Published on Ottobre 28th, 2020 | by Massimo Campi
0Buon compleanno Mister Ecclestone!
Bernie Ecclestone compie 90 anni – di Carlo Baffi
Giornata speciale quella di oggi, 28 ottobre, per Bernard Charles Ecclestone, meglio noto come “Bernie”. L’ex “boss” della Formula 1, s’appresta infatti a tagliare il traguardo dei 90 anni. Una vita condotta sui circuiti di tutto il mondo a gestire ed organizzare uno degli spettacoli più importanti e ricchi della terra. Una vita dedicata completamente alla sua grande passione, il motorsport. Dai primissimi esordi come pilota e poi come manager di successo. Dapprima come titolare di una concessionaria di moto, fino alla creazione di quel suo prezioso giocattolo marchiato F.1. Raccontare la carriera di Ecclestone nato a Bungay (località inglese del Suffolk) nel 1930 dall’unione tra Bertha Westley e Sidney Williams Ecclestone, non è certo cosa semplice, anzi. Da qui l’idea di utilizzare alcuni vocaboli, per cercare di descrivere le molte sfaccettature di un uomo vulcanico senza età, spinto da un’inesauribile voglia di guardare avanti.
A come Archiviazione – Il 4 agosto del 2014, il Tribunale di Monaco di Baviera archiviò il processo per corruzione che vedeva nel ruolo di imputato proprio Ecclestone. Il tutto dietro pagamento di una somma di 100 milioni dollari (pari 74 milioni e mezzo di Euro). Per il capo supremo del Circus si chiuse così una vicenda sorta due anni prima, ovvero quando l’ex banchiere tedesco Gerhard Gribkowsky (poi condannato a 8 anni e mezzo di carcere), venne accusato di malversazione, truffa ed evasione fiscale in seguito alla vendita del pacchetto di maggioranza della F.1 al fondo d’investimento CVC, nel 2006. Un passaggio favorito da una tangente di 44 milioni di dollari, pagata da Ecclestone a Gribkowsky. “Mister E” giustificò il pagamento incriminato, per evitare che lo stesso Gribkowsky, lo denunciasse al fisco di Sua Maestà, per evasione fiscale.
B come Brabham – Ecclestone comprò la scuderia da Ron Tauranac nel 1972. Quest’ultimo non riuscendo più a gestire il team, incontrò nel maggio del 1970 Ecclestone e Jochen Rindt, i quali gli proposero di fare una società. Ma Tauranac volendo vendere offrì a Mister E di acquistare la squadra per un ammontare intorno a 130 mila Sterline. L’affare pareva concluso, al punto che Tauranac confidando nella cifra pattuita fece degli investimenti, se non che all’ultimo momento, di Sterline gliene vennero riconosciute solo 100 mila. Tauranac ormai indebitatosi, si vide così costretto ad accettare le nuove condizioni rilanciate dal manager inglese. L’intento iniziale di Bernie era quello di sfruttare commercialmente il nome Brabham per produrre vetture clienti destinate alle categorie addestrative. Dopo tutto si trattava di una scuderia blasonata, fondata dal grande “Black” Jack Brabham (australiano e 3 volte iridato). Ma una volta in F.1, gli obiettivi cambiarono. Per prima cosa, Ecclestone risollevò l’immagine di una scuderia caduta in declino al fine di attirare nuovi sponsor. Curò personalmente ogni dettaglio, come le filettature con nastro adesivo sulla carrozzeria delle monoposto, prima della verniciatura. Al posto dei classici furgoni per i trasferimenti sui vari circuiti, venne acquistato un autoarticolato capace di ospitare sia l’officina, che la cucina. Una trovata che segnò il debutto dei cosiddetti motorhome-hospitality. La trasformazione della scuderia non si limitò solo all’immagine. Dal 1980, il genio di Gordon Murray, un giovane ingegnere sudafricano ingaggiato da Ecclestone, partorì delle monoposto in grado di portare la Brabham ai vertici del Circus, conquistando il titolo iridato con Nelson Piquet, nel 1981 e nel 1983.
C come Ciambelle – In Gran Bretagna sono noti come “donuts”. Ebbene, si narra che a dodici anni Bernie era solito fermarsi dal panettiere per acquistare un notevole numero di questi dolci. Dopo averli messi in una valigia, si recava alla West Central Secondary School dove li rivendeva ai compagni durante l’intervallo. Quando la madre gli chiese se tutti quei dolci fossero per lui, la risposta fu alquanto emblematica:” No, sono il mio guadagno.” Ma non si tratta dell’unica attività imprenditoriale svolta in giovane età dal futuro Padrino della F.1. Pare che al tempo della scuola primaria, consegnasse i giornali in due turni diversi. Si svegliava alle cinque del mattino, andava subito in edicola a prendere i giornali, li consegnava, ritornava dall’edicolante e partiva per il secondo giro di consegne. Si dedicò pure alla raccolta di frutta e patate e successivamente intorno ai quattordici anni, commerciò in penne stilografiche. Le comprava in grande quantità per poi rivenderle con un certo ricavo al mercato di Petticoat Lane nell’East End di Londra. Una continua ricerca del guadagno non tanto perché la sua famiglia fosse indigente, bensì “per soddisfare la voglia di comperare oggetti”. Un’ammissione dello stesso Ecclestone.
D come Divorzio – Nella vita di Ecclestone non poteva certo mancare anche il gossip. Così i tabloid si sono sbizzarriti in merito al divorzio sancito nel marzo 2009, che pose fine al matrimonio tra Bernie e la ex modella croata Slavica Radic (sua seconda moglie di 28 anni più giovane) durato 24 anni. Una separazione che vanta ben due record! Il primo riguarda il tempo impiegato davanti all’Alta Corte di Londra: solo 58”, quasi una pole position. Il secondo invece è di natura patrimoniale, dal momento che alla ex-Signora Ecclestone (intestataria per motivi fiscali di parecchie società del marito) che accusava il consorte di averle provocato un profondo stato di ansia e stress, sarebbe andata una somma vicina al miliardo di sterline, meno della metà di un patrimonio complessivo stimato intorno ai due miliardi e mezzo. Comunque, il vuoto affettivo è durato pochissimo, in quanto nel corso del G.P. del Brasile di quello stesso anno, Ecclestone conobbe Fabiana Flosi, di 46 anni più giovane. Un idillio a cui fecero seguito le nozze a Gstaad in Svizzera nell’ agosto 2012. Cerimonia avvenuta in forma privata, durante la quale il Supremo regalò alla sposa un anello del valore di 100 mila sterline.
F come Figlie e…Figlio – Ecclestone è padre di tre figlie ed un figlio, nati da tre matrimoni. La prima, Deborah Ann nacque nel 1955, dall’unione con Ivy Bamford, una telefonista di quattro anni più vecchia di Bernie, sposata presso un ufficio anagrafe dopo aver preso mezz’ora di pausa dal lavoro. La seconda e la terza sono Tamara e Petra, nate rispettivamente nel 1984 e nel 1988. Sono entrambe figlie di Slavica Radic, presentatagli a Monza in occasione del G.P. d’Italia del 1982, dal fotografo internazionale Monty Shadow. Anche in occasione del matrimonio con Slavica, avvenuto a Londra nel comune di Kensington & Chelsea, Mister E tornò al lavoro appena terminata la cerimonia. Di caratura ben diversa i matrimoni di Tamara e Petra. Cerimonie faraoniche tenutesi rispettivamente a Cap Ferrat e a Bracciano nel castello degli Odescalchi. Le cifre sono ovviamente da capogiro, in linea con il tenore di vita delle due ereditiere. Infine per chiudere il quadro familiare, non si può non parlare di Ace, il quartogenito maschio, che Bernie ha avuto il luglio scorso dall’attuale consorte Fabiana.
G come Gaffes – Tanti sono stati i colpi di genio di Bernie, ma nel corso di questi anni, non sono mancate alcune frasi infelici. Nel 2005, parlando della pilotessa americana di F.Indy Danica Patrick, sostenne che tutte le donne, comprese quelle del motorsport, dovrebbero indossare un grembiulino bianco come le domestiche di casa. Ma c’è di più. Nel luglio 2009, in un’intervista al “Times” si espresse in modo favorevole verso i sistemi dittatoriali. Di Adolf Hitler disse che “poteva comandare e far funzionare le cose. Però alla fine va criticato perché ha perso e non è stato in grado di essere un buon dittatore.” Di Saddam Hussein, dichiarò, che fu un’idea terribile quella di liberarsi del Rais, così come dei Talebani, visto che erano gli unici in grado di governare i loro popoli. L’elogio nei confronti del Fuhrer fece insorgere le comunità ebraiche, al punto che uno degli azionisti di maggioranza della CVC (la società che governa il Circus) lo invitò a rassegnare le dimissioni. Ecclestone cercò di minimizzare, affermando che quella frase decontestualizzata aveva assunto un significato diverso dal suo pensiero originale. Insomma, un semplice malinteso. Sempre nel 2009, in concomitanza del G.P. del Brasile, così si espresse in merito alla morte di Senna in un intervista alla “Folha di Sao Paulo” :” E’ stato un dramma e una tristezza, ma anche una grande fortuna, perché tanta gente che non conosceva la F.1 si è avvicinata al nostro sport.”
H come Humor – Ecclestone non ha mai nascosto un suo lato umoristico, tipicamente britannico, che lo spinge anche a ironizzare su se stesso e ai guai della F.1. Ne sono un esempio i biglietti natalizi con tanto di auguri firmati, illustrati con vignette sulle problematiche del Circus. Nel 2005, la cartolina raffigurò il flop del G.P. di Indianapolis, quello con soli sei partecipanti ed il pubblico furente sulle tribune. Più caustica l’immagine del 2008, in cui i vari team principals venivano fustigati da Max Mosley, con evidente riferimento allo scandalo a luci rosse che vide coinvolto l’ex Presidente Fia. La sera del 26 novembre del 2010, mentre passeggiava nel centro di Londra con la sua attuale moglie, Fabiana Flosi, Ecclestone venne aggredito da quattro rapinatori. Oltre al furto di gioielli per circa 200 mila sterline, Bernie rimediò una ferita al capo e alcune contusioni al volto. Ebbene dopo pochi giorni, posò come testimonial di una nota marca di orologi con tanto di volto tumefatto. Lo slogan? “Guarda quello che farebbe la gente per un Hublot.”
I come Incidenti – Tre incidenti mortali segnarono in modo indelebile la carriera di Ecclestone. I primi due riguardarono i piloti di cui l’inglese era il manager. Parliamo di Stuart Lewis Evans e di Jochen Rindt. Il primo, inglese, perì il 19 ottobre del 1958 a Casablanca nel corso del G.P. del Marocco a bordo della Vanwall. Il secondo, austriaco, perse la vita nel corso delle prove del sabato del G.P. d’Italia a Monza, il 5 settembre del 1970. Uno schianto terribile avvenuto presso la curva Parabolica, che impedì al 28 enne fuoriclasse della Lotus di festeggiare il titolo mondiale che gli venne assegnato postumo. L’ultima tragedia accadde il 14 maggio 1986, quando l’italiano Elio De Angelis, al volante della Brabham BT55 rimase coinvolto in un drammatico incidente nel corso di un test al Paul Ricard e spirò il giorno successivo all’ospedale di Marsiglia.
L come Liberty Media – Era il 23 gennaio del 2017, quando Ecclestone dichiarava: “oggi sono stato spodestato. E me ne sono andato. Non sono più il capo della società.“ Con queste parole, “Mister E” ufficializzava la sua uscita di scena dal Circus, come “number one”. Un ruolo che aveva ricoperto dalla notte dei tempi e poi preso da Chase Carey, nuovo CEO dell’F1 Group. Una notizia che a suo tempo prese un po’ tutti in contropiede, anche se di un possibile futuro senza Bernie, era iniziata a circolare la voce agli inizi di settembre del 2016, ovvero quando il gruppo Liberty Media aveva fatto il suo ingresso nel pacchetto azionario della CVC, il fondo che controllava la Formula 1. Ma se inizialmente si parlava di Carey come Presidente ed Ecclestone confermato nel ruolo di Amministratore Delegato, il corso degli eventi prese una strada diversa. Nel gennaio 2017, Liberty Media deliberò dapprima l’acquisizione del pacchetto di maggioranza del Circus, operazione che ricevette l’approvazione del Consiglio Mondiale della Fia e che sancì di fatto l’avvicendamento al vertice. Ad Ecclestone venne offerta la carica simbolica di Presidente Onorario; una sorta di bandiera a scacchi calata improvvisamente, dopo circa 40 anni, sull’era del Supremo (come lo chiamano oltre Manica), che non potendo più esercitare i poteri decisionali, ironicamente commentò: “ I miei giorni in ufficio saranno più tranquilli”. Ecclestone però non abbandonò definitivamente il mondo dei Gran Premi. Saltuariamente è ricomparso nel paddock sfoggiando un nuovo look, con tanto di baffi e pizzetto.
M come Montezemolo – Il rapporto con l’ex presidente della Ferrari, ha sempre vissuto di alti e bassi. Nel dicembre 2008, quando Montezemolo in qualità di Presidente della Fota, reclamò più soldi per i team, accusando Ecclestone di scarsa trasparenza nella gestione degli introiti, il boss del Circus reagì sparando a zero. Dalle pagine del “Times”, disse che il Cavallino prendeva più soldi degli altri ed in caso di vittoria del campionato costruttori incassava 60 milioni di Euro in più rispetto al resto della compagnia. Un trattamento di favore che partì dal 2003, quando la Ferrari ruppe il fronte dei team ribelli che paventavano la creazione di una serie alternativa. “Abbiamo comprato la loro lealtà – disse Bernie – così non sarebbero passati con gli altri.” Parole forti, che però non vennero mai smentite. I toni si ammorbidirono poco tempo dopo e nel gennaio successivo venne siglata la tregua con il cosiddetto “patto dello strudel”. Nel corso del consueto raduno Ferrari sulle nevi di Madonna Campiglio, Bernie fece capolino accompagnato dalla figlia Tamara. Abbracci, strette di mano, foto di rito (Ecclestone posò sulla Ducati della MotoGP) e un pranzo tra i due team boss. Al termine del meeting, Montezemolo si disse ottimista riguardo un nuovo accordo che avrebbe regolato la spartizione dei proventi del Circus.
N come Nemico – Ovviamente nel corso della sua carriera, Ecclestone ha sostenuto parecchie battaglie. Tra le più memorabili c’è la guerra di potere, che l’ha visto fronteggiarsi contro Jean-Marie Balestre. Occorre tornare indietro nel tempo, per la precisione al 1974, quando venne fondata la Foca, ovvero la Formula One Constructors Association, che oltre ad Ecclestone (in qualità di proprietario della Brabham e promotore dell’iniziativa) annoverava i principali costruttori inglesi. Un’associazione che si pose come contropotere dell’allora Fisa, Federazione Internazionale dell’Automobile. Se inizialmente il contendere riguardò il sistema delle ammissioni e dei premi, più tardi si estese alla gestione dei diritti televisivi. In quegli anni il Circus stava crescendo notevolmente, sia sotto l’aspetto economico (grazie all’arrivo degli sponsor legati al tabacco), che sotto il profilo mediatico. Insomma il giro d’affari diventava sempre più munifico. Nel 1978, il braccio di ferro sfociò in una vero e proprio conflitto, complice l’elezione a presidente della Fisa di Balestre, che fin dai primi passi dimostrò il suo carattere dispotico; famose le sue urlate col dito puntato. Per nulla intimorito, Ecclestone portò avanti la battaglia, spalleggiato da un giovane e distinto avvocato londinese, Max Rufus Mosley; ex socio e patron della March, figlio di quell’Oswald Mosley, fondatore dell’Unione Britannica dei Fascisti e futuro presidente della FIA (a partire dal 1993). Dopo picche e ripicche, annullamenti di gare e minacce di scissioni, si arrivò alla firma del famoso Patto della Concordia, avvenuta il 19 gennaio del 1981, nella vecchia sede della Ferrari a Modena, alla presenza di Enzo Ferrari. L’accordo prevedeva che la Fia avrebbe mantenuto il potere sportivo, mentre la Foca si sarebbe occupata della negoziazione con gli organizzatori dei vari G.P. e della commercializzazione dei diritti televisivi. Balestre potè solo ratificare la vittoria del Supremo, che da quel momento avrebbe potuto mettere le mani sugli introiti veri del Circus. Per Ecclestone fu l’inizio della grande scalata, perché nel 1987 quando il Patto giunse alla sua scadenza, venne nominato vicepresidente della FIA, con delega agli affari promozionali.
P come Pilota – La passione per i motori animò Ecclestone sin da giovane. Ma se il motorsport gli ha garantito tanti successi a bordo pista, non si può dire la stessa cosa della sua attività di pilota. Sul finire degli anni ‘40, “Mister E” si cimentò nelle gare motociclistiche, contemporaneamente agli inizi della sua attività commerciale nel settore delle due ruote. La sua prima gara ebbe luogo a Brands Hatch, nel giorno del Venerdì Santo. Purtroppo a seguito di un brutto incidente, venne ricoverato con commozione cerebrale. Ripresosi il giorno seguente, tornò al circuito e prese il parte alla gara della domenica. Seguirono altre competizioni, fino a quando Bernie decise di dedicarsi soltanto alla compravendita, ottenendo guadagni notevoli al punto di aprire un salone con tanto di insegna Compton & Ecclestone. Ma con il crescente sviluppo del mercato dell’auto, Bernie iniziò ad avvicinarsi alle corse su quattro ruote. Nel 1951, corse a una gara di F.3 a Silverstone al volante di una Cooper; si trattava di un evento di contorno del Gran Premio di Gran Bretagna che avrebbe salutato il successo di Froilan Gonzalez, il primo trionfo della Ferrari in F.1. Le competizioni automobilistiche regalarono ad Ecclestone anche delle soddisfazioni, ma pure notevoli botti. Così fino al 1953, quando disputò la sua ultima corsa sul circuito di Crystal Palace, in cui giunse quinto davanti a Stirling Moss. Secondo il diretto interessato, la decisione di appendere il volante al chiodo era dovuta alle cifre molto basse ricavate dall’attività in pista; si dice 100 sterline l’anno. A detta di altri, l’impegno agonistico sottraeva sempre più tempo al lavoro e non ultimo c’erano “quelle curve che non riusciva a vedere”. Già perché dall’età di due anni, Bernie era affetto da un’atrofia congenita, ovvero un problema allo sviluppo della membrana sulla retina, che lo rendeva quasi cieco dall’occhio destro. Dovette infatti portare gli occhiali sin da piccolo. Una patologia che però non condizionò in alcun modo la sua vita, al punto che in occasione del G.P. di Monaco del 1958, ritornò in pista ed alla guida di una monoposto di F.1. Cercò infatti di qualificare per il G.P. una delle Connaught che aveva acquistato l’anno prima, quando aveva iniziato a gestire il pilota Stuart-Lewis Evans. La decisione di salire in vettura, maturò nel vedere che i suoi due piloti Bruce Kessler e Paul Emery si trovavano in grosse difficoltà sulle stradine del Principato. Anche Bernie però rimase escluso dalla griglia.
Q come Q.P.R. – Nonostante la sua attrazione per pistoni e carburatori, il patron del Circus rilevò nel 2007 la squadra londinese del Queens Park Rangers. In quell’occasione, Ecclestone ebbe modo di accomunare il volante al pallone:” La F.1 è come il calcio. Funziona in ogni parte del mondo, a differenza della Cart, che è come il football americano.” Il business venne realizzato insieme a Flavio Briatore, allora team principal della Renault, affiancati successivamente dal magnate indiano Lakshmi Mittal. L’epopea targata Ecclestone-Briatore durò circa un triennio. Nel 2011 Mittal cercò di rilevare l’intero pacchetto azionario, ma dovette arrendersi di fronte alla richiesta di 100 milioni di sterline avanzata da Ecclestone. Fu poi Tony Fernandes, proprietario della Caterham ad acquistare le quote di Bernie & Flavio. Era l’agosto dello stesso anno.
S come Security – Fin da ragazzo, Ecclestone si circondò sempre di coetanei fisicamente più grandi e forti di lui. La sua bassa statura (a scuola era soprannominato “il nanerottolo”) lo rendeva particolarmente vulnerabile nei confronti di compagni più prepotenti, soprattutto quando raccoglieva i soldi dalle vendite dei dolcetti. Un’abitudine che emerse anche anni dopo. Era il 1956, quando Ecclestone allargò il suo commercio alle automobili, acquistando l’Hill’s Garage, una concessionaria Mercedes. Ebbene a fianco del suo braccio destro Les Underwood, circolavano gli uomini di tale Jake “Spot” Comer, uno dei più potenti boss della malavita dell’East End londinese a cavallo tra gli anni ’30 e ’50 e facente parte degli Yiddisher, una gang che nel 1936 si scontrò contro i membri del partito fascista britannico di Sir Oswald Mosley, nella battaglia di Cable Street.
R come Riconoscenza – Duro, spietato e cinico negli affari, Ecclestone s’è dimostrato altrettanto corretto e riconoscente verso i suoi più stretti collaboratori. Ne sanno qualcosa, in primo luogo, Charlie Whiting e Mike “Herbie” Blash, rispettivamente capo meccanico e factotum ai tempi della Brabham e attuali boss della Direzione Gara nei GP di F.1. Ma non vanno dimenticati Eddie Baker, che da apprendista meccanico alla Brabham, divenne il responsabile della “cittadella della TV” quando nacque la televisione digitale del Circus. Oppure Alan Fuller e Penny Whitaker, meccanico e segretaria in Brabham, che guarda caso ricoprirono il ruolo di delegato tecnico e responsabile dei rapporti con la Federazione nella Formula 3000 Internazionale. Una gratitudine manifestata anche nell’ambito familiare. Pensando al padre, di professione ex-pescatore e amante di amo e mulinello, Bernie acquistò un grande parco con tanto di lago al suo interno, che veniva puntualmente rifornito di carpe, prede della lenza di papà. Riguardo alla madre invece ci fu un episodio che vide il giovane Ecclestone protagonista insieme alla sorella Marian (più giovane di lui). Un pomeriggio d’autunno andarono insieme a raccogliere more e per essere sicuro di tornare a casa ad una certa ora, Bernie portò con se l’orologio della mamma, che però perse accidentalmente. Se inizialmente non potè porre rimedio, si sdebitò una volta che gli affari andarono a gonfie vele, ricoprendo la signora Bertha di innumerevoli regali.
K come Kidnapping – Era il 22 luglio 2015, quando dai media brasiliani rimbalzava la notizia del rapimento di Aparecida Schunck di anni 67, madre della terza moglie di Mister E. I malviventi dopo aver prelevato la suocera di Ecclestone, dalla sua casa di San Paolo, poco lontano dal circuito, chiedevano per il rilascio 120 milioni di reais, pari ad oltre 33 milioni di Euro. Una cifra record da pagarsi in sterline, altrimenti avrebbero recapitato la testa della donna in una borsa. Fortunatamente dopo nove giorni, l’ostaggio veniva liberato, pare senza il pagamento di alcun riscatto, grazie all’intervento della polizia brasiliana. Le forze dell’ordine riuscirono anche a catturare i malviventi, compreso l’ideatore del sequestro: Jorge Eurico da Silva Fari, un pilota di elicottero di una compagnia che aveva prestato servizio per la famiglia della consorte di Ecclestone. Dunque, tutto è bene quel che finisce bene con Bernie che a conclusione della vicenda rivelò al Sunday Times:”Non ho mai avuto intenzione di pagare.” Ma il cognome Ecclestone comparirà nuovamente negli articoli di cronaca quattro anni più tardi. Nel ruolo di vittima però non c’è Bernie, bensì la figlia Tamara. La sera del 13 dicembre del 2019, venne infatti svaligiata la lussuosa villa dell’ereditiera, situata a Londra nella famosa “Billionaire Row”, la via dei miliardari, di fronte a Kensington Palace (residenza della famiglia del Principe William). Un immobile di cinque piani e 57 stanze, valutato intorno ai 70 milioni di Sterline. I malviventi agirono indisturbati approfittando dell’assenza dei proprietari, recartisi in Lapponia per le vacanze di Natale e si portarono un bottino per circa 50 milioni di Euro, tra denaro, orologi e preziosi. Una vicenda che ha avuto il suo epilogo di recente con la cattura della cosiddetta “banda d’oro”, formata principalmente da malviventi di etnia rom. Le indagini di Scotland Yard in collaborazione con la Polizia italiana, hanno infatti portato all’arresto del regista del furto, che si trovava a Santa Marinella nei pressi di Roma, mentre altri complici sono stati fermati tra Milano e Varese.
T come Treno – Sarà anche una leggenda metropolitana, ma di sicuro ha aggiunto un ulteriore mistero e fascino alla vita di Ecclestone. La notte dell’8 agosto 1963, il treno postale Glasgow-Londra venne assaltato da 12 rapinatori, che si appropriarono del carico di banconote destinate a finire fuori corso. Un bottino di circa due milioni e mezzo di sterline, che la banda provvide a spartirsi in una fattoria isolata nella campagna inglese. Ebbene, secondo voci mai confermate, pare che tra i “beneficiari” di quella somma ci fosse anche Ecclestone, che potè così entrare in F.1 con una solida base economica. In merito alla Grande Rapina, Bernie si espresse sempre una certa ironia:” …una cosa del genere, io l’avrei organizzata meglio.”, oppure:”…non c’erano soldi a sufficienza su quel treno.” Ma lo stesso Ecclestone fornì anche una spiegazione plausibile per giustificare la presenza del proprio nome in quella vicenda. Racconta infatti che Roy James, colui che guidava il furgone utilizzato dai banditi per la fuga, era un pilota amico di Graham Hill e una volta uscito dal carcere gli chiese un volante alla Brabham. Non avendo però grandi doti tecniche, Ecclestone preferì utilizzarlo per la produzione di trofei da distribuire agli organizzatori dei GP, dal momento che James era molto più abile a lavorare i metalli preziosi.
U come Ungheria – Il G.P. di Ungheria, fu il primo appuntamento automobilistico iridato a varcare i confini dell’ex cortina di ferro. Era il 1986 quando le monoposto scesero in pista sul circuito dell’Hungaroring nei pressi di Budapest, richiamando un grosso interesse per l’evento, al punto che gli organizzatori decisero di dedicare a Ecclestone in segno di riconoscenza, la bretella di uscita dall’autostrada verso l’autodromo, chiamandola “Bernie’s Avenue”. Qualche anno più tardi, il capo del Circus fu insignito di una delle più alte decorazioni ungheresi. Nel 2003, fu inaugurata all’interno dell’Hungaroring la Hall of Fame e tra i busti in bronzo dei vincitori e dei principali managers, spiccava anche quello di Bernie. L’anno successivo, ecco un nuovo omaggio; all’interno della torre nel paddock, venne allestito un appartamento ad uso del “Supremo”, con ingresso privato. E per finire, nel 2010 arrivò pure un francobollo, con tanto di effigie di Ecclestone, per celebrare il 25° anniversario della corsa magiara.
V come Ventola – La memoria corre al 17 giugno 1978, quando ad Anderstorp si corse il G.P di Svezia. Una gara che passò alla storia non tanto per la vittoria di Niki Lauda, bensì per la prestazione mostrata dalla sua monoposto: la Brabham-Alfa Romeo. In una stagione dominata dalle Lotus 79, che sfruttavano al massimo l’effetto suolo prodotto dalle minigonne, stupì il trionfo del team di Ecclestone, le cui vetture scesero in pista dotate di una vistosa ventola posizionata nella parte posteriore. Un’invenzione di Gordon Murray, che prendendo spunto dallo sport prototipo Chaparral 2J, separò il fondo del retrotreno della BT46/2 ed usò un ventilatore azionato dal motore per incollare la macchina al suolo. Un’alternativa alle minigonne che suscitò non poche polemiche sin da subito. Infatti la regola che vietava l’utilizzo di alettoni mobili, veniva raggirata nel momento in cui i tecnici della Brabham affermavano che l’effetto suolo prodotto non era intenzionale, in quanto la principale funzione della ventola era quella di raffreddare il motore. Emerse però il pericolo dei detriti sollevati e sparati all’indietro; un problema non indifferente per i concorrenti che si sarebbero trovati in traiettoria. Da qui la contestazione ed il successivo abbandono del progetto. Una rinuncia accettata, stranamente senza troppe resistenze da Ecclestone. Tempo dopo Enzo Ferrari, in un’incontro con la stampa, rivelò che il patron della Brabham sacrificò il ventilatore in cambio della presidenza della Foca.
Illustrazione © Carlo Baffi – immagini © Massimo Campi