti di minuti. Paletti venne quindi trasferito all’ospedale “Royal Victoria” di Montreal dove venne sottoposto ad un delicato intervento chirurgico intorno alle 17.45 locali. Il Dottor Wayne Smith rese noto che il pilota, oltre ad aver subito gravi fratture alle gambe, soffriva di lesioni interne alla gola, allo stomaco ed al torace. Purtroppo, intorno alle 19 arrivò il triste comunicato che annunciava il decesso. Il direttore sportivo dell’Osella, Gianfranco Palazzoli provvide ad avvisare Arietto Paletti, il padre, che si trovava in Italia e che volò in Canada su un aereo privato. Nelle ore successive iniziarono ad emergere le prime responsabilità su quanto accaduto. Indiscrezioni pubblicate su “La Gazzetta dello Sport” in un articolo dell’inviato Pino Allievi. Secondo la celebre penna del quotidiano milanese, al momento del via si verificò un episodio alquanto significativo. Una volta che le monoposto si fermarono in griglia sulle rispettive piazzole, un commissario di linea posto a metà schieramento rimase con il segnale sollevato. Il che faceva pensare che in quella fila un pilota non si era ancora completamente arrestato. Peccato che non fosse così, tanto che il suo collega gli afferrò il cartello e l’abbassò. Un’indecisione dovuta a distrazione od emozione (non lo sapremo mai), ma che indusse lo starter a ritardare l’accensione della luce verde. Parliamo di pochi secondi tali da poter provocare i danni alla frizione di Pironi, che rimase inchiodato causando poi l’irreparabile. La salma rientrò in Italia il 16 giugno e ad attenderla all’aeroporto della Malpensa erano presenti gli amici più cari. Nel pomeriggio del giorno successivo ebbero luogo i funerali in una chiesa vicino all’abitazione di Via San Vito in pieno centro di Milano, nel quartiere del Carrobbio. Presenti, oltre ai familiari ed ai parenti, il personale dell’Osella ed i colleghi Fittipaldi e Jarier. Terminata la funzione, Paletti sarebbe stato tumulato nella tomba di famiglia situata presso il Cimitero Monumentale. Per ragioni anagrafiche io ricordo quel Gran Premio del Canada solo per averlo seguito in tv ed aver letto le cronache sulla carta stampata. Molti anni dopo ebbi l’occasione di ritornare sull’argomento con un testimone d’eccezione, Gianfranco Palazzoli, il mitico “Pal Joe”, che ci ha lasciato nell’aprile 2023 all’età di 89 anni. Una figura autorevolissima dell’automobilismo sportivo, ex pilota delle due e delle quattro ruote in particolare nelle categorie turismo e di durata. E che una volta appeso il volante al chiodo, svolse l’attività di commentatore televisivo per la Rai e di manager. Ed è proprio in questa veste che lavorò al fianco di Riccardo. Io lo conobbi quando iniziai a collaborare con la Tv di Stato come illustratore umoristico della Formula Uno. Ricordo che ero affascinato dai suoi racconti molto precisi con tanti aneddoti originali. Una mattina, in attesa di andare in onda con la puntata di “Numero Uno”, mi parlò di Paletti e della sua triste fine. Struggente il racconto della presenza ai box della madre del pilota che di fronte alle immagini cruente chiedeva ripetutamente notizie sulle condizioni del figlio. Voleva addirittura andare in pista e fortunatamente gli venne impedito. La signora Gianna aveva deciso di seguire il figlio nella trasferta oltre Oceano visto che l’ex-marito era rimasto a casa. Era ben conscia dei rischi legati alla professione del figlio, come abbiamo scritto all’inizio in quella F.1 la morte era sempre dietro l’angolo. Pare fosse più serena quando Riccardo non si qualificava ed un destino impietoso volle che la tragedia si consumasse sotto i suoi occhi. Nonostante fosse trascorso più di un ventennio, Palazzoli era ancora commosso e scioccato per quanto aveva vissuto. “Pal Joe” mi parlò anche di quella rivalità che il giovane milanese provava nei confronti di Jarier, un osso duro che per la verità non avrebbe dovuto guidare l’Osella. Inizialmente Palazzoli aveva proposto il volante ad un giovane coriaceo, tale Keke Rosberg, che però non godeva dei favori di un main sponsor del team, il quale impose il pilota francese. Gioco forza, il baffuto finnico riparò alla Williams che proprio in quel campionato gli permise di conquistare il titolo mondiale con una sola vittoria. Sono le cosiddette “sliding doors”. Per la cronaca il Gran Premio del Canada si concluse con la doppietta della Brabham, rispettivamente con il brasiliano Nelson Piquet sulla vettura spinta dal nuovo motore Bmw, seguito da Riccardo Patrese sulla monoposto spinta ancora dal propulsore Ford-Cosworth. Terzo John Watson alla guida della McLaren-Ford.

 

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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