Storia

Published on Agosto 26th, 2024 | by Massimo Campi

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GP Italia nella storia: 07 settembre 1969, Stewart con la Matra verso il mondiale

 

Di Carlo Baffi

Quando il Mondiale ’69 sbarca a Monza per disputare l’8° degli 11 appuntamenti in programma, ha già praticamente il suo Re e manca soltanto la certezza matematica. Si tratta di un 30enne, nato a Dumbarton in Scozia e si chiama Jackie Stewart. E’ un fuoriclasse approdato in F.1 nel ’65 ed in quell’anno si aggiudicò la sua prima vittoria, guarda caso proprio a Monza al volante di una BRM. Da li in avanti diede prova del suo talento, a volte non supportato dal mezzo a disposizione, ma con il suo ingaggio da parte della Matra motorizzata Ford in vista del 1969, la sua carriera svoltò. L’inizio stagione di Stewart è travolgente con 5 successi nei primi sei Gran Premi e parliamo di prestazioni in cui il più delle volte annichilisce la concorrenza. Alla vigilia di Monza, lo scozzese vanta 29 lunghezze di vantaggio sul suo più immediato inseguitore, Jackie Ickx, mentre la sua scuderia diretta da Ken Tyrrell ne ha 23 su Brabham e Lotus. L’arma di cui dispone Stewart è la MS 80, che debuttò vittoriosamente a Brands-Hatch nella “Race of Champions” del 16 marzo, competizione non valida per mondiale F.1. Colpiscono le fiancate centrali allargate per via della presenza dei serbatoi posti accanto all’abitacolo. Il telaio è monoscocca ed il motore è il classico 8 cilindri Ford-Cosworth, capace di erogare 420/430 cavalli a circa 10 mila giri al minuto. Rispetto agli anni passati, la Formula 1 sta vivendo una notevole metamorfosi, sia sotto il profilo tecnico che economico. Le monoposto sono caratterizzate dalla presenza degli alettoni, un’invenzione introdotta l’anno prima per migliorare l’efficienza aerodinamica delle vetture. La ricerca spasmodica delle prestazioni aveva portato alla creazione di appendici dalle forme più svariate, a volte particolarmente voluminose e non sempre sicure. Ragion per cui la Commissione Sportiva Internazionale introdusse delle misure limite per quelle posteriori, non più lunghe di 110 cm e non più alte di 80. Le ali anteriori vengono invece vietate, mentre sono ammesse le cosiddette alette, o spoilers con una lunghezza non superiore di 150 cm. S’è parlato anche dell’aspetto finanziario, destinato a diventare negli anni un volano fondamentale per l’intero Circus. Nel 1968 aveva fatto notizia l’abbandono da parte della Lotus del classico “british racing green”, la tinta riservata alle vetture d’oltre Manica; fino ad allora le monoposto sfoggiavano le varie livree con i colori nazionali. Colin Chapman, patron della blasonata scuderia inglese, ruppe la tradizione e schierò le sue 49 con un’inedita grafica di color rosso ed oro su cui spicca il marchio “Gold Leaf”. Trattasi di una marca di sigarette molto popolari nel mondo anglosassone, che gli garantivano notevoli introiti. Fu una svolta epocale che segnò l’arrivo dei munifici sponsors, con i quali i vari team stringeranno accordi e per la gioia delle loro finanze. Una delle scuderie che però resterà un po’ indifferente a questo fenomeno sarà la Ferrari, il cui patron Enzo sarà particolarmente restio a decorare le proprie auto con loghi di aziende estranee all’automotive. Una presa di posizione forte dal momento che rinunciava ad una lauta fetta di guadagni. Non a caso proprio nel 1969, per l’esattezza il 22 giugno, Ferrari stipula una partnership commerciale con Fiat al fine di assicurarsi un futuro più tranquillo ed aumentare la produzione delle vetture stradali, oltre che di proseguire l’attività sportiva che per quanto concerne la categoria regina stava attraversando una crisi nera. La 312 F1 s’è rivelata un disastro, nelle prime 6 gare il pilota di punta Chris Amon vede solo una volta la bandiera a scacchi con il podio rimediato a Zandvoort. Per il resto sono tutti ritiri, al punto che dopo Silverstone abbandona momentaneamente i Gran Premi, portando avanti i collaudi e partecipando alle gare endurance. Complici gli scarsi risultati viene rispolverato il modello dell’anno prima per portare a termine la stagione. A Fiorano, Amon testa la “312B” con il baricentro basso mostrando una certa soddisfazione, ma i problemi di gioventù non mancano ed alla fine complice un’avaria al propulsore la speranza di schierare la nuova vettura svanisce. Di conseguenza a Monza scende in pista la 312 affidata al 35enne monzese Tino Brambilla, un pilota poliedrico messosi in luce dapprima con le due ruote e poi passato alle quattro ottenendo ottimi risultati nelle categorie minori. Brambilla è inoltre famoso per la sua abilità di preparatore e collaudatore ed il Gran Premio d’Italia sarebbe la sua grande occasione per esordire in F.1 e per di più sulla pista di casa. E’ d’obbligo però usare il condizionale, dal momento che nei giorni precedenti la gara, Brambilla è vittima di una rovinosa caduta in moto. Tutto accade mentre collauda la Paton 500 del fratello Vittorio (futuro driver in F.1) che doveva partecipare ad una gara motociclistica ad Imola valida per il Campionato Italiano. L’incidente ha luogo proprio nel Tempio della Velocità all’uscita dell’allora Curva Grande. Casco a parte, Brambilla indossa solo una tuta di tela e nel volo si procura la frattura dell’avambraccio e gravi abrasioni su tutto il corpo. Grazie alla sua tempra durissima “il Tino” si cala ugualmente nell’abitacolo della Rossa per le prove, ma i dolori lancinanti per le ferite, il polso gonfiatosi e lo scarso rendimento della vettura, hanno il sopravvento ed alza bandiera bianca. Della serie, perché rischiare di peggiorare ulteriormente la situazione quando sei relegato al ruolo di comparsa? Sono le 17.30 di sabato e la 312 viene quindi offerta a Perdo Rodriguez, il fratello maggiore di Ricardo (entrambi molto quotati sulle piste) iscritto come riserva. Il messicano accetta al volo, ma deve farsi prestare da Brambilla la tuta e casco ed ai box si assiste ad una vestizione immortalata dai fotografi presenti. Al termine della seconda giornata di prove ufficiali svettano le auto d’oltre Manica i cui tempi scendono al di sotto dell’1’26”. Da rilevare la temporanea rinuncia all’uso delle ali per eliminare ogni tipo di resistenza all’aria dato il layout del circuito che favorisce velocità elevatissime, a discapito dell’aderenza sui tornanti. Jochen Rindt è abilissimo a trarre vantaggio da questa scelta, portando la sua Lotus-Ford davanti a tutti col tempo di 1’25”48 alla media di 242,161 km/h. Secondo è Denis Hulme su McLaren-Ford con 1’26”57, poi Stewart che non migliora il suo 1’25”82. E la Ferrari? Rodriguez effettua il suo giro migliore in 1’28”47 a differenza dell’1’30 di Brambilla e partirà 12° senza grosse chances di essere protagonista. Una grossa delusione per i fans del Cavallino presenti in un Autodromo in cui stranamente non ha fatto capolino Ferrari, solito a visitare la sua truppa nei giorni di prova. A finire sotto la lente d’ingrandimento è la prestazione del giovane britannico John Miles alla guida della nuova Lotus 63 a quattro ruote motrici, 14° con 1’30”56 tradito dalla rottura di una valvola mentre transitava sul rettilineo del traguardo. La vigilia della corsa è colpita anche da un’altra triste notizia che proviene dal Belgio. Le autorità locali hanno confermato che Willy Mairesse, il 41enne pilota belga in F.1 dal 1960 al 1964, trovato morto in un appartamento di Ostenda il 1 settembre, s’è suicidato assumendo una dose eccessiva di barbiturici. All’origine del dramma, la forte crisi depressiva di cui soffriva Mairesse in seguito al grave incidente occorsogli durante la “24 Ore di Le Mans” del ’68 che aveva posto definitivamente fine alla sua carriera agonistica. Il 40° Gran Premio d’Italia, da disputarsi su una distanza di 391km (pari a 68 passaggi) prende il via alle 15.30 davanti a circa 120 mila spettatori. Curioso il siparietto che vede protagonista l’Avvocato Gianni Agnelli, il Presidente della Fiat, che ai tifosi che lo implorano di aiutare la Ferrari, risponde:” Non è solo una questione di soldi, ci vogliono anche le macchine.” Al via Stewart prende il comando tenendo a bada Rindt ed Hill, ma non riesce a fare il vuoto. Si formano due trenini di monoposto governati dal gioco delle scie. A metà corsa Stewart è sempre davanti sempre incalzato da Rindt, Courage, Hill e Beltoise. Una battaglia palpitante che a quattro tornate dalla fine perde uno dei suoi protagonisti; è Graham Hill vittima della rottura di un semiasse della sua Lotus-Ford. Ed arriviamo così all’ultimo giro. A contendersi il successo sono Stewart, Beltoise, Rindt e McLaren. Rindt, in un nuovo assalto, passa Stewart a Lesmo che però replica sopravanzando il rivale. Alla Parabolica Beltoise tenta una sortita portandosi accanto al compagno Stewart, infilandosi tra Rindt ed il sopraggiunto McLaren. Il francese, esce tutto all’esterno con il muso della sua Matra davanti a tutti. McLaren perde terreno, Stewart si sposta al centro e Rindt è all’interno, la posizione ideale per affrontare lo sprint finale. Negli ultimi metri però, lo scozzese stringe la Lotus e taglia vittorioso il traguardo diventando matematicamente Campione del Mondo per la prima volta (ne seguiranno altre due). Un rush spettacolare destinato ad entrare nella storia e che pone fine ad una gara durata un’ora 39’11” e 26 centesimi. Rindt è secondo a 8 centesimi, Beltoise terzo a 17 e McLaren quarto a 19. La Ferrari di Rodriguez conclude sesta a due giro da Stewart. Il trionfo di Jackie è salutato con entusiasmo dalla moglie Helene, che dopo essere balzata in pista dal muretto dei box ha raggiunto il consorte sul podio festeggiato con champagne ed una vistosa corona d’alloro. Una volta di fronte ai taccuini dei giornalisti il vincitore esterna la sua gioia:” Monza mi ha sempre portato fortuna ed anche oggi non è mancata alla tradizione. Qui ho vinto il mio primo G.P. quattro anni fa e qui ho coronato nel modo più bello, con un successo, la conquista del mio primo titolo mondiale.” E sulla volata spiega:” Devo ringraziare Beltoise che ha corso con molta intelligenza ed all’ultimo giro ha fatto in modo che potessi uscire avvantaggiato dalla Parabolica tirandomi la volata e tenendo a bada Rindt.” Differente l’umore dell’austriaco che non nasconde il proprio disappunto in merito al gioco di squadra del duo Matra:” All’ultima tornata Beltoise, con una manovra spericolata, mi ha superato ritardando la frenata in Parabolica ed affiancandosi a Stewart. I due mi hanno chiuso, ho cercato inutilmente uno spiraglio all’uscita della curva ed alla fine quando Beltoise ha dato il via libera a Jackie, questi s’è spostato gradatamente a destra ritardando la mia rimonta. Forse se il mio compagno Hill, fosse rimasto con noi sino alla fine le cose sarebbero andate diversamente.”

 

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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