Published on Ottobre 4th, 2022 | by Massimo Campi
0La seconda volta di Niki Lauda
Nel 1977 Lauda conquista nuovamente il titolo mondiale
Watkins Glen, due ottobre 1977, Niki Lauda passa quarto sotto la bandiera a scacchi con la sua Ferrari 312T2 sotto un cielo piovoso, mentre James Hunt vince con la McLaren inseguito da Mario Andretti con la nera Lotus. A Lauda non interessa vincere la gara, gli basta quel quarto posto per vincere il secondo titolo, per riscattare la tragica annata ’76, per dare uno stop definitivo alla sua esperienza in Ferrari, dimostrando però che il campione, l’uomo su cui si doveva contare, il pilota più ambito della formula uno è ancora e solo lui. La stagione 1977 di Lauda e della Ferrari è un capolavoro di tattica e strategie in una formula uno che si sta evolvendo a suon di dollari e notorietà. Lauda vince il suo secondo titolo con sole tre vittorie, in Sudafrica, ad Hockenheim ed in Olanda a Zandvoort, a cui si sommano gli altri sette podi, tra secondi e terzi posti. I tre punti della gara americana sono quelli che gli consentono di conquistare matematicamente l’alloro e dire addio a Maranello. Tra il campione ed Enzo Ferrari è ormai tutto finito: Lauda ha ceduto alla sirena Bernie Ecclestone che a suon di dollari lo porta alla Brabham motorizzata Alfa Romeo. Con Bernie non riuscirà più a conquistare i successi della Ferrari, ma i suoi conti in banca lieviteranno in modo esponenziale. La separazione era già stata annunciata il 15 settembre, dopo Monza, con la Parmalat che finanziava l’operazione e, finito il Glen, ottenuto il risultato, per Lauda non ci sarà più spazio con la rossa. Chiusa l’era Lauda, a Maranello si aprono le porte per uno sconosciuto canadese, Gilles Villeneuve che segnerà indelebilmente la storia della rossa nelle prossime cinque stagioni.
Una stagione di grandi cambiamenti
Il 1977 segna un passaggio per la formula uno che diventa sempre più un fenomeno mondiale e per la prima volta si arriva a disputare ben 17 Gran Premi, con un numero impressionante di piloti, ben 49 che prendono il via almeno in una gara. La Ferrari dimostra ancora di essere la macchina da battere, Mauro Forghieri non sbaglia il colpo e la sua 312T2 è migliore macchina del lotto, non sempre la più veloce, ma sicuramente quella più affidabile e degna anche del titolo costruttori. Fuori Ferrari, le uniche eccezioni rimangono la Brabham motorizzata con il 12 boxer Alfa Romeo di Carlo Chiti, la Ligier con il V12 Matra e la “teiera gialla” Renault con il sei cilindri turbo in una serie dominata a livello tecnico dalle “kit car” costruite attorno al V8 DFV Cosworth con trasmissione Hewland. È anche l’anno del mesto addio della BRM, la gloriosa scuderia inglese che colleziona solo un misero quindicesimo posto in Sudafrica con la vecchissima P201 pilotata da Larry Perkins.
Il panorama piloti della formula uno sta cambiando, nuove leve sono alla porta, e si capisce subito dalla prima gara in Argentina con Jody Scheckter che vince al volante della debuttante Wolf. La WR1, progettata da Harwey Postelthwaite si presenta subito come una bella ed efficiente vettura, voluta dal magnate canadese Walter Wolf, ex socio di Frank Williams, che ha deciso di creare una propria scuderia. Jody Scheckter fa volare la Wolf nella prima parte della stagione, conquistando la vittoria anche a Montecarlo ed in Canada, ma vari ritiri nella parte centrale della stagione non gli permettono di competere con Lauda per la vittoria in campionato. Scheckter arriva comunque secondo in classifica davanti alla nera Lotus di Mario Andretti. Colin Chapman sta iniziando quella rivoluzione tecnica che porterà l’aerodinamica a dominare nella costruzione delle monoposto. La Lotus 78 nasconde nelle pance la nuova trovata di Chapman con due canali venturi che canalizzano i flussi creando il primo effetto suolo. Non sono state ancora scoperte le minigonne per sigillare i lati e rendere efficiente il sistema, ma Mario Andretti e Gunnar Nillson sono spesso tra i più veloci in curva e conquistano ben cinque vittorie quando non si fermano con il super Cosworth a pezzi o per mancanza di benzina, causa errori di calcolo della squadra prima della partenza. Andretti collezione ben sette pole position e senza i vari ritiri sarebbe stato sicuramente il competitor più pericoloso per Niki Lauda. Mario Andretti conquista la vittoria a Monza, una vittoria storica per l’oriundo italiano emigrato in Usa, un podio che rimarrà nella storia per la festa sotto il podio. Piedone con la Lotus si rifaranno nel 1978 conquistando a mani basse il titolo.
James Hunt, dopo il titolo ’76, ha una riscossa nella seconda parte della stagione dove vince a Silverstone, a Watkins Glen e sull’amato Fuji. Per il resto riesce a fare volare la sua McLaren in qualifica, ma in gara deve spesso soccombere a suon di ritiri, ben otto, che non gli consentono di lottare per il titolo.
I milioni di dollari, le dirette televisive, il padrino Bernie, cambiano velocemente il volto della formula uno, sempre più alla ricerca di spettacolo e di personaggi. In questa logica arriva la fine definitiva del vecchio Nurburgring, circuito pericoloso, condannato dall’incidente dal rogo di Lauda del 1976. La Nordschleife, con i suoi 22,8 chilometri non è attraente per le immagini televisive e per il pubblico ed è sostituita dal veloce Hockenheimring che ha però il Motodrom con le tribune degne di uno stadio calcistico.
Alan Jones conquista la prima ed unica vittoria per la Shadow in Austria. Le colline della Stiria esaltano l’Australiano sotto la pioggia, in una gara dove le doti di guida hanno la meglio sulla pura tecnica ed i cavalieri del rischio spuntano dal mazzo dei ragionieri. Sarà l’unica stella per Don Nichols che a fine anno vedrà la fuga dei suoi tecnici in direzione Arrows finanziata dal faccendiere Franco Ambrosio.
Oltre al proliferare di piloti c’è quello delle squadre, ben 36 nomi si contano tra i vari iscritti alle prove di campionato. Molte comparse, in un periodo storico dove esistono ancora costruttori/assemblatori che riescono realizzare scocche in alluminio in piccole officine. March e Surtees sono ancora sul mercato con le loro monoposto, Frank Williams è ancora in cerca di identità, ma i grandi costruttori iniziano a capire le potenzialità di immagine della Formula Uno e la Renault debutta con la sua vettura turbo, mentre la Michelin porta in pista le prime gomme radiali.
Da quella stagione sono passati ben 40 anni, ma rileggendo le immagini di quel passato ci si accorge come il 1977 abbia rappresentato una stagione di svolta per tutto il motorsport, con una Formula Uno, ancora nelle mani dei piccoli costruttori, ma che metteva le basi a suon di dollari per cambiare pelle e diventare il fenomeno mediatico degli anni successivi.
Immagini © Raul Zacchè/Actualfoto