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sabato 15 Novembre 2025

Quando venne rinviato il il G.P. del Belgio nel 1985

Di Carlo Baffi – immagini ©Raul Zacchè/Actualfoto

Per la prima volta nella storia della Formula 1, venne annullata una gara del calendario mondiale per motivi di sicurezza rivendicati con fermezza dai piloti.

Il 1985 non è certo ricordato come un anno felice per lo sport in Belgio. La sera del 29 maggio a Bruxelles era in programma la 30^ edizione della finale di Coppa dei Campioni tra la Juventus ed il Liverpool. Teatro del match lo stadio Heysel, un impianto obsoleto costruito nel 1929 che in quell’occasione fece emergere tutte le sue criticità. A seguito di un assalto degli hooligans britannici, i tifosi italiani si ammassarono contro un muro di contenimento il quale cedette all’improvviso causando la caduta per una decina di metri sul selciato dei malcapitati. Il panico scatenatosi peggiorò ulteriormente la situazione ed alla fine il bilancio fu quello di una strage: 39 morti e 600 feriti. A pochi giorni da quell’infausta partita era in programma il Gran Premio del Belgio sull’iconica pista di Spa-Francorchamps riasfaltata per l’occasione e che si sviluppa tra i folti boschi delle Ardenne. In calendario era il 5° round del Mondiale di F.1, successivo al G.P. di Monaco e precedente a quello del Canada. La classifica iridata sorrideva ai colori italiani, Elio De Angelis (Lotus-Renault) era il leader con 20 punti, davanti al connazionale Michele Alboreto (Ferrari) ed Alain Prost (McLaren-TAG Porsche) a quota 18. Anche tra i costruttori primeggiava la Lotus con 7 lunghezze di vantaggio sul Cavallino.

Le crepe – Il fine settimana si aprì con le prove libere che videro la 156-85 n° 27 di Alboreto davanti a tutti col tempo di 1’56”046 alla media di 215,604 km/h, a conferma che la Rossa si adattava molto bene a qualsiasi conformazione di circuito. Subito dietro vi erano le Lotus-Renault nere ed oro di De Angelis e Senna, poi a sorpresa la Renault di Tambay e la seconda Ferrari dello svedese Stefan Johansson. Male la McLaren, solo decima con Lauda, campione del mondo in carica e con Prost fanalino di coda, dopo esser incorso in ben tre rotture di motore e non aver nemmeno concluso un giro lanciato. Una partenza davvero in salita per il francese, che rischiava di perdere punti importanti per la battaglia iridata, per contro il Cavallino assaporava l’idea di compiere un balzo in avanti importante. Lo scenario però che si sarebbe completamente ribaltato nel giro di 24 ore. Erano le 10 del sabato, giorno di qualifica, quando appena iniziate le libere (della durata di un’ora e mezza) Lauda sceso tra i primi in pista, rientrò in tutta fretta per recarsi dal direttore di gara. Il tre volte iridato, ricopriva il ruolo di responsabile della commissione piloti e riscontrando anomalie sull’asfalto volle immediati chiarimenti perché a suo parere non c’erano le condizioni per correre. Per essere precisi, l’ex ferrarista aveva già fatto visita in direzione la sera prima manifestando un certo scetticismo sullo stato del manto in quattro curve. Da qui il pronto intervento degli organizzatori che provvidero a riasfaltare nella notte successiva l’80% delle curve del circuito. Malauguratamente il quadro non migliorò, data la presenza di ghiaia che a detta dei responsabili, sarebbe stata rimossa con il ripetuto transito delle monoposto. Come riportò “la Gazzetta dello Sport”, Lauda fece notare che nei punti incriminati le vetture erano difficili da controllare, in quanto scivolavano col rischio di andare a sbattere. Un guaio simile a quello presentatosi sul cittadino di Dallas nel luglio della stagione prima, con la differenza che a Spa le velocità di punta erano di gran lunga più elevate (le potenze raggiunte dalle F.1 variavano dagli 800 ai 1000 cavalli). Inoltre l’austriaco fece notare polemicamente che i lavori in vista del Gran Premio erano iniziati solo tre settimane primi e terminati soltanto il mercoledì prima della corsa. Inoltre non comprendeva il motivo di tale ritardo, dal momento che l’ultima edizione del Gran Premio a Spa si era disputata ben due anni prima. Le prove proseguirono ancora per poco meno di mezz’ora con i piloti intenti a testare la situazione procedendo con una certa cautela. Era solo l’inizio di una giornata molto tormentata per addetti ai lavori ed il pubblico accorso sugli spalti. A motori spenti i drivers si riunirono con i marshalls e si decise di far raschiare lo strato superiore del manto stradale al fine di togliere quello strato oleoso che faceva slittare le macchine. Nel frattempo i piloti incontrarono la stampa ed emersero risvolti preoccupanti. Alboreto denunciò di aver subito dei danni al proprio casco, complice una pietra sollevata dalla macchina che lo precedeva. Mentre Piquet raccontò di aver sostituito tre visiere spesse 2mm, perché colpite dai detriti. Insomma tutti erano con Lauda che ribadì ai colleghi di non scendere a compromessi, come già accaduto:” Se ci lasciamo tentare di correre, ciò avverrà anche nel futuro in qualunque condizione.” Nel primo pomeriggio, dopo le 14 come stabilito, Lauda si mise alla guida di un furgone di servizio accompagnato da Alboreto, Piquet, il responsabile alla sicurezza della Federazione sui circuiti ed due commissari per una nuova ispezione, a cui seguì l’ennesimo meeting col direttore di gara, che propose un’ultima chance. Sarebbe intervenuto l’esercito per risolvere il rebus e se tutto fosse andato per il verso giusto, i concorrenti avrebbero potuto effettuare una sessione di libere Per quanto concerne la griglia di partenza, sarebbe stata stilata in base ai tempi del venerdì. Un vantaggio considerevole per Alboreto partendo dalla pole con Prost ultimo, ma il ferrarista (da grande uomo di fair-play) si disse solidale con gli altri piloti. Di conseguenza ogni decisione venne posticipata alle 17:30. Non oltre, dal momento che con il calare del sole, la visibilità si sarebbe notevolmente ridotta per via della fitta vegetazione. Un ginepraio sempre più fitto che mise alle corde Bernie Ecclestone. Parliamo di un abile uomo d’affari britannico, fattosi largo dapprima come manager di alcuni piloti tra i quali il grande Jochen Rindt, poi diventato patron della Brabham, presidente dei costruttori inglesi (Foca), nonché promoter di 7 G.P. (Belgio compreso) e gestore degli interessi commerciali del Circus. Non a caso era soprannominato “il padrino”. Ecclestone si attivò sin dal sabato mattina, ma si rese conto che poteva fare ben poco. Parlò di buona fede degli organizzatori:” Fino ad un mese fa qui c’era la neve. E’ vero anche che s’è aspettato troppo cercando di risolvere il problema solo all’ultimo.” Ed a chi gli paventò un eventuale rimborso dei biglietti, “Mister E” chiarì:” Sono saltate solo le prove, sarà concesso ai presenti di assistere gratis alla gara.” Un ottimismo che a poco a poco sarebbe andato esaurendosi.

Tutti a casa – Il paventato arrivo dell’esercito non ci fu e toccò agli addetti locali correre nuovamente ai ripari e per fare in modo che il manto stradale si compattasse vennero fatte girare le Renault Alpine della serie prevista come gara di supporto. Intorno alle 17:20 si giunse così all’ultima ricognizione sul percorso eseguita dai piloti col Direttore di gara ed il Presidente dell’Automobil Club del Belgio. Tutti non poterono far altro che prendere atto del peggioramento della superficie. Condizione che confermò l’inagibilità della pista comunicata al Presidente Fisa Jean Marie Balestre, che si trovava ad Atene per il Rally dell’Acropoli. Il massimo dirigente transalpino, parlò con Prost, Lauda ed il Commissario Sportivo, l’olandese John Corsmit, tutti dell’opinione che correre sarebbe stato troppo rischioso. A Balestre premeva in primis la sicurezza, il resto gli interessava poco (il lato economico riguardava Ecclestone e le scuderie) per cui sentenziò:” Se ritenete che vi sia un eccessivo pericolo, siete liberi di non gareggiare.” L’epilogo andò in scena dopo le 19:30, quando Gilles Gugnault, responsabile stampa della Federazione Internazionale diede lettura del seguente comunicato:” Dopo aver ispezionato la pista al termine delle prove della Coppa Renault, abbiamo deciso che in queste condizioni il tracciato non è agibile per le macchine di Formula 1. In conseguenza di ciò, le prove di Formula 1 in programma questo pomeriggio e l’intero programma della Formula 1 del 2 giugno 1985 sono posposti, in accordo con l’articolo 141 del codice sportivo internazionale, per ragioni di sicurezza. Ci scusiamo vivamente per la necessità di questa azione.” Una decisione saggia, diciamolo. Il rischio di un incidente, magari grave a pochi giorni dai fatti dell’Heysel era bene scongiurarlo. Di sicuro questa resa incondizionata comportò un grosso danno economico stimato intorno ai 3 miliardi delle vecchie lire. Un brutto colpo per Ecclestone che si dovette arrendere al fronte comune dei piloti, che per la prima volta si mostrarono molto uniti. In passato non erano mancate contestazioni da parte dei cavalieri del rischio. In ordine cronologico nel 1973 a Zolder (sempre in Belgio) il primo giorno di prove fu condizionato dal distacco di alcuni pezzi d’asfalto. Due anni dopo in Spagna, sul circuito sito nel parco del Montjuich a Barcellona, per problemi relativi ai guard-rail giudicati troppo pericolosi, il campione del mondo in carica Emerson Fittipaldi non si schierò al via. La gara partì ugualmente per interrompersi alla 29^ tornata delle 75 previste a seguito del tragico incidente in cui la Hill-Ford Cosworth del tedesco Rolf Stommelen volò oltre le barriere dopo aver perso l’alettone. Uno schianto che provocò la morte di cinque persone, mentre il pilota si ruppe una gamba. Nel ’76 toccò al G.P. d’Argentina con le seconde libere ritardate per via  del manto che sfaldava. E non ultima ci fu la questione di Dallas. Non dimentichiamoci pure il famoso sciopero dei piloti di Kyalami in Sudafrica nel 1982, in cui la corsa rischiò di saltare. In questo caso però i motivi non riguardavano la pista e la sicurezza, bensì la Superlicenza introdotta dalla Federazione. Anche allora a guidare la rivolta fu Lauda, ma alla fine si gareggiò, così come negli altri episodi citati. I piloti infatti avevano sempre finito per cedere in rispetto del pubblico pagante che affollava le tribune e per l’impegno assunto con le televisioni che assicuravano i munifici proventi dei diritti televisivi. Ma a Spa le cose andarono diversamente con gli attori principali che abilmente pretesero un responso definitivo già il sabato, al fine di evitare possibili ricatti, vedi pubblico ed emittenti. Tra l’altro proprio questa pista, che vanta tutt’oggi un fascino particolare, incontrò grosse difficoltà già il 29 giugno del 1979, ovvero quando venne inaugurato il nuovo layout, realizzato in sostituzione del vecchio sorto nel lontano 1924. In quel giorno dopo le prime prove del G.P. motociclistico del Belgio, i partecipanti firmarono un documento ufficiale in cui annunciavano il forfait per la domenica. Motivo? L’asfalto pericoloso posato in parte nella notte del venerdì precedente; della serie corsi e ricorsi. L’evento però ebbe ugualmente luogo, però privo dei cosiddetti “big” in tutte le classi.

Temerari – Ma tornando ai fatti del 1985, va precisato che alla fine i motori non tacquero del tutto, infatti la domenica scese la F.3000. Un controsenso? Si, come ebbe modo di osservare Prost:” E’ assurdo e non dovrebbe essere possibile che si facciano rischiare i piloti di questa categoria. Sono alle prese col medesimo pericolo che abbiamo noi. Se non è giusto correre per la F.1, non dovrebbe esserlo nemmeno per loro.” Ma come mai questo … strappo alla regola? Sulle pagine della “rosea” infatti, Giorgio Piola scrisse che Bernie Ecclestone cercò in tutti i modi di salvare il Gran Premio del Belgio chiedendo ai piloti di attendere sino alla domenica mattina. L’idea di “Mister E” sarebbe stata quella di far disputare la corsa della neonata F.3000 Internazionale e vedere se la pista teneva per poi convincere i drivers della massima serie ad un dietrofront. Le cose andarono diversamente e così, pare che il boss della Foca esortò i cadetti a schierarsi in griglia. Il sesto round del campionato prese così il via alle 14:30 e ben presto i timori si trasformarono in certezze. Su 18 partenti solo 6 videro la bandiera a scacchi, con ben 10 uscite di pista fortunatamente senza conseguenze per i conduttori. Del resto parliamo sempre di monoposto in grado di sprigionare una potenza di 430 cavalli. La vittoria fu appannaggio del neozelandese Mike Thackwell su Ralt dopo 29 giri, che precedette la Lola del francese Alain Fertè e la March del tedesco Christian Danner. Alle spalle dei primi tre i nostri Tarquini e Daccò, poi il nipote del grande Juan Manuel Fangio. Particolarmente critico fu il giovane Emanuele Pirro, futuro pilota di F.1 e vincitore di ben 5 edizioni della “24 Ore di Le Mans”:” Non vedo perché la nostra vita non debba essere salvaguardata come quella dei piloti di F.1. E’ molto pericoloso correre in queste condizioni. Ho cercato di farlo capire ad altri colleghi, ma non c’è stato verso.”

Retroscena – Nei giorni successivi alla gran defezione, non mancarono le code polemiche. I team si sentirono parte lesa dal momento che avevano sostenuto le spese di viaggio. Spuntarono le critiche nei confronti di Ecclestone, il quale come promotore della manifestazione insieme all’Automobile Club del Belgio era tenuto a garantire la conformità dell’impianto. Da qui la richiesta di un rimborso anche se era mancato l’incasso. Marco Piccinini, direttore sportivo del Cavallino, con la sua diplomazia (il nickname di Cardinale calzava a pennello) non puntò il dito direttamente contro il manager inglese, ma sottolineò che “certi fenomeni vanno gestiti da gruppi di persone affidabili. Ecclestone si è fidato di persone non affidabili. Bernie è un uomo valido, ma da solo non ce la fa perché non può essere dappertutto. Noi come concorrenti – aggiunse Piccinini nell’intervista rilasciata a Pino Allievi sulla Gazzetta – rispettiamo sempre i nostri impegni, ma ciclicamente ci troviamo con coincidenze curiose (Dallas e Spa ndr.) Nella riunione dei costruttori (tenutasi la sera del sabato in circuito) c’è stata molta perplessità sulle procedure seguite ed è emerso come serva una managerialità adeguata in una Formula 1 in costante evoluzione.” Sempre Allievi nell’articolo pubblicato il lunedì svelò le ragioni all’origine del Gran Premio mancato. Sebbene Spa-Francorchamps si trovi in Vallonia, il riasfalto iniziale venne affidato ad un’impresa fiamminga perché la mano d’opera di lingua francese sarebbe costata di più. Ma i fiamminghi, sempre in polemica con i valloni, per lucrare maggiormente avrebbero steso un asfalto che forniva garanzie fino a temperature di 60° e non sino ai 120, come fu fatto per Zolder, il tracciato rivale fiammingo. Da qui lo sfaldamento della pista al passaggio delle F.1. Ma c’è dell’altro. Dopo le libere emerse che la star del motorsport belga Jacky Ickx, ex-presidente di Spa, aveva inviato sul circuito alcuni tecnici di un’azienda italiana con filiale a Bruxelles, in grado di stendere una polvere indurente capace di cementare il manto in circa tre ore: una soluzione miracolosa! Il costo del “rattoppo” orbitava intorno 130 milioni di lire e gli organizzatori ritenendolo troppo elevato optarono per rimediare con mezzi propri. Decisione infelice, tant’è che la domenica mattina, i lavori di manutenzione erano ancora in corso.

Recupero – Se inizialmente la possibilità di rivedere il Circus a Spa nell’85 fosse poco probabile complice il calendario fitto dei Gran Premi e le scuderie avevano accettato di effettuare tre trasferte soltanto ad Agosto, alla fine spuntò la soluzione. Dopo un meeting della Federazione avvenuto alla vigilia del G.P. del Canada, il round belga fu riprogrammato per il 15 settembre, sette giorni dopo Monza. La corsa divenuta la quart’ultima del mondiale sarebbe così risultata determinante ai fini della lotta iridata. La classifica però era parecchio cambiata complice i problemi tecnici al turbo che stavano affliggendo Michele Alboreto. Alain Prost si presentò a Spa in qualità di capofila della classifica con 12 lunghezze di margine sul ferrarista che anche nelle Ardenne fu vittima di un ritiro per guai alla frizione dopo tre passaggi; pure Johansson alzò bandiera bianca dopo 7 giri a seguito di un testacoda. A trionfare fu Ayrton Senna scattato dalla pole che siglò il suo secondo successo in F.1. Il fuoriclasse paulista precedette il britannico Nigel Mansell al volante della Williams-Honda e Prost. In virtù di questo piazzamento, il futuro “Professore”, allungò il passo su Alboreto salendo a +16, praticamente fu il viatico che spianò la strada al pilota delle McLaren verso la conquista della sua prima corona iridata. Al compianto Michele restò l’amarezza di aver perso la grande occasione di ereditare lo scettro mondiale di Alberto Ascari, ultimo italiano ad essersi laureato campione del mondo.

 

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