di Carlo Baffi. Frittate monegasche - Motoremotion.it

Formula 1

Published on Giugno 3rd, 2022 | by Massimo Campi

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Frittate monegasche

 

di Carlo Baffi.

Le cronache della corsa nel Principato sono ricche di episodi che hanno ribaltato i pronostici della vigilia e segnato la sconfitta di grandi campioni.

La cocente delusione di Charles Leclerc nell’ultima edizione del Gran Premio di Monaco, complice uno sbaglio strategico del box Ferrari, ha fatto molto discutere. La prima fila tutta rossa ottenuta in qualifica doveva essere il prologo ad una marcia trionfale che si sarebbe conclusa con una doppietta del Cavallino nella corsa più glamour del mondiale. Invece dal 16esimo giro in poi il sogno s’è trasformato in un incubo accompagnato da accuse, polemiche e battute ironiche. Nella sua lunga storia, la corsa monegasca ha riservato spesso risultati a sorpresa vuoi per gli errori dei piloti, o delle loro scuderie con lo zampino della jella. D’altronde anche in Formula Uno, pinnacolo della tecnologia, la componente umana ha sempre un ruolo fondamentale nel bene e nel male. La tensione e lo stress possono giocare brutti scherzi, soprattutto quando ti trovi a gareggiare su un toboga come quello del Principato dove i guard-rail sono una pericolosissima insidia ad ogni metro. Iniziamo il nostro amarcord partendo dal lontano 10 maggio 1970. Siamo alle ultime battute della corsa con due piloti che si contendono la vittoria. Sono l’australiano Jack Brabham sulla vettura omonima e l’austriaco Jochen Rindt sulla Lotus 49. 44 anni il primo, 28 il secondo. Entrambe le macchine sono spinte dal motore Ford-Cosworth. Brabham procede da capofila con oltre nove secondi di vantaggio su Rindt, che partito con l’ottavo tempo è in rimonta e si delinea un finale thrilling. Jochen infatti tenta il tutto per tutto e forza l’andatura. La sua Lotus numero 3 rossa e oro (i colori della Gold Leaf, tabaccaio e main sponsor della scuderia inglese), divora l’asfalto descrivendo traiettorie perfette su e giù per le stradine. A tre giri dalla bandiera a scacchi il distacco si riduce 4”4, complice il doppiaggio di Siffert, che fa perdere al leader quasi cinque secondi sulla salita che porta al Casinò. Si sa quanto sia arduo superare su questo tracciato con la carreggiata stretta. Quando le vetture iniziano l’ultimo giro sono molto vicine. I meccanici della Brabham si sbracciano per segnalare al loro pilota che ormai il rivale è ad una ventina di metri. Anche quelli della Lotus si agitano, ma per incitare Rindt a dare gas. Il pubblico è tutto in piedi e già pregusta l’arrivo in volata. Un duello palpitante che però ha un epilogo inaspettato. Giunto in prossimità dell’ultima curva, quella del Gasometro (poi ribattezzate Rascasse), Brabham vede all’interno la vettura lenta di Courage e probabilmente imposta una traiettoria sulla parte meno battuta dell’asfalto. Affonda il piede sul pedale del freno, le ruote si bloccano di colpo, la monoposto numero 5 punta dritto e finisce contro le balle di paglia. Rindt lo passa e trionfa davanti ad una folla incredula. Brabham riesce comunque a ripartire e con la sua BT33 leggermente danneggiata nella parte anteriore transita sotto la bandiera a scacchi in seconda posizione con 23” di ritardo. “Ho sbagliato io – ammetterà “Sir Black Jack” una volta uscito dall’abitacolo – Rindt non c’entra nulla. Sono arrivato troppo lungo, ho frenato sino in fondo e mi sono trovato contro la barriera.” Seppur baciato dalla fortuna, l’austriaco ha meritato la vittoria a cui ne seguiranno altre quattro. Solo un destino cinico e tragico fermerà la sua marcia trionfale. Perderà infatti la vita a Monza durante le qualifiche del sabato ed il mondiale piloti 1970 gli verrà assegnato postumo. Il 23 maggio di dodici anni dopo va in scena un altro epilogo ricco di colpi di scena che saluta il successo di un italiano, Riccardo Patrese. Il pilota padovano partito col secondo tempo si gira al Loews a pochi giri dal termine mentre è in testa, a causa di una leggera pioggia. Per lui tutto pare compromesso, invece gli avversari che lo hanno superato sono vittime di ritiri per problemi tecnici ed errori di guida: parliamo di Pironi, De Cesaris e Daly. Sta di fatto che Patrese dopo esser riuscito a ripartire, recupera lo svantaggio e la spunta venendo informato della vittoria solo dopo aver fermato la sua Brabham a corsa finita. Sarà l’unico a tagliare il traguardo a pieni giri. Altra edizione rocambolesca è quella dell’84. Sotto un diluvio incessante va in onda una gara ad eliminazione in un’insolita atmosfera grigia e fredda, nonostante sia il 3 giugno. In prima fila ci sono il poleman Alain Prost su McLaren Tag-Porsche e Nigel Mansell su Lotus Renault. Al via Prost prende subito la testa, Mansell lo incalza e lo supera qualche giro dopo. La leadership dell’inglese dura poco per un contatto con le barriere provocato dall’acquaplanning. Prost torna primo e malgrado la pista vada via via peggiorando pare avere la corsa in pugno. Ma nelle retrovie c’è chi si trova molto a suo agio in queste condizioni estreme: è il 24enne brasiliano Ayrton Senna, scattato col 13esimo tempo alla guida della modesta Toleman-Hart. E sarà proprio lui la grande sorpresa! Dopo il primo giro è nono e grazie alla sua sensibilità di guida con un’aderenza precaria supera concorrenti del calibro di Laffite, Rosberg, Arnoux e Lauda. Aiutato anche dai ritiri, quando il brasiliano inizia la 19^ tornata è secondo a 35” dal leader. Dal box della Toleman viene esposto un cartello che invita Ayrton a rallentare, al fine di non compromettere un risultato che per il team britannico è già grandioso. Ma Senna procede imperterrito e porta la TG184 in scia a Prost. Nel frattempo si susseguono incidenti ed uscite di pista al punto da indurre la direzione gara ad interrompere il G.P. Tocca al grande Jackie Ickx, direttore di gara, esporre la bandiera rossa che al 31° passaggio pone fine alla corsa consegnando il successo a Prost; proprio mentre Senna lo ha quasi affiancato sul traguardo. L’interruzione anticipata scatena un mare di sospetti, in quanto Ickx, esperto pilota di gare endurance è legato ad un contratto con la Porsche, che a sua volta fornisce i propulsori alla McLaren. Nel dopo gara Prost rivela che causa noie ai freni, ha dovuto ridurre l’andatura e che se fosse rimasto in pista per altri due giri avrebbe dovuto cedere il comando a Senna, che si dichiara vincitore morale. Inutile dire che i media sono tutti intorno ad Ayrton, promosso immediatamente come la nuova stella del Circus. Ed il paulista confermerà ben presto il suo incredibile talento diventando una leggenda, ma pure il nemico numero uno di Prost. A Monte Carlo, Senna s’imporrà per ben sei volte, una in più di Graham Hill e Michael Schumacher. Avrebbe potuto arrivare a sette se non fosse incappato in una disattenzione imperdonabile nel 1988. E’ il 15 maggio e dopo aver siglato una pole stratosferica infliggendo un secondo e mezzo di distacco a Prost (suo compagno alla McLaren), va subito in testa e prende il largo. Al volante della super MP4/4, progettata da Gordon Murray e Steve Nichols, danza tra le barriere e pare ormai avviato ad un trionfo sicuro. Ma siamo nel Principato regno del gioco d’azzardo dove la dea bendata può voltarti le spalle da un momento all’altro. Senna ha circa un minuto di vantaggio su Prost e forse per un calo di concentrazione, o sopravvenuta stanchezza, al 67esimo dei 78 giri previsti urta le protezioni alla curva del Portier regalando la vittoria al rivale francese. Ayrton si consolerà a fine stagione conquistando la sua prima corona iridata, forte di una McLaren che dominerà il mondiale costruttori aggiudicandosi 15 G.P. su 16. Monaco fatale, otto anni più tardi, anche per un altro mostro sacro del Circus, Michael Schumacher. Il 19 maggio 1996, il tedesco già due volte mondiale con la Benetton, è al suo primo anno con la Ferrari. Nel Principato brucia in qualifica Damon Hill sulla potente Williams-Renault e fa sognare ai ferraristi la sua prima vittoria in sella al Cavallino. La domenica, poco prima del via, si scatena un breve temporale e dal momento che il warm-up della mattina s’è svolto su pista asciutta, viene permesso ai piloti di effettuare dei giri prova sul bagnato. Ma come una beffa la pioggia cessa a ridosso dello start lasciando un asfalto molto umido. Schumacher partito al rallenty viene sopravanzato da Hill, cerca allora di riportarsi negli scarichi della Williams, ma nella discesa che dal Loews conduce al Portier perde il controllo della sua F310 dopo esser salito su un cordolo viscido e finisce contro il guard-rail. Morale: gara finita al primo giro, con il teutonico che recita il mea culpa. Non sarà comunque l’unico a finire ko. Anche i top driver Hill, Jacques Villeneuve sulla seconda Williams, Berger e Alesi alzeranno bandiera bianca ed al termine dei 75 passaggi trionferà il francese Oliver Panis, partito 14esimo sulla poco competitiva Ligier-Mugen Honda. Il “Kaiser” di Kerpen si prenderà la rivincita l’11 maggio dell’anno successivo. Sue prime avversarie sono ancora le Williams di Villeneuve e del neo ingaggiato Frentzen che arpiona la pole. Michael che è secondo lo conosce bene, dal momento che è stato suo ex-compagno in Mercedes nel mondiale prototipi. Anche in questa 55esima edizione del Grand Prix de Monaco l’acqua fa capolino alla partenza, tant’è che la maggior parte dei piloti decide di montare gomme da pioggia. Fanno eccezione la coppia della Williams e Mika Hakkinen (McLaren-Mercedes), che fidandosi del proprio servizio meteo optano per la mescola d’asciutto. Per loro sarà una scelta suicida. Le FW19 pattinano, non stanno in strada e Schumi balza davanti a tutti facendo la lepre. Al giro 16 dei 62 previsti, doppia Villeneuve (partito terzo) suo diretto rivale nella corsa al titolo. “Schumi” vince a mani a basse con 53” di vantaggio su Barrichello, secondo sulla Stewart, permettendosi pure un lungo a Santa Devota dove sfiora le protezioni. La Ferrari torna così a dominare nel Principato dopo sedici anni e proprio nel giorno del suo cinquantenario dalla sua prima corsa in assoluto, con la 125S sul circuito di Piacenza: era il 1947. Ed arriviamo a tempi più recenti con alcune “frittate” cucinate ai box. Ne sa qualcosa Lewis Hamilton per la disavventura targata 24 maggio 2015. Sono gli anni dell’era turbo-ibrida dominati dalla Mercedes, che monopolizza la prima fila. Hamilton è il poleman affiancato dal compagno Nico Rosberg, suo contendente al titolo. I passaggi da percorrere sono 78 e fin dalla prima curva l’inglese impone il suo ritmo con Nico che lo segue a distanza. Tutto va avanti all’insegna della monotonia, ma a quattordici giri dal termine il 18enne Max Verstappen alla sua prima stagione in F.1, si schianta violentemente dopo aver attaccato Grosjean sul rettilineo d’arrivo. L’entrata in azione della safety-car non dovrebbe costituire alcun problema per il capofila, invece dal box Mercedes richiamano Lewis per una seconda sosta. Una decisione che lascia tutti perplessi e che penalizza il britannico, il quale non solo perde il comando a beneficio di Rosberg, ma pure la seconda piazza. Il volto tirato di Hamilton quando sale sul terzo gradino del podio la dice lunga. “Non chiedetemi come mi sento ora….” dice incupito Lewis che poi cercherà di minimizzare aggiungendo:” Si vince e si perde insieme”. Toto Wolff, team principal della Stella a tre punte cercherà di giustificare il flop:” …credevamo di avere più margine e che Vettel montasse le soft. A quel punto sarebbe stata una minaccia per noi.” Per contro Hamilton dirà di aver rispettato l’ordine credendo fosse stato impartito anche a Rosberg. Qualcuno avanzerà l’ipotesi di un assist fatto a Nico per riequilibrare i rapporti di forza nella squadra. Alla fine però sarà Lewis a riconfermarsi Re della massima formula, per la precisione la terza volta, seconda con la Mercedes. E per quanto concerne Monaco la sorte gli sarà amica nel 2016 a spese di Daniel Ricciardo. Il 29 maggio l’australiano è in pole (la prima della sua carriera) e pregusta già una probabile festa, ma lo attende una competizione folle. Alla fine si conteranno sette incidenti, una safety-car vera e quattro virtuali. Causa pioggia si percorrono otto passaggi dietro la vettura di sicurezza e quando il G.P. prende il via Daniel marcia spedito sulla sua Red Bull. Guida senza sbavature, tutto procede per il meglio e la pista va via via asciugandosi. Peccato che quando, al 31esimo giro imbocca la pit-lane per montare le super-soft si trova una brutta sorpresa. I suoi pneumatici sono ancora avvolti nelle termocoperte e resta immobile per quasi dieci secondi, spianando così la strada ad Hamilton verso l’affermazione. Lui sarà secondo esprimendo un travaso di bile nel post-gara: “I meccanici giravano come polli, avrebbero dovuti essere pronti. Così fa male.” Dolori pure per il giovane Leclerc nel 2019, alla sua prima stagione in rosso nella corsa di casa. Il “patatrac” si verifica nella Q1 di sabato 25 maggio. Ferma subito i cronometri sul tempo di 1’12”149 e rientra ai box. Nel frattempo la pista migliora così come le prestazioni dei rivali e allora chiede ai suoi tecnici se il giro effettuato sia sufficiente per entrare in Q2. All’inizio non riceve risposta poi viene rassicurato. Peccato che quando capisce di essere eliminato manchi solo un minuto alla fine della sessione. Per Charles è una vera e propria doccia ghiacciata. E’ l’idolo locale da cui tutti si attendono la grande impresa: tifosi e Vip compresi. Al box Ferrari, oltre al Principe Alberto con i due figli, sono presenti anche il fuoriclasse del Psg Mbappè, lo chef Massimo Bottura ed il bassista dei “Coldplay” Guy Berryman. Un’amarezza figlia di un fiasco clamoroso imputabile al computer. Gli strateghi dei team infatti, fanno riferimento ai dati elaborati dal “remote garage” di Maranello, dove una trentina di ingegneri esaminano minuziosamente le prestazioni di tutte le monoposto. In base a questi elementi viene stabilito il tempo minimo per qualificarsi alla sessione successiva. Per sicurezza Leclerc avrebbe potuto ugualmente tentare altri passaggi, ma non è stato così. La spiegazione sarà fornita dal team principal Mattia Binotto:” Volevamo conservare un treno di gomme in più per Charles al fine di ottenere il massimo risultato in Q2 e Q3. I margini erano stretti, ma i nostri strumenti ci dicevano che sarebbero stati sufficienti.” Della serie, pure l’informatica può non essere una scienza esatta e stavolta l’azzardo è costato caro. Relegato nelle retrovie in 16esima posizione, Leclerc andrà all’assalto sfoderando tutto il suo orgoglio. Compirà alcuni sorpassi, poi si toccherà con Hulkenberg rimediando una foratura e finirà in testacoda. Ritornato in battaglia, si ritirerà al 16esimo passaggio per i troppi danni subiti al fondo della sua SF90. La maledizione ai danni del “Principino” si palesa nuovamente nel 2021 e sempre in qualifica. Seppur alle prese con non poche difficoltà, a Monaco la Ferrari (reduce da un orribile 2020) tira fuori gli artigli ed ecco che Leclerc vola in Q3 e fa segnare il miglior crono. Quando la sessione volge al termine, il ferrarista cerca di mettere in cassaforte una pole che rappresenterebbe una grande iniezione di fiducia per tutta la squadra e per il popolo del Cavallino. Spinge a fondo sull’acceleratore, ma quando giunge alle Piscine urta una barriera rompendo la sospensione anteriore destra. La SF21 perde la direzionalità e si stampa violentemente contro il guard-rail. Bandiera rossa e sessione finita. La pole è comunque del monegasco, l’entusiasmo iniziale però viene presto smorzato dai dubbi in merito all’entità del danno. Occorrerà sostituire il cambio, con la conseguente retrocessione in sesta posizione e perdita della pole? I tecnici del Cavallino prendono tempo cercando di capire la mossa giusta e tutto viene rimandato al giorno successivo. La domenica mattina la vettura è riparata grazie al duro lavoro dei meccanici. Leclerc prende così la via della pista per effettuare i giri che precedono il piazzamento in griglia. Ma purtroppo emergono i guai. Scattano le verifiche e si scopre un problema al semiasse posteriore sinistro che costringe Charles a parcheggiare la SF21 nel box ed alzare bandiera bianca. Un altro verdetto impietoso sul proprio tracciato, che ha induce qualcuno a parlare di “maledizione” e dopo quanto visto di recente, gli interrogativi spuntano eccome. Oltre al pasticcio del Gran Premio di domenica scorsa, non va dimenticato quanto successo con le vetture d’epoca a metà maggio. Nel “Grand Prix Historique de Monaco” Leclerc sbatte alla Rascasse mentre gira sulla Ferrari 312B3 pilotata da Lauda nel ’74. All’origine dell’incidente c’è stato un problema ai freni, causa a sua volta del testacoda. Nessuna colpa quindi per il “Principino” uscito indenne dalla macchina, ma non può passare inosservato che la manifestazione fosse la tredicesima della sua storia. Che sia solo un caso?

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Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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