Storia

Published on Gennaio 21st, 2016 | by Massimo Campi

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L’evoluzione delle vetture in Formula Tre

La formula cadetta è sempre stata la categoria professionale per eccellenza, ripercorriamo brevemente l’evoluzione delle monoposto vincenti

Brabham, Tecno, March, Ralt, ed infine Dallara. Una serie di costruttori che hanno fatto la storia della Formula Tre, vincendo campionati, lanciando campioni in Formula Uno. La terza formula è sempre stata una categoria altamente professionale, che formava piloti e tecnici al vero professionismo. Nata a metà degli anni ’60, ha visto una costante evoluzione delle monoposto, dai telai in traliccio di tubi fino alle scocche in carbonio, passando per le monoscocche scatolate in alluminio. Anche l’aerodinamica ha subito le evoluzioni e le mode del tempo, passando da vetture completamente prive di appendici, ai primi alettoni, per poi evolversi nelle wing car ed infine con le attuali monoposto che sono delle piccole formula uno in miniatura con tutte le sofisticazioni aerodinamiche e lo sviluppo in galleria del vento. Oltre alle vetture c’è stata una costante evoluzione nei propulsori, anche se i regolamenti hanno sempre limitato le prestazioni per motivi di sicurezza.

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Massimo Pollini è stato uno dei tecnici di riferimento nelle monoposto di Formula Tre. Tra le sue innumerevoli attività nel motorsport c’è anche il restauro delle monoposto di Formula Tre ed è uno dei più accreditati tecnici per illustrare l’evoluzione delle vetture vincenti.

La Formula Tre nasce dalla F.Junior nel 1964

La Formula Tre nasce dalla F.Junior nel 1964, sfruttando le stesse vetture e gli stessi motori ridotti da 1.100 cc ad un litro di cilindrata. I telai sono generalmente in tubi di acciaio, ma la fantasia dei costruttori si spinge in diverse direzioni fino ad alcune realizzazioni anche sfruttando strutture miste in legno. Brabham e Lotus che dominano le gare sono vetture derivate dalla F.Junior, telai in tubi che ricalcavano le monoposto di F.1 di quell’epoca. Si correva praticamente tutte le domeniche, su circuiti di qualsiasi tipo spesso tracciati stradali improvvisati tra le strade di qualche cittadina. C’erano premi gara sostanziosi ed i piloti in genere erano anche meccanici della propria vettura che trasportavano su un carrello in giro per mezza Italia e mezza Europa. C’era chi riusciva a disputare una trentina di gare l’anno ed era un vero circo itinerante che si spostava da circuito in circuito. Le vetture erano simili alla F.1 che aveva motori di 1,5 litri, quindi poco più potenti delle Formula Tre. Le vetture erano tecnicamente molto semplici, bastava qualche conoscenza di assetto per fare la messa a punto, il pieno di benzina e via nella corrida della gara dove era il piede del pilota, il coraggio e magari l’incoscienza a fare la differenza.

“La semplicità delle monoposto consentiva una semplice revisione anche in pista, magari dietro ai box nell’erba di qualche prato. Non c’era nessun dispositivo aerodinamico quindi la tenuta di strada era effettuata dalle gomme e dalla geometria delle sospensioni. Le gomme erano scolpite e di sezione ridotta adatte ad una potenza modesta, di circa 100-110 cv anche se il peso era minimo. La messa a punto era effettuata direttamente dal pilota-meccanico e si basava molto sulla sensazione provata alla guida: una volta capito come sistemare gli angoli di camber delle ruote si agiva sulla durezza delle sospensioni indurendo o smollando le molle degli ammortizzatori.”

Brabham, Lotus e Lola erano vetture concepite con uno scopo prettamente commerciale, semplici ed alla portata di tutti, sia come pilotaggio che come gestione tecnica. Jack Brabham e Colin Chapman con la vendita delle piccole Formula Tre riuscivano a finanziare l’attività della F.1 e riversavano sulle monoposto cadette parte della loro tecnologia e filosofia costruttiva che impiegavano nella massima formula.

“La Brabham, progettata da Ron Tauranac che era un tecnico estremamente pratico, era la vettura più semplice, con una grande accessibilità meccanica, ottima per chi se la gestiva in proprio con una semplice cassetta degli attrezzi. La Lotus era più raffinata e richiedeva una maggiore specializzazione nella gestione.”

Il fenomeno Tecno invade il mercato

La prima vera innovazione arriva con la Tecno. L’azienda bolognese costruiva kart, ed hanno portato la stessa filosofia costruttiva nella tecnica delle monoposto. La Tecno arriva in Formula Tre alla fine degli anni ’60 la monoposto è molto corta con delle carreggiate al limite del regolamento con un rapporto passo/carreggiata molto diverso e sbilanciato rispetto alle Brabham, Lotus e Lola che correvano nella serie. C’era tantissima incidenza sull’anteriore, privilegiando l’inserimento in curva della vettura che risultava molto nervosa e tecnica da guidare, con il posteriore che generalmente derapava in uscita. Una vettura ideale per le piste corte e quelle cittadine ma che andava anche forte sulle piste veloci.

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“Non tutti i piloti riuscivano ad andare forte con le Tecno, ma chi aveva piede e riusciva a sfruttare le doti della vettura possedeva un mezzo vincente. La Tecno ha vinto diversi campionati con piloti di indubbio valore, ma il migliore interprete della monoposto bolognese è stato sicuramente Ronnie Peterson che riusciva a dominare le gare con la sua guida sempre di traverso. L’anteriore era molto preciso, la inserivi facilmente in curva e poi la guidavi sempre di traverso, in scivolata, era redditizia per lo stile di guida di quell’epoca ed i piloti che venivano dal kart erano particolarmente a loro agio. Le gomme erano ancora intagliate ed avevano poco grip, quindi la guida in scivolata era molto redditizia, una guida ormai abbandonata con le gomme e gli assetti attuali. Oggi se metti di traverso una monoposto ti pianti e non esci più dalla curva, ma devi sapere sfruttare il carico aerodinamico e la scorrevolezza, in pratica più guidi pulito e più vai forte.”

Con l’avvento delle superfici alari cambia anche il modo di realizzare i telai

Tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 si ha un grande progresso nella Formula Tre con l’arrivo dell’aerodinamica e dei primi telai con la struttura in monoscocca di alluminio, tutta tecnologia importata dalla massima formula.

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Nel 1969 debutta la March, fondata a Bicester da  Max Mosley, Alan Rees, Graham Coaker e Robin Herd, nasce come factory commerciale di monoposto spaziando dalla Formula Tre alla F.1. La prima March, la 693, viene portata in pista da Ronnie Peterson, è una macchina ancora in tubi, ma forte dei successi dell’asso svedese la casa inglese invaderà ben presto il mercato della Formula Tre.

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Le prime monoscocche vengono realizzate a fine degli anni ’60 con la BWA, ma sarà la March a diffondere le prime monoscocche con la 713 del 1971 e le sue derivate nel corso dei primi anni ’70. La Lotus realizza una vettura nel 1972 che sembra una copia in piccolo della 72 di F.1, molto bella ma anche troppo sofisticata da gestire. March, Ralt Chevron e GRD sono le vetture più diffuse nella prima metà degli anni ’70 nella categoria cadetta.

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La GRD nasce dall’unione di ex meccanici Lotus che si sono messi in proprio per recuperare la fetta di mercato commerciale che aveva abbandonato la factory di Colin Chapman. Le macchine erano disegnate da Jo Marquart ed hanno avuto un buon successo tra il 1972 ed il 1974. Dopo la chiusura della GRD, Marquart ed alcuni meccanici hanno fondato la Modus che ha realizzato altre vetture di discreto successo nel 1975 e 1976 per poi rifondarsi nella Argo a fine anni ‘70. La Chevron nasce ad opera di Derek Bennet, uno specialista di aerodinamica ed esperto di meccanica. Le Chevron sono state le prime vetture con una impostazione ed uno studio aerodinamico nella realizzazione. Bennet è poi morto in incidente in deltaplano nel 1978 e la Chevron, senza il suo creatore è presto finita.

“Negli anni ’70 arrivano le appendici aerodinamiche quindi la massa a punto della vettura varia anche in funzione dell’efficienza delle superfici alari che modificano la tenuta di strada nelle curve veloci. La tenuta in curva non è più solo meccanica, il carico e la penetrazione aerodinamica viene ricercata con alettoni posteriori e spoiller o musoni avvolgenti all’anteriore. Ovviamente si sperimentava molto nella pratica, non c’erano ancora strumenti adatti e gallerie del vento per raccogliere dati e fare una analisi scientifica dell’efficienza delle vetture. Aumentando i carichi aumentavano le velocità di percorrenza in curva e servivano telai sempre più rigidi per aumentare le prestazioni. I primi telai monoscocca avevano una struttura semplice a vasca e la loro rigidità torsionale non era molto superiore ad un telaio in tubi della generazione precedente. Per i costruttori in grande serie, come la March, era molto più conveniente realizzare una struttura in pannelli di alluminio rispetto alla realizzazione di un telaio tubolare in acciaio. Con una corretta attrezzatura, composta da presse piegatrici, taglierine e trapani per le forature, in una giornata si riusciva a costruire una scocca completa, un guadagno netto rispetto alla realizzazione di un telaio in tubi dove bisognava tagliare, sagomare intestare e saldare ogni pezzo di tubo. La differenza stava nei numeri, se serviva fare una sola vettura conveniva farla con una struttura tubolare, ma se si doveva fare una produzione anche in piccola serie, ed allora il mercato delle monoposto era molto florido ed interessante, era sicuramente molto più conveniente realizzare il tutto in pannelli di alluminio.”

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Ron Tauranac, dopo avere venduto la Brabham a Ecclestone, ritorna con la Ralt

Un fenomeno particolare è rappresentato a metà anni ’70 dalla Ralt. Ron Tauranac, ex socio di Jack Brabham e rimasto unico proprietario della scuderia, vende il tutto a Bernie Ecclestone e si ritira con i soldi guadagnati. Ben presto capisce che la vita del ricco pensionato non gli si addice, collabora con Theodore “Teddy Yip” e realizza la Theodore di F.1, ma alla fine del 1974 incontra Larry Perkins, australiano, che corre in Formula Tre e chiede consiglio a Tauranac su come modificare la vettura per renderla più performante.

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“Tauranac analizza la vettura e sentenzia che è inutile fare delle modifiche, meglio rifare tutto. Perkins finanzia l’impresa ed in un piccolo capannone, con attrezzatura ridotta, nasce una scocca che Tauranac battezza Ralt Rt1 in nome della sua vecchia officina di preparazione prima di unirsi con Jack Brabham.”

Nel 1975 prende vita il primo Campionato Europeo di Formula Tre, composto da quattro gare e Perkins vince il titolo con la Ralt Rt1 del suo Team Cowangie, motorizzata con il quattro cilindri Ford preparato dalla Novamotor.  Fioccano le richieste a Tauranac ed il tecnico australiano rifonda una nuova factory che diventerà ben presto famosa nella Formula Tre. La Ralt Rt1 è una macchina semplice veloce e molto facile da mettere a punto, un mezzo che rispecchia la pragmatica filosofia costruttiva di Ron Tauranac e riesce subito ad imporsi in una categoria dove ci sono molte vetture valide e competitive: March, GRD, Chevron e Martini. Per capire la potenzialità delle vetture basta scorrere le classifiche e gli albi d’oro dei vari campionati: dal 1975 al 1980 c’è una grande alternanza di vetture al vertice a dimostrazione di una serie di realizzazioni tutte molto valide rese competitive e vincenti dalla gestione del team e dal piede del pilota che le conduce in gara.

“Ho ben presente l’istante in cui ho conosciuto Ron Tauranac: era una domenica pomeriggio del 1985 ed ero stato spedito in Inghilterra per aiutare il personale della Ralt a montare le nuove vetture destinate alle squadre italiane. Eravamo io, Gabriele Seresina, Fernando Ravarotto e vari altri meccanici tra cui quelli di Trivellato. Quando siamo arrivato l’abbiamo trovato al lavoro nella sua officina, ha stretto la mano ad ognuno di noi, aveva indossato il camice da lavoro e prese in mano la scopa per pulire a dovere l’officina e farci lavorare in un posto pulito. Il personaggio mi ha subito impressionato, era il numero uno, quello che aveva progettato e costruito le Brabham campioni del mondo con Jack Brabham, eppure si era messo a fare le pulizie, un vero personaggio che capiva il valore del lavoro! L’officina era vicino a Woking, era quella della vecchia Brabham prima che Ecclestone la spostasse nella nuova sede a Slough. Era un piccolo capannone, decisamente inglese, con poche regole riguardo alle normative. Ancora oggi Tauranac è una persona molto arzilla e presente, nonostante i suoi 92 anni: ultimamente mi ha risposto a delle e-mail in cui chiedevo delle delucidazioni per un restauro di una sua vettura.”

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La Formula Tre è sempre più professionale ed arriva l’effetto suolo

Sta finendo la figura del pilota-meccanico che si mette a punto il mezzo e ci corre sopra, i ruoli sono sempre più distinti. Le vetture più veloci e performanti richiedono dei tecnici per la messa a punto e piloti con una base professionale per sapere sfruttare le doti velocistiche che consente il mezzo ed il livello di messa a punto dei team ufficiali che sono delle strutture che ricalcano in piccolo i team delle formule superiori.

A fine anni ’70 arrivano in F.1 le vetture ad effetto suolo e poco dopo le wing car fanno il loro debutto anche in Formula Tre. Si inizia con vari esperimenti di natura molto pratica, modificando le pance delle vetture imitando quelle di formula Uno. Ma le scocche delle vetture erano ancora molto larghe e le minigonne erano generalmente delle bandelle fisse, quindi l’effetto suolo era molto blando e piuttosto instabile.

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“March e Martini hanno le pance larghe, ma non sono delle vetture che sfruttano veramente l’effetto suolo. In quel periodo chi realizzava le scocche tendeva a mantenerle uguali negli anni per ottimizzare i costi di produzione e le Formula Tre nel 1979-80 hanno telai con strutture semplici ma larghe per essere rigide ma facili da riparare in caso di urto.

Ron Tauranac è quello che ancora una volta realizza una vettura che diventerà capostipite della categoria: la Ralt Rt3. la monoscocca, sempre il lamiera di alluminio aeronautico, è stretta, il serbatoio viene posizionato dietro il pilota e la carrozzeria è molto larga con le pance ad ala rovesciata. In pratica è una piccola Formula Uno, con tutte le difficoltà iniziali nella messa a punto riscontrate dai team della massima formula.

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“Inizialmente, nel 1979, la Rt3 ha un sacco di problemi, è difficilissima da guidare e complicata da mettere a punto. La svolta arriva a metà del 1980, quando il team Project Four Racing di Ron Dennis, passa dalla March 803B alla Ralt Rt3 Toyota-Novamotor. Il pilota è Stefan Johansson, la struttura è molto professionale ed in breve tempo riescono a fare tutta una serie di modifiche e rendere molto competitiva la monoposto che vince le rimanenti gare della stagione ed il titolo inglese.

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Il successo della Ralt Rt3 è planetario, in breve diventa la monoposto di riferimento che tutti vogliono e Ron Tauranac fa fatica a soddisfare gli ordini. La scocca è stretta, ma è realizzata con tutta una serie di centine e di accorgimenti sotto pelle per aumentare la rigidità torsionale data dalle velocità maggiori in curva e dalle sospensioni molto rigide per sfruttare appieno l’effetto suolo dato dalle pance con profilo venturi. La March finisce la produzione di Formula Tre nel 1981, la vettura era molto professionale, complicata da mettere a punto. Serviva un Team professionale per gestirla adeguatamente. La 813 era una macchina complicata da gestire, soprattutto rispetto alla Ralt che era molto più semplice. Spesso però la differenza la facevano anche le gomme, non esisteva ancora la monogomma, chi aveva le Michelin ufficiali aveva una marcia in più soprattutto nell’Europeo.”

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Nel 1984 viene bandito l’effetto suolo, anche se le vetture corrono ancora ma devono avere il fondo piatto e la progettazione delle vetture riparte da un foglio bianco. Ben presto parte una nuova rivoluzione, sempre ereditata dalla massima formula: il carbonio come materiale per le scocche.

Arriva la tecnologia del carbonio e la Dallara monopolizza il mercato

Nel 1985 si fanno strada due nuovi costruttori nella Formula Tre: l’italiana Dallara e l’inglese Reynard che investono sulla nuova tecnologia dei compositi. In breve tempo i telai in compositi prendono il posto di quelli in lamiera di alluminio. La rigidità torsionale del carbonio si rivela ben presto superiore anche alle migliori scocche in alluminio, e saranno ragioni commerciali a decretare la fine di alcune marche, come ad esempio la Ralt. Ron Tauranac aveva investito molto nella tecnologia delle scocche in lamiera, con macchinari appositi che dovevano ancora essere ammortizzati. L’australiano vende la Ralt alla March, dopo avere realizzato oltre 1.000 vetture tra Formula Tre, F.Atlantic e F.3000 ma ben presto la categoria subirà  l’invasione delle monoposto di Adrian Reynard e Giampaolo Dallara che conquistano il mercato.

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“I due prodotti sono entrambi validi e molto simili, la differenza la faranno ancora una volta le scelte commerciali. Dallara investe tutto nella Formula Tre mentre la produzione Reynard spazia in varie categorie andando anche a competere anche in F.3000. La factory inglese fa una serie di scelte commerciali che porteranno ad avere in seguito delle difficoltà ed abbandona il mercato lasciando a Dallara il monopolio nella realizzazione delle vetture di Formula Tre.”

Immagini © Massimo Campi

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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