Published on Settembre 1st, 2023 | by Massimo Campi
0G.P. d’Italia 1978 – 10 settembre 1978
Di Carlo Baffi
Doveva essere un giorno di festa, quello che avrebbe consacrato “Super Mario” Andretti Campione del Mondo, per la gioia del pubblico americano ed italiano. Nato nel 1940 a Montona quando l’Istria faceva parte della nostra penisola, Mario era emigrato negli States con i genitori e cresciuto con la passione dei motori diventò un pilota di grande caratura. Dopo i successi ottenuti nelle categorie d’oltre oceano, Andretti sbarcò in F.1, correndo con varie scuderie (Ferrari compresa), fino a mietere trionfi al volante della Lotus tornata in auge dopo un periodo opaco. A Monza sarebbe stato quindi il secondo driver a stelle e strisce a conquistare il titolo, 17 anni dopo Phil Hill divenuto re del Circus con la Rossa proprio nel “Tempio della Velocità”. Per uno strano gioco del destino, anche il pomeriggio in cui Hill si laureò campione era il 10 settembre e s’annunciava come un giorno felice. Purtroppo i fatti avrebbero accumunato queste due date tra le più funeste vissute dal circuito brianzolo. Nel ’61, l’uscita di pista di Wolfgang von Trips nobile tedesco e pilota della Ferrari in lotta per la corona iridata, aveva causato la morte di 14 spettatori, oltre a quella del pilota stesso. Una grande tragedia che una volta appresa da Hill, gli aveva cancellato la gioia per la conquista del massimo traguardo. Come allora anche nel ’78 la lotta mondiale è ristretta a due concorrenti dello stesso team, al posto di quelli del Cavallino ci sono quelli della Lotus, Mario Andretti e Ronnie Peterson. Quest’ultimo è uno svedese di 34 anni dai lunghi capelli biondi, veloce, coriaceo ed esperto: è nel Circus dal 1970. Ronnie è l’unico ad aver ancora delle chances per insidiare la leadership di “Piedone”, altro soprannome riservato ad Andretti. La differenza in classifica è di 12 lunghezze a tre gare dal termine. Prima di Monza, Andretti ha conseguito sei successi contro i due di Peterson ed inoltre gode della preferenza di Colin Chapman, il geniale patron della scuderia inglese. Mario è la prima guida, fattore che rende la sua vittoria finale praticamente certa. La coppia ha a disposizione la Lotus 79, un’evoluzione del modello 78, spinta sempre dal motore Ford Cosworth. Un progetto che porta la firma dello stesso Chapman insieme ai suoi validi tecnici, il cui punto di forza è rappresentato dal rivoluzionario sfruttamento dell’effetto suolo tramite le cosiddette “minigonne”: paratie laterali che creano una deportanza sotto la vettura ancorandola alla pista. Un’arma micidiale capace di sbaragliare la concorrenza, che solo un genio come Colin avrebbe potuto escogitare. La netta superiorità di questa vettura la si evincere anche dalla graduatoria costruttori, in cui la Lotus è ampiamente in testa con 41 lunghezze di vantaggio sulla seconda forza, la Brabham-Alfa Romeo e 49 sulla Ferrari. In attesa che la pista dia i suoi responsi, a Monza tengono banco due temi in particolare: il mercato piloti ed il destino dell’Autodromo Nazionale. Per tradizione, in occasione del Gran Premio italiano (fissato sempre a fine stagione) i team iniziano a svelare i loro piani futuri. Le prime anticipazioni riguardano la Ferrari che riconferma Gilles Villeneuve arrivato a fine ’77 al posto di Lauda e che ingaggerà per il ‘79 il combattivo sudafricano Jody Scheckter (28anni), in forza alla Wolf. Carlos Reutemann invece (il cui contratto scade il 31 ottobre), dopo aver trattato con la Renault, volerà in Inghilterra alla corte di Chapman per occupare il sedile di Ronnie Peterson prossimo ad accasarsi alla McLaren. Allo svedese sta stretto il ruolo di scudiero di Andretti. Il Commendatore ha deciso di puntare sul giovane canadese che ha dieci anni meno dell’argentino, malgrado questi abbia conseguito 3 vittorie nel mondiale in corso. Senza ombra di dubbio Villeneuve deve ancora crescere, ma oltre alle doti velocistiche è riuscito in poco tempo ad entrare nel cuore dei tifosi per il suo temperamento di indomito guerriero. Circa gli altri drivers, il 20enne Elio De Angelis potrebbe approdare alla Shadow rimpiazzando Clay Regazzoni, anche se restano aperte le trattative con la Brabham-Alfa Romeo, che non ha rinnovato con John Watson. La squadra di Bernie Ecclestone ha messo gli occhi pure su Nelson Piquet, il 26 enne brasiliano che sarebbe alquanto gradito tanto dal padrino del Circus, quanto da Calisto Tanzi patron della Parmalat, il main-sponsor del team anglo-italiano. Novità anche per “l’Alfa-Alfa”. Il Presidente Ettore Massaccesi, s’è detto possibilista circa il debutto nel 1979 del Biscione nella massima serie in qualità di costruttore. Come anticipato, c’è poi la questione Autodromo, ovvero “Monza 2”. Questo è il nome scelto per l’impianto che dovrebbe prendere il posto del “Tempio della Velocità” il cui destino sembrerebbe segnato. Lo storico circuito brianzolo è infatti nel mirino delle proteste dei movimenti ambientalisti (WWF ed Italia Nostra, per citarne alcuni) che si oppongono al taglio degli alberi nella zona delle Curve di Lesmo dove vanno ampliate le vie di fuga. Una “conditio sine qua non” intorno alla quale ruota la possibilità che alla Sias (la società responsabile dell’impianto) venga concesso il rinnovo del contratto di gestione dell’Autodromo. Per contro Ecclestone ed il Circus chiedono che il tracciato si adegui alle nuove esigenze della F.1 moderna con tutte le modifiche del caso. Una situazione colta al volo dai detrattori della pista monzese che da tempo conducono una guerra a colpi di slogan pervasi da una demagogia a senso unico molto discutibile e che non vedono l’ora di far sloggiare l’impianto. Da qui l’esigenza di trovare un’alternativa, voltando le spalle ad una tradizione che ha reso Monza famosa in tutto il mondo. La nuova struttura viene presentata il venerdì prima della gara tra le due sessioni di prove. Farebbe parte di un enorme progetto polisportivo comprendente: campi di calcio, tennis, golf, piscine ed anche uno stadio per l’atletica. Il layout della pista riprenderebbe (è sempre d’obbligo l’uso del condizionale) a grandi linee quello attuale, la lunghezza complessiva sarebbe di 6,975 km, con un rettilineo lungo 1.200 metri. Le curve previste sarebbero 11, aventi un raggio diverso. Un complesso modulare, con spazio anche per un circuito junior di 2.200 metri. La capienza raggiungerebbe le 150 mila unità, di cui 60 mila in tribuna, 30 mila sui terrapieni ed il resto in zone prato, senza alcun problema legato alla viabilità per l’afflusso ed il deflusso grazie alle moderne soluzioni adottate. Per quanto riguarda l’ubicazione dell’area non vi è alcuna ufficializzazione. Si parla di un’area di 5 milioni di metri quadri intorno all’aeroporto della Malpensa e qui entra in gioco la Regione Lombardia previa visione di un piano finanziario che non c’è ancora. Durante il meeting le autorità del Comune di Milano, Aci Italia ed Aci-sport, non entrano nei dettagli nonostante le domande incalzanti dei giornalisti. Anche in questo caso circolano indiscrezioni, seppur vaghe: si va da un minimo di 20 ad un massimo di 70 miliardi di vecchie lire. Cifre astronomiche che pongono seri dubbi sulla fattibilità di “Monza 2”. Ed in merito alle sorti del “Tempio della Velocità” s’è espresso anche il tre volte iridato Jackie Stewart secondo cui si potrebbe salvare l’attuale circuito ampliando i box e correggere l’entrata alle Curve di Lesmo. “In questo modo Monza diventerebbe una delle cinque piste più sicure del mondo. Non bisogna esagerare – prosegue lo scozzese amante della natura – anche per la difesa di un albero vale il rapporto tra costi e benefici. Se a Monza l’abbattimento di alcune piante può servire a rendere più sicuro il tracciato ed a far risparmiare decine e decine di miliardi, credo che nessun ecologo possa muovere obiezioni.” Ma torniamo al presente. Le prime prove vedono salire in cattedra, come ovvio, Mario Andretti che ferma i cronometri sul tempo di 1’37”780 alla media di 213,540 km/h. Dietro di lui Peterson, poi la sorpresa Renault con il francese Jean Pierre Jabouille. Quarto Villeneuve e sesto Reutemann. Il primo dei piloti italiani è Riccardo Patrese, 24enne padovano al suo secondo anno in F.1, portacolori della Arrows. La superiorità della Lotus 79, dalla affascinante livrea nera ed oro contrassegnata dal numero 5, prosegue anche il sabato. Nelle qualifiche che si disputano dalle 13 alle 14 e trasmesse per la prima volta in diretta della tv americana ABC, è sempre “Piedone” Andretti a dettare legge pigliandosi la pole con il crono di 1’37”520. A soli tre decimi però è sbucata la Ferrari 312T3 di Villeneuve che all’ultimo s’è issato al secondo posto a soli tre decimi dal capofila. Una prima linea composta da due piloti dal piede pesante e chissà chi di loro cederà il passo all’ingresso della prima variante ?” Se riesco a partire bene e a tirarmi subito fuori dal gruppo posso vincere la corsa. Anche se prima di tutto devo cercare di fare punti, perché il titolo è ormai abbastanza vicino.” Puntualizza Andretti, consapevole dell’irruenza di Gilles. In seconda fila si conferma Jabouille (terzo tempo) al cui fianco partirà Lauda. Alle loro spalle scatteranno Peterson e Jones sulla Williams-Cosworth. Solo undicesimo Reutemann alle prese con una vettura poco equilibrata:” … non sono riuscito neppure a ripetere i tempi dei test di una settimana fa.” Il nostro Patrese si qualifica 12esimo, non essendo riuscito a migliorarsi; spiega che il team non gli ha dato le gomme da tempo, però ritiena di poter disputare una buona gara. Sulla sua A1 gli verrà montato il motore Cosworth utilizzato in Sud Africa, quando aveva condotto davanti a tutti fino a 15 tornate dal termine. “Spero per lo meno di prendere il via – si auspica Riccardo – e di non restare al palo come è accaduto negli ultimi G.P.” Gli altri italiani qualificati sono: Giacomelli (McLaren-Cosworth) 20°, Merzario, 22° sulla propria vettura motorizzata Cosworth e l’idolo di casa, Vittorio Brambilla 23° sulla Surtees, anch’essa spinta dal propulsore concepito da Mike Costin e Keith Duckworth. E siamo a domenica. L’exploit di Villeneuve ha richiamato in massa il popolo del Cavallino ed a Monza sono attesi circa 100 mila spettatori. I prezzi? Si va dalle 40 mila Lire per la Terrazza Box, alle 35 mila della Tribuna Centrale e di quelle della Variante Goodyear (1a chicane), della 2a di Lesmo, della Variante Ascari e della Curva Parabolica. Si scende a 15 mila per le altre tribune con una visuale meno favorevole, per arrivare alle 3 mila della Circolare Prato. Sta di fatto che l’incasso si avvicinerà al miliardo. Nel corso della mattinata ha luogo il warm-up con esito particolarmente amaro per Peterson. Complice un problema ai freni, lo svedese esce alla Roggia danneggiando irreparabilmente la sua 79 che si arresta nella via di fuga tra le reti. Un imprevisto che si aggiunge a quelli dei giorni precedenti. Venerdì il suo motore cede ed affronta la seconda sessione sulla vecchia ’78. Il sabato, Ronnie torna sulla ’79 che però ha una perdita dell’olio del cambio che finisce sulla frizione: un guaio che viene riparato dai meccanici, ma che lo costringe a disertare buona parte delle qualifiche e gli impedisce di abbassare il quinto tempo realizzato il giorno precedente. Insomma una spirale negativa che non si arresta e che incide sull’umore del pilota sofferente dei dolori agli arti inferiori dopo il crash. Alla Lotus gli predispongono nuovamente la vecchia 78, dotata però del propulsore smontato dalla 79 incidentata. Tutto pare risolto, invece non appena Peterson esce dai box per andare in griglia deve rientrare subito in pit-lane: ha problemi di accensione, forse della sabbia è finita nel motore durante quella maledetta uscita di strada. Con queste premesse lo svedese, tre volte vincitore a Monza di cui conosce gran parte dei segreti, si accinge a partire cercando di nascondere un comprensibile nervosismo. Ai cronisti che gli hanno chiesto se spera di centrare il poker, Ronnie ha risposto rassegnato: “Per vincere e per ottenere il record, devo sperare soltanto che Andretti rompa, altrimenti mi devo accontentare del secondo posto.” Manco a farlo apposta, per lui c’è un ulteriore timore costituito da Jabouille, la cui Renault turbo sarà pure velocissima, ma è altrettanto lenta allo start. Quando i piloti terminano il giro di ricognizione, il semaforo diventa subito rosso senza attendere che gli ultimi si trovino sulla loro piazzuola, come prevede il regolamento. Il direttore di gara Gianni Restelli osserva le prime file e di colpo dà la luce verde, peccato che nelle retrovie ci siano auto in movimento, le quali partendo lanciate si ritrovano a ridosso di quelle davanti. Andretti intanto, rimasto sorpreso dallo scatto di Villeneuve, non tira la staccata e lascia passare la Rossa numero 12. Dietro però si scatena l’inferno. Peterson partito male è pure rallentato da Jabouille e si ritrova risucchiato dal mucchio selvaggio. Davanti a lui, nel punto in cui il largo rettilineo si restringe verso la 1a variante, alcune monoposto cambiano traiettoria cercando di rientrare verso il centro della pista. Patrese è all’esterno ed è costretto a convergere verso il mezzo della sede stradale per non urtare il guard-rail. Nella manovra, il padovano tocca leggermente la McLaren di Hunt, il quale a sua volta entra in contatto con Peterson, originando una paurosa carambola. La Lotus esce di strada sulla sinistra, va a sbattere contro le barriere e nell’impatto laterale prende fuoco; nei suoi serbatoi vi sono 200 litri di benzina. L’esplosione è violenta e provoca una lunga colonna di fumo nero. Le vetture della parte centrale dello schieramento di partenza si toccano tra loro: alcune finiscono fuoripista tentando di evitare l’incidente nonostante la visuale sia ridotta dal polverone. Volano pezzi di carrozzeria e l’asfalto si riempie di detriti. Fortunatamente nessun’altra monoposto va a fuoco, ma in una ventina di secondi finiscono fuori, Reutemann, Depailler, Stuck, Pironi, Daly, Lunger e Brambilla: si conteranno 11 macchine out. La Surtees del monzese si arresta accartocciata a bordo pista e Vittorio giace nell’abitacolo privo di conoscenza: è stato colpito sul capo da una ruota di un altro concorrente. Sul lato opposto della pista la Lotus di Peterson è ancora preda delle fiamme ed alcuni piloti fermatisi corrono in aiuto di Ronnie intrappolato nella scocca. Sono Hunt, Regazzoni e Merzario che due anni prima aveva evitato a Lauda una morte certa nel rogo del Nurburgring. Lo svedese non ha perso conoscenza. Sul posto giungono tempestivamente tre addetti dell’antincendio della Cea, i famosi “Leoni” come li chiama il loro principale Ermete Amadesi. Il primo ad entrare in azione è Manganelli con il fluobrene, seguito da Tommasini e Marmucci con gli estintori a polvere. Domano l’incendio in 40” e grazie al loro intervento permettono ad Hunt e colleghi di liberare Peterson, che viene estratto dai rottami carbonizzati. In attesa dei sanitari Ronnie viene adagiato sull’asfalto, è sempre vigile e chiede aiuto. Lamenta fratture ad entrambe le gambe e bruciature agli arti. Intorno regna un caos indescrivibile. Oltre agli addetti ai lavori, sul posto sono accorsi anche giornalisti e fotografi, con le forze di polizia che cercano di ripristinare l’ordine. Arriva anche Ecclestone che viene incalzato da un furioso che Regazzoni, il quale urlando gli chiede dove sia il medico del Circus (Sid Watkins):” …che paghiamo 3.000 dollari a testa!” I due vengono divisi prima che arrivino alle mani e poi il ticinese se ne va mandando al diavolo il “Padrino.” Oltre a Peterson viene soccorso anche Brambilla le cui condizioni sono preoccupanti per il colpo subito. Entrambi i piloti sono condotti all’infermeria posta dietro i box e dopo un primo controllo vengono trasferiti all’ospedale milanese di Niguarda. Il monzese in ambulanza, lo svedese in elicottero. Ma c’è anche un terzo infortunato, è Hans Joachim Stuck partito dalla nona fila. Dopo il botto, il tedesco è uscito dalla sua Shadow tramortito e scioccato ha scavalcato il guard-rail ed è svenuto per un attimo. Una volta al centro medico, dirà che una ruota gli è volata sul casco; per fortuna non gli ha cagionato i traumi di Brambilla. Mentre si prospetta un secondo via, arrivano le prime notizie dei due ricoverati. Brambilla ha subito una frattura della parte sinistra del cranio con trauma encefalico ed ematoma. Dopo alcune ore riprende conoscenza, scambia qualche parola con la moglie Daria ed il fratello Tino, ex pilota delle due e quattro ruote (come Vittorio), però la sua prognosi resta riservata. A Peterson vengono diagnosticate fratture al collo del femore destro, alla rotula destra, al terzo inferiore destro, al tallone ed all’alluce. Gravi traumi che preoccupano i medici circa le possibilità di ripresa. Ronnie presenta pure una frattura esposta alla gamba sinistra ed ustioni di primo e secondo grado alle braccia. In compenso vengono scongiurati danni per i gas tossici respirati. Ma se Brambilla inizia una lenta ripresa, Peterson si aggrava improvvisamente dopo il lungo intervento chirurgico effettuato al fine di ridurgli le fratture. Entra in coma intorno alle 6:40 del mattino per un sopraggiunto blocco renale. Dopo tre ore da Niguarda arriva una comunicazione agghiacciante: Ronnie Peterson è deceduto per trombo-embolia-grassosa. Si apre subito un’inchiesta condotta dal magistrato Armando Spataro che da 60 giorni di tempo ai periti nominati dal tribunale per fornire risposte concrete su quanto successo. Saranno ovviamente convocati tutti i piloti che si trovavano vicino alla Lotus nel momento dell’impatto. Le polemiche infuriano, parte la caccia al colpevole, dapprima individuato in Scheckter poi in Patrese, contro il quale si coalizza la maggior parte dei piloti. Solo Patrick Depailler difende l’accusato, il quale replica:” Basta ne ho piene le scatole con le accuse che mi attribuiscono. Io nell’incidente non c’entro, sono passato prima che avvenisse tutto. Guardate bene la mia macchina, non ci sono segni sulle ruote e sulla carrozzeria.” Una tesi che sarà confermata dal settimanale “Autosprint” che pubblicherà in copertina un’immagine ingrandita in cui la Arrows di color oro appare intonsa. I senatori sono però inflessibili (fatta eccezione di Scheckter), puntano il dito contro la guida aggressiva di Riccardo a cui viene impedito di prendere parte ai due G.P. successivi. Salterà soltanto Watkins Glen e sarà al via a Montreal, graziato dalla commissione piloti. In prima istanza Patrese è rinviato a giudizio con l’accusa di omicidio colposo per il quale Spataro chiede 8 mesi di reclusione con la condizionale. Solo il 28 ottobre del 1981, il pilota padovano verrà assolto con formula piena per non aver commesso il fatto. Proseguirà la sua carriera in F.1 fino al 1993 correndo 257 G.P. e con ottimi risultati. Oltre a Patrese, finisce alla sbarra anche Restelli, reo dello start dato in anticipo; Lauda lo definirà “un idiota, che da cinque anni sbaglia partenze. Restelli di rimando minaccia querele. Le accuse investono naturalmente il “Tempio della Velocità”, il cui futuro è già precario di suo, al punto che nel 1980 il G.P. d’Italia si disputerà ad Imola. A cavalcare l’onda sono gli immancabili ambientalisti, ma ci sono pure alcuni piloti che reputano obsoleto il circuito lombardo. Al centro delle polemiche anche i medici di Niguarda, che per alcuni giornali svedesi avrebbero sottoposto Peterson all’intervento troppo frettolosamente. Per farla breve è praticamente impossibile e forse inutile cercare di individuare un unico colpevole di quel triste pomeriggio di inizio settembre. In quella giornata decisamente storta per Peterson, concorsero tanti elementi negativi. Inoltre il motorsport era ancora in un’epoca ruspante in cui la sicurezza presentava non poche lacune, con la minaccia mortale del fuoco sempre in agguato. Solo dopo tanti anni saranno raggiunti standard eccellenti. Infine non dimentichiamoci la parola fatalità. Allora come oggi vige il detto:” Motorsport is dangerous.” Al di là quell’evento nefasto, il 49° Gran Premio d’Italia si sarebbe regolarmente corso con una seconda partenza da fermi, data soltanto alle 18:15. Nel lungo intervallo si svolsero riunioni tra piloti, team manager e direzione gara. Occorreva poi attenere che la pista si asciugasse dopo che il tratto dell’incidente era stato lavato e ripulito dalla presenza della benzina fuoriuscita dalla Lotus. Non mancò neppure l’ennesimo botto durante la ricognizione di Scheckter che sbattè alla seconda Curva di Lesmo dopo aver perduto una ruota della sua Wolf, danneggiando gravemente le barriere. Da qui l’ennesimo ritardo per rimettere in sicurezza il circuito. Inutile dire che tutti i concorrenti fossero demotivati e scossi dopo quanto accaduto, ma rimandare a casa il grande pubblico a bocca asciutta non sarebbe stato corretto. Anche la lotta iridata s’era conclusa. Andretti si presentò in griglia nella veste di neo Campione del Mondo per via dell’assenza forzata di Peterson: il modo peggiore per coronare il sogno di una carriera. Al via si fece sorprendere nuovamente da Villeneuve che resistette al ritorno dell’italo-americano, transitando in testa alla Variante Goodyear. I due fecero il vuoto lasciandosi alle spalle Lauda e Reutemann distanti una quindicina di secondi. Ancora più dietro Patrese, Jones, Laffite e Watson. Al 17esimo dei 40 giri previsti (la gara venne accorciata), il canadese staccò di una ventina di metri il suo inseguitore per la gioia dei tifosi della Rossa, che sognavano di veder ripagata nel migliore dei modi la sfiancante attesa. Invece di lì a breve avrebbero dovuto ingoiare una nuova delusione. A causa della partenza anticipata, il duo di testa fu penalizzato di un minuto. Il battistrada diventò così Lauda. Andretti venne subito informato con un cartello dal pit-wall della Lotus, mentre la Ferrari lasciò che Gilles proseguisse la sua galoppata. “Super Mario”, per sopravvenuti problemi ai freni preferì non forzare. Si sarebbe riportato negli scarichi della 312T3 quando questa iniziò a perdere aderenza. A cinque passaggi dalla bandiera a scacchi, Andretti sopravanzò il ferrarista e s’involò verso il traguardo. Lo precedette di circa 3” transitando di fronte sul rettilineo con il braccio alzato in segno di vittoria. Peccato per lui che il vero trionfatore fosse Niki Lauda, che una volta in parco chiuso si rivolse ad Ecclestone chiedendo conferma di essere primo. Ricevuta la risposta affermativa scese dalla sua Brabham-Alfa ed in elicottero si diresse all’aeroporto di Linate disertando il podio. Secondo venne classificato il suo compagno Watson, terzo Reutemann. Vani risultarono i reclami di Lotus e Ferrari. Il Cavallino avrebbe poi presentato appello, rimediando un nulla di fatto. Si consolerà negli ultimi due round affermandosi con Reutemann negli Usa e Villeneuve: punti fondamentali che garantirono il secondo posto tra i costruttori alle spalle della Lotus pigliatutto. Nella sua Montreal, il canadese potè festeggiare il suo primo trionfo in F.1: corsa in cui Patrese risultò quarto. Alle luci del tramonto calate sul parco ed in un clima surreale andava così in archivio un capitolo tristissimo. Una ferita dolorosa che rimase aperta per molto tempo, sino alla chiusura delle indagini giudiziarie. Nelle ore successive alla gara, Andretti e Chapman si precipiteranno al capezzale di Peterson e rimarranno profondamente scossi dalla sua morte repentina. Una vera e propria batosta per tutto il Circus. A questo punto qualcuno si chiederà:” Che fine fece “Monza 2”? Quel progetto faraonico rimase nel cassetto e non si realizzò mai. Lo storico tracciato sorto nel ’22, tornò ad essere la sede del Gran Premio d’Italia già dal 1981 (Imola avrebbe ospitato il G.P. di San Marino) ed a 45 anni di distanza, a dispetto di nuovi attacchi portati da residenti locali scocciati ed “estremamente turbati” dal rumore dei bolidi, continua a scrivere pagine indelebili della storia dell’automobilismo sportivo.