Published on Ottobre 27th, 2015 | by redazione

GP Messico: un debutto che sa di storie antiche

È tempo del ritrovato GP Messico.

Archiviata in fretta la gara di Austin, con le malefatte del tornado Patricia, l’entusiasmo di Lewis Hamilton per la conquista del terzo titolo iridato, la delusione di Nico Rosberg per l’errore che gli è costato la vittoria a sette giri dalla fine, la soddisfazione di Sebastian Vettel per una rimonta da manuale, il caravanserraglio gestito da Bernie Ecclestone si è trasferito dal Texas al paddock dell’Autodromo Hermanos Rodriguez di Città del Messico dove domenica verrà ripresa la storia del GP Messico interrotta nel 1992 con la vittoria di Nigel Mansel (Williams Renault) davanti al compagno di squadra Riccardo Patrese.

Città del Messico come Monza

Per certi versi l’impianto dedicato ai fratelli Rodriguez (Pedro, morto l’11 luglio del 1971 nel rogo di una Ferrari 512M a Norisring, durante una gara del campionato Interserie; Ricardo, morto il 1° novembre 1962 alla curva Peraltada del circuito di Città del Messico mentre provava una Lotus di F1 del team di Rob Walker) ricorda quello di Monza. Come quest’ultimo è stato costruito (nel 1962) in un parco pubblico ed ha alcuni rettilinei e curve veloci molto simili a quelli del tracciato brianzolo.

Infografica Pirelli di presentazione del GP Messico 2015

Infografica Pirelli di presentazione del GP Messico 2015

Benché modificata rispetto alla conformazione originaria, l’attuale pista ne conserva ancora alcune caratteristiche. La curva più famosa è una destra lunga e veloce chiamata Peraltada (l’ultima curva prima del rettilineo dei box, dove trovò la morte il ventenne Ricardo Rodriguez), ma per motivi di sicurezza è stata mantenuta solo la parte finale dell’originale layout.

Il circuito ha la maggiore altitudine di tutto il calendario: questo influenza sia l’aerodinamica (gli ingegneri devono mettere più ala per compensare la minore densità dell’aria), sia la velocità massima. Le vetture potrebbero superare i 330 orari sui 1300 metri di rettilineo.

Per quanto riguarda gli pneumatici, Pirelli porterà al GP Messico le P Zero White medium e P Zero Yellow soft. Senza dati reali della pista, Pirelli si è basata sulle simulazioni al computer per preparare la gara e decidere quali mescole potrebbero essere le più adatte.

“Scegliere le mescole per un nuovo tracciato è una bella sfida, ma il sistema di simulazione – spiega Paul Hembery, direttore Motorsport Pirelli – è molto preciso, anche se è inevitabile propendere verso una scelta più conservativa per il primo anno su un nuovo circuito. Come sempre, puntiamo ad avere due pit-stop, ma le condizioni meteo incerte che interesseranno gran parte del Nord America avranno un gran peso. Il tracciato del GP Messico è stato progettato pensando ai sorpassi, per questo ci aspettiamo una gara davvero interessante”.

Gli orari italiani del GP Messico 2015: venerdì 30 ottobre, prove libere 1 dalle 16 alle 17.30 e prove libere 2 dalle 20 alle 21.30; sabato 31 ottobre, prove libere 3 dalle 16 alle 17 e qualifiche dalle 19 alle 20; domena 1° novembre, partenza del GP alle ore 19.

1964, il Gran Premio dei veleni

La prima edizione del GP Messico, disputata nel 1963, fu vinta da Jim Clark (Lotus Clix) che precedette sul traguardo John Surtess (Ferrari) e Graham Hill (BRM). L’edizione successiva, ultima della stagione e decisiva per l’assegnazione del titolo, fu probabilmente la più polemica della storia di questa corsa ed ebbe uno strascico tragico al GP Monaco del 1967.

La corsa fu vinta da Dan Gurney (Brabham Climax) ma con il secondo posto John Surtees (Ferrari) conquistò il titolo iridato ai danni di Graham Hill messo fuori causa una manovra attuata da Lorenzo Bandini, poi terzo al traguardo, a difesa di Surtess e ritenuta dall’inglese ostruzionistica . Di quell’episodio è rimasta traccia solo in uno spezzone di una registrazione video conservata in un archivio argentino (sopra).

Graham Hill, che perse il titolo per un solo punto, non dimenticò mai lo sgarro di Lorenzo Bandini  e – si narra – si vendicò al GP Monaco di tre anni più tardi. Benché doppiato, ostacolò in ogni modo l’italiano che era alla ricorsa di Denny Hulme per la vittoria.

Logorato fisicamente dalla lunga lotta con Hill e frustrato dall’impossibilità di effettuare il sorpasso dell’inglese, Lorenzo Bandini perse il controllo della sua Ferrari all’uscita del tunnel andando ad urtare violentemente una bitta sulla banchina del porto. La vettura prese fuoco ed il pilota morì qualche giorno dopo per le vaste e profonde ustioni.

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