Di Carlo Baffi
Il prologo della 47esima edizione del Gran Premio d’Italia, porta la data di martedì 8 settembre 1976. A soli 38 giorni dal terribile rogo del Nurburgring, Niki Lauda entra nell’ufficio di Enzo Ferrari a Maranello ed annuncia che intende provare la rossa per rientrare ufficialmente a Monza, gara in programma la domenica successiva. Accanto a lui c’è Willi Dungl, il suo fido preparatore atletico. Ovviamente lo scetticismo dei vertici del Cavallino non manca, primo fra tutti quello del “Drake”. Le ferite sul capo dell’austriaco sono ancora aperte al punto che gli viene realizzato un casco apposito con particolari imbottiture. Una volta calatosi nell’abitacolo della 312T2, Niki compie qualche passaggio dopodichè torna ai box per farsi sistemare le cinture e riprende a girare. Percorre trenta tornate accompagnato dall’entusiasmo dei tanti tifosi accorsi a Fiorano. La fatica non è indifferente, ma alla fine si avvicina al record della pista. Una prestazione confortante a cui segue l’annuncio della presenza a Monza. Un ritorno sicuramente molto gradito, che però crea un problema alla rossa che ha appena ingaggiato Carlos Reutemann. Decisione per nulla gradita a Lauda. Si vocifera che la sua fretta di tornare in pista non sia motivata soltanto dalla difesa della corona iridata, Hunt è secondo a sole due lunghezze dall’austriaco ancora leader. Niki vuole dimostrare che la sua carriera non è giunta al capolinea e difendere coi denti il suo sedile dall’argentino. Gioco forza viene deciso di schierare tre piloti: Lauda, Regazzoni e lo stesso Reutemann. Quando il venerdì mattina, 10 settembre, l’austriaco fa la sua comparsa ai box di Monza, è letteralmente assediato dai media. Il tempo però è pessimo, piove a dirotto. Malgrado ciò, Niki sale in vettura e va in pista per affrontare le prove libere. Come confesserà a posteriori i primi giri sono durissimi, tra quelle enormi nubi d’acqua è arduo tenere a bada delle vetture trasformate in motoscafi. Faticano i piloti in condizioni normali, figuriamoci un uomo reduce da uno schianto pauroso come quello del 1 agosto. Si pensi che quasi tutto l’asfalto è coperto da uno strato d’acqua di quasi cinque centimetri che raddoppiano nelle zona del ponte lungo la discesa in uscita dalla curva del Serraglio. Sono vani i tentativi di prosciugare questo tratto con l’ausilio di autopompe. I concorrenti compiono poche tornate per evitare incidenti e confidano in un miglioramento delle condizioni atmosferiche per la sessione di prove cronometrate del giorno dopo. Lauda comunque non demorde e nel pomeriggio, quando la pioggia cala si rimette al volante e grazie alla sua forza di volontà riesce a superare le difficoltà e le paure. Anziché rincorrere la prestazione, cerca di ritrovare gradatamente confidenza con la monoposto.
Al termine della giornata, Hans Stuck sulla March-Ford ha il miglior tempo con 2’02”79 alla media di 170,046 km/h, davanti a Peterson (March-Ford) ed Ickx con la Ensign. I ferraristi sono indietro: settimo è Regazzoni, undicesimo Reutemann e diciannovesimo Lauda. Ma come detto sopra, complice il meteo i dati sono poco indicativi. Disavventura per Regazzoni che verso il termine delle prove, vola fuori alla seconda variante e resta imprigionato nelle reti poste nelle via di fuga in sabbia. Nel pomeriggio nuovo check-up per Lauda a Milano presso il centro medico sportivo dell’Arena, dove riceve il benestare definitivo per poter prendere il via alla corsa. Il sabato è tutta un’altra musica, con la pista asciutta i tempi si abbassano. A salire alla ribalta è il francese Jacques Laffite al volante della blue Ligier-Matra: con 1’41”35 alla media di 206,018 km/h. Il 33enne transalpino campione europeo di F.2, sigla la sua prima pole in F.1. Precede la Tyrrell a sei ruote di Jody Scheckter, la Brabham-Alfa Romeo di Carlos Pace e l’altra Tyrrell di Patrick Depailler. In terza fila col quinto crono c’è Niki Lauda! Un risultato sorprendente per la gioia dei 30 mila spettatori presenti, con cui il Campione del Mondo è risultato il migliore dei ferraristi. Reutemann è settimo, Regazzoni è dodicesimo. Al termine delle qualifiche però c’è un il colpo di scena delle “benzine drogate”. I piloti della McLaren si vedono annullare i tempi realizzati nelle prove del sabato, così come John Watson, driver della Penske. I tecnici della Snam-Agip (fornitore della Ferrari) hanno prelevato dei campioni di benzina al fine di controllare la conformità ai criteri di regolamento, soprattutto dopo quanto accaduto al G.P. d’Austria vinto da Watson, in cui si sono avanzati sospetti circa i carburanti utilizzati da alcune squadre tra cui Penske e McLaren. Ebbene, dopo i controlli, emerge che il carburante della Penske contiene 109 ottani, mentre quello della McLaren 101,75. Il regolamento sportivo vigente in Italia, stabilisce che non si possono superare i 101 ottani. Scatta quindi il provvedimento punitivo. Di conseguenza per Hunt, Mass e Watson valgono soltanto i tempi del venerdì, giornata condizionata dal maltempo. Si tratta però dell’ennesimo episodio in cui si ricorre alle carte bollate.
Già il venerdì i commissari hanno cancellato i tempi di Peterson, Merzario, Ickx e Regazzoni in quanto alle verifiche tecniche le dimensioni della loro macchine (ali comprese) erano irregolari. A tal proposito Mauro Forghieri, responsabile tecnico del Cavallino, ha fatto subito verbalizzare il provvedimento allo scopo di utilizzare tale prova per contestare la decisione del Tribunale d’Appello della Fia che aveva ridato la vittoria ad Hunt nel G.P. di Spagna del 2 maggio. In quella circostanza la McLaren dell’inglese, così come quella di Mass erano risultate irregolari già prima del via e avevano corso ugualmente scatenando polemiche da parte della Ferrari. Hunt aveva vinto, ma alla fine era stato escluso. Poi in seguito al ricorso del team britannico, la squalifica venne trasformata in multa e Hunt tornò sul gradino più alto del podio. Un ribaltone che sconvolse la classifica piloti, soprattutto a fronte del fatto che Lauda era fuori gioco per il crash del Nurburgring. Senza contare i veleni scatenatisi dopo il Gran Premio di Gran Bretagna con il trionfo di Hunt, reo di essersi schierato per la seconda partenza con la vettura riparta dopo la carambola al primo via. Manovra vietata dalle norme. Insomma tante tensioni che contribuirono ad inasprire la battaglia tra Ferrari e McLaren. Però a Monza, con Hunt nono, le chances di guadagnare punti per Lauda sono buone, logicamente regna l’incognita della tenuta fisica e psicologica del pilota. La domenica torna a fare capolino un cielo grigio pieno di nubi che non promettono nulla di buono. Poco prima della gara, l’austriaco rassicura:” Eccomi di nuovo per dimostrare che sono ancora il numero uno.” Un ottimismo che non guasta. Al termine del giro di ricognizione, si attende che entri azione il semaforo che ha sostituito la consueta bandiera a scacchi: altro segno che i tempi stanno cambiando. Quando parte la gara tutte le macchine si lanciano verso la prima variante e riescono a superarla indenni. In testa si porta Scheckter, seguito da Laffite, Pace, Depailler, Reutemann, Stuck e Peterson. Lauda purtroppo è scattato male e viene risucchiato dal gruppo transitando 14esimo dopo il primo passaggio. Hunt è addirittura terz’ultimo. Tutto resta invariato fino al quarto giro quando Peterson inizia a risalire passando al secondo posto superando Depailler. Anche Regazzoni si fa sotto superando Reutemann e Lauda comincia a recuperare posizioni. Al nono passaggio Nikio è settimo dopo aver scavalcato Carlos. Alla tornata numero undici ecco la svolta della Gran Premio. Peterson affonda il colpo e porta la sua March al comando passando Scheckter in prima variante. Regazzoni è a ridosso di Laffite ed Hunt finisce in sabbia alla Roggia. Al britannico è stata fatale la lotta per la 12esima posizione con Tom Pryce. Una volta fuori pista, James sprona invano i commissari ad aiutarlo a tornare in pista. Esce dalla vettura parecchio contrariato e mentre si avvia a piedi lungo il tracciato è protagonista di un parapiglia con gli addetti ai lavori, volano strattoni ed il pubblico fischia. Per il rivale di Lauda, è proprio un fine settimana negativo. Nel frattempo Depailler ha la meglio su Scheckter e Lauda prosegue nella sua rimonta entrando in zona punti, dopo aver scavalcato Brambilla, l’idolo di casa. Regazzoni intanto da gas e sale terzo. Verso il 30esimo giro inizia a piovere. Nella zona di Lesmo l’acqua è più forte rispetto alle altre zone dell’autodromo. Il direttore di gara Gianni Restelli espone allora un bandiera nera con una “X” bianca, per invitare i concorrenti a rientrare ai box a velocità ridotta. In pratica stando a questa nuova disposizione la gara verrebbe sospesa per permettere a tutti di cambiare le gomme. In realtà si fermano solo Fittipaldi e Jones, perché la pioggia va scemando e la pista comincia ad asciugarsi. Peterson continua la sua cavalcata a differenza di Depailler (secondo) che inizia a lamentare problemi elettrici. La sua Tyrrell arranca, perde terreno dal capofila e cede il passo a Regazzoni e Laffite. Lauda gira sul passo gara dei migliori e infila Scheckter salendo al quarto posto. Il Gran Premio volge al termine con Peterson (autore del giro più rapido al 50esimo passaggio, in 1’41”3 alla media di 293,120 km/h) che al termine dei 52 giri previsti, taglia vittorioso il traguardo. Per lo svedese, classe ’44, si tratta del terzo successo a Monza (dopo quelli del ’73 e ’74) e per la March è la terza affermazione nella massima serie. Il vincitore morale però è senza dubbio Lauda, che è riuscito con saggezza e raziocinio (da “ragioniere” secondo i critici) a portarsi a ridosso del podio, sul quale salgono un grande Regazzoni (secondo) e Laffite (terzo). Non mancano gli elogi di Enzo Ferrari, che dopo aver seguito la gara in tv commenta felice :”Abbiamo ritrovato il nostro pilota.” Alle spalle di Niki si piazzano Scheckter e Depailler. Bravo Vittorio Brambilla che al volante della March ha chiuso settimo dopo essere partito sedicesimo. I centomila presenti invadono, come è ormai diventata consuetudine la zona del traguardo salutando sotto il podio i primi tre. Lauda, una volta uscito dalla sua 312T2 si rifugia nel caravan Ferrari e cerca di rispondere ai tanti cronisti che lo assediano. Fuori invece è il caos più totale, con i tifosi del Cavallino impazziti che invocano a gran voce il nome del loro eroe, autore di una grande impresa: un mese prima era fantascienza allo stato puro. Poi una volta rilassatosi, Niki si avvia verso l’elicottero di un amico e lascia il circuito pago di una giornata stressante e dei tre punti preziosi guadagnati su Hunt. Ora la classifica vede l’austriaco a quota 61 ed il britannico a 56. Ma i guai per la McLaren non sono ancora finiti. Il 24 settembre, il Tribunale di Appello della Fia riunitosi a Parigi per giudicare i fatti del G.P. di Spagna e di Gran Bretagna, dopo aver ascoltato le parti in causa conferma l’ordine d’arrivo di Barcellona, ma accetta il reclamo della Ferrari in merito a Brands Hatch e squalifica il vincitore Hunt e consegna il successo a Lauda. In virtù di questa sentenza, Lauda si porta a 64 punti, mentre il suo rivale scende a 47. Le diatribe legali però non erano ancora finite. In merito alla penalità per le benzine fuorilegge di Monza, la Commissione sportiva avrebbe smentito la decisione dei commissari sulle penalità inflitte a McLaren e Penske. I responsabili del controllo avrebbero ammesso di aver effettuato una lettura sbagliata del numero di ottani presenti nella benzina fornita dalla Texaco alle due scuderie finite sul banco degli imputati, facendo decadere l’accusa di frode. Ebbene in questo clima poco sereno, il mondiale avrebbe affrontato gli ultimi tre round decisivi per l’assegnazione del titolo. Purtroppo per Lauda, Hunt recupererà terreno e si giungerà all’epilogo il 24 ottobre nel G.P. del Giappone sul circuito del Fuji. Le tre lunghezze di vantaggio non basteranno a Niki per mantenere la corona iridata. La gara avrà luogo sotto un diluvio che spingerà il ferrarista a gettare la spugna dopo sole due tornate. La paura gli impediva di proseguire e Hunt sarà campione per un solo punto, forse aiutato negli ultimi giri dalla scarsa velleità di alcuni concorrenti. Un sospetto che non troverà mai risposta.