Published on Luglio 8th, 2023 | by Massimo Campi
0Luigi Musso, il bello stile italiano
“Su quell’incidente con Mike Hawthorn pochissimo si è scritto e abbastanza si è detto, ma i più non conosceranno mai la verità o le verità. Resta un fatto: quando l’ansia della vittoria pervade un pilota generoso, è facile ch’egli affronti rischi non calcolabili, soprattutto quando l’antagonista diretto è animato dalla stessa ostinata volontà di successo” Con queste parole Enzo Ferrari sintetizza sul suo libro Piloti che gente l’incidente di Luigi Musso in cui ha perso la vita il 6 luglio 1958.
Era una stagione di grandi rivalità, con una vettura, la Ferrari Dino 246, pronta a vincere il titolo mondiale, e tre piloti: Luigi Musso, Mike Hawthorn e Peter Collins che aspirano al posto più alto sul quel podio simbolico del Campionato Mondiale piloti.
“I vecchi meccanici della Ferrari dicevano che Musso, quando era in giornata guidava come Varzi, cioè se doveva passare a 10 cm dall’erba per essere più veloci, Luigi ci riusciva costantemente ad ogni giro – Lo descrive così Romolo Tavoni, allora Direttore sportivo della squadra di Maranello – Andava in macchina e guidava con grande scioltezza e precisione, quando scendeva aveva appena bagnato di sudore la schiena”.
Parte la gara, Hawthorn è in giornata, Moss è dietro, bisogna ristabilire le gerarchie in squadra, bisogna entrare a tavoletta nel Calvaire per distaccare l’inglese. E’ la sfida per il primato, Musso deve intimorire il compagno avversario, si sente forte, e se lo fa Fangio devo farcela pure io, probabilmente pensa nella sua mente mentre si avvicina sempre di più quel punto dove staccare.
“Musso, a Reims, aveva vinto l’anno prima. Il circuito si adattava alle sue doti di stilista e gli dava perciò fiducia. – sono ancora le parole del Drake – Musso inseguiva il titolo di campione… avrebbe forse potuto farlo suo. Ma per lui, in quel momento, contavano anche altre cose. Alla vigilia della corsa aveva ricevuto un incitamento: “è necessario vincere”, gli dicevano quelle poche parole incollate sulla strisciolina bianca di carta. Il primo premio di Reims era dieci volte più sostanzioso di qualsiasi altro. Musso aveva poi un suo fondato segreto, ch’egli era convinto lo avesse fatto vincere l’anno precedente. Fangio gli aveva detto, infatti, che tenendo il piede schiacciato al curvone di Muizon, dove tutti schiacciavano, si poteva guadagnare mezzo secondo. E Musso, l’anno prima, aveva tenuto schiacciato. L’ anno successivo le Ferrari erano più potenti e Musso si era accorto nelle prove che il rischio era grosso. Così arrivarono insieme alla curva, Hawthorn davanti, Musso ad una ventina di metri. Io sono convinto che la foga della gara gli fece tenere il piede giù a fondo.
Sono due missili rossi, Mike contro Luigi, macchine identiche, nessuno dei due molla, ma Luigi è all’esterno, la macchina ha ancora il pieno, è troppo pesante per reggere a quella forza centrifuga e parte per la tangente. È il 6 luglio 1958, la Dino 246 esce di strada, finisce ne fossato esterno e si ribalta. Luigi Musso, trasportato in ospedale, spira qualche ora più tardi in seguito alle ferite riportate.
“E’ difficile sapere con esattezza cosa accadde. I pochi testimoni, ufficiali di gara, fecero un racconto in cui lo spavento provato prevalse sulla fedeltà della cronaca. E con Musso finì il bello stile italiano.”