Published on Settembre 18th, 2021 | by Massimo Campi
0Monza: quando sbagliano i campioni.
Il botto di domenica, allunga la serie di errori memorabili accaduti nel Tempio della Velocità. Di Carlo Baffi.
L’incidente tra Lewis Hamilton e Max Verstappen verificatosi al 26esimo giro del Gran Premio d’Italia 2021 è già entrato nella storia, con tutti gli strascichi di polemiche che molto probabilmente continueranno a lungo. Una collisione che ha condizionato l’esito della corsa senza nulla togliere all’impresa firmata da Daniel Ricciardo e dalla McLaren-Mercedes, che ha piazzato anche Lando Norris al secondo posto. Ma nella lunga storia di Monza, che parte dal 1922, sono presenti altri episodi analoghi provocati da sbagli commessi anche da illustri fuoriclasse, che si sono giocati il primo gradino del podio. Abbiamo scelto i più eclatanti in un periodo relativamente recente, iniziando da quelli verificatisi in prima variante, ovvero la “scena del crimine” di domenica scorsa.
Partiamo dal 1988, per la precisione l’11 settembre (data divenuta infausta anni dopo con gli attentati in Usa). Il prologo di questa gara però parte circa un mese prima, il 14 agosto, quando a Modena si spense all’età di novant’anni Enzo Ferrari, malato da tempo. Un brutto colpo per il morale del Cavallino che faticava a fronteggiare il dominio delle McLaren Honda di Prost e Senna. I piloti di Ron Dennis sbarcarono a Monza dopo aver vinto tutte le gare in calendario. Erano praticamente invincibili e lo confermarono monopolizzando la prima fila. Al via fecero subito il vuoto ed i ferraristi Berger e Alboreto seguirono in terza e quarta posizione, relegati al ruolo di comprimari. La doppietta McLaren pareva ormai assicurata, quand’ecco che il vento cambiò improvvisamente direzione. Al 37° giro, dopo alcune avvisaglie, Prost ripiegò ai box e si ritirò tradito dal propulsore Honda, sempre affidabile sino a quel momento. Berger divenuto secondo, cominciò a forzare l’andatura spinto da uno scatenato Alboreto che gli si avvicinava sempre più. Seppur al comando in solitario, Senna avvertì la potenziale minaccia “rossa” e rispose aumentando il proprio ritmo. Si giunse così al penultimo dei 51 passaggi, quando il paulista affrontò la prima variante cercando di doppiare la Williams-Judd di Jean Louis Schlesser; un 40enne francese, chiamato all’ultimo momento a sostituire Nigel Mansell.
Le due monoposto si urtarono e la MP4/4 di Senna si girò arrestandosi sul cordolo esterno, all’uscita della chicane. Il paulista cercò di ripartire, ma le sue ruote giravano a vuoto. Era il segno inequivocabile che la sua gara era finita. Dalle tribune si levò un boato che salutò le due Ferrari balzate di colpo al comando. Berger e Alboreto procedettero in parata sino al traguardo e firmarono una clamoroso trionfo che a Monza mancava da ben undici anni. Nel dopo gara un Senna deluso disse che probabilmente il Drake, “da lassù”, aveva dato una mano alle sue rosse e che tutto era scritto nel destino. A fine campionato la McLaren, vincitrice a mani basse del campionato costruttori, si aggiudicò 15 G.P. su 16; all’appello mancava solo la corsa di Monza. E la corona iridata sarebbe finita sul capo di Senna.
Ha del clamoroso pure il ritiro di Mika Hakkinen il 12 settembre del 1999. Un caso in cui, a differenza degli altri, il pilota fece tutto da solo. In un mondiale orfano di Michael Schumacher convalescente dopo il brutto schianto a Silverstone, il finnico si ritrovò a lottare al vertice contro l’irlandese Eddie Irvine, il compagno di Michael che la Ferrari promosse prima guida. Alla vigilia, la gara monzese pareva ipotecata largamente da Hakkinen, che al volante della sua McLaren-Mercedes fu imprendibile in qualifica. Con la pole ed Irvine solo ottavo, il team anglo tedesco pregustava già il trionfo ed un decisivo balzo in avanti in classifica. Mika partì alla grande e presto si ritrovò solo in testa e tutto fece supporre una facile affermazione. Invece no. Iniziato il suo 30° giro, il finlandese piombò in prima variante, frenò, ma sbagliò a scalare la marcia, inserendo la prima anziché la seconda. Un errore imperdonabile che bloccò le ruote ed il posteriore della MP4/14 che s’intraversò ed il campione del mondo s’arrestò nella via di fuga a pochi centimetri dal guard-rail. Un epilogo imprevisto salutato, poco sportivamente, dall’esultanza dei tifosi del Cavallino assiepati sugli spalti vicini. Il finlandese gettò con stizza il volante fuori dalla abitacolo ed una volta uscito dall’auto fu colto da una mezza crisi isterica. Dapprima scagliò rabbiosamente i guanti a terra e poi s’avviò verso i box. Sulla strada incontrò Ercole Colombo, storico fotografo del Circus, al quale chiese da che parte andare. Colombo invitò Mika a seguirlo. Gli ultras della rossa però erano ovunque e non persero l’occasione per deridere l’avversario costretto a passare vicino a loro, in una sorta di via crucis. Ad un tratto Hakkinen si fermò, s’inginocchiò dietro una siepe e scoppiò a piangere. Una scena che venne scovata dalle telecamere e andò in onda in mondovisione. Dopo aver scattato le foto, che immortalarono quella scena, Colombo porse ad Hakkinen una salvietta per asciugarsi il volto. “Arrivati al sottopasso che porta al paddock – narrerà il fotografo – il “finlandese volante” mi strizzò l’occhio e le nostre strade si divisero.” Il ritiro di Hakkinen spianò la strada verso la vittoria ad Heinz-Harald Frentzen, scattato dalla prima fila col secondo tempo. A bordo della sua Jordan, il tedesco s’impose davanti a Ralf Schumacher (Williams-Supertec) e Mika Salo, sostituto di Schumi alla rossa. Nel dopo gara, il finlandese, nonché campione del mondo in carica spiegò il suo dramma:” Ricorderò questa corsa come una sorta di incubo. Ero in testa, tutto stava funzionando alla perfezione ed avevo aumentato il ritmo, come mi aveva chiesto la scuderia per accumulare più vantaggio nei confronti di Frentzen, in previsione della sosta ai box. Poi entrando alla prima variante ho sbagliato marcia e sono uscito. Ho perso un’occasione d’oro. E’ stata solo colpa mia.” Hakkinen si sarebbe però consolato a fine anno bissando il titolo iridato a Suzuka, in Giappone.
Un altro celebre contatto incriminato avvenne il 10 settembre 1995, ma alla seconda variante, meglio nota come Curva della Roggia. Un episodio occorso durante una gara thrilling, con sbagli sia da parte dei piloti che dei meccanici ai box. Reduce dalla conquista del suo primo titolo mondiale l’anno prima, Michael Schumacher poteva contare su una Benetton molto competitiva. Si riproponeva così la lotta con Damon Hill e con la Williams. Tra i due però i rapporti non erano dei migliori. Non dimentichiamoci dell’epilogo del mondiale 1994, ad Adelaide, con un contatto molto discutibile provocato dal tedesco che danneggiò la vettura del rivale, eliminandolo. Si disse che Schumacher, dopo essere finito fuori pista fosse rientrato senza essere più in grado di governare la sua B194, ma qualche perplessità sull’atto doloso non venne mai cancellata. Ma torniamo a Monza. A tenere banco nel paddock era il mercato piloti con il passaggio del “Kaiser” di Kerpen alla Ferrari. Michael, sempre più sotto i riflettori si presentava in Italia, reduce dal successo ottenuto in Belgio proprio davanti a Damon e la classifica lo vedeva in testa con 66 punti, contro i 51 del britannico. La situazione era leggermente più equilibrata tra i costruttori, con il team di Briatore davanti a quello di Sir Frank Williams per dieci lunghezze. In effetti la FW17 progettata dal duo Head-Newey era competitiva e teneva testa alla B195, realizzata da Byrne e Brawn. Entrambe erano spinte dal V10 Renault, ma a fare la differenza era il pilota: Schumacher per l’appunto. Le qualifiche però videro primeggiare la Williams dello scozzese David Coulthard alla sua seconda stagione in F.1, quarto nella classifica piloti e di cui correva voce circa un suo futuro in rosso. In molti lo accreditavano come prossimo compagno di “Schumi”, che a Monza gli sarebbe partito di fianco col secondo tempo. La prima delle Ferrari era quella di Berger, terzo, poi Hill e Alesi. Una gara che vedeva il campione del mondo in carica favorito, ma che al tempo stesso poteva riservare qualche incognita. E guarda caso le sorprese iniziarono ancora prima del via. Durante il giro di ricognizione, il poleman uscì di pista alla Variante Ascari: per lui i giochi s’erano chiusi ancora prima di iniziare. Schumacher si schierò da solo in prima fila e prese subito il comando resistendo all’assalto di Berger e Alesi. Quarto era Herbert autore di un ottimo scatto dall’ottava posizione. Nemmeno il tempo di completare la prima tornata che sempre all’Ascari si innescò una carambola con cinque piloti coinvolti e che costrinse la direzione gara ad interrompere la corsa. Dunque tutto da rifare, per la felicità di Coulthard, pronto a salire sul muletto e schierarsi per il secondo via. Lo scozzese questa volta non commise alcun errore e andò in testa con Berger in scia che precedeva Schumacher, Hill ed Alesi. La sorte pareva strizzare l’occhio al giovane David a caccia del suo primo successo, ma al 12esimo giro dovette alzare bandiera bianca per un problema meccanico. Per la gioia degli ottantamila presenti, la 412T2 numero 28 di Berger salì al comando con un discreto margine sugli inseguitori. I colpi di scena erano però destinati a proseguire ed eccoci al botto tanto discusso. Alla tornata 23, Schumacher ed Hill si accingevano a doppiare la Footwork di Taki Inoue alla Roggia. Se il tedesco passava il giapponese, l’inglese s’infilava forse troppo velocemente per non perdere terreno, arrivando lungo e tamponando la Benetton del rivale. Risultato: i due rivali per l’iride finivano il Gran Premio nella via di fuga. Una manovra che inasprì ulteriormente gli animi. Appena fuori dalla sua macchina, Schumacher si diresse verso Hill rifilandogli una manata di stizza sul casco (qualcuno parlò addirittura di un pugno). I commissari furono lesti ad interrompere un possibile match di pugilato, ma le polemiche proseguirono ai box. “Stavo affrontando la curva – raccontò Schumacher – quando ho sentito un gran colpo e ho visto negli specchietti che era Hill. Non è stato un contatto leggero. Sono molto arrabbiato perché è la seconda volta che succede in questa stagione.” Più duro Briatore, team boss della Benetton, alludendo che l’inglese avesse agito volontariamente:” …quello che ha fatto Hill, non ha niente a che vedere con lo sport.” Di tutt’altro avviso Hill:” E’ stata una cosa ridicola, Inoue mi ha cambiato due volte traiettoria davanti. Ha fatto passare Schumacher, poi da sinistra s’è spostato a destra ed è quindi tornato a sinistra. Qualcuno non guarda gli specchietti, o corre contro di me. Lungi da me provocare incidenti.” Interessante anche la versione di Inoue:” Ho ostacolato Hill? Mi sono fatto da parte per lasciare passare Schumacher, ma poi dovevo anch’io fare la curva. Ho frenato al limite, sono uscito sullo sporco, ma di più non potevo fare.” Morale il collegio dei commissari squalificò Hill per un G.P. con la condizionale.
La corsa intanto andò avanti con Alesi e Berger al comando. La vista di due Ferrari al comando venne logicamente accolta dall’entusiasmo dei tanti i fans del Cavallino presenti sulle tribune. Ma dieci giri dopo il crash Schumacher-Hill, la sorte prese di mira le rosse. Berger seguiva Alesi senza tirare, quando giunto alla Roggia fu colpito da un oggetto staccatosi dalla vettura del francese, che piombato sulla sospensione anteriore sinistra, distrusse il tirante della convergenza, ponendo fine alla corsa dell’austriaco. Si scoprì in seguito che si trattava della telecamera montata sulla paratia laterale dell’alettone posteriore, che durante la sosta era stata urtata dalla gomma maneggiata da un meccanico. Un oggetto di circa un chilo, che se invece della sospensione avesse colpito Berger, quel singolare incidente si sarebbe trasformato in dramma. Purtroppo l’Halo non era ancora stato introdotto. Sfumata la doppietta, le speranze rosse si concentrarono tutte su Alesi, la cui cavalcata vincente si sarebbe purtroppo interrotta tredici tornate dopo per un guasto alla 412T2. Fu questo l’ultimo colpo di scena di una giornata che salutò il trionfo del 31enne britannico Johnny Herbert con la seconda Benetton. A completare un podio decisamente insolito, salirono il finnico Mika Hakkinen (McLaren-Mercedes) ed il tedesco Heinz-Harald Frentzen (Sauber-Ford). Sul duello al vertice tra Schumacher ed Hill il sipario sarebbe calato nel terz’ultimo appuntamento in calendario, il G.P. del Pacifico sul tracciato nipponico di Aida. Grazie alla vittoria e con Damon terzo, Michael conquistò il suo secondo mondiale.
Immagini © Raul Zacchè/Actualfoto – Massimo Campi