Published on Settembre 28th, 2024 | by Massimo Campi
0F1: Daniel Ricciardo al capolinea.
Di Carlo Baffi
Il 35enne pilota australiano cederà il sedile della sua Racing Bulls al neozelandese Lawson a partire dal Gran Premio degli Stati Uniti in programma ad Austin il prossimo 20 ottobre. Dopo 14 anni si conclude la sua avventura in Formula Uno.
La notizia aveva iniziato a circolare nel fine settimana del Gran Premio di Singapore ed ha trovato la sua ufficializzazione nella serata di giovedì 26 settembre. Daniel Ricciardo non sarà più il pilota della Racing Bulls e sarà sostituito da Liam Lawson, l’attuale driver di riserva della Red Bull e del team faentino. Le dichiarazioni dell’australiano e la commozione che si poteva vedere sul suo volto al termine della gara di Marina Bay, non lasciavano dubbi. Alla domanda se ad Austin sarebbe stato presente, Ricciardo ammetteva:” Ci sono buone possibilità che io non ci sia.” Un epilogo amaro per l’australiano che si augurava di poter correre in Texas, quella che lui reputa la sua seconda gara di casa dopo Melbourne. E che dire del giro veloce che ha siglato nel finale soffiandolo a Norris? Dell’omaggio alla carriera offertogli dalla Racing Bulls ci han creduto in pochissimi, anzi nessuno. Era palese che si trattasse di un favore a Verstappen, il leader della classifica che deve salvaguardare il più possibile quel tesoretto di punti nei confronti del Lando inseguitore. Il regolamento non ammette coalizioni tra team, ma si sa che la scuderia faentina è una costola della Red Bull e certi giochi si fanno eccome. Ovviamente è seguito il ringraziamento del tema boss Chirs Horner via radio (un gesto di umanità), ma sa un po’ di magra consolazione, dal momento che Daniel non potrà incamerare il punto aggiuntivo nella sua classifica essendo giunto 18°, fuori dai primi dieci. D’accordo, nel Circus non c’è spazio per i sentimentalismi ed i risultati non depongono a favore dell’australiano (soprattutto nei confronti del compagno Tsunoda), ma il cinismo dei “bibitari” non è passato inosservato. Così come le parole di Helmut Marko non fanno sconti:” Ricciardo è stato riportato in F.1 – sottolinea l’eminenza grigia di Milton Keynes – con la possibilità di approdare alla Red Bull Racing se le sue prestazioni in Racing Bulls fossero state all’altezza. Ma occorre vederlo in un contesto più ampio. Abbiamo un buon numero di giovani piloti come Hadjar (che si gioca il campionato di F.2 con Bortoleto) e Lawson.”
Largo ai giovani – Ed è proprio questo 22enne nato in Nuova Zelanda a Pukekohe nella regione di Auckland, di 7 anni più giovane di Ricciardo, che da terzo pilota di entrambe le compagini del toro, è stato promosso titolare a partire dal G.P. degli Stati Uniti. Un drastico cambiamento in corsa, come accaduto già in passato nella galassia Red Bull. Ricordiamoci quando nel 2016 a Barcellona il russo Daniil Kvyat, titolare accanto a Ricciardo, venne retrocesso dalla Red Bull Racing alla Toro Rosso e sostituito dal giovane talento Max Verstappen che stupì tutti vincendo il Gran Premio di Spagna e decollò verso l’olimpo del Circus. Una decisione maturato di recente, perché fino alla pausa estiva il pilota a rischio era il compagno di “Mad Max”, Sergio Perez e si vociferava che fosse proprio Ricciardo il candidato a riprendersi il volante in prima squadra. Poi, alla reazione di “Checo” s’è aggiunta una scelta dettata dal marketing (la presenza del messicano è strategica per il mercato centro e sud-americano nel commercio della bevanda energetica) ed ha pesato lo scarso rendimento del pilota. In 18 Gran Premi ha concluso solo tre volte nella top-ten totalizzando 12 lunghezze, ben 10 meno di Yuki Tsunoda, per sette volte a punti. Numeri implacabili che in un momento in cui a Milton Keynes guardano al futuro (a proposito, Verstappen resterà anche dopo il 2025?) hanno indotto i vertici a testare uno dei driver del vivaio. Un motivo che avrebbe accelerato i tempi, sarebbe legato ad una clausola presente nel contratto di Lawson, come scrive “Italiaracing”, per la quale se entro il 30 settembre prossimo il neozelandese non avrebbe beneficiato di un sedile in F.1, si sarebbe svincolato diventando appetibile per altre scuderie. Il suo curriculum è di tutto rispetto, dai due titoli nazionali di kart ottenuti a 12 anni, al dominio nella NZ F1600 Championship Series del 2016 con 14 successi in 15 round. L’anno dopo, Lawson passò in F.4 e nel 2019 approdò nella Red Bull Academy debuttando in F.3. Due stagioni dopo era in F.2 piazzandosi rispettivamente nono nel 2021 e terzo nel 2022. Contemporaneamente partecipò al DTM chiudendo secondo assoluto. Stesso piazzamento nella Super Formula in Giappone su una Dallara-Honda del Team Mugen nel 2023, l’anno del grande salto in Formula Uno. Un battesimo del fuoco improvviso avuto luogo a Zandvoort nel corso delle Libere 3 di sabato. Anche li dovette rimpiazzare Ricciardo (quando si dice il caso), rimasto vittima di un incidente il venerdì nelle Libere 2 in cui si fratturò il metacarpo della mano sinistra che lo estromise dal G.P. d’Olanda. Operato nei giorni successivi, l’australiano dovette affrontare la riabilitazione e rimase fuori per 5 gare. Gioco forza, Liam prese in consegna l’Alpha Tauri ed affrontò completamente a digiuno le Libere 3 sotto la pioggia. Una condizione non certo ideale per un rookie, per di più su un tracciato impegnativo come quello tra le dune del Mare del Nord. Percorse 26 tornate ottenendo il 18esimo tempo con 1’26”343. Nelle qualifiche non superò l’asticella della Q1, ma era plausibile dal momento che la sessione cominciò sul bagnato e rese necessario l’utilizzo delle intermedie. E pure la domenica non fu magnanima con il neozelandese, soprattutto al primo giro, quando scattato dall’ultima fila con le soft, si ritrovò sotto il diluvio dopo le prime curve. Tenne duro fino alla fine senza commettere errori (le circostanze erano critiche) portando a termine il suo primo G.P. in carriera al 13esimo posto davanti al compagno Tsunoda finito 16°. A Monza chiuse 11° e sul toboga di Singapore arpionò i primi 2 punti iridati in virtù del 9° posto. Nei G.P. successivi di Giappone e Qatar, fu 11° e 17°, ma la sua guida pulita senza errori impressionò i suoi capi che compresero di aver in casa un giovane di qualità, al punto che qualcuno iniziò a dubitare sul destino di Ricciardo, subentrato a Nick De Vries epurato in Ungheria dopo 10 round anonimi; l’ennesimo colpo di scure di Marko & C. Che per l’australiano si trattasse di un primo warning?
Amarcord – La carriera di Ricciardo è giunta così ai titoli di coda dopo 14 lunghi anni nella categoria regina. Il sipario si era alzato l’8 luglio del 2011 su un palcoscenico prestigioso: il tracciato inglese di Silverstone, la “Casa del Motorsport”. La trafila di Daniel aveva seguito il consueto copione, dapprima s’era fatto largo nel Red Bull Junior Team per diventare terzo pilota su entrambi i fronti. Al venerdì disputò le prove con la Toro Rosso ed il sabato venne dirottato sull’HRT, la monoposto della modesta compagine spagnola fondata dall’ex driver Adrian Campos nel 2010. Subentrato all’indiano Narain Karthikeyan, vi rimase per tutto il resto del campionato. Era l’anticamera del suo passaggio in Toro Rosso datato 2012, con la quale andò a punti in 6 round e fu 18° nella graduatoria finale. I costanti progressi gli fruttarono la promozione in Red Bull nel 2014 al fianco del quattro volte iridato Sebastian Vettel. All’apparenza si trattava di confronto molto impegnativo, ma l’australiano si presentò alla grande salendo sul secondo gradino del podio (alle spalle di Rosberg) nel primo G.P. stagionale, quello di casa a Melbourne. Peccato che venne squalificato per alcune irregolarità relative al carburante. Seguì il ritiro in Bahrain, ma si trattò di una parentesi sfortunata, perché l’allora 25enne di Perth ebbe modo di confermare il suo talento entrando nella top-ten per 16 volte su 19 G.P. Ma non solo, colse anche tre vittorie, la sua prima in assoluto in Canada l’8 giugno dopo esser partito sesto, a cui seguirono quelle in Ungheria e Belgio. Il bilancio a fine 2014 lo vide terzo dietro alla coppia Hamilton-Rosberg, dominatrice sulle Mercedes. Le 71 lunghezze inflitte a Vettel lo consacrarono prima guida del team, con il tedesco che mollò il colpo per approdare in Ferrari. Purtroppo però, rispetto al passato, gli ingegneri di Milton Keynes guidati dal genio di Adrian Newey non riuscirono a partorire una vettura in grado di contrastare l’egemonia delle Frecce d’Argento ed anche le prestazioni di Ricciardo ne risentirono. Nel 2016 fu ancora terzo, ma nella scuderia irruppe Verstappen deciso a prendersi la leadership. I rapporti tra i due non furono certo idilliaci, anche perché la squadra mostrava un particolare riguardo verso l’emergente olandese, pupillo di Marko. In breve tempo la rivalità tra i due oltrepassò più volte i livelli di guardia e toccò il suo apice nel G.P. dell’Azerbaijan del 2018 quando le due RB14 entrarono in collisione al 38° giro sul lungo rettilineo. Un episodio che avrebbe segnato il futuro di Ricciardo a Milton-Keynes, inducendolo a cambiare aria e firmare con la Renault. A posteriori l’australiano confessò che tra le ragioni del divorzio, ci fu proprio quel crash. Lasciata la scuderia con la quale aveva conseguito 7 successi, l’australiano riponeva grande fiducia nella nuova esperienza, che però si sarebbe rivelata una cocente delusione. Tra il 2019 ed il 2020 si sarebbero materializzati solo due miseri podi e di fronte all’opportunità di accasarsi alla McLaren che stava iniziando la sua risalita dopo un periodo buio, non esitò a lasciare squadra transalpina. Ci furono indiscrezioni anche su un suo possibile passaggio a Maranello, ma alla fine non se ne fece nulla. Il suo primo campionato sulla MCL35M fu senza dubbio il migliore. Si trovò al fianco di Lando Norris, allora un giovane molto quotato, ma Daniel cercò di farsi valere concludendo ottavo nella generale a 45 punti dal britannico. Rispetto ai tre podi di Lando ne ottenne uno, ma di grande valore, salendo sul gradino più alto a Monza nel Gran Premio d’Italia. In quel pomeriggio soleggiato del 12 settembre, nel pieno della cruenta lotta iridata tra Verstappen (con la Red Bull tornata in auge) ed Hamilton (Mercedes), spuntarono a sorpresa le McLaren color papaya-azzurro con Ricciardo che trionfò davanti al compagno. Era un ritorno alla vittoria che gli mancava dal 27 maggio 2018, quando s’impose su un’altra pista iconica, quella di Monte Carlo. Discorso analogo per la scuderia di Woking che ruppe un digiuno durato 9 anni. Tagliato il traguardo, il 32enne australiano sfogò la sua gioia via radio urlando insieme al pit-wall e sul podio celebrò l’indimenticabile impresa bevendo lo champagne che s’era versato nella sua scarpa. Il consueto marchio di fabbrica esibito ad ogni trionfo. Sceso dal podiox, Daniel ebbe modo di sfoderare il suo consueto humour (peraltro mai abbandonato anche durante i momenti di magra) rivelando il segreto della sua ottava affermazione in F.1:” Ho fatto finta di andare piano per tutto l’anno e così stavolta li ho sorpresi. In realtà, dopo la pausa estiva mi sono ritrovato ed è andata bene. E’ un risultato straordinario per tutta la scuderia.” In tanti credettero che Daniel fosse prossimo al tanto atteso rilancio, ma purtroppo si trattò del canto del cigno. I problemi sarebbero continuati pure nel 2022, al punto che Zac Brown lo appiedò anticipatamente per far spazio alla nascente star, Oscar Piastri, peraltro suo connazionale. Rimasto senza un volante, a Ricciardo non restò che accettare la chiamata del vecchio team principal Chris Horner, il quale gli offrì il ruolo di terzo pilota di Red Bull ed Alpha Tauri. Inizialmente svolse compiti limitati alle pubbliche relazioni, sicuramente un po’ svilenti per un driver navigato come lui, ma fece buon viso a cattivo gioco fino a quando gli si presentò la ghiotta chance di tornare in gioco al posto del licenziato De Vries. Una scommessa che avrebbe potuto spalancargli le porte di un ritorno alla cara Red Bull, sebbene non più nelle vesti di prima guida. Horner sperava di poter contare su un pilota di esperienza che avrebbe accettato di fare da scudiero al campionissimo Max, senza problemi. A differenza di Perez, che dopo le prime affermazioni del 2023 scalpitava ed ambiva a contendere la corona iridata all’oranje. Purtroppo anche questa scommessa andò perduta ed ora al simpatico “Riccio” non resta che salutare la compagnia dopo un mesto declino e con 256 Gran Premi alle spalle.