Foto ©Massimo Campi
Poteva essere l’arma contro le vetture tedesche, invece la storia della Lancia D50 sarà quella di una promessa mancata, che diventerà vincente solamente quando passerà da Torino a Maranello. Anno 1954, la Formula 1 si appresta ad una nuova rivoluzione, anzi inizia la sua vera storia tecnica passando dalla piccole ex Formula 2 di 2 litri alle nuove monoposto di 2,5 litri. C’è grande fermento nell’aria, soprattutto per il ritorno annunciato della Mercedes, risorta dalle rovine della guerra che vuole dimostrare di essere nuovamente una leader mondiale della tecnologia: e ci riesce!
De quando è iniziata l’avventura della nuova Formula 1 è l’Italia la patria dei motori da corsa prima con l’Alfa Romeo poi la Ferrari ed ora anche la Maserati pronte a sfidarsi su vari tracciati, ma a Torino c’è un’altra realtà che è pronta ad affacciarsi al mondo delle competizioni: la Lancia.
Le macchine progettate da Vittorio Jano sono diventate una leggenda negli anni ’20 e ’30, con l’Alfa Romeo ha vinto il primo campionato del mondo e sono le uniche che sono riuscite, in alcune occasioni a minare lo strapotere delle vetture da Grand Prix teutoniche. Jano è tornato a Torino e quando Gianni Lancia decide di tentare l’avventura sportiva ed in Formula 1 lo vuole nel suo staff di progettazione. Jano a fine 1953 ha pronto il progetto della sua nuova creatura la D50 ed il 20 febbraio 1954 la nuova monoposto compie i primi passi sull’asfalto dell’Aeroporto di Torino-Caselle. Alla guida della Lancia D50, dopo che il capo-collaudatore Giuseppe Gillio ha avviato il motore ed ha percorso poche centinaia di metri, siede Alberto Ascari.
Per i piloti nessun problema, è questione di soldi e Gianni Lancia non bada a spese facendo firmare un contratto di ben 25 milioni di lire all’anno a cui vanno sommati eventuali premi, al bi-campione del mondo che lascia Maranello in direzione Torino. Con Ascari arrivano anche il giovane lodigiano Eugenio Castellotti e l’amico di sempre Gigi Villoresi.
La progettazione della D50 ha una storia piuttosto lunga e travagliata, ma quando viene presentata si capisce che Vittorio Jano è ancora uno dei migliori progettisti sul mercato ed i soldi sono stati ben spesi. La D50 è un gioiello di tecnica per l’epoca, dotata di un brillante otto cilindri a V di 90°, cilindrata 2.486cc per una potenza di 250cv a 8.000 giri. Una delle caratteristiche della monoposto sono i serbatoi laterali del carburante per equilibrare le masse che contengono circa 80 litri di carburante ciascuno. Il motore è uno dei pregi della D50, il progetto è affidato al motorista per eccellenza di casa Lancia, Ettore Zaccone Mina, che realizza il V8 con il monoblocco in lega leggera e una struttura portante integrata nel telaio. La distribuzione a quattro alberi a camme in testa è comandata da ingranaggi, il comando delle valvole avviene con molle a spillo e bilancieri a dito. Inizialmente Zaccone Mina prevede l’alimentazione a iniezione diretta ma alla fine Jano sceglie un sistema tradizionale con quattro carburatori invertiti doppio corpo Solex 40 PIJ.
La trasmissione ha un sistema transaxle con il cambio posteriore e ponte De Dion, tra le evoluzioni è già pronta una carrozzeria carenata per i tracciati veloci come Reims e Monza. Il V8 è inclinato di 12° per consentire il passaggio dell’albero di trasmissione alla sinistra del pilota, il tutto per abbassare il telaio e quindi le masse sospese. Il lavoro di Jano è anche concentrato sui particolari e sul peso. La D50 si distingue per le impeccabili finiture, inusuali in una monoposto da competizione, e per un peso piuttosto contenuto, inferiore a quello delle Formula 1 dirette concorrenti: al debutto, la D50 pesa a vuoto circa 620 kg, contro i 690 delle nuovissime Mercedes W196 mentre sono 670 Kg quelli rilevati dalle Maserati 250F e 650 le Ferrari 4 cilindri tipo 625.
Lo sviluppo della Lancia D50 si dimostra però lungo e travagliato: il debutto, inizialmente previsto per il 20 giugno al GP di Francia, viene rimandato. Per vederla in gara bisogna attendere il 24 ottobre nel GP di Spagna a Barcellona, nel frattempo, Ascari e Villoresi, pur proseguendo nei test sono lasciati liberi di correre con altre vetture. La D50, nonostante il lungo periodo di messa a punto, in gara con Ascari e Castellotti, sembra nata bene e molto maneggevole.
Dopo il GP di Spagna del 1954, nel 1955 le D50 disputano, con alterna fortuna, altri 5 Gran Premi in Argentina, Torino, Pau, Napoli e Monaco.
La Lancia D50 nasce anche con l’obbiettivo di creare una nuova immagine sportiva alla casa torinese che ha messo in catalogo nuove vetture per la fascia medio-alta. Intanto Gianni Lancia continua nella sua rivoluzione dell’immagine e fa costruire un grattacielo a Torino, come sede dirigenziale, decorato da Gio’ Ponti. Il grattacielo è realizzato proprio dal gruppo Pesenti che diventa sempre più creditore della Lancia, ormai pesantemente indebitata dalla gestione allegra del suo patron Gianni.
La stagione 1955 inizia nel peggiore dei modi: il 26 maggio del 1955 Alberto Ascari muore a Monza. Tre giorni prima aveva corso a Montecarlo con la D50, mentre era in testa è uscito di strada finendo in mare. I sommozzatori lo salvano, per il milanese è uno shock e tre giorni dopo va a trovare l’amico Castellotti che sta girando a Monza con la sua Ferrari 750 sport, chiede al lodigiano di fare qualche giro, giusto per provare i riflessi. Sale sulla sport del Cavallino in camicia e cravatta, parte veloce dai box, dopo tre giri finisce fuori strada alla curva del Vialone, che verrà poi intitolata proprio al campione milanese, perdendo la vita. Per Gianni Lancia è il colpo da ko. Esce di scena dalle corse, e dopo due mesi viene estromesso anche dalla sua fabbrica. I conti sono pesantemente in rosso, deve cedere il 16% delle azioni ancora in suo possesso al Gruppo Pesenti che chiede immediatamente il suo allontanamento dalla fabbrica. La Mercedes si fa avanti per rilevare il reparto corse, ma in Italia nasce un patto segreto tra ACI, Fiat e Ferrari ed il tutto viene donato proprio alla scuderia di Maranello, mentre la Fiat si impegna a versare alla Ferrari un contributo di 50 milioni di lire per 5 anni per finanziare le corse con le ex macchine torinesi, ma questo sarà il finale di una storia che diventerà finalmente vincente nella mani del Drake di Maranello.