Published on Ottobre 30th, 2023 | by Massimo Campi
0Suzuka 1988: Senna è Campione!
Di Carlo Baffi
Il 30 ottobre ’88, sul circuito della Honda, Ayrton Senna conquista la sua prima corona iridata al termine di una rincorsa entrata nella storia.
Il Mondiale di Formula Uno 1988 sarà ricordato per il dominio incontrastato della McLaren-Honda, che siglò 15 vittorie su 16 Gran Premi. Una stagione senza storia che vide i due alfieri del team anglo-giapponese, Ayrton Senna ed Alain Prost darsi battaglia per la leadership. Solo in un’occasione finirono ko, nel Gran Premio d’Italia a Monza, quando a vincere fu la Ferrari con la doppietta Berger-Alboreto. Un grande omaggio ad Enzo Ferrari, deceduto a 90 anni poche settimane prima. Due destini incrociati, quello tra il veterano, o meglio il “Professore” forte di due mondiali e l’astro nascente, noto a tutti come “the Magic”. Il primo, classe 1955, era approdato nel blasonato team diretto da Ron Dennis nel 1984 trovandosi accanto ad una leggenda, Niki Lauda, che proprio in quell’anno gli soffiò il mondiale per mezzo punto. Una lezione amara di cui fece tesoro e gli permise di rifarsi nel biennio successivo con due titoli a fila. Il 28enne Senna invece era appena stato ingaggiato da Dennis, ma era il fenomeno del momento, rivelatosi al grande pubblico quattro anni prima. Nel G.P. di Monte Carlo, al volante della modesta Toleman e sotto il diluvio aveva sfiorato un clamoroso trionfo giungendo alle spalle proprio di Prost, aiutato da una provvidenziale bandiera rossa mentre stava per essere superato dal rookie sudamericano. Un’impresa che gli spalancò le porte della Lotus con la quale iniziò la sua scalata tra i top drivers. Il suo passaggio alla McLaren rappresentava per lui il definitivo trampolino di lancio verso quel sogno mondiale a cui ambiva sin da bambino.
Antefatti – Quando il Circus sbarcò in Giappone la classifica iridata vedeva al comando Prost con 84 punti contro i 79 di Senna: un margine esiguo per via della regola degli scarti secondo la quale erano validi solo gli undici migliori risultati. Gioco forza Prost, avendo conseguito sei successi e sei secondi posti doveva scartare un 2° posto. In virtù di questa situazione, Senna (che aveva al suo attivo sette vittorie, due secondi, un quarto ed un sesto posto) se avesse vinto a Suzuka sarebbe diventato Campione del Mondo. Nelle prove del venerdì Ayrton fu il più rapido con un crono inferiore di ben 1”6 rispetto a quello di Alain (terzo dietro a Berger), il quale da abile macchiavellico, si lamentò subito di un’improvvisa erogazione di potenza alle ruote posteriori che gli creava problemi nelle curve lente. E non solo. Davanti ai giornalisti sentenziò:” Dite a Senna che con due macchine uguali vinco io. Non lancio accuse e non faccio insinuazioni, ma quanto dico l’ho dimostrato in questa stagione.” Una frase che provocò l’intervento del Presidente Fisa Jean Marie Balestre, il cui sciovinismo verso i suoi connazionali era ben noto. Nel timore di favoritismi del motorista Honda verso il paulista (tra le due parti vi erano ottimi rapporti), scrisse una lettera privata al numero uno del colosso nipponico auspicando un trattamento paritario per i duellanti. Indispettita da quell’atteggiamento, la Honda rispose pubblicamente a Balestre costringendolo ad uscire allo scoperto e sottolineò che la correttezza era alla base della propria attività imprenditoriale. Inoltre, tramite il suo portavoce si disse disposta ad “allineare quattro propulsori e chiedere ai piloti di scegliersene uno.” In alternativa ci poteva essere il sorteggio dei V-6 turbo per qualifiche e corsa. In realtà, il ritardo di Prost non era imputabile a cause tecniche, bensì ad un affaticamento per il cambiamento di fuso e da disturbi di stomaco. In nome del fair-play, la McLaren assicurò il muletto ad entrambi i piloti, tanto che Senna lo scelse per disputare le qualifiche e la gara dopo averlo testato il venerdì. Nella crescente tensione, trovò pure spazio la scaramanzia come riportò Pino Allievi sulle pagine de “La Gazzetta dello Sport”. A destare un certo allarme fu la notizia della presenza in circuito la domenica di Soichiro Honda, l’83enne Presidente Onorario della marca omonima. Una figura storica nella cultura del Sol Levante, a cui però si accompagnava la fama di jettatore. Oltre a certi episodi spettegolati in fabbrica, spuntarono due date precise in cui il patron era ai box ed assistette ad altrettanti flop clamorosi. Parliamo del G.P. d’Australia del 1986 e del G.P. del Giappone dell’87. Nella prima circostanza, Mansell perse il mondiale a beneficio della McLaren TAG Porsche di Prost, complice lo scoppio di una gomma della sua Williams-Honda. Nella seconda, sia Williams che McLaren (tutte due spinte dai motori nipponici) furono beffate dalla Rossa di Berger, con ancora Mansell vittima di una rovinosa uscita di strada il venerdì che consegnò l’iride al suo compagno Nelson Piquet.
La pole – Al di là degli scongiuri, le qualifiche confermarono il predominio delle vetture bianco rosse. Risolti i problemi fisici, Prost potè giocarsi al meglio la pole sin dall’inizio risalendo secondo alle spalle di Senna nonostante avesse cominciato a piovere. Il vento avrebbe subito dopo spazzato le nuvole e con l’asfalto asciutto tutti tornarono in pista, ma una rovinosa uscita di Gugelmin (March distrutta), la sessione venne interrotta per circa un quarto d’ora. Nel finale Senna migliorò ancora il suo giro più veloce di 3 decimi ponendo una grossa ipoteca sulla pole position. Prost tentò allora il tutto per tutto negli ultimi due minuti e col tracciato libero fermò il cronometro su un tempo superiore di pochi decimi a quello del sudamericano chiudendo davanti a Berger staccato di un secondo dal poleman.
La vigilia – Con il monopolio della prima fila, la Honda pregustava il sapore della festa. Il titolo mondiale costruttori e quello piloti erano già in cassaforte e non rischiava di vivere la sopracitata doccia fredda di Adelaide. L’unica incognita era la vittoria che però doveva essere centrata a tutti costi nella gara di casa. D’accordo, Berger era pronto a fare il terzo incomodo scattando dalla seconda fila, ma rispetto all’anno prima non partiva al palo e la sua F.1 88C era inferiore alla MP4/4 pigliatutto. Il modello progettato da Steve Nichols e Gordon Murray era velocissimo oltre che affidabile. Il primo anno di matrimonio con la Honda stava andando a gonfie vele grazie anche al faraonico investimento del costruttore di Tokyo. L’ammontare venne stimato in circa 700 miliardi di vecchie Lire, spese a partire dal 1983 al fine di ottenere la supremazia nei Gran Premi. E tra i protagonisti di questa egemonia c’era pure un pizzico di Italia con la presenza di Emanuele Pirro in veste di collaudatore. Il 27enne romano aveva macinato decine di migliaia di chilometri in solitario in Giappone, preziosissimi per la messa a punto.
La rimonta – Quando spuntò l’alba di domenica, l’impianto di Suzuka, sito nella prefettura di Mie nella regione del Kansai a 50 chilometri a sud di Nagoya, venne preso d’assalto da una miriade di tifosi locali, molti di questi avevano perfino trascorso la notte vicino ai cancelli d’entrata. In parecchi tifavano per l’idolo locale Satoru Nakjima della Lotus, ma c’era pure una larga parte che parteggiava per Ayrton Senna. Nella terra del Sol Levante, la passione per la massima serie è sempre stata sentita e tutt’ora i supporters hanno un modo particolare di seguire i loro beniamini e le scuderie: dagli abbigliamenti pittoreschi ed originali, alle gigantografie dei piloti in grandezza naturale che i fans medesimi si portano appresso. Il cielo grigio carico di nuvole faceva da scenario all’ultimo atto del mondiale ed a meno di un quarto d’ora dallo start iniziò a cadere una leggera pioggerella. I concorrenti attesero fino all’ultimo per montare le gomme da bagnato senza però utilizzarle visto che smise di piovere pochi istanti prima del giro ricognizione. Tutto era dunque pronto per lo showdown e quando si accese la luce verde del semaforo, ecco il primo colpo di scena. La MP4/4 di Senna compì un leggero movimento per poi rallentare bruscamente. Inaspettatamente il brasiliano fece spegnere il motore venendo evitato e sfilato dalle altre vetture, mentre Prost s’involò facilmente in testa. Un pugno nello stomaco per i brasiliani e per i tanti sostenitori locali di Ayrton. Forse nella testa del poleman balenarono di colpo dei brutti ricordi: dal botto di Monte Carlo al Portier, al contatto fatale con Schlesser a Monza: in entrambe le occasioni era ad un passo dalla vittoria che svanì lasciandogli l’amaro in bocca. Della serie, non c’è due senza tre? Le sorti del paulista parevano segnate, ma mai dire mai. Grazie alla leggera pendenza del rettilineo di partenza, la McLaren numero 12 continuò a muoversi e ciò fu sufficiente a mettere in moto il V6 e consentire al pilota di cominciare la sua gara. Sin da quei primi metri, Senna sfogò tutta la sua rabbia pigiando sull’acceleratore, dando vita ad un inseguimento che aveva assunto i toni di una “mission impossibile”. Dopo la prima tornata transitò ottavo con un ritardo da 9”05 da Prost, Berger era secondo davanti ad un sorprendente Ivan Capelli a bordo della March Leyton House spinta dal motore Judd. A seguire, Alboreto, Boutsen, Nannini e Patrese. Ayrton spingeva a fondo e nel giro successivo infilò Patrese, Nannini e Boutsen. Al passaggio 4, bruciò la Ferrari di Alboreto salendo quarto e siccome il suo gap da Prost era leggermente aumentato diede ulteriormente gas, incurante del consumo eccessivo delle gomme. Suzuka era un tracciato particolarmente gradito ad Ayrton, con quelle curve da brivido lungo i 5,859 km in cui si raggiungevano medie elevatissime. Nel frattempo però anche il capofila si ritrovò alle prese con un grattacapo. Capelli, classe 1963, partito col quarto tempo, gli era a ridosso ed al 16esimo giro lo affiancò azzardando il sorpasso. Il francese, probabilmente reo di aver esitato troppo a cambiare marcia, rimediò a quell’indecisione riprendendosi la leadership alla fine del rettifilo d’arrivo. Ma quella lotta col milanese rallentò l’andatura a beneficio di Senna che liberatosi di Berger (terzo) all’ingresso del “Triangolo”, vide ridursi costantemente il ritardo dalla vetta: da 11”2 a 10”4 ed alla 19esima tornata scese a 6”1. Proprio in quel frangente Capelli alzò bandiera bianca per problemi elettrici ed Ayrton mise nel mirino la McLaren di Alain. A 32 passaggi dalla bandiera a scacchi era giunta la resa dei conti finale. La sagoma della monoposto del paulista si fece sempre più capiente negli specchietti di Prost ed una volta in scia si entrò nella fase più palpitante. Il preludio all’assalto finale durò fino al 27° giro, quando il duo di testa dovette affrontare il doppiaggio della Rial di Andrea De Cesaris. Una manovra insidiosa per Prost consapevole che il suo inseguitore avrebbe potuto ferrare il colpo del ko. Forse tradito dalla tensione, Alain sbagliò marcia ed Ayrton non gli diede scampo. Dopo averlo appaiato sulla destra, all’altezza della corsia dei box e con la Rial all’esterno, tirò la staccata e si presentò primo all’ingresso della curva seguente. Senna aveva superato il “Professore” completando la sua rimonta. Era la svolta della corsa e del campionato! Il conto alla rovescia verso il traguardo parve interminabile per il brasiliano, che però mantenne la massima concentrazione guidando senza alcuna imperfezione pure nei doppiaggi. Nemmeno quando nelle battute finali iniziò a scendere una leggera pioggia che rese infido l’asfalto. Un’insidia in più, che il fuggitivo segnalò ripetutamente sbracciandosi, ma ormai il G.P. era arrivato al rullo di coda. Dopo un’ora 33 minuti e 26 secondi, Senna tagliò vittoriosamente il traguardo con le mani alzate e si laureò Campione del Mondo. Contemporaneamente il popolare telecronista brasiliano Galvao Bueno al microfono dell’emittente verde-oro salutava quell’impresa urlando più volte a squarciagola: “Ayrton Senna do Brasil !”. Dopo oltre 13”, Prost avrebbe completato la doppietta bianco-rossa per il grande tripudio della Honda. Ed il belga Thierry Boutsen salì sul gradino più basso del podio, precedendo la Ferrari di Berger e la Benetton di Nannini.
Tra gioia e religione – Appena superata la finish-line, Senna si trasformò di colpo. Abbandonò la consueta freddezza per sfogare la tensione accumulata da tempo. Un insieme di emozioni forti, spesse volte censurate dalla rigorosa professionalità che aveva contraddistinto quel fuoriclasse sin dai primi passi nelle competizioni sui kart. Nel giro d’onore pianse a dirotto sotto il casco e successivamente anche davanti ai media brasiliani: il mondo stava conoscendo un altro Ayrton. “Finalmente è finita – confessò ai giornalisti – è stata una stagione lunga e durissima. Il titolo mondiale è l’obiettivo di ogni pilota e per me è diventato una piacevole realtà in quella che considero la più bella gara della mia carriera. E sulla corsa ammise:” Ho sbagliato la partenza nella gara più importante e non mi era mai capitato. Mi è sembrato che il mondo mi crollasse addosso, per un istante ho pensato che sarei rimasto fermo al palo. Poi quasi per miracolo sono riuscito a rimettere in moto la vettura che ha fatto un piccolo balzo in avanti. E’ stata dura rimontare – proseguì Senna – in particolare è stato difficile mantenere la calma e la freddezza per evitare altri errori. Le condizioni della pista e la poca professionalità di alcuni piloti doppiati, hanno complicato le fasi dell’inseguimento.” Il racconto del neo campione entrò anche nel privato:” Il banale errore di Monaco ha rappresentato il momento più importante nella mia carriera, mi ha svegliato facendomi riflettere. Da quel giorno sono cambiato completamente. In quella circostanza, la mia famiglia mi ha aiutato moltissimo ed ho acquisito una gran forza nella fede cristiana. Mi sono avvicinato maggiormente a Dio e cominciai a credere in maniera diversa. Ho acquisito sicurezza e probabilmente anche morale.” E circa gli ultimi giri sul bagnato rivelò il motivo dei segni con le braccia:” Avevamo le gomme da asciutto, c’era molta acqua in pista ed era pericoloso guidare. Avrebbero dovuto anticipare la fine della corsa come prevede il regolamento. Come al solito però i responsabili di questo sport non hanno preso la giusta decisione.” Una frecciata, memore di quanto accadde a Monte Carlo quattro anni prima. Non mancò pure un pensiero rivolto a Prost, il grande rivale:” Mi dispiace per lui, ma ha già vinto due titoli mondiali e poi penso che la mia vittoria sia più che meritata. E’ stato bello vincere davanti a lui, perché è il miglior pilota in attività. Fra noi c’è sempre stato un grande senso di rispetto anche se ultimamente erano sorti dei problemi.”
Parla il “Professore” – Nel post gara giunsero puntuali gli onori di Prost:” Non sono deluso perché Ayrton ha vinto il mondiale: lo ha meritato, è un pilota molto forte. Sono invece deluso per come è andata la gara. Non ho potuto opporre la minima resistenza con la seconda e la terza marcia perché avevo problemi al cambio. Anche il motore non era al cento per cento, ho avuto noie per tutto il fine settimana con la valvola di limitazione della pressione. Peccato perché l’assetto era ottimo. Infine sono stato condizionato dalla poca professionalità dei colleghi che dovevo doppiare. Purtroppo oggi l’ingresso in F.1 è troppo facile per piloti e squadre che non sono all’altezza dei migliori. Ayrton è molto determinato nel superare le auto più lente. Ammetto che rischia più di me, così come gli riconosco un’estrema velocità nelle qualifiche.” A distanza di quindi giorni, il francese si sarebbe consolato (per modo di dire), imponendosi nell’ultima trasferta, in Australia, davanti a Senna.
Guerra e pace – Ebbene, il campionato 1988 scrisse il primo capitolo di una rivalità tra due piloti che dall’anno successivo si sarebbe trasformata in una feroce lotta fratricida con colpi bassi dentro e fuori la pista. Una faida che ebbe altri due finali thrilling sempre a Suzuka nel biennio 1989-90 con un titolo mondiale per parte, ovviamente sempre seguita da accuse e veleni. La definitiva riconciliazione tra Ayrton ed Alain sarebbe andata in scena sul podio del G.P. di Australia del ’93 (vinto da Senna). Quel giorno, il francese annunciò il proprio ritiro pago del quarto mondiale vinto ed il brasiliano fu felice di poter ereditare la fenomenale Williams-Renault pilotata dal “Professore”. Raggiunta con fatica l’auto migliore del lotto, “the Magic” assaporava già di mettere le mani sulla sua quarta corona, che però non arrivò mai. Un tragico destino era in agguato il 1 maggio del 1994 alla curva del Tamburello di Imola.