Personaggi

Published on Maggio 19th, 2023 | by Massimo Campi

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Chapman: una vita tra gloria, azzardi e mistero.

 

 

Di Carlo Baffi

Ricorre l’anniversario della nascita del geniale fondatore della Lotus, la cui fine è ancora avvolta da intrighi ed enigmi.

Avrebbe compiuto 95 anni e chissà quali altri colpi di genio avrebbe partorito la sua mente. Parliamo di Colin Chapman, una delle figure più importanti del motorsport mondiale, nonché maestro in materia progettuale e telaistica. Il grande Enzo Ferrari definiva sarcasticamente gli inglesi come assemblatori, sottolineando la loro carenza nella capacità di sviluppare una monoposto in tutte le sue componenti, in particolar modo l’unità motrice. Un tallone d’Achille che però venne sopperito grazie alla produzione di telai in grado di sfruttare al massimo i vantaggi dell’aerodinamica. E proprio in quest’ambito, Chapman va considerato un mostro sacro, un innovatore a volte anche all’eccesso. Anthony Colin Bruce Chapman nasce a Richmond, un sobborgo di Londra il 19 maggio 1928 ed ha subito modo di mostrare la sua passione per i pistoni ed i carburatori. Sul finire degli anni ’40, mentre è studente allo University College londinese, progetta la sua prima vettura battezzata Lotus Mark I. Un nome curioso, a detta di alcuni scelto in omaggio ad Hazel la fidanzata di allora, poi divenuta sua moglie. Per altri invece, questa denominazione richiamava il fiore di loto, la pianta che secondo quanto scritto da Omero nella sua Odissea, una volta mangiata faceva dimenticare la memoria e di conseguenza la terra natia. Ebbene facendo fede a questa leggenda, pare che Chapman volesse fare in modo che chi salisse sulla sua creatura si scordasse di tutte le altre auto in circolazione. Un pensiero sicuramente ambizioso, ma che spiega la mentalità del personaggio.

Al volante della Mark I, Chapman partecipa a gare locali e coi soldi dei premi per le vittorie conseguite realizza la Mark II. Tutto questo mentre milita nella Royal Air Force. Nel ’50 si laurea in ingegneria strutturale e dopo i primi impieghi fonda nel 1952 un’azienda destinata a diventare una leggenda: la Lotus per l’appunto. Chiusa la carriera di pilota nel ’56 complice un incidente nelle prove del G.P. di Francia mentre pilota la Vanwall, Chapman si dedica a tempio pieno alla progettazione. La sua filosofia mira ad ottenere prestazioni elevate alleggerendo la macchina. Ne è un esempio la Seven del ’57 e lo saranno le sue piccole ed agili monoposto con motore centrale paragonate simpaticamente a dei sigari, che nel 1958 esordiranno in F.1 a Monte Carlo.

E’ il 1962 quando fa la sua comparsa la Lotus 25. Un’auto dal colore verde scuro, il famoso “british racing green”, costruita con un telaio monoscocca. Un’innovazione a cui ne seguiranno altre a dir poco rivoluzionarie come il motore portante della Lotus 49, i radiatori laterali sulla Lotus 72, per arrivare allo sfruttamento dell’effetto suolo coi modelli 78 e 79. Senza dimenticare il doppio telaio introdotto nel 1981 sul modello 88, a cui però è vietato scendere in pista dalla Federazione Internazionale per violazione del regolamento, che proibisce le superfici aerodinamiche mobili. Un colpo di genio in cui il concetto di base è stato sperimentato sulla precedente Lotus 80 (l’esasperazione della 79) che punta a sfruttare al massimo la deportanza in modo da correre senza alettoni. Una trovata fantastica, ma solo sulla carta. I troppi problemi evidenziati scoraggiano i vertici tecnici a proseguire lo sviluppo e dopo soli tre Gran Premi il Campione del Mondo in carica Mario Andretti ripiega sul modello precedente. In verità non si tratta dell’unico flop firmato da Chapman.

Come dimenticare la 56B a turbina del ’71’ ? Una monoposto estrema realizzata col progettista Maurice Phillipe, sviluppata inizialmente per la “500 Miglia di Indianapolis”. Priva di cambio con le marce, dotata di trazione sulle quattro ruote e spinta da una turbina aeronautica, era in grado di sprigionare circa 580 cavalli (rispetto ai 480 delle migliori F.1 del lotto). Il boato che sprigiona una volta in azione ricorda il tipico rumore dei jet di linea. Altra caratteristica peculiare è rappresentata dai due serbatoi laterali capaci di contenere 282 litri di kerosene aeronautico, con l’olio di lubrificazione che in corsa arriva a toccare i 1000 gradi centigradi. Il telaio in monoscocca è costituito da una vasca con pannelli in lega leggera che occupa i lati del motore. Una soluzione sicuramente originale, ma destinata a non avere futuro dal momento che fin dalle prime uscite delude e viene parcheggiata in magazzino. Ma al di là di queste avventure sfortunate che costituiscono i rischi della ricerca verso nuove frontiere, la Lotus viene ricordata per le soluzioni tecniche vincenti che le permettono di salire alla ribalta, conquistando 79 vittorie, 107 pole e 13 titoli mondiali tra piloti e costruttori in un arco di tempo che va dal ’58 al ’94. Senza dimenticare il trionfo nella “500 Miglia di Indianapolis” del 1965 con il mitico Jim Clark. Su queste formidabili monoposto salgono fuoriclasse del calibro di Stirling Moss, che sigla la prima vittoria in F.1 della Lotus a Monaco nel 1960, Clark, Graham Hill, Jochen Rindt, Emerson Fittipaldi, Mario Andretti, Ayrton Senna, Nigel Mansell ed il nostro Elio De Angelis. Drivers salutati da patron Colin che quando vincono lancia in aria il cappellino del team sulla linea del traguardo: un rito che entrerà nella storia. Ma l’abilità di Chapman non si limita al campo tecnico, allargandosi pure a quello commerciale. E’ il 1968, quando le Lotus 49 adottano una curiosa livrea rosso e oro, abbandonando la colorazione riservata alle scuderie britanniche. Sulla carrozzeria compare la scritta “Gold Leaf”, il popolare marchio di sigarette che apre l’arrivo ai grandi sponsor, dapprima legati al tabacco e poi via via a quelli provenienti da altri settori merceologici che porteranno nel Circus munifici introiti. La luminosa carriera di Colin Chapman però s’interrompe bruscamente il 16 dicembre 1982 a soli 54 anni, causa morte per arresto cardiaco. Una scomparsa attorno alla quale aleggiano tutt’oggi non poche ombre. E’ la mattina del 17 dicembre, quando sulle prime pagine dei giornali appare la notizia relativa al trapasso del popolare costruttore. Ma cosa è accaduto? Due sere prima (il giorno 15), Chapman rientra da Parigi dove ha preso parte ad una riunione della Foca insieme a Fred Bushnell il suo consigliere finanziario.

Viaggia a bordo del suo aereo privato con destinazione Norwich, il campo di atterraggio sito a pochi passi dalla sede della Lotus. Una volta a terra, non sentendosi bene si reca immediatamente nella propria residenza di East Carleton Manor ad una decina di chilometri. Le sue condizioni peggiorano nella notte al punto che la moglie Hazel chiama il medico di famiglia, il quale una volta arrivato trova Colin cadavere. Secondo la prassi britannica il medico stesso potrebbe stilare il certificato di decesso, ma viste le circostanze ritiene opportuno avvertire la polizia locale che ordina l’autopsia. La relazione del perito necroscopico del Norfolk and Norwich Hospital, conferma la diagnosi di crisi cardiaca acuta, ma le perplessità restano. Dalle indagini si apprende che pochi giorni prima “Mister Lotus” si è sottoposto ad un’accurata visita medica per conto dei Lloyds di Londra a fronte del rinnovo della polizza sulla vita, dalla quale risulta essere in ottima forma. I numerosi interrogativi finiscono per alimentare le dicerie, tra queste si accenna pure ad un presunto suicidio; francamente un’ipotesi poco probabile. Perché mai un uomo all’apice del successo e titolare di una delle factory automobilistiche più prestigiose e vincenti al mondo, avrebbe voluto uccidersi ? In realtà scavando nella contabilità della Lotus Cars, le autorità scoprono che i bilanci non sono floridi, tutt’altro. Negli ultimi periodi accusano gravi perdite, con le azioni in costante ribasso. Il deficit pare sia legato al crack finanziario della DeLorean Motor Company, una fabbrica di auto di lusso creata in Irlanda del Nord da un imprenditore statunitense, John DeLorean, salito alla ribalta grazie al risanamento della General Motors ed alla rinascita della Pontiac. Ma cosa lega questo americano a Chapman? Una sigla: DMC-12. Trattasi di una dream car venduta a 12mila dollari spinta da un motore V6 Peugeot Renault Volvo, con l’apertura delle portiere ad ali di gabbiano, le cui linee della carrozzeria portano la firma del noto design italiano Giorgetto Giugiaro. Un progetto ambizioso il cui primo prototipo viene alla luce nel 1976, che mostrando seri problemi legati alla tecnologia produttiva necessita di una revisione ingegneristica dei processi di lavorazione al fine di rispettare le scadenze. Da qui l’entrata in gioco della Lotus, fresca del dominio in F.1 con il titolo iridato del ’78, il cui compito è quello di eseguire gran parte della costruzione. Un impegno gravoso per il quale Chapman ottiene un prestito dal governo britannico di alcune decine di milioni di sterline versati dall’American Express Bank. Finanziamenti impiegati per la creazione di uno stabilimento a Dunmurry, un’area degradata di Belfast.

Oltre a questi si aggiungono altri 15 milioni di dollari arrivati da DeLorean tramite un istituto bancario panamense. Un giro di soldi contorto che malauguratamente finisce per complicarsi. Se nel biennio ’79-’80 la Lotus ha incassato 12 milioni di sterline all’anno dalla DeLorean, con il fallimento di quest’ultima il piatto piange. Ai primi di dicembre ’82 la perdita ammonta a 109mila sterline relative all’esercizio 1981 (il deficit del 1980 era addirittura di 739mila). Una situazione che precipita definitivamente quando, sempre nell’82, DeLorean viene arrestato all’aeroporto di Los Angeles dopo che nella sua valigetta vengono ritrovati oltre 20 chili di cocaina. Guarda caso si vocifera che buona parte dei proventi destinati alla Lotus provengono dal traffico di stupefacenti. Però grazie ad una magia degli avvocati difensori, DeLorean viene scagionato, evita il carcere, ma non la messa in liquidazione della società già in amministrazione controllata. Un fallimento che si ritorce contro i centoquaranta piccoli azionisti che hanno investito circa nove milioni di dollari e che di conseguenza genera un effetto domino anche su Chapman. Infatti quando l’American Express Bank sollecita il pagamento di un milione e 200mila sterline di interessi passivi sul prestito fatto, l’inglese ammette che i soldi non ci sono. E dove sono finiti? I sospetti si indirizzano verso i paradisi fiscali dove il manager avrebbe un proprio conto segreto. Da sottolineare che due settimane dopo la scomparsa di Chapman doveva tenersi l’assemblea nazionale degli azionisti della Lotus Cars ed inevitabilmente sarebbero emerse tutte le grane di una gestione alquanto creativa. L’unica persona che potrebbe essere a conoscenza di certe manovre è la segretaria privata del business-man, ma curiosamente si è volatilizzata nel nulla. E c’è di più, quando Andretti, Fittipaldi ed altri piloti chiedono alla famiglia di poter partecipare alle esequie, si sentono rispondere di restare a casa perchè queste si sono tenute in forma privata ed è già avvenuta la tumulazione della salma. In pratica nessuno ha visto il corpo di Chapman ad eccezione dei familiari e del medico, che risulta anch’egli irreperibile.

Che combinazione! Intorno a tutti questi segreti comincia così ad aleggiare la teoria tanto stravagante, ma non impossibile di una finta morte per sfuggire alle maglie sempre più strette della giustizia: Chapman correva il rischio concreto di una condanna non inferiore a dieci anni di carcere. Sebbene priva di una figura basilare come quella del suo fondatore, la Lotus guarda avanti ed alla presidenza del gruppo viene posto Bushnell, mentre le redini del team sono affidate al direttore sportivo Peter Warr, secondo cui l’attività sportiva deve proseguire regolarmente rispettando i desideri dell’ex patron. Buoni propositi a cui si accompagnano risultati di rilievo, in particolare grazie alle imprese di Senna. Tra alti e bassi si arriverà al 1994, quando dopo aver imboccato il viale del tramonto la Lotus abbandona il Circus. Nel frattempo però il caso-Chapman continua a tenere banco assumendo pure i contorni della spy-story in puro stile James Bond. Un documentario della Bbc inglese datato 1983, sposa la tesi della fuga oltreoceano col malloppo. E per capire se c’è e dove si trova il fantomatico tesoro nascosto (sottratto ai contribuenti del Regno Unito), gli inquirenti mettono sotto torchio Bushnell, che non apre bocca beccandosi quattro anni di galera. Nel 1984 il settimanale Autosprint pubblica in una cover originale la notizia secondo cui l’Fbi e la Dea (Drug Enforcement Agency) stanno cercando Chapman in Brasile dove si sarebbe rifugiato dopo essersi sottoposto ad un delicato intervento di plastica facciale al fine di far perdere definitivamente le proprie tracce. Si sospetta pure che il vulcanico Colin abbia effettuato un versamento di oltre 18 milioni di dollari sempre sul suo presunto conto panamense, poco prima di passare a miglior vita. E che dire del viaggio a Rio che Mrs. Hazel Chapman (deceduta il 14 dicembre del 2021 a 94 anni) intraprende nel 1983 per assistere al Gran Premio del Brasile? Il suo soggiorno dura ben quaranta giorni ed agli amici che le offrono ospitalità, lei risponde che non ne ha bisogno in quanto è accompagnata da alcuni conoscenti. Che voglia incontrare il consorte fantasma? E c’è pure chi sostiene di aver visto Chapman sulle tribune di una gara di F.1. Insomma un giallo in pena regola animato forse da leggende metropolitane e voci rimaste senza una spiegazione, ma che hanno contribuito a rendere ancora più affascinante la vita di “Mister Lotus”. L’unico elemento certo è che i soldi non hanno fatto mai più ritorno nelle tasche dei creditori.

Immagini © Massimo Campi – Raul Zacchè/Actualfoto – Illustrazione Carlo Baffi

 

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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