24H LeMans

Published on Giugno 6th, 2023 | by Massimo Campi

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24 Ore di Le Mans 2003: il ritorno dei Bentley Boys

 

La prima vittoria di Dindo Capello

La missione era vincere, per forza, ad ogni costo, e loro non hanno fallito. Stiamo parlando dei “Bentley Boys”, dello strapotere della vettura inglese, ma anche della mancanza di avversari validi in grado di contrastarla. La Mans 2003 compie ottanta stagioni, un dato significativo per la più classica e dura delle gare, e la vittoria della marca inglese è un gradito ritorno, ma accanto alla verde GTP ci sono altre due vittorie che hanno un grande peso per i colori italiani, quella della Ferrari, ritornata leader nelle granturismo e di Dindo Capello sulla macchina che è salita sul gradino più alto del podio. Gli avversari? Una bella domanda, praticamente esistenti solo sulla carta, e con un solo nome: quello Audi, che ha si dominato negli ultimi tre anni, ma guarda caso è parente stretta della Bentley Exp Speed 8 vincitrice.

Caldo, tanto caldo in questo torrido fine settimana di metà giugno 2003, con Dindo Capello, Tom Kristensen, Guy Smith che alle quattro della domenica pomeriggio materializzano i loro sogni, seguiti dalla vettura gemella di David Brabham, Mark Blundell e Johnny Herberth, in una edizione soporifera della corsa, che ricorda tanto quelle di alcuni anni or sono, e ben diversa da edizioni entrate nella leggenda come quelle alla fine degli anni novanta, con tante vetture ufficiali a contendersi l’ambito trofeo e ritmi di gara degni di un gran premio, ma lungo una intera giornata.

I tre moschettieri, dopo aver ottenuto la pole position, sono stati in testa per tutta la durata della gara, mentre l’altra Bentley è stata costantemente al secondo posto, attardata solo da piccoli problemi che hanno fatto quella poca selezione tra i due equipaggi.

L’anomalia di questa edizione è stata la ipotetica concorrenza interna nel gruppo Volkswagen, con la Audi R8 a fare da contraltare alla EXP Speed 8, una strategia voluta dai dirigenti tedeschi per rivitalizzare il marchio inglese e finire il dominio della casa degli anelli. La Audi è scesa in campo solo con i team satelliti, quelli privati che fanno correre le barchette dominatrici delle ultime tre edizioni della maratona francese, e subito si è visto che, pur essendo una vettura da vertice e ipoteticamente ancora vincente, senza l’organizzazione di Reinhold Joest la barchetta tedesca ha fatto solamente acqua. Anche l’organizzazione della corsa, forse pressata dal gruppo tedesco e dalla esigenza di contenere le potenze, ha studiato una serie di correttivi regolamentari che hanno favorito i prototipi chiusi a discapito delle barchette aperte. A parte Bentley ed Audi, gli unici che disponevano di vetture al vertice, hanno solo cercato di contenere i distacchi ed arrivare in fondo alla gara. Quinto assoluto un altro italiano, Max Papis, che ha portato la sua Panoz alla fine della maratona con Beretta e Jeanette. Hanno battagliato per tutta la gara contro la Dome di Jan Lammers, Bosch ed Andy Fallace, e la Courage-Judd di Cochet-Gounon-Gregoire. Le tre vetture, dopo 24 ore sono finite nello stesso giro, distaccate di 17 tornate dalla Bentley ed hanno dato vita ad una bella gara per conquistare la classifica delle “altre vetture”.

Ben più serrata la lotta per il primato delle granturismo, con la 550 Maranello preparata dalla Prodrive che ha ampiamente surclassato gli avversari e soprattutto la Chavrolet Corvette, l’unica granturismo sostenuta da un team ufficiale.

Nella classe più piccola continua il dominio delle vetture di Stoccarda, nei confronti delle rivali di Maranello. Se nella serie Fia GT le Ferrari riescono a sopravanzare le Porsche, a Le Mans dove serve soprattutto l’affidabilità è ancora la vettura tedesca a dettare legge. Luhr-Maasen e Collard ha fatto tutta la gara in testa nella N-GT, con la 996 GT3-RSR dell’Alex Job Racing. Anche loro hanno avuto alcuni problemi tecnici, ma gli avversari ne hanno avuti molti di più e la vettura tedesca ha potuto così conquistare un’altra vittoria nella classica francese.

Dominio Assoluto

Non c’è stata storia, è questo il motivo della vittoria Bentley, che ha riportato in cima alla classifica uno dei marchi più gloriosi nella storia dell’automobilismo. Sul podio sono risuonate le note di “God Save the Queen” un inno che ha reso orgogliosi i tanti tifosi inglesi che hanno attraversato la manica per vedere la vetture verdi conquistare la sesta vittoria, dopo le cinque ottenute tra il 1924 ed il 1930, proprio ad opera dei famosi “Bentley Boys”, calati apposta nella terra di Francia per vincere la già allora più grande sfida. Le Mans compie 80 anni, una gara sempre valida, un mito per il mondo sportivo, una sfida che vale ancora la pena vincere per il richiamo sportivo e di immagine che ne risulta. Da tre anni la Bentley insegue questo risultato, con un programma quasi partito in sordina, poi pian piano è sbocciato, soprattutto per merito della capogruppo Volkswagen che ha dirottato nella struttura inglese risorse tecnologia ed uomini del programma Audi. La Bentley ha imposto alla corsa un ritmo insostenibile per gli avversari, grazie alla tecnologia impegnata, all’ottima gestione della squadra diretta da John Wickham ed alle prestazioni dei sei ottimi piloti alla guida. Certo che chi vince ha sempre ragione, ma nessuno è riuscito ad impegnare i piloti Audi che hanno spesso corso di conserva badando più a non fare errori per non compromettere il risultato. Le uniche preoccupazioni venivano proprio da eventuali problemi tecnici che si potevano incontrare nel corso della gara. La EXP Speed 8 ha dei tempi di intervento piuttosto lunghi ed eventuali guai o incidenti avrebbero potuto causare seri ritardi, ma per fortuna tutto è filato liscio. Gli unici piccoli problemi sono stati causati da un poggiatesta, dalla batteria ed una foratura sulla seconda vettura, mentre su quella vincitrice c’è stato solo un problema di tarature nelle sospensioni. I test affrontati prima della maratona francese hanno decretato che la vettura era pronta a questa massacrante prova, con una durata degli organi di oltre trenta ore. Un altro problema era invece quello del caldo nell’angusto abitacolo della vettura che raggiungeva durante le ore più calde temperature da Sahara. Anche alcuni i piloti sono stati dirottati dal programma Audi a quello Bentley, ci riferiamo a Dindo Capello e Tom Kristensen, due tra i principali attori di Le Mans negli ultimi tre anni. Per i simpatico astigiano è finalmente arrivata la grande giornata. Autore di due pole position a Le Mans, uno dei piloti più vincenti e veloci con le R8, ma mai sul gradino più alto del podio. Il riconoscimento dello status ufficiale all’interno del gruppo Volkswagen ed i risultati ottenuti, non fanno che rendere omaggio ad un pilota fortissimo e velocissimo ed a un ragazzo di 39 anni che ha fatto della modestia e della simpatia una delle sue più grandi doti. Tom Kristensen è l’altro pilota dirottato dalla casa degli anelli in Gran Bretagna, e sta rischiando di diventare un nuovo “mister Le Mans”. Il danese è l’unico pilota ad aver vinto per quattro volte consecutivamente sulla Sarthe e con l’altro successo ottenuto nel 1997 ha raggiunto nella speciale classifica Derek Bell. Ora gli rimane solo il record di Jacky Ickx da battere, quello delle sei vittorie conquistate in 15 edizioni della gara, ma Kristensen le sue le conquistate in sole sette 24 ore dimostrando di essere un pilota di grande valore e pronto a raggiungere il record assoluto.

Con questa vittoria la Bentley EXP Speed 8 entra nella leggenda e …. va in pensione. Finito il programma triennale e conquistato il risultato, il team inglese, nato dalla ex Tom’s, la struttura acquistata qualche anno fa proprio dall’Audi, ha finito la sua missione e verrà dirottato in altri programmi. La Bentley verrà nuovamente portata in pista entro fine anno alla Petit Le Mans di Road Atlanta e poi finirà nel museo come le sue antenate.

Le Audi dominatrice delle ultime tre stagioni hanno pagato il duro scotto di essere gestite da team privati. La più grossa delusione è stata quella del Team UK diretto da Mike Earle, pilotata da Mike Salo, Frank Biela e Perry Mc Carthy. Il tedesco poco dopo un’ora di gara si è dovuto fermare a lato pista senza benzina, un errore imperdonabile che l’organizzazione di Reinhold Joest non avrebbe certamente commesso. Le Audi, sottopotenziate dai nuovi regolamenti, hanno tenuto una condotta di gara basata su 15 giri per ogni rifornimento. Nel team inglese hanno tentato di fare il sedicesimo giro, compromettendo subito la gara e facendo una figura da dilettanti. Terza è finita la Audi della Champion Racing di Dave Maraj. Emanuele Pirro, Stefan Johannsson e J.J. Letho sono saliti sul gradino più basso del podio, ma distaccati di ben 5 giri dai vincitori. “Quest’anno abbiamo pochi cavalli” sono state le parole di Pirro “i nuovi regolamenti hanno sottopotenziato e ulteriormente penalizzato aerodinamicamente le nostre vetture”. Dagli oltre 600 cv dello scorso anno, le Audi R8 vantavano una potenza di circa 540 cv, e non sono state assolutamente più sviluppate dalla casa degli anelli. In effetti i nuovi regolamenti dettati dalla paura di un innalzamento delle prestazioni, hanno frenato tutte le vetture al vertice. La Bentley, un prototipo chiuso e quindi aerodinamicamente più efficiente, ha fatto registrare velocità di punta inferiori ai 330 Km/h, mentre le Audi non riuscivano a raggiungere i 310 all’ora. Se si paragonano queste velocità a quelle di alcune vetture del recente passato, come la Peugeot 905 che nello stesso punto del tracciato raggiungeva i 370 all’ora, si capisce quanto siano penalizzate queste vetture. Quarta è finita l’altra Audi, quella del Team Goh di Are-Magnussen e Werner, ma anche in questo caso si è visto la scarsa preparazione del team che ha messo parecchi tempo a cambiare pezzi che gli scorsi anni venivano sostituiti in pochi minuti.  La Panoz, quinta assoluta, è una vettura che ha fatto il suo tempo ma il motore potente ed affidabile continua ad essere la sua migliore dote. La Dome della Racing For Holland si è dimostrata una vettura molto performante, ma soprattutto affidabile ben preparata, e con piloti di grande livello come Jan Lammers ed Andy Wallace due driver di indubbia esperienza con queste vetture. La Courage è una presenza fissa sulla Sarthe e Cochet-Gounon-Gregoire hanno condotto una bella prova, con la vettura ufficiale che monta il V10 Judd, ma anche quelle del Team Pescarolo, che montano il V6 Sodemo si sono ben comportate giungendo subito dopo a quella ufficiale con Bouillon-Lagorce-Sarrazin e Helary-Hayari-Minassian.

La Durango è stata l’unica vettura italiana presente tra le barchette. Una bella avventura quella di Ivone Pinton ed Enrico Magro che ha affrontato questa impegnativa impresa. La vettura del Team Veneto, che monta il V10 Judd, pilotata dai francesi Bouvet e Boulay e dal giovane italiano Michele Rugolo di soli vent’anni, ha subito tenuto il passo dei primi dieci, fino a quando il grippaggio del cuscinetto del mozzo posteriore sinistro ha costretto la barchetta ad una lunga riparazione ai box. Il 25° posto assoluto non rende merito alla passione ed alla avventura di questa squadra che ha dimostrato di essere competitiva e pronta a tornare per affrontare questa difficile sfida.

Grande attesa era la Lister che schierava a Le Mans il suo nuovo prototipo. Durante le prove Jaime Campbell-Walther ha distrutto la macchina alla Terthe Rouge, la mancanza di pezzi di ricambio a costretto gli inglesi a fare le valige e dire addio alla gara.

Le GT vedono rosso

Tante stagioni sono passate da quando una vettura rossa non vinceva sul tracciato francese, precisamente ventinove, quando toccò alla 365 GTb4 di Grandet-“Bardini” vincere la classe granturismo nel 1974. Per la cronaca c’è stata anche una vittoria più recente, quella nel 1981 della classe GTX, le derivate IMSA, con la BB di Ballot Lena e Androuet, ma la vittoria di quest’anno della 550 Maranello ha ben altro sapore. David Richard, il patron della Prodrive, ha creduto in questo programma finanziato in gran parte da Federic Dor, ed ha saputo rendere competitiva, ma soprattutto affidabile, una vettura fantastica. Kox-Enge e Davis hanno fatto il resto guidando alla perfezione la supercar di Maranello e battendo una concorrenza molto qualificata di nome Chevrolet. La casa statunitense negli ultimi anni ha dominato la scena nelle grandi classiche di durata, la Corvette è stata ben sviluppata, con ingenti capitali, dalla squadra ufficiale e tutti si attendevano una nuova vittoria. La Ferrari, più veloce, ha sempre avuto il problema dell’affidabilità, la dote principale della Corvette, ma a Le Mans la situazione si è ribaltata. La vettura della Prodrive non ha sbagliato un colpo macinando chilometri in continuazione, mentre le Corvette, costrette ad inseguire ed a forzare l’andatura si sono dimostrate anche fragili. La Chevrolet a Le Mans è venuta per festeggiare il cinquantenario della casa, con tanto di benedizione di Gorge Bush Jr che ha mandato un messaggio di auguri, ma solo dopo mezz’ora la vettura di Gavin-Pilgrim-Collins aveva un ritardo considerevole nei confronti della Ferrari, poi si sono rotte le trasmissioni, con tanto tempo perso ai box e la conseguente sconfitta e ben dieci giri di distacco alla fine delle 24 ore.

Nella classe GTS si sono presentate al via alcune vetture interessanti, come le Saalen e la Pagani Zonda, al suo debutto a Le Mans. La vettura italiana è stata schierata dal team Carsport, pilotata da Hezemans-Kumpen-Hart, ma la mancanza di affidabilità la ha costretta alla resa. Delle Saalen l’unica al traguardo è risultata quella Chaves-Erdos-Newton, ventiduesima assoluta, mentre ancora valida si è dimostrata la Viper, una vettura alla fine della carriera agonista, ma ancora valida in questa maratona, che ha conquistato il sedicesimo posto assoluto con Bouchut-Goueslard-Zacchia.

Nella classe GT-N sono state ancora volta le Porsche a dominare la scena. Da quando la Porsche ha messo in pista la 996 Gt3-Rs, una vera macchina da vittoria, nessuno ha più osato contrastare le vetture di Stoccarda nelle grandi gare di durata ed anche la Ferrari 360 Modena, più veloce nelle gare corte, ha dovuto soccombere all’affidabilità della vettura tedesca. Luhr-Maasen-Collard hanno vinto la classe con la 996 GT3-RSR della Alex Job Racing, conquistando anche il diciassettesimo posto assoluto, mentre la prima Ferrari 360 all’arrivo è stata quella di Terrien-De Simone-Babini ventiseisema in classifica. La TVR e la Spyker hanno tentato l’avventura, ma per entrambe c’è stato il ritiro per problemi meccanici.

Italiani sempre al vertice

Le Mans vuole bene all’Italia, per il quarto anno consecutivo un italiano è salito sul gradino più alto del podio dimostrando ancora una volta che la nostra scuola è sempre apprezzata ai massimo livelli. Rinaldo “Dindo” Capello ha finalmente conquistato quel risultato cha ha inseguito ed ampiamente meritato per tre anni con la casa degli anelli, rilevando il testimone da Emanuele Pirro che è arrivato terzo assoluto, conquistando il massimo obiettivo possibile con una R8 privata e depotenziata. Quinto assoluto è arrivato Max Papis che è tornato sulla Sarthe dopo l’esperienza del 1997 con la Ferrari 333 SP. Alla guida della Panoz si è difeso molto bene, ma i difetti della vettura americana sono ben noti. “Ha un grande motore questa barchetta” sono le parole del simpatico pilota italiano “ma il telaio ha dei limiti ed è impensabile tenere il ritmo di Bentley ed Audi”. Delusione anche per Beppe Gabbiani, a 45 minuti dalla fine il compagno di squadra Gommedy demolisce la sua Dome contro le barriere ad Indianapolis negando al combattivo italiano la gioia di finire la corsa. Con la Ferrari 360 Modena della JMB Racing hanno preso parte alla corsa Fabio Babini e Fabrizio De Simone, ma i tanti problemi tecnici alla vettura hanno costretto troppe volte i box ad effettuare riparazioni con conseguenti perdite di tempo. Esperienza senz’altro positiva per il giovane Michele Rugolo, diciannovenne e per la prima volta a Le Mans con la Durango, che si dimostrata una vettura competitiva, problemi tecnici a parte.

Dindo Capello entra nella leggenda

Felicissimo, finalmente è arrivata la vittoria, sognata e ampiamente meritata. Dindo Capello è un pilota completo, veloce, autore di due pole position sulla Sarthe con la Audi, uno dei principali protagonisti dei successi Audi, da tanti anni suo pilota ufficiale. Artigiano, 39 anni, è una persona sempre disponibile, modesto, antidivo, ma quando entra nella sua EXP Speed 8 dimostra di essere una delle colonne portanti anche della Bentley. Con la sua esperienza ha contribuito allo sviluppo della GTP inglese e finalmente ha chiuso il conto con sfortuna che da sempre lo ha perseguitato a Le Mans privandolo di una meritata vittoria nelle passate edizioni. Quest’anno le strategie del Team inglese hanno fatto fare la pole a Kristensen, ma Dindo era ben fiducioso dopo il risultato ottenuto nelle prove “abbiamo fatto molti test e tutto è risultato a posto. Durante l’inverno la macchina ha effettuato più di 25.000 Km, un dato significativo per la preparazione a questa gara.  Abbiamo simulato per due volte Le Mans, ed in più abbiamo fatto anche due ulteriori simulazioni, una volta girando per 27 ore ed un’altra volta per ben 30 ore, senza nessun particolare problema. La vettura è molto professionale, ma neanche noi ci aspettavamo quest’anno una differenza così marcata nei confronti della Audi, penalizzata dalle nuove normative. Anche in qualifica abbiamo avuto dei notevoli vantaggi rispetto alle barchette con le gomme da qualifica più strette, ma più efficienti. Riusciamo a compiere ben due giri al massimo delle prestazioni, mentre le Audi possono fare un solo giro e se trovano traffico, facile con tante vetture in pista, hanno meno probabilità rispetto a noi. Sono onorato di guidare questa potente vettura, unico italiano su una inglese, ma anche di essere stato girato dalla stessa Audi alla Bentley. È un privilegio quello di essere stato scelto assieme a Tom Kristensen per l’unico vero programma ufficiale a Le Mans, nonostante dieci anni di fedeltà alla marca tedesca. Sono anche stati scelti per la Bentley i migliori tecnici e meccanici, quindi siamo partiti per conquistare questa ambita vittoria, l’unico risultato possibile per questa organizzazione.”

Alla partenza, per la prima volta Dindo Capello è partito per il primo turno a Le Mans: ha provato emozione davanti alle tribune come al solito strapiene, ma quella più grossa è stata finalmente sul gradino più alto del podio mentre ha alzato l’ambito trofeo della Aco.

Immagini © Massimo Campi – Raul Zacchè/Actualfoto

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Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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