Formula 1

Published on Maggio 22nd, 2024 | by Massimo Campi

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F.1 – Imola 1987: la grande paura di Piquet

 

Di Carlo Baffi – foto Raul Zacchè/Actualfoto

Nel corso delle prove del venerdì il brasiliano sbatte alla Curva del Tamburello distruggendo la sua Williams-Honda. Per lui non ci saranno conseguenze, anche se dovrà saltare la corsa della domenica. Una vicenda a lieto fine raccontata da Ezio Zermiani.

Sono le 13 e 19 di venerdì 1° maggio, quando la prima sessione di prove di qualificazione del Gran Premo di San Marino viene interrotta dopo soli 19 minuti. Presso la velocissima Curva del Tamburello stazione semidistrutta la Williams-Honda numero 6 di Nelson Piquet. La direzione gara espone la bandiera rossa al fine di consentire al personale medico di soccorrere il sudamericano, che una volta estratto con tutte le precauzioni del caso viene adagiato sull’erba e subito dopo trasportato al Centro Medico dell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari. Sul Santerno cala una notevole apprensione dopo che la regia manda in onda il replay dello schianto. Le immagini mostrano la vettura che sbanda per circa duecento metri prima di impattare col retrotreno a circa 280 km/h contro il muretto di protezione posto oltre la breve via di fuga. Dopo i primi controlli eseguiti dall’equipe diretta dal Dottor Giuseppe Piana il Circus tira un sospiro di sollievo. Gli esiti sono negativi, Piquet sebbene si trovi in stato confusionale, ha subito un leggero trauma cranico (non ricorda niente e crede di aver avuto l’incidente il sabato quando invece siamo a venerdì) ed una distorsione al ginocchio. Per sicurezza il pilota della Williams viene trasferito in ambulanza all’Ospedale Bellaria di Bologna dove gli verrà effettuata una Tac per scongiurare lesioni interne e che fortunatamente darà esito negativo. A scopo precauzionale però, i medici, compreso Sid Watkins, il neurochirurgo presente a tutti i Gran Premi in qualità di consulente medico della Federazione Internazionale, vieteranno al brasiliano di prendere il via alla gara contrariamente alla sua volontà. Al momento dell’uscita di pista, Piquet comandava la classifica con il tempo di 1’25”997, seguito a soli 3 decimi dal compagno Nigel Mansell e nessuno avrebbe migliorato quella prestazione nei restanti minuti della sessione. Circa le cause del botto, Patrick Head responsabile tecnico del team inglese non si sbilancia più di tanto, dal momento che le riprese televisive hanno inquadrato la vettura già fuori controllo e dopo una prima disamina dei resti della FW11B, ipotizza un problema ad una gomma:” …anche se ciò non è dimostrato. Penso che la Goodyear – aggiunge l’ingegnere britannico, nonché socio di Frank Williams – stia per prendere dei provvedimenti.” Per la verità, durante le prove si erano già palesate delle avvisaglie sugli pneumatici di alcuni concorrenti tornati ai box con dei piccoli crateri sul battistrada e sulla McLaren di Prost s’era pure afflosciata una gomma. A tal proposito risultava significativo il racconto di Adrian Campos che si trovava alle spalle di Piquet:”… all’improvviso ho visto la Williams mettersi di traverso, senza che Nelson potesse rendersi conto di quanto gli stava accadendo. Ma non ho visto scintille, né gomme staccarsi.” Testimone privilegiato della vicenda fu Ezio Zermiani, storico inviato della Rai al seguito della Formula Uno che si trovava ad Imola.

Cosa ricorda di quel giorno?

“Mi trovavo come al solito in pit-lane per il collegamento con la diretta ed ovviamente quando accadono questi episodi subentra subito la paura e l’emozione. Io corsi subito al centro medico, fortunatamente riuscii a parlare con Nelson, il quale mi rassicurò che circa le sue condizioni. Parlai poi col dottor Piana, il quale confermò quanto dettomi dal pilota ed aggiunse che secondo lui, il pilota avrebbe potuto correre il giorno dopo, dal momento che non aveva subito fratture e non era svenuto.” Questa era l’impressione a caldo del clinico. “Però La botta subita era stata forte, prova ne è che tempo dopo, quando ebbi l’occasione di tornare sull’argomento, Nelson mi confidò che da circa un mese riviveva quell’episodio di notte. Rivedeva quel muro minaccioso che gli veniva addosso mentre lui non riusciva a frenare; un incubo ricorrente da cui si svegliava madido di sudore. Un problema che non solo gli impediva di riposare la notte, ma aveva conseguenza pure quando cercava di accelerare. Mi disse infatti che il piede gli risaliva da solo, una sorta di riflesso incondizionato innescato dal cervello. Una brutta sensazione che non ti permette di avere la coscienza dei comandi che in questo sport è fondamentale. Piquet era preoccupatissimo, ne parlò con i medici i quali lo esortarono a non mollare perché era un disagio passeggero: doveva pazientare in modo che il cervello cancellasse quel brutto ricordo. Ed infatti quel problema venne poi superato. Nel frattempo Piquet venne trasferito in ospedale ed io lo seguii. Una volta espletati di controlli non venne dimesso, rimase seduto su una poltrona e la sua presenza richiamò l’attenzione del personale medico, in particolare delle infermiere che gli chiedevano autografi e lui fu ben felice di intrattenersi con le tante ammiratrici. Prese così corpo l’idea di organizzare una spaghettata per cena nel reparto dove era ricoverato; il tutto improvvisato con vettovaglie recuperate all’ultimo momento in un’atmosfera goliardica dove non mancarono gli scherzi.”

Il carioca trascorse una notte tranquilla e la mattina successiva, come riportò “La Gazzetta dello sport” per voce dello stesso Nelson, si svegliò contento perché sentiva cadere dell’acqua. Pensò che con la pioggia il suo miglior tempo di venerdì non sarebbe stato battuto e ciò gli garantiva la partenza dalla pole position. Invece aprendo la finestra vide che il rumore dell’acqua proveniva da una fontana nel giardino dell’ospedale. Era comunque convinto di potersi presentare al via, ma dopo le visite mediche arrivò il veto. In realtà le relazioni stilate successivamente dai sanitari (compresi i dottori Piana e Watkins) non erano favorevoli. Non si escludeva un lieve rischio di black-out, o addirittura di svenimento nel corso della prognosi, in aggiunta alla distorsione alla caviglia sinistra ed al ginocchio destro. Insomma, era meglio non azzardare imprudenze. Piquet non la prese benissimo, perché voleva correre:” …ma ciò era impossibile. Devo stare calmo – spiegò Nelson – ma intanto sono qui arrabbiato nero.” Umore comprensibile dal momento che disponeva di una vettura molto competitiva quale la FW11B. Si trattava dell’evoluzione del modello precedente che aveva vinto il mondiale costruttori, a differenza di quello piloti perso all’ultima gara ad Adelaide complice una strategia sbagliata e la faida interna tra Piquet e Mansell. L’arma sfornata dalle menti di Patrick Head e Frank Dernie poteva contare su un sistema di raffreddamento migliorato grazie a delle feritoie più grandi per facilitare lo smaltimento termico. Il muso era più pronunciato verso il basso e grazie al nuovo disegno del fondo piatto ed una scanalatura sotto le pance laterali si cercò di sfruttare al meglio l’effetto Venturi sotto la scocca. Infine il propulsore V6 biturbo Honda garantiva una potenza molto elevata combinata a dei consumi ridotti. Per cui Nelson non intendeva minimamente lasciarsi sfuggire l’opportunità di fare bottino pieno su un tracciato a lui gradito come quello in riva al Santerno, sul quale aveva trionfato consecutivamente nel biennio 1980-1981 al volante della Brabham. Imola era la seconda tappa del mondiale ed in classifica Nelson era secondo alle spalle di Prost, il campione del mondo in carica sulla McLaren-TAG Porsche. Ma ritorniamo ai fatti di cronaca.

“Nelson era decisamente contrariato”- racconta Zermiani che trascorse la nottata in ospedale accanto all’amico pilota – aveva ribadito di non essere svenuto, di aver avuto solo un vuoto di memoria e di essersi disteso sul prato in quanto gli doleva la caviglia. Ma non ci fu verso di convincere i dottori a fare marcia indietro. Mi espresse la sua delusione dicendomi che doveva assolutamente essere in autodromo dov’erano presenti tantissimi suoi tifosi ed amici. Voleva fare qualcosa per quel pubblico italiano che lo amava. Di colpo mi balenò allora per la testa un’idea. Siccome nel paddock, c’era la presentazione statica della nuova “Ducati Paso 750”, pensai che Piquet avrebbe potuto effettuare un giro in sella al bolide senza casco, ovviamente a bassissima velocità, dove avrebbe potuto salutare il pubblico. Il tutto ripreso in diretta dalla Rai nella trasmissione che seguiva il warm-up. Gli feci la proposta e ne fu molto entusiasta. Una volta in circuito ne parlai subito con uno dei fratelli Castiglioni (i proprietari dell’azienda) che diedero il loro consenso senza problemi e poi al nostro regista Giancarlo Tomassetti, che però mi fece notare i tempi parecchio ristretti per allestire l’iniziativa (erano già le dieci). Incontrai quindi Bernie Ecclestone, padrino assoluto del Circus, spiegandogli che in mondovisione avremmo mostrato che il pilota era incolume, che stava bene e che per la F.1 sarebbe stato un ottimo spot sul grado di sicurezza raggiunto. Ecclestone intuì immediatamente la grande opportunità e mi disse di procedere al volo. La squadra Rai, rinunciando alla pausa pranzo, fu rapidissima ad allestire il tutto e così intorno alle 11 e 30 andò in onda lo show annunciato dallo speaker dell’Autodromo. Nel corso di quel giro su quella moto rossa, Piquet con i suoi folti capelli neri al vento ricevette un omaggio calorosissimo della folla che gremiva le tribune. La sua mano destra poggiava sulla manopola del gas e con l’indice della sinistra, ruotandolo, dava l’arrivederci all’anno dopo. Il pubblico rispose con un’hola interminabile lungo il percorso che suscitò una notevole commozione del brasiliano. E per rendere ancora più suggestiva l’atmosfera, la nostra regista Alida Fanolli mise come sottofondo musicale il celebre motivo “O que será que será” di Chico Barque de Hollanda; davvero meraviglioso.”

Poco prima dello start, Piquet fece capolino sulla griglia e salutò il suo compagno-nemico Mansell, che partiva in prima fila al fianco del poleman Ayrton Senna sulla Lotus-Honda. La 7^ edizione del Gran Premio di San Marino fu caratterizzato da due partenze, con Mansell che dopo il secondo via sopravanzò Senna e s’involò verso un successo abbastanza agevole. L’inglese s’impose davanti a Senna che nelle ultime battute ebbe la meglio sulla Ferrari di Michele Alboreto. Piquet, dopo una settimana di riposo forzato fece ritorno alle competizioni in occasione del terzo appuntamento del mondiale, il G.P. del Belgio a Spa due settimane dopo. Se sull’insidioso circuito delle Ardenne il carioca fu costretto al ritiro, avrebbe poi inanellato una serie di piazzamenti a podio e tre vittorie, che gli avrebbero consentito di combattere per il titolo sino all’ultimo round in Giappone. A Suzuka complice un violento crash di Mansell (suo diretto rivale) nelle prove del venerdì’, Nelson conquistò la sua terza corona iridata ancor prima del Gran Premio della domenica, dal momento che il “leone britannico” chiuse anzitempo la stagione per il violento trauma subito.

 

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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