Published on Novembre 14th, 2022 | by Massimo Campi
0Ciao Alberto!
Alberto Angeletti, lo storico commissario di Monza è mancato
Alberto Angeletti, anno di nascita 1945, è stato il più vecchio commissario e la memoria storica di quegli uomini in tuta arancione che passano i fine settimana al bordo pista con le bandiere di segnalazione in mano, e quando serve si buttano nel mezzo alla pista per liberare i rottami di qualche vettura incidentata e coordinare gli addetti per rimuoverla. La sua era una vera passione, tanto che ha contagiato la moglie Enza ed i figli. È scomparso, ha perso la sua battaglia contro la malattia, dalla scorsa stagione non veniva più a Monza, ma la sua figura è rimasta indelebile per tutti gli altri commissari e per chi ha frequentato le postazioni a bordo pista dell’Autodromo Brianzolo. Spesso duro, severo con fotografi, quelli che non conosceva ancora bene, sempre attento a tutte le mosse del personale, sempre pronto a controllare tutto. Poi quando ti aveva conosciuto e si fidava di te sapeva aprirti il suo cuore con tanti racconti, un caffè, un panino, ed una bottiglia d’acqua quando ti vedeva stanco e sudato con le pesanti fotocamere in mano.
La sua postazione era la 1° variante, quella dove “c’è sempre qualche casino”. Alberto era lì, una sicurezza, sempre pronto ad intervenire, pronto con la sua radio a chiamare il Direttore di gara, spesso segnalando le varie anomalie, i piloti che non rispettano le regole, o magari rassicurano la direzione gara sullo stato fisico dopo un brutto botto contro le barriere. Alberto Angeletti aveva anche un passato agonistico, come molti altri suoi colleghi, poi innamorato di questo ambiente ha continuato a frequentare le piste, dall’altra parte delle barriere.
Lo vogliamo ricordare con queste sue parole, tra i tanti discorsi fatti negli intervalli a bordo a bordo pista, appoggiati al muretto, mentre ci dissetavamo con una bottiglia di acqua sotto il sole bollente.
“Ho iniziato nel 1967 a frequentare l’Autodromo di Monza, correndo nella neonata F.875, monoposto Tinarelli che l’Autoaccessorio Concordia metteva in palio, inizialmente per una gara, in seguito per la stagione completa. Ce la giocammo in vari piloti, tra cui l’amico Vigezzi, ed i primi risultati furono una serie di danni. In seguito spuntò una Repetto, telaio n° 002 e con quella iniziai a correre regolarmente nelle stagioni 1968 e 1969. Alla seconda gara ho vinto la mia batteria e sono riuscito a salire sul terzo gradino del podio in finale. Anche le gare seguenti sono andato bene, poi sono iniziati dei problemi tecnici al mio motore, con una serie di pistoni bucati che hanno compromesso il resto della stagione. Ricomincia l’avventura nel 1969, ma a metà stagione mi ritrovo con la mia Repetto distrutta causa un incidente in Parabolica, dove un avversario si è girato e tentando di rientrare mi ha colpito in pieno, il telaio piegato in due, tanto che Santandrea l’aveva messa fuori dalla porta dell’officina e la usava come contenitore del rottame. I soldi rimasti erano pochi e la mia carriera come pilota è praticamente finita. Però la voglia di rimanere nell’ambiente era tanta, un amico mi disse che facevano i corsi come commissario di pista all’ACI Milano, mi sono iscritto, ho superato il corso e mi sono ritrovato nuovamente in pista ma dall’altra parte del guard rail.”
Dal volante a bordo pista, una avventura che ti ha accompagnato per cinque decenni.
“L’avventura come commissario di pista è iniziata con la stagione 1970, quindi nel 2019 ho superato il traguardo del mezzo secolo di militanza a servizio delle corse. Molti di noi ad una certa età sono finiti a fare il commissario sportivo, invece non ho mai voluto cambiare, sono sempre stato un operativo, mi piace ancora oggi, nonostante l’età, intervenire per soccorrere un pilota in caso di incidente. Dopo mezzo secolo la passione non è ancora passata, nonostante le tante giornate passate sotto l’acqua o il sole cocente. Tra i direttori di gara che mi hanno diretto in pista, sicuramente i più autorevoli e capaci sono stati Ottorino Maffezzoli e Romolo Tavoni, due personaggi ineguagliabili come professionalità nel dirigere le competizioni e l’operato di noi in pista.”
Come è stato il tuo debutto in pista come commissario?
“Ho un particolare ricordo di quella gara, mi sentivo già padrone della situazione, con molta presunzione data dai due anni di gara, ero all’ingresso interno della Parabolica e si stava disputando una gara di F.Ford. Osservavo i piloti quasi con non curanza, quando arriva una vettura, slitta su una traccia d’olio lasciata dal concorrente davanti entra in sabbia e si capovolge nella zona esterna. Il mio capoposto Vigoni scatta in mezzo alla pista ed io lo seguo con il filler per asciugare l’olio, buttiamo giù un po’ di sostanza, poi vedo Vigoni che scatta verso il guard rail e si arrampica sulla rete, mi giro e capisco che sta arrivando tutto il gruppo. Panico, paura, sembravo un centometrista allo starter e lo seguo arrampicandomi anche io sulla rete interna. Le gambe mi hanno tremato per un quarto d’ora dallo spavento, con i colleghi già esperti che mi ridevano dietro e da quel momento mi è passata tutta la presunzione che avevo ed ho immediatamente capito cosa significa fare il commissario di pista in un tracciato veloce come quello di Monza!”
Hai visto sicuramente molti incidenti.
“Si tantissimi, ma la più brutta esperienza è stata quella che ho vissuto nel Gran Premio d’Italia del 2000, quando ero capoposto alla Variante della Roggia ed è successo il dramma che ha colpito Paolo Gislimberti, un collega del servizio antincendio CEA. Il tutto succede in pochissimi attimi, ma ripensandoci sembrano quasi infiniti, per Gislimberti c’era ben poco da fare, è stata tentata una rianimazione e subito trasferito in ospedale dove è giunto ormai deceduto. È stato psicologicamente un duro colpo, avevamo fatto quattro chiacchiere durante la pausa prima della partenza e nei giorni precedenti la gara, improvvisamente non c’era più. La ruota che si era staccata nel tamponamento ha colpito le barriere che hanno deviato la traiettoria colpendolo in pieno volto. Tra i ricordi più vivi c’è anche il volo di Ortelli in prima variante con il prototipo Courage. Ero capoposto, scatto dalla postazione esterna, attraverso la pista come un fulmine curando che non arrivasse qualche altro concorrente, sono il primo ad arrivare sulla vettura, Ortelli è ancora al volante, cinture allacciate, sotto shock per il volo, ma fortunatamente la scocca in carbonio ha retto, il pilota parla, muove gli arti, slaccio le cinture, arriva il medico e pian piano lo tiriamo fuori dall’abitacolo con gli attrezzi per l’estrazione, lo carichiamo sull’ambulanza e via al centro medico, quella volta è andata bene!”
Ciao Alberto, ti possiamo immaginare su in cielo, con la tua tuta arancione, il caschetto, le cuffie, il fischietto, pronto ad agitare la bandiera per qualche sorpasso a tanti amici piloti come Michele, ed a parlare via radio con l’amico Romolo, il tuo direttore!
Immagini © Commissari di Pista Autodromo di Monza