Di Carlo Baffi
Curiosità storiche sulla corsa nordamericana, decima tappa del mondiale di F.1.
E’ l’8 ottobre del 1978, quando il Gran Premio del Canada si disputa per la prima volta sul tracciato di Montreal, che sostituisce quello di Mosport nell’Ontario, in cui s’era corso sin dal lontano 1961, quando la manifestazione non faceva ancora parte del Mondiale di F.1. Per la precisione si svolsero anche due edizioni a Mont-Tremblant, in Quebec nel ’68 e nel ’70. Ma da quella fredda domenica di ottobre del 1978, il G.P. canadese non avrebbe più lasciato quel circuito di 4,361 chilometri sorto sull’isola di Notre Dame circondata dal fiume San Lorenzo. In quell’occasione trionfò il ferrarista Gilles Villeneuve al suo primo successo nel Circus. Da li in avanti il piccolo funambolo, nato il 18 gennaio del 1950 a Saint-Jean sur-Richelieu, avrebbe conquistato il cuore del popolo del Cavallino grazie alle sue imprese divenute leggenda. E dopo il tragico incidente di Zolder ’82 in cui perse la vita, il tracciato semipermanente del Quebec sarebbe stato intitolato alla sua memoria la con la scritta “Salut Gilles” posta sulla finish line.
In tutti questi anni, il Gran Premio del Canada ha scritto pagine importanti nella storia del motorsport e purtroppo pure drammatiche, come la morte del giovane pilota italiano Riccardo Paletti poco dopo la partenza nel 1982. Dunque ricordi ed aneddoti che per l’occasione ci vengono narrati da Manfredi Ravetto, attuale titolare della Scuderia Ravetto & Ruberti (SR&R) presente nelle serie GT in diversi campionati. Un manager autorevole, che per svariati anni ha operato con successo nell’universo della massima categoria.
“Innanzitutto – attacca Ravetto – di Montreal ho il ricordo di una città splendida che si affaccia sulle acque del San Lorenzo. Un fiume di una vastità enorme con quei lunghissimi ponti percorsi per raggiungere l’isola di Notre Dame … e li sei solo a metà del guado. Il mio primo Gran Premio canadese risale al 2006 e non fu dei migliori. Ero in forza alla Midland (con propulsore Toyota) e purtroppo i nostri due piloti Thiago Monteiro e Christijan Albers entrarono in collisione al tornantino nel corso del primo passaggio (l’olandese abbandonò, mentre il portoghese chiuse 14°). Potete quindi immaginare la felicità. L’anno dopo, la nostra compagine era divenuta Spyker motorizzata Ferrari ed anche in quell’occasione i risultati non furono eccelsi. Ma quell’edizione la ricordo per il pauroso incidente occorso a Robert Kubica. Uno schianto terribile in cui distrusse la sua BMW Sauber, restando imprigionato tra i rottami.” Dai dati registrati dalla centralina, emerse che l’impatto era avvenuto a circa 230 km/h toccando i 75G. “Mentre era in azione la safety-car – rivela Ravetto – uscii dal retro box ed in quel frangente incontrai Daniel Morelli (il manager del pilota polacco – ndr.) che stava correndo al centro medico scortato da un addetto all’organizzazione. Morelli aveva indosso ancora le cuffie in attesa di ricevere segnali rassicuranti dal suo pilota. I nostri sguardi si incrociarono per pochi secondi, un momento che non dimenticherò mai perché regnava il terrore visto la dinamica dello schianto.” Kubica se la cavò miracolosamente con qualche livido e per ironia della sorte nel 2008 avrebbe siglato la sua prima vittoria in F.1 e per la BMW, proprio sull’Isola di Notre Dame.
“Passiamo al 2011- riprende Ravetto – stagione in cui militavo nell’HRT. Premessa: partii insieme a due miei collaboratori del team con volo diretto Lufthansa da Francoforte. Purtroppo durante il tragitto, un passeggero morì colpito da infarto e ciò comportò tutta una serie di procedure burocratiche dopo l’atterraggio. Salirono a bordo le autorità locali col personale medico per constatare il decesso e si accumulò un notevole ritardo nelle operazioni di sbarco. Circostanze che combinate alla stanchezza del lungo volo, anche se avevamo viaggiato in business, alimentarono la tensione generale. Fu allora che un mio collega iniziò a discutere animatamente con un’hostess alquanto scortese, la quale diede subito in escandescenza al punto che giunti sul finger intervennero gli addetti alla sicurezza. Sul momento la litigata cessò e noi ci recammo al nastro per ritirare i nostri bagagli, ma fummo raggiunti da altri funzionari della security e dal responsabile della Lufthansa dell’aeroporto di Montreal. Ci chiesero con piglio autoritario i documenti e noi, non facendoci intimorire, presentammo tutte le rimostranze del caso in merito al comportamento della loro dipendente. Per contro ci rimproverarono di esser stati sgarbati dal momento che il personale della compagnia in questione era super-selezionato. Insomma, il caso stava prendendo una piega rischiosa ed io cercai di calmare gli animi dei miei colleghi, onde evitare che il tutto degenerasse con qualche denuncia. Archiviato questo antefatto, parliamo del Gran Premio nelle cui qualifiche i nostri drivers Vitantonio Liuzzi e Narain Karthikeyan risultarono rispettivamente 21° e 23°. Arriviamo così a domenica e qui viene il bello perché andò in scena la gara più lunga della storia.” Complice il maltempo, incidenti, uscite di pista, safety car e bandiere rosse, la corsa sarebbe terminata dopo 4 ore, 4 minuti, 39 secondi e 537 millesimi con la vittoria di Jenson Button su McLaren-Mercedes. “In epoca moderna – sottolinea Ravetto – le figure chiave delle scuderie sono sempre incollate al loro cellulare per ragioni di servizio. I loro numeri sono inseriti in chat ufficiali e magari all’occorrenza c’è lo scambio di messaggi strategici che non si vogliono rendere pubblici via radio. Il portatile è quindi fondamentale ed anch’io lo portavo sempre con me. Detto questo, rammento che nell’attesa di una ripartenza, mente camminavo in griglia sotto la pioggia, udii degli squilli e sul display comparve il numero di mia mamma. Risposi allarmato. Fortunatamente voleva solo comunicarmi che dato il perdurare del G.P. s’era recata a cena con amici di famiglia e che mi aveva appena visto nel corso della diretta sul televisore del ristorante. Al di là di questa curiosità, la corsa terminò con le nostre monoposto giunte al 13° posto con Liuzzi ed al 17° con Karthikeyan. Sebbene il nostro volo di ritorno partisse in serata eravamo in ritardo, per cui con i miei due compagni di viaggio dell’andata ci precipitammo in aeroporto. Ero molto nervoso, vuoi per lo stress accumulato, vuoi per la mia scarsa propensione verso i viaggi aerei e pure per il timore di eventuali ritorsioni dopo quanto accaduto pochi giorni prima. Fatto il check-in, depositammo i bagagli e siccome tutto filava liscio, i miei colleghi ironizzarono sulle mie apprensioni. Mancando circa tre quarti d’ora al decollo, ci recammo nella lounge in cerca di una meritato relax, quand’ecco che dall’altoparlante vennero annunciati i nostri nomi con l’invito a presentarsi anticipatamente al posto d’imbarco muniti di passaporto. Ci guardammo tutti e tre preoccupati pensando agli scenari peggiori. Giunti al rendez-vous ci attendeva un funzionario dallo sguardo severo che ritirò i nostri documenti e ci disse che stava annullando le nostre carte d’imbarco. Sempre più inquieti chiedemmo il perché. Ebbene, con nostra grande sorpresa scoprimmo che dalla business ci avevano trasferito in first class come ospiti della compagnia. Ci spiegarono che nel frattempo erano state condotte delle indagini interne sulla hostess dell’alterco e che avendo manifestato in precedenza comportamenti irregolari era stata sospesa. Morale, ricevemmo le scuse dai responsabili della Lufthansa e ci godemmo il ritorno in un’area esclusiva accolti come capi di stato e dove c’era presente anche Sebastian Vettel. Parliamo dell’allora campione del mondo in carica e che ai suoi due titoli iridati, ne avrebbe aggiunti altrettanti facendo poker sempre al volante della Red Bull.

Circuit Gilles Villeneuve, Montreal, Canada
12th June 2011
Sebastian Vettel, Red Bull Racing RB7 Renault.
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