Storia

Published on Settembre 10th, 2021 | by Massimo Campi

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Monza, il “Tempio della Velocità” e le sue curve

Di Carlo Baffi

Per i piloti, gli addetti ai lavori e gli appassionati è conosciuto come il “Il Tempio della Velocità”. Questo per via delle elevate andature raggiunte dai concorrenti sia sulle due che sulle quattro ruote; soprattutto prima che il tracciato venisse rallentato dalle chicanes. Caratteristiche che hanno fatto dell’Autodromo Nazionale di Monza, una pista leggendaria in cui si sono scritte pagine indimenticabili della storia motorsport. E per un circuito come quello brianzolo non poteva coniarsi una definizione migliore. Si consideri inoltre che un tempo, si percorreva anche l’anello di alta velocità, costituito da due curve sopraelevate edificate nel 1955. E qui è doveroso aprire una parentesi. Ad essere precisi, già alla nascita la pista presentava negli stessi punti due curve rialzate che poggiavano su un terrapieno. Poi nel ’55 vennero realizzate le sopraelevate nord e sud, su piloni e travi di cemento armato delimitate da un guard-rail posto alla sommità dell’asfalto. L’inclinazione era decisamente era più alta ed arrivava ad un massimo di 39°. Anche le monoposto di F.1 si cimentarono sul cosiddetto “banking”, ma fino al 1961; anno del drammatico incidente di Von Trips nel G.P. d’Italia in cui persero la vita il pilota tedesco e 14 persone.

Le forti sollecitazioni prodotte dai lastroni del selciato sulle componenti delle vetture, costituivano un grosso problema per l’incolumità dei piloti. Continuarono invece a correrci i prototipi per alcuni anni. Però, sempre restando in tema di velocità, emerge una curiosità. Ossia che il primo record non fu conseguito durante una competizione motoristica. Riguarda invece i tempi impiegati per la costruzione dell’impianto. I lavori iniziarono il 15 maggio del 1922 su un terreno all’interno del Parco di Monza ed il 20 agosto le prime vetture facevano il loro ingresso in pista. Erano trascorsi solo 110 giorni. Un lavoro assai rapido grazie alla manodopera di circa 3.500 operai, in modo che i 10 km della pista potessero ospitare puntualmente il secondo Gran Premio d’Italia. Gara in programma il 10 settembre 1922 e che si svolse sotto gli occhi di oltre 100 mila spettatori.

Per la cronaca s’impose Pietro Bordino al volante di una Fiat 804. Rispetto al layout iniziale, il circuito subì non pochi cambiamenti nel corso del tempo ed anche alcuni suoi punti topici cambiarono denominazione. Il rettilineo di partenza rimase invariato fino al 1972, quando venne introdotta una chicane all’altezza dell’entrata del Raccordo Junior, al fine di ridurre la velocità di ingresso nella Curva Grande. Fino ad allora, i freni non si toccavano fino a Lesmo.

Nel 1976 ci fu un’ulteriore modifica con l’introduzione di una nuova variante formata dalla successione di due curve a sinistra e due a destra. La chiamarono anche Variante Goodyear, in omaggio al noto costruttore di pneumatici. Altro cambiamento ebbe luogo nel 2000, quando fu ridisegnata con una secca curva a destra, che si raccordava al tornante successivo, ovvero la sopracitata Curva Grande. Fu così chiamata nel 1922 per via della sua lunghezza e del suo ampio raggio. Poi venne ribattezzata Curva Biassono, per la vicinanza col comune situato a ridosso. Nel ’95, a seguito delle richieste espresse dalla Fia per migliorare gli standard di sicurezza (in conseguenza degli schianti mortali verificatisi ad Imola il 1° maggio dell’anno prima), questa curva venne spostata verso l’interno di una decina di metri per ampliare gli spazi all’esterno.

Proseguendo la marcia in senso orario si arriva alla Variante della Roggia, o seconda Variante. All’origine era nota come Curva della Roggia, per un piccolo corso d’acqua presente nelle vicinanze. Nel 1976 venne modificato il suo disegno con la chicane e nel ’95 venne anticipata di una cinquantina di metri assicurando più spazio di fuga. Arriviamo così alle due Curve di Lesmo. La prima, in origine era la Curva delle Querce, poi a detta delle cronache del 1927 si apprende che divenne la Curvetta di Lesmo visto la breve lunghezza e la presenza del paese omonimo. La seconda venne denominata dapprima in Curva dei 100 metri: tale era la distanza dal punto di entrata a quello di uscita. Nel ’27 fu rinominata la Curva del bosco dei Cervi. Il parco circostante era infatti popolato da una fauna variegata. Più tardi assunse definitivamente il nome attuale, ovvero Seconda Curva di Lesmo. Fu da sempre considerato un tornante molto insidioso ed al tempo stesso il punto cruciale per siglare il giro veloce.

Nonostante di trattasse di una curva praticamente cieca e priva di vie di fuga, veniva affrontata in pieno a circa 300 km/h. Della serie per tenere già il piede, bisognava avere un bel coraggio ed un pizzico d’incoscienza. All’esterno infatti, al di la delle barriere era situata una tribuna coperta, che garantiva un’ottima visuale per il pubblico. Era uno dei più bei punti dell’Autodromo. Anche quest’area fu poi oggetto della ristrutturazione datata 1995. La tribuna venne demolita e così la sicurezza potè beneficiare in una vasta area all’esterno.

A seguire, si presenta la Curva del Serraglio, il cui raggio non è ampio. Il nome deriva dalla presenza del cosiddetto Serraglio, per intenderci la casa di caccia del Re, dove erano tenuti degli animali. In uscita, si imbocca la discesa verso il sottopasso della Curva di Alta Velocità, dopodichè la pista risale verso la staccata di un altro punto significativo.

Parliamo della Variante Ascari. Nei primi anni era la Curva del Platano, o anche del Vialone. Dal 1955 venne dedicata al grande Alberto Ascari. La ragione ci riporta al tragico 26 maggio di quello stesso anno, quando nel corso di una sessione di prove private in vista della “1000 Chilometri di Monza”, il campione milanese rimase vittima di un tragico incidente, proprio in questo punto, mentre compiva alcuni passaggi a bordo della Ferrari 750 Sport dell’amico Eugenio Castellotti. Le cause dell’incidente non furono mai chiarite con precisione. Nel 1972, sempre per rallentare la marcia, venne introdotta una chicane in entrata del tornante, che due anni dopo sarà ulteriormente modificata nell’ampiezza e nel tratto di uscita.

Percorso il rettifilo centrale, ci si appresta ad affrontare la Curva Parabolica. Nel 1922 non c’è traccia di un nome preciso, ma si parlava solo di Curvetta, che nel ’27 cambiò in “Curvette”. Erano due tornanti caratterizzati da un raggio di 60 metri e da un’ampiezza di 90°, uniti da un brevissimo rettilineo. Inoltre, vista la particolare pavimentazione formata da tanti cubetti di porfido, divenne famosa per essere appunto la Curva del Porfido. Venne ricostruita nel 1955, quando il circuito tornò alla sua impostazione iniziale e assunse definitivamente il nome di Curva Parabolica, per il layout e la traiettoria che descriveva.

Superato quest’ultimo tornante ritorniamo sull’ampio rettilineo che porta alla linea del traguardo. Nel 2002, questo scenario divenne ancora più suggestivo con il nuovo edificio servizi, l’ampliamento della palazzina box ed il nuovo podio. Quest’ultima struttura per la sua forma circolare sospesa sulla pista venne soprannominata “l’astronave”. Durante la premiazione del Gran Premio di F.1, il colpo d’occhio è di grande effetto coi primi tre classificati che festeggiano acclamati dalla folla sottostante, che per tradizione invade la pista dopo la bandiera a scacchi.

Illustrazione © Carlo Baffi – Immagini © Massimo Campi

 

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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