Formula 1

Published on Agosto 26th, 2023 | by Massimo Campi

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G.P. d’Italia 1958 – 7 settembre 1958

 

Di Carlo Baffi

Nei giorni che precedono il 29esimo Gran Premio d’Italia, Giovanni Canestrini, autorevole firma de “La Gazzetta dello Sport”, s’interroga sulle pagine della rosea in merito all’avvenire del motorsport, in particolare quello italiano. Per la prima volta, sottolinea Canestrini, nello schieramento della gara italiana, al volante delle vetture prodotte nel nostro paese ci sono solo campioni stranieri. Gli unici tre piloti di casa nostra, Cabianca, Gerini e Maria Teresa De Filippis sulle Maserati sono “irremissibilmente chiusi dalla superiorità dei mezzi avversari.” Secondo il giornalista, trattasi della più grave crisi che abbia attraversato la massima competizione e che rispecchia il momento che sta vivendo l’automobilismo italico. Le ragioni vanno imputate alla fine di un ciclo, i mostri sacri di un tempo si sono ritirati. “Ed i pochi giovani che nel dopo guerra si erano prepotentemente imposti, sono caduti. Ricchi di armi per vincere e per controbattere la decisa offensiva britannica, non abbiamo uomini. Oggi noi possediamo – prosegue Canestrini – il più bell’autodromo del mondo, sicuro ed attrezzato (Monza ndr), possediamo le macchine per imporre la nostra superiorità tecnica, ma abbiamo perduto i nostri più grandi e valorosi campioni.” Una situazione che rischia di provocare un calo di spettatori per la corsa monzese, malgrado la Ferrari combatta per la vittoria finale. I pienoni degli anni ’20, quando tra gli iscritti spiccavano i nomi di Bordino, Salamano e Nazzaro, sono un lontano ricordo. La passione per i motori c’è, manca però il richiamo dovuto alla presenza di fuoriclasse nostrani ed è risaputo che le tempistiche per crescere futuri fenomeni sono decisamente lunghe. Nei decenni successivi, in Italia si verificherà un profondo cambiamento ed a calamitare il grande interesse del pubblico saranno i successi di una Scuderia che via via è divenuta sempre più il faro della massima categoria, anzi il valore aggiunto che alzerà notevolmente il valore del prodotto F.1: la Ferrari. I grandi numeri che si registreranno nell’affluenza nei G.P. di casa e negli ascolti televisivi (questi per quanto concerne l’era moderna) saranno indicizzati esclusivamente ai successi del Cavallino. Ma torniamo al campionato del ’58. La contesa per il titolo vede impegnati due drivers britannici, Mike Hawthorn sulla Ferrari e Stirling Moss con la Vanwall, tutti e due nati nel 1929 a pochi mesi di distanza. Sul fronte dei costruttori si mettono in evidenza le anglosassoni Cooper e B.R.M. E tra le scuderie iscritte al mondiale ce n’è pura una piccola, britannica pure questa, che nel ’57 ha rilevato la Connaught. Il proprietario è un abilissimo manager che se occorre si cala nell’abitacolo delle sue monoposto. Si chiama Bernie Ecclestone, classe 1930, è nativo del Suffolk una contea dell’Inghilterra orientale. Un uomo destinato percorrere una grande carriera nel Circus. L’arma di Maranello per Monza è la 246 F1, un progetto derivato dalla Dino di F.2 dotate di un motore più leggero e più potente. La sigla 246 sottintende 2,4 litri di cilindrata ed i 6 cilindri. Le rosse sono affidate, oltre che al sopracitato Hawthorn, al suo connazionale Collins, al nobile tedesco Von Trips, al belga Gendebien ed allo statunitense Hill. Ad inizio stagione c’era pure Luigi Musso, pilota romano dotato di una classe eccellente, malauguratamente deceduto nel G.P. di Francia il 6 luglio, a seguito di un incidente fatale alla curva del Calvaire a Reims. Un dramma che gettò Enzo Ferrari nel mirino dei detrattori del motorsport, sul piede di guerra già dall’anno prima dopo la tragedia alla “Mille Miglia” in cui perirono sia i piloti della Ferrari, sia alcuni spettatori. L’antagonista principale del Cavallino è la Vanwall, il team d’oltre Manica di Tony Vanderwell, che schiera lo stesso modello che nel ’57 ha permesso a Moss di lottare contro la Maserati dell’iridato Juan Manuel Fangio. Ha un propulsore a quattro cilindri in linea, che sviluppa una potenza di 175 cavalli a 8000 giri. Monza è il decimo appuntamento degli undici (compresa la “500 Miglia” di Indianapolis a cui hanno preso parte solo i piloti americani) in calendario e può incidere notevolmente sull’assegnazione della corona iridata. Nella classifica piloti, Hawthorn è in testa davanti a Moss per cinque lunghezze. Mike ha vinto una sola volta, contro le tre affermazioni di Stirling, ma è andato più spesso a punti, a differenza del suo rivale incappato in quattro ritiri. Nella graduatoria dei costruttori, la Vanwall guida con un punto di vantaggio sul Cavallino: 41 a 40: più staccata la Cooper a 29. Il giovedì antecedente la corsa, la Vanwall percorre alcune tornate sull’impianto brianzolo con un solo esemplare affidato all’inglese Brooks che fa registrare ottime medie. In pista vanno anche le B.R.M. di Behra e Schell e la Maserati di Gerino Gerini. Nelle prove del venerdì sale in vetta Brooks girando in 1’42” netti ad una media che ha sfiorato i 203 km/h. Un primato che sarà demolito 24 ore dopo nel corso delle ultime prove ufficiali, quando Moss compagno di Brooks si avvicina ai 206 km/h e si piglia la pole position fermando le lancette dei cronometri sull’1’40”5. Un tempone che beffa Brooks (secondo) ed Hawthorne (terzo). A seguire la terza Vanwall di Stuart Lewis-Evans che compone la prima fila. In seconda si piazzano le altre Ferrari di Gendebien, Von Trips ed Hill. Lo start viene dato alle 15 da Lord Earl Howe il Presidente della Commissione Sportiva Internazionale e fin dai primi passaggi, il Gran Premio regala sorprese. Hawthorn esita danneggiando la frizione, mentre scattano puntuali le tre Vanwall di Lewis Evans, Moss e Brooks, così come Phil Hill qualificatosi col 7° crono. Risultano attardati invece Gendebien e Shelby. Dopo il primo passaggio, Hill e sorprendentemente al comando seguito da Moss, Evan e Hawthorn il quale ha ripreso a macinare. Nel frattempo si registrano i primi abbandoni: Von Trips tampona alla Curva di Lesmo la B.R.M. di Shell, entrambi finiscono fuori pista e riportano lievi ferite. Hawthorn prosegue nel suo inseguimento ed alla quarta tornata passa Moss mettendosi alla caccia del capofila, che raggiunge nel passaggio successivo e lo supera guadagnando terreno sugli avversari. La leadership di Mike però non dura molto, perché al giro 7 viene presa da uno scatenato Moss. Phil Hill si ferma a cambiare le gomme, mentre Gendebien deve ritirarsi per i seri danni subiti a seguito di una collisione con Brabham. Nelle posizioni di vertice Hawthorn non molla e si riporta sotto a Moss dando vita ad un duello entusiasmante che dura sino alla tornata 18. Complici le medie elevate, Stirling prende la via dei box tradito dal cambio e ad inseguire Hawthorn resta Evans che essendo attardato deve forzare. Per contro anche Mike tiene alto il ritmo, al punto da far cedere il propulsore della Vanwall inseguitrice, permettendo così ad Hill di salire secondo. Terzo è Masten Gregory, un americano di Kansas City, classe 1932, che partito 11esimo, sta stoicamente correndo sulla Maserati 250F malgrado sia reduce da un brutto incidente. A metà gara Hawthorn sostituisce gli penumatici e rientra solo terzo per via di un restart al rallenty che gli costa oltre 40 secondi. L’inglese è indiavolato ed in un paio di giri è di nuovo il battistrada dopo aver sopravanzato Gregory ed Hill, che fa tappa in pit-lane per cambiare le gomme posteriori in 32”. Una volta in pista, Phil si ritrova alle spalle di Brooks autore di una prima parte di gara anonima. Tony è tornato aggressivo ed al 46° dei 70 giri previsti, è addirittura secondo dopo aver sopravanzato Gregory. La sua Vanwall viaggia spedita ed in poco tempo si presenta negli scarichi di Hawthorn. La Ferrari di quest’ultimo però lamenta i danni subiti alla frizione in partenza e di conseguenza dai box del Cavallino comunicano a Mike di non prendere rischi eccessivi. Il secondo posto è utilissimo in chiave mondiale dal momento che Moss è fuori gioco. Così a nove tornate dalla fine, Brooks assume il comando e s’invola tranquillamente verso la vittoria. Precede le Rosse di Hawthorn ed Hill (autore della tornata più veloce in 1’42”9), la Cooper-Climax di Salvadori e le Lotus di Graham Hill ed Allison. Da sottolineare, che al quarto s’era piazzata la Maserati numero 32: è quella pilotata da Masten Gregory che però al 46esimo passaggio, sfinito dai dolori, ha ceduto il volante al connazionale Carroll Shelby che aveva poi portato a termine la corsa. Peccato che dell’avvicendamento non sono stati informati i commissari, che applicando il regolamento hanno escluso la coppia dalla classifica finale. Tornando al vincitore, Brooks aveva firmato il suo quarto trionfo in carriera, terzo nel 1958 e proprio grazie ai buoni risultati conseguiti si guadagnò l’appellativo di “dentista volante”. L’allora 26enne di Dunkinfield, scomparso il 3 maggio del 2022, prima di diventare pilota professionista, aveva infatti intrapreso gli studi in campo odontoiatrico seguendo le orme del padre. A Monza, Tony fu molto abile a sfruttare i problemi altrui, sbucando come terzo incomodo tra i due litiganti Hawthorn e Moss. All’inizio non aveva forzato sapendo che sarebbe stata una corsa ad eliminazione: al traguardo giunsero solo sette monoposto delle 21 iscritte. A fronte dell’ordine d’arrivo, Hawthorn allungava ulteriormente nella graduatoria piloti portandosi ad otto lunghezze da Moss, il quale si vedeva costretto a vincere l’ultimo Gran Premio in Marocco sperando che il suo rivale facesse pochi punti. In caso di parità, Stirling avrebbe prevalso in virtù del maggior numero di vittorie conseguite. Il 19 ottobre, sul tracciato di Ain-Diab a Casablanca, Hawthorn partito dalla pole chiuderà dietro a Moss laureandosi Campione del Mondo (primo britannico della storia) per un solo punto. Nel mondiale costruttori, avrebbe invece trionfato la Vanwall con 8 lunghezze in più sulla Ferrari. Purtroppo il destino non sarà magnanimo con il neo iridato. Ritiratosi in gloria dopo aver raggiunto il massimo traguardo, Mike Hawthorn perderà la vita il 22 gennaio del ’59 finendo fuori strada nei dintorni di Guilford, mentre era alla guida della sua Jaguar MK I. Per quanto concerne Brooks, nel 1959 passato alla corte del Cavallino, contenderà la corona iridata a “Black Jack” Brabham finendo alle sue spalle dopo aver riportato successi a Reims e sulla velocissima pista di Avus presso Berlino, sulla quale trionfò alla media di oltre 231 km/h.

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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