Manifestazioni

Published on Novembre 20th, 2017 | by Massimo Campi

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Ferrari 70, settanta vetture che hanno fatto la storia.

Ferrari e Book City, un binomio tra carta stampata e vetture del cavallino.

Book City Milano è stata l’occasione per presentare il volume scritto da Leonardo Acerbi in un incontro con alcune firme di eccellenza del giornalismo sportivo italiano e della storia della fabbrica di Maranello che hanno dato il loro racconto sul rapporto con il Drake.

Enzo Ferrari aveva un credo con i giornalisti e con le persone in generale: “valevano in base al ruolo che sostenevano”. Quando divenni direttore di Autosprint mi dette tutti i suoi numeri di telefono – esordisce Gianni Cancellieri – lo potevo chiamare anche in piena notte che lui avrebbe risposto, ma in cambio voleva che la stampa rispondesse subito a certe sue esigenze. Usava la stampa per fare sapere di volta in volta agli inglesi, piuttosto che alla Fiat, certe sue idee e le sue esigenze sportive. Diffondeva notizie, illazioni, per indirizzare politicamente il potere sportivo. Quando non coprivi più il ruolo si dimenticava quasi di te, per poi ritornare subito in auge quando ricoprivi il ruolo di responsabile per un’altra testata. Era un grande manipolatore, guai andargli contro, io stesso ebbi la carriera a volte segnata per diverbi con lui e conseguenti allontanamenti dall’editore per cui lavoravo. Un grosso incidente diplomatico venne creato quando rivelammo il sistema di iniezione ad acqua per i motori turbocompressi. Era un sistema messo a punto in gran segreto, nel 1982, in collaborazione con il centro ricerche dell’Agip. La scoperta fu totalmente casuale, quando un giovane ingegnere ci segnalò che aveva fatto la sua tesi di laurea proprio su quella tecnologia ed era venuto in contatto con i tecnici della casa petrolifera che stavano sperimentando il sistema con la Ferrari. Dopo vari controlli e la sicurezza dell’informazione rivelammo il tutto sulle pagine del settimanale senza ovviamente citare le fonti della notizia. Successe un putiferio, Enzo Ferrari denunciò tutti e fece inviare i carabinieri all’Agip per scoprire se c’era una spia che aveva rivelato la soluzione tecnica. Un mese dopo fecero una conferenza stampa al Centro Ricerche della casa petrolifera per diffondere ufficialmente la notizia e placare l’atmosfera che era diventata esplosiva.

1_BookCity2017_MC_600x_5007Enzo Ferrari era un uomo esagerato, era tutto ed il contrario di tutto, a volte prendeva decisioni improvvise dettate da scelte spesso non immediatamente comprensibili – sono le parole di Pino Allievi ex responsabile motori della Gazzetta dello Sport – a volte quelle scelte si rivelavano vincenti, come la scommessa su Gilles Villeneuve, ma prese anche decisioni che costarono innegabili risultati come quella di lasciare andare via Lauda o di cambiare improvvisamente fornitore delle turbine, passando dalle KKK alle Garret, negando così la conquista del titolo mondiale a Michele Alboreto.

Enzo Ferrari usava la stampa e determinate immagini per lanciare messaggi; la Fiat era proprietaria della fabbrica, poteva avere qualsiasi tipo di vettura torinese come rappresentanza, ma si faceva ritrarre a bordo di una Peugeot ed ultimamente con la Renault. Destò molto imbarazzo a Torino quando volle fare l’introduzione sul comunicato stampa di una nuova piccola sportiva del marchio del Leone, ma era tutto calcolato, per mandare messaggi ai manager torinesi che comandavano a Maranello!.

Ferrari era un uomo solo, ma a suo modo di animo buono, soprattutto con i suoi collaboratori, con gli operai. Luca Dal Monte, autore del libro Ferrari Rex, traccia un profilo leggermente diverso del Drake di Maranello sempre accusato di essere cinico verso il prossimo – Ferrari badava soprattutto alla sua fabbrica, al suo lavoro. Durante il periodo fascista accoglieva gerarchi ed anche il duce, ma durante la guerra, mentre lavorava per le forniture belliche, prestava la sua vettura ed il lasciapassare ai partigiani per portare il cibo alle brigate sui monti di notte. Si scoprì anche che aveva protetto e nascosto delle famiglie di ebrei, tanto che ricevette anche una medaglia d’oro alla resistenza dopo la guerra e non fece mai pubblicità del suo operato. Gli scioperi dei metalmeccanici stavano bloccando l’Italia e la produzione di macchine per il rinnovo dei contratti. Convocò i sindacati, capì che l’aumento salariale richiesto con il contratto nazionale era equivalente al costo di un litro di latte al giorno. Istantaneamente, scavalcando tutti gli accordi politici e sindacali, deliberò l’aumento per gli operai della Ferrari che ripresero subito il lavoro, tanto che i sindacati provarono a mandare gli operai della Maserati per bloccare l’ingresso della Ferrari, ma subito vennero cacciati via dalle maestranze di Maranello.

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Ferrari aveva due famiglie, una ufficiale, la moglie che causava solo problemi ed il figlio Dino presto scomparso, poi aveva l’altra, rimasta segreta per anni, con cui avere un rapporto diverso. Era comunque un uomo solo che cercava l’affermazione e si contornava di collaboratori che dovevano sacrificarsi alla causa della Ferrari. Si contornava anche di amanti o presunte tali, con rapporti a volte epistolari, le cui lettere, uscite di nascosto dagli archivi segreti, stanno facendo la fortuna di collezionisti.

Le donne a volte lo dominavano – ribadisce Pino Allievi – con la moglie non c’erano rapporti e la madre, la signora Adalgisa, si poteva permettere di entrare nel suo ufficio e sbraitare contro di lui in presenza dei collaboratori più stretti, magari con fuori, in sala d’aspetto, qualche personaggio potente che attendeva il turno per essere ricevuto. Dopo avere litigato magari usciva sbraitando in corridoio la famosa frase “avevo due figli, quello bravo è morto, mi è rimasto solo questo!”

Il rapporto con i piloti e con i collaboratori era altalenante, inizialmente di grande amore, poi quando diventavano famosi risultavano ingombranti. Luca Montezemolo arrivò giovane in Ferrari, contribuì alla conquista del primo titolo mondiale di Lauda, dopo molti anni che la Ferrari non vinceva. La figura del Direttore Sportivo, dinamico giovane ed entusiasta divenne presto ingombrante e Ferrari lo scaricò, una mossa che mise poi in crisi il rapporto con Lauda e la conquista di altri titoli mondiali. Ricordo la riconciliazione tra Lauda ed Enzo Ferrari dopo anni – racconta Allievi – eravamo ad Imola, durante una sessione di test, Lauda era ritornato in F.1 con la McLaren e Ferrari assisteva alle prove in un angolo dei box. Durante una pausa Nicky Lauda, molto titubante, entrò nel box, i due si guardarono, Ferrari si alzò ed abbracciò l’austrico decretando la famosa frase “se fossimo rimasti assieme avresti vinto più mondiali di Fangio!”. Ad Enzo Ferrari non piaceva Ayrton Senna, era un pilota troppo freddo ed un uomo che badava più al calcolo che al cuore – sono sempre le parole di Pino Allievi – il brasiliano venne in gran segreto a Maranello, arrivò con una serie di richieste economiche e tecniche, firmò un precontratto, come lo firmò con la Lotus e con Ron Dennis, ed infine scelse di andarsene da un’altra parte, in Inghilterra. A Ferrari piacevano i piloti di cuore, i cavalieri del rischio, meglio se poco calcolatori, come Stirling Moss, Nicky Lauda, che agli esordi fece diverse corse con la March e con la BRM di tutto attacco, divenne poi un freddo calcolatore in Ferrari. Infine Gilles Villeneuve che quando si presentò a Maranello, con i Jeans e la tuta logora disse ad Enzo Ferrari “per correre con Lei darei anche la vita!” istantaneamente gli fece firmare il contratto.

Quando il 12 cilindri a V della 125 S emise il primo ruggito all’interno della neonata fabbrica di Maranello nella primavera del 1947, forse neppure Enzo Ferrari credeva di trovarsi all’inizio di un’epopea tanto lunga e gloriosa come quella delle vetture del Cavallino – così Leonardo Acerbi, autore di Ferrari 70, descrive la sua opera – Questo volume rende omaggio ai primi settant’anni di vita del Marchio divenuto uno dei simboli dell’Italia nel mondo, ripercorrendo l’intera storia attraverso 70 fra i modelli più iconici. Le varie 166, 250, 275, 330 e 365 degli anni Cinquanta e Sessanta, così come le successive 308, 512 o F40, sono i capisaldi di questo affascinante cammino tecnico, umano e sportivo. Il libro, corredato da centinaia di immagini a colori e in bianco e nero – molte delle quali inedite – si rivolge sia al conoscitore più raffinato sia, soprattutto, a chi vuole avvicinarsi per la prima volta a questa affascinante storia. La Ferrari, oltre che per le prestazioni dei suoi motori, è sempre stata una icona di stile, il simbolo della velocità. Tra la fabbrica di Maranello ed i carrozzieri c’è sempre stata una collaborazione che ha consentito vetture uniche nel suo genere. Touring, Scaglietti, Ghia, Zagato hanno realizzato famosi vestiti, poi è arrivato Pininfarina, c’è stata subito grande intesa tra i due e sono nati modelli unici come la Daytona e la Testarossa. Tante le vetture di Maranello che hanno segnato stilisticamente la loro epoca, vorrei ricordare la serie 250, tra cui la SWB, con quella linea semplice ma elegante. Poi la Daytona, disegnata da Fioravanti, con i fari dietro la calandra di plexiglass, il muso lunghissimo e slanciato. Infine la serie 308 e le sue derivate, una icona tra le granturismo a motore centrale con il marchio del cavallino rampante.

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Per sottolineare lo stile Ferrari, nel cortile del palazzo che ospita l’Archivio di Stato a Milano, sono state esposte alcune delle icone Ferrari, radunate dai soci del Club Milanese CMAE. Dalla 212 Export alle recenti produzioni, passando per modelli simbolo come la bellissima Daytona, le 308 e 208, e la Testarossa prototipo della Zagato hanno voluto sottolineare il legame tra Maranello ed i design sportivo.

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FERRARI 70 – Settanta vetture che hanno fatto la storia – di Leonardo Acerbi

Editore: Giorgio Nada Editore

 

 

 

 

 

 

 

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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