Published on Novembre 18th, 2023 | by Massimo Campi
0La Carrera Panamericana del 1953, il trionfo della Lancia D24
Una grande avventura, questo doveva essere il significato della Carrera Panamericana, la corsa di durata che si svolgeva in autunno in Messico. La prima edizione prese il via nel 1950, l’ultima nel ’54 e non venne mai più disputata per la pericolosità del percorso che si svolgeva su strade aperte al pubblico, anticipando la fine di tutte le grandi classiche stradali. Tra le cinque edizioni è rimasta epica quella del 1953, con il trionfo della Lancia.
Il 19 novembre, nell’alba di Tuxla Guiterrez, estremo sud del Messico nello stato del Chapas, alle 6 del mattino in punto, rombava il V8 di 5,4 litri della Chrysler New Yorker Special di Fernando Razo Maciel, il primo a prendere il via. Alle sue spalle i restanti concorrenti (177 iscritti) partono in rapida successione suddivisi in due gruppi: Vetture Sport, con 44 partecipanti e Vetture Turismo con 133 al via. Davanti a loro 3.077 km da coprire fino a Ciudad Juarez, all’estremo nord dello stato Messicano.
È la quarta edizione della corsa ed è stata inserita nel neonato Campionato mondiale per vetture Sport e questo anima maggiormente lo scontro frontale tra due colossi dell’automobilismo sportivo: Ferrari e Lancia.
La grande favorita è la casa torinese, che si presenta alla Carrera con uno spiegamento di forze notevole: trenta addetti tra meccanici e assistenti, oltre ad una officina mobile su “Esatau” appositamente carrozzato. La spedizione in Messico è controllata direttamente da Gianni Lancia che vede la maratona come una grande opportunità pubblicitaria per il facoltoso mercato americano. Il direttore sportivo è Attilio Pasquarelli, della squadra assistenza fa parte anche il capo collaudatore Giuseppe Gullio al seguito delle cinque vetture sport al via tra D23 e D24. Juan Manuel Fangio, Felice Bonetto e Piero Taruffi sono i tre piloti delle D24, appositamente modificate per la Carrera con il V6 a cilindrata ridotta (3.096 cc al posto degli originali 3.284 cc) per essere più affidabile. Le due “vecchie” D23, spinte al V6 di 2.962 cc sono affidate a Giovanni Bracco ed al giovane Eugenio Castellotti.
La Ferrari è al via con le potenti 375 MM, dieci quintali di massa spinti da un poderoso motore di 4,5 L, a 12 cilindri, che eroga 340 CV. I lavori di asfaltatura dell’intero tragitto erano stati finalmente completati dopo le tre edizioni precedenti a nei giorni precedenti la gara, sull’autostrada di Cuernavaca, la Ferrari di Umberto Maglioli fa segnare l’impressionante velocità di 270 km/h. Il risultato convince Gianni Lancia a disporre l’esclusione dei copiloti meccanici sulle vetture della sua scuderia, ufficialmente già iscritti alla gara, allo scopo di diminuire il peso e perdere il minor terreno possibile in velocità massima. I meccanici furono poi fatti salire sulle tre vetture di testa nelle ultime tappe, quando il vantaggio era ormai incolmabile, allo scopo di intervenire prontamente in caso di guasti di facile soluzione e di prevenire contestazioni.
Sin dalla prima tappa, a tutti i concorrenti fu subito chiaro che la lotta per le prime posizioni era una questione che riguardava le agili Lancia e le potenti Ferrari. La lotta tra le due case italiane, riguardava anche i piloti con i due veterani, Bonetto e Taruffi, in competizione tra loro come esperti stradisti.
La prima tappa la vince Bonetto, facendo volare la sua D24 alla media record di 152,7 km/h, seguito da Taruffi, Fangio e Castellotti. Il pilota di Manerbio, che aveva compiuto il mezzo secolo di età, mise subito in chiaro che voleva a tutti i costi quella vittoria, voleva un risultato eclatante per coronare la sua carriera. La Ferrari di Maglioli però dimostrò di essere molto forte conquistando il comando della tappa fino a quando la sosta, per la riparazione di un manicotto, lo aveva attardato. La pericolosità della Carrera iniziò a fare vittime sin dai primi chilometri con la morte di Antonio Stagnoli e Giuseppe Scottuzzi fuori strada con la loro Ferrari 375MM.
Nella seconda giornata ci sono due tappe e la rivincita di Piero Taruffi che infligge a Bonetto 1’08” di distacco nella prima. Il tratto Puebla-Città del Messico è vinto ancora da Taruffi su Bonetto mentre Maglioli è terzo. Quarto arriva Castellotti, con lo sterzo danneggiato della sua D23 per avere investito un cane. Anche Fangio ha problemi alla sua D24 con il ponte De Dion piegato a causa di urto contro un paracarro.
Il terzo giorno di gara prevedeva due tappe, la prima da Città del Messico a Leon e la seconda fino a Durango, per un totale di 950 Km con soli trenta minuti di pausa tra le due. Nonostante le due tappe vinte da Taruffi, Bonetto è ancora in testa alla gara per pochi secondi e parte davanti al romano. Li segue dopo un altro munito Fangio seguito dalla Ferrari di Maglioli che può finalmente scatenare i 340 cv del suo V12 sui lunghi rettifili all’inseguimento delle barchette torinesi. Dopo settanta chilometri il ferrarista supera la D24 di Fangio ed a 30 km da Silao raggiunge le al tre due Lancia in testa ed in lotta tra loro.
Tra Bonetto e Taruffi è ormai guerra aperta, affrontano in piena velocità i veloci rettilinei, uno nella scia dell’altro, ma poco prima della cittadina di Silao Taruffi esce di strada in una veloce curva a destra, finisce in campo e danneggia lo sterzo. Grazie ad alcuni spettatori riesce a spingere la D24 in una vicina stazione di servizio e con la fiamma ossidrica riesce a raddrizzare la leva dello sterzo e riprendere la gara, anche se molto attardato.
Bonetto invece entra a tutto gas a Silao ignorando la presenza di alcuni canali di scolo dell’acqua che attraversano la strada. Su uno di questi la D24 si impunta, decolla, si schianta contro il balcone di una casa e termina la virata contro un palo.
Lo sfortunato Bonetto muore sul colpo, la tappa è vinta da Maglioli alla media di 186,3 km/h ed anche Bracco con la D23 si deve ritirare per la perdita di una ruota. Ma la supremazia della Ferrari dura poco per la rottura di un cuscinetto del mozzo con la ruota che vola via nella tappa successiva. Al termine di una giornata drammatica la classifica vede al comando la D24 di Juan Manuel Fangio che aveva tenuto una condotta di gara prudente ed attento a non commettere errori, seguito da Taruffi, attardato di 20 muniti per la riparazione dello sterzo e da Castellotti con la D23.
Ormai la Lancia era sicura del successo, Attilio Pasquarelli da l’ordine di mantenere le posizioni fino alla fine e fa salire sulle vetture i meccanici come secondi piloti, pronti ad intervenire in caso di qualche problema meccanico.
Le tre tappe conclusive (Durango-Parral. Parrai-Chiuahua e Chihuahua-Juarez) vengono dominate da Maglioli. Il biellese, con la sua barchetta inutilizzabile, salì sulla 375MM di Mario Ricci e si diede ad un furibondo inseguimento tanto che venne citato dalla stampa locale come “el suicida del volante”, ma il distacco dalle tre Lancia di testa era incolmabile.
L’ultimo brivido fu per Castellotti col il cofano della sua D23 che vola via in piena velocità. “E’ stato un attimo” disse poi il lodigiano “mi sono abbassato d’istinto altrimenti mi avrebbe tagliato la testa, invece mi ha solo preso il caso di striscio!”
A Ciudad Jaurez, arrivo definitivo della Carrera, si celebrò il trionfo della Lancia con Fangio, Taruffi e Castellotti ai primi tre posti. Il percorso di 3.077 km viene coperto alla velocità media di 169,221 km/h dall’argentino, primo dei 60 classificati.
Il trionfo della casa torinese è però funestato dalla morte di Bonetto, Stagnoli e Scottuzzi e da altri sei spettatori travolti da varie vetture finite fuori strada.