Di Carlo Baffi
Nella stagione 2014 si profilava il clamoroso ritorno del pilota brasiliano proprio nella gara di casa ad Interlagos al volante della Caterham. Poi di colpo tutto andò a monte complice una disputa societaria.
La Formula 1 scende in pista in Brasile per affrontare il quart’ultimo round del mondiale. La pista è quella di Interlagos, un tracciato carico di storia: come non ricordare il finale thrilling del 2008, quando Hamilton soffiò il titolo piloti all’idolo locale, il ferrarista Massa, all’ultimo giro? Ebbene nel campionato 2014, anno dominato dalle Mercedes di Hamilton e Rosberg, il circuito intitolato al compianto Carlos Pace, poteva essere il teatro del ritorno alle corse di un altro famoso pilota paulista, Rubens Barrichello. “Rubinho” si era infatti ritirato nel 2011 dopo ben 19 anni trascorsi nella categoria regina, con all’attivo 11 vittorie e 14 pole position. Negli anni successivi s’era cimentato dapprima nell’Indy Car e poi nel campionato brasiliano delle Stock Car, facendo contemporaneamente il commentatore della F.1 per Rede Globo. Probabilmente il Circus continuava ad esercitare su di lui una grande attrazione al punto da fargli accarezzare l’idea di un rientro. A raccontarci questa vicenda è Manfredi Ravetto, che allora era il Team Principal della Caterham ed attualmente è proprietario della Scuderia Ravetto & Ruberti (SR&R) che schiera un totale di 6 Ferrari GT in tre campionati diversi.
Allora, ci può svelare i retroscena di questa vicenda?
“Tutto ha inizio presso l’aeroporto di Singapore, dopo il Gran Premio di quell’anno. Ci trovavamo nella lounge in attesa del volo, io Barrichello e Colin Kolles, il quale ricopriva il ruolo di super consigliere dei proprietari della Caterham. Tra una chiacchierata e l’altra, Rubens ci confessa che avrebbe avuto piacere tornare a disputare i Gran Premi. Kolles accolse quelle parole con interesse dal momento che non eravamo pienamente soddisfatti del rendimento di Kamui Kobayashi, nostro pilota insieme a Markus Erikkson. In Belgio avevamo sostituito il giapponese con il tedesco André Lotterer, dal momento che preferivamo piloti di esperienza e qualità.”
Per cui l’arrivo Barrichello vi faceva piacere…
“Sicuramente. C’era però da risolvere il problema della superlicenza che dopo un certo periodo di tempo scade. E se un pilota non ha conseguito risultati e partecipazioni deve ricominciare il percorso da zero. Barrichello ci pensò su e dopo qualche giorno diede il suo ok, assicurandoci che si sarebbe organizzato per rimettersi in forma. Da parte nostra gli avremmo stilato un programma al simulatore per migliorare il feeling con la monoposto.”
E per la superlicenza?
“Scrissi subito una lettera a Jean Todt, a quel tempo Presidente della Federazione Internazionale, chiedendogli se ci fossero intoppi di natura regolamentare per l’ottenimento del via libera per Rubens. L’attesa fu brevissima e la Fia ci rispose tramite un diretto incaricato da parte di Todt, dicendoci che potevamo procedere senza problemi. C’era però un ulteriore aspetto da verificare siccome la normativa consente un solo cambiamento di pilota per macchina. Oltre a Lotterer, avevamo chiesto la superlicenza per Roberto Merhi (il driver spagnolo) in previsione di un suo debutto e di conseguenza avvisammo la Federazione di tenere in stand by la pratica di quest’ultimo. Loro furono molto collaborativi dicendoci che avendo sempre schierato Eriksson, potevamo giocarci il secondo jolly per Barrichello che dopo Interlagos avrebbe chiuso la stagione ad Abu Dhabi. Tutto procedeva per il meglio, quando si verificò uno sconvolgimento all’interno della scuderia.”
Cosa accadde?
“La nuova proprietà della Caterham, che aveva me come Team Principal e quella vecchia legata a Tony Fernandes (l’imprenditore malese) entrarono in rotta di collisione a causa di motivi legali. Fernandes aveva ceduto il controllo ai nuovi proprietari, ma non aveva provveduto a trasferire fisicamente le quote societarie. La conseguenza immediata fu l’arrivo di Finbarr O’Connell (uno degli amministratori della londinese Smith&Williamson, società specializzata in recupero crediti ndr.) che prese il mio posto. Fu una manovra a sorpresa con conseguenze traumatiche perché saltarono le trasferte di Austin ed Interlagos. Ma non solo, O’Connell intervenne sulla line-up dei piloti: ripresentò Kobayashi e nell’ultimo Gran Premio di Abu Dhabi fece debuttare Will Stevens al posto di Eriksson che aveva rescisso il contratto. Non prese assolutamente in considerazione Barrichello, nonostante ci fosse tutto pronto, preferendogli il britannico che probabilmente forniva appoggi finanziari significativi, o qualche altra credenziale importante. Di conseguenza il progetto con l’ex ferrarista s’interruppe.”
Come reagì Rubinho?
“La prese abbastanza male, perché si era preparato anche sotto il profilo mediatico garantendosi degli appoggi locali. Il suo come-back sulla pista di casa avrebbe avuto un grande seguito. Noi, ormai fuori dalla squadra, potemmo solo metterlo in contatto con O’Connell che non diede alcun seguito. Secondo me queste scelte erano motivate dal fatto che il nuovo management aveva altri obiettivi. Peccato, perché quest’operazione avrebbe riscosso notevoli vantaggi per il team. Avevamo coinvolto i promoter del Gran Premio e pure Bernie Ecclestone.”
La Caterham era giunta al capolinea…
“Ricordo che dopo Abu Dhabi partecipò ai rookie test, ma poi la sua avventura in F.1 terminò. Noi l’avevamo rimessa in sesto sia finanziariamente che sportivamente. Nell’ultima qualifica in Russia, quando ero ancora Team Principal, precedemmo la Marussia di Chilton, la Williams di Massa e la Lotus-Renault di Maldonado. La vettura era stata trasformata, era cambiata visivamente. O’Connell invece aveva un suo programma con delle idee innovative come quelle di un crowdfunding, che però alla resa dei conti si rivelarono aria fritta.”