Johnny Herbert taglia vittoriosamente il traguardo siglando il suo secondo successo stagionale 1995 – di Carlo Baffi
Con la drammatica scomparsa di Senna avvenuta il 1 maggio del 1994 ad Imola, la Formula Uno aveva perso una figura di riferimento. Prost s’era ormai ritirato e nel frattempo era salito alla ribalta con grande autorità e parecchia grinta un giovane pilota tedesco, Michael Schumacher, classe 1969. Aveva debuttato nel ‘91 sulla Jordan a Spa impressionando molto gli addetti ai lavori e dal Gran Premio successivo, a Monza, era già stato ingaggiato dalla Benetton. Con la monoposto anglo-italiana diretta dal vulcanico Flavio Briatore, Schumacher aveva subito dimostrato di che pasta era fatto entrando in rotta di collisione con Senna. Il tre volte iridato aveva fiutato il grande talento del rivale, ma non sopportava la sua condotta di guida molto spregiudicata. Il destino volle che il brasiliano si schiantò nel corso dei primi giri del Gran Premio di San Marino, sotto gli occhi di Schumacher che lo tallonava in seconda posizione. Fu una sorta di tragico passaggio di consegne, con il teutonico che proprio in quella stagione si aggiudicò il suo primo mondiale ai danni di Damon Hill (figlio del grande Graham), compagno di Senna alla Williams. Sull’epilogo di quel mondiale non mancarono le ombre, complice una collisione tra i due drivers. Sta di fatto che Schumi, beneficiando di una monoposto molto competitiva, si trovò ad avere quasi campo libero e anche nella stagione ’95 si candidava a bissare il titolo. La lotta era ancora tra Benetton e Williams, tra Schumacher ed Hill. Ma a tenere banco nel paddock monzese era il mercato piloti. Poche settimane prima infatti, l’avvocato Gianni Agnelli aveva anticipato ai media che dal 1996, Schumacher sarebbe stato un pilota del Cavallino. Una notizia bomba che aveva scosso il motorsport e non solo, anche per le cifre dell’ingaggio: 80 miliardi di lire per due anni. Una manovra che aveva innescato un effetto domino, con Alesi e Berger pronti a fare le valigie per passare dalla Ferrari alla Benetton. Dunque Schumi sempre più protagonista e forse non più visto come un “nemico” dai ferraristi pronti a gremire l’Autodromo brianzolo. Michael si presentava a Monza, reduce dal successo ottenuto in Belgio proprio davanti a Damon e la classifica lo vedeva in testa con 66 punti, contro i 51 del britannico. La situazione era leggermente più equilibrata tra costruttori, con il team di Briatore davanti a quello di Sir Frank Williams per dieci lunghezze. In effetti la FW17 progettata dal duo Head-Newey era competitiva e teneva testa alla B195, realizzata da Byrne e Brawn. Entrambe erano spinte dal V10 Renault e a fare la differenza era il pilota: Schumacher per l’appunto. A Monza però le qualifiche videro primeggiare la Williams dello scozzese David Coulthard alla sua seconda stagione in F.1, quarto nella classifica piloti e di cui correva voce circa un suo futuro in rosso. In molti lo accreditavano come prossimo compagno di “Schumi”, che a Monza gli sarebbe partito di fianco col secondo tempo. La prima delle Ferrari era quella di Berger, terzo, poi Hill e Alesi. Una gara che vedeva il campione del mondo in carica favorito, ma che al tempo stesso poteva riservare qualche incognita. E guarda caso le sorprese iniziarono ancora prima del via. Durante il giro di ricognizione, il poleman uscì di pista alla Variante Ascari: per lui i giochi s’erano chiusi ancora prima di iniziare. Schumcher si schierò da solo in prima fila e prese subito il comando resistendo all’assalto di Berger e Alesi. Quarto era Herbert autore di un ottimo scatto dall’ottava posizione. Nemmeno il tempo di completare la prima tornata che sempre all’Ascari si innescò una carambola con cinque piloti coinvolti e che costrinse la direzione gara ad interrompere la corsa. Dunque tutto da rifare, per la felicità di Coulthard, pronto a salire sul muletto e schierarsi per il secondo via. Lo scozzese questa volta non commise alcun errore e andò in testa con Berger in scia che precedeva Schumacher, Hill ed Alesi. La sorte pareva strizzare l’occhio a Coulthard a caccia del suo primo successo, ma al 12° giro crollavano i suoi sogni di vittoria. Il grippaggio di un cuscinetto di una ruota anteriore lo costringeva al ritiro. Per la gioia degli ottantamila presenti la 412T2 numero 28 di Berger sfrecciava al comando con un discreto margine sugli inseguitori. I colpi di scena erano però destinati a proseguire. Alla 23^ tornata, Schumacher ed Hill si accingevano a doppiare la Footwork di Taki Inoue alla Roggia. Se il tedesco passava il giapponese, l’inglese s’infilava forse troppo velocemente per non perdere terreno, arrivando lungo e tamponando la Benetton del rivale. Morale: i due rivali per l’iride finivano il Gran Premio nella via di fuga. Una manovra che inasprì gli animi già tesi, vuoi per alcuni precedenti: Adelaide ’94, Silverstone e Spa ’95. Appena fuori dalla sua Benetton, Schumacher si diresse verso Hill rifilandogli una manata di stizza sul casco (qualcuno parlò addirittura di un pugno). I commissari furono lesti ad interrompere un possibile match, ma le polemiche proseguirono ai box. La corsa intanto andava avanti: era il momento dei rifornimenti. Berger, sempre leader, rientrava per primo, ma un problema alla frizione prima ed il rallentamento per la presenza di due doppiati poi permetteva ad Alesi di superarlo. Il transalpino aveva beneficiato di una sosta rapida e senza intoppi. La vista di due Ferrari al comando veniva accolta da un boato. Per i fans del Cavallino si materializzava la speranza di assistere ad una clamorosa doppietta, impensabile alla vigilia. Passavano dieci giri dall’eliminazione di Schumacher ed Hill, che la sorte iniziava a prendere di mira le rosse. Berger seguiva Alesi senza tirare, quando giunto alla Roggia veniva colpito da un oggetto staccatosi dalla vettura del francese, che piombato sulla sospensione anteriore sinistra, distruggeva il tirante della convergenza, ponendo fine alla corsa dell’austriaco. Si scoprirà in seguito che si trattava della telecamera montata sulla paratia laterale dell’alettone posteriore, che durante la sosta era stata urtata dalla gomma maneggiata da un meccanico. Un oggetto di circa un chilo, che se invece della sospensione avesse colpito Berger, quel singolare incidente si sarebbe trasformato in dramma. Sfumata la doppietta, le speranze rosse si concentravano tutte su Alesi (ignaro di quanto accaduto al compagno), il cui vantaggio su Herbert era di oltre 8 secondi. Informato dai box l’inglese iniziò a spingere, ma a nove tornate dal termine doveva recuperare 7” e 4; un po’ troppi.
Il Gran Premio si avviava così al termine offrendo un finale particolare, con un duello tra due piloti licenziati dai loro team. Alesi stringeva i denti, ci teneva tantissimo a congedarsi dalla Ferrari regalandole una vittoria ed in particolar modo sulla pista di casa. Ma anche Jean non aveva fatto ancora i conti con il destino. Dopo “tredici” giri dal ritiro di Berger, del fumo bianco iniziò ad uscire dal retrotreno della rossa numero 27 che prese la via dei box nel tentativo di riparare l’accaduto. Purtroppo era il preludio al ritiro definitivo. Causa del ko, la fuoriuscita di lubrificante dal cuscinetto della ruota posteriore destra nel punto in cui il semiasse si collega al portamozzo, con conseguente grippaggio e principio d’incendio. Uscito dalla vettura, Alesi sfogava la tensione con qualche lacrima. Una Monza stregata per lui: come l’anno prima, quando dopo 14 giri in testa, si fermò per il pit-stop ed il cambio lo tradì. Insomma, fantasmi che ritornano. Era questo l’ultimo colpo di scena della giornata molto amara per il Cavallino. Tutto diverso invece per il 31enne Johnny Herbert che tagliava vittoriosamente il traguardo siglando il suo secondo successo stagionale, dopo quello nel Gran Premio di Gran Bretagna. Un trionfo beneficiato sicuramente da una buona dose di fortuna, ma il motorsport è fatto anche di questo. Pare infatti che prima della gara, l’inglese avesse confidato di portare le stesse mutande indossate qualche mese prima a Silverstone; quando si dice il potere della scaramanzia. In effetti il Gran Premio s’era trasformato in una roulette sin dalle prime battute ed alla fine era uscito il numero 2, proprio quello di Herbert. A completare un podio decisamente insolito, salivano il finnico Mika Hakkinen (McLaren-Mercedes) ed il tedesco Heinz-Harald Frentzen (Sauber-Ford). Il mondiale sarebbe proseguito con altri cinque round ed avrebbe incoronato Schumacher per la seconda volta, prima dell’inizio della sua nuova avventura in Ferrari. A proposito…e Coulthard alla Ferrari nel ‘96? Non se ne fece nulla e a Maranello approdò l’irlandese Eddie Irvine.