Formula 1

Published on Giugno 5th, 2023 | by Massimo Campi

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Ayrton Senna: il Re di Monaco!

 

Di Carlo Baffi – Foto Raul Zacchè/Actualfoto

Per il fuoriclasse brasiliano, il Principato era “una pista amica”, con la quale nutriva un rapporto speciale. Un sodalizio fatto di gioie, magie e qualche delusione. Un decennio di emozioni forti che hanno alimentato l’indelebile leggenda di Ayrton.

L’ultima edizione del Gran Premio di Monaco ha esaltato le doti di Max Verstappen, il 25enne olandese della Red Bull che ha centrato la sua seconda vittoria nella città-stato. Una performance entrata già nella storia soprattutto in merito alla sua pole (prima per lui a Monte Carlo), conseguita negli ultimi secondi percorrendo traiettorie impossibili nel terzo settore, che a detta di alcuni ricorda per la classe e la precisione millimetrica le imprese del mitico Ayrton Senna da Silva. Anche per lui, la caccia alla pole era la ricerca continua della perfezione. Un accostamento forte quello con Senna, un mostro sacro che nel Principato ha scritto pagine leggendarie di questo sport. Così come sta facendo l’attuale bi-campione che dopo Monaco è a sole due vittorie dalle 41 del tre volte iridato nato a San Paulo il 21 marzo del 1960. Ovviamente ogni epoca ha il suo mostro sacro e certi confronti il più delle volte stonano: pensiamo solo alla differenza delle monoposto. Sono passati ben 30 anni dall’ultima affermazione di Senna a Monte Carlo e ci è parso giusto ripercorrere le tappe di quel rapporto creatosi fra “The Magic” ed il Gran Premio più glamour del mondiale. Proprio per le sue caratteristiche che lo rendono unico al mondo, Monte Carlo è un tracciato per veri specialisti e pure questi non sono esenti da errori pagati a caro prezzo. Non basta essere un fuoriclasse, un pilota deve entrare in sintonia con questo budello di pista, deve metabolizzarlo in ogni suo punto perché nasconde insidie e tranelli ovunque. Correre nel Principato richiede uno sforzo enorme sia fisico che mentale, perché solo grazie ad una concentrazione assoluta si riesce a danzare fra le barriere descrivendo traiettorie perfette che ti permettono di guadagnare. Non a caso il “tricampeao” Nelson Piquet disse che disputare una gara a Monte Carlo è come girare in bicicletta nel salotto di casa e lui, malgrado di classe ne avesse da vendere, non trionfò mai su questo toboga e non nascose di trovarsi in difficoltà. Un tempo il Gran Premio si svolgeva su ben cento giri ed i piloti che vedevano la bandiera a scacchi uscivano stremati dagli abitacoli, con le mani piagate dalla leva del cambio malgrado mettessero delle fasce supplementari sotto i guanti. Oggigiorno la guida delle vetture è più confortevole, vedi il cambio azionato con i paddle-shift, le levette poste dietro il volante, ma nonostante ciò le energie spese per questa gara sono sempre molto elevate.

Come detto vi sono campioni che hanno reso ancor più luminosa la propria carriera grazie ai successi ripetuti nel Principato. In 80 edizioni di Gran Premi, al vertice delle classifiche splende il nome di Senna, con sei vittorie e cinque pole ottenute tra il 1987 ed il 1993. Un fenomeno che mostrò sempre un particolare feeling con il toboga in riva al Mediterraneo rivelandosi al grande pubblico proprio su questa pista. Era il 1984, per la precisione il 3 giugno. Le qualifiche videro la McLaren-Tag Porsche di Prost e la Lotus-Renault di Mansell partire al palo, ma la domenica tutto cambiò con il meteo che giocò un brutto scherzo in vista della gara. Il cielo grigio iniziò a scaricare una violenta pioggia che fece ritardare la partenza di 45 minuti, ma non ci fu alcun miglioramento e si assistette ad un’ecatombe. Senna scattava dalla 13esima posizione, un risultato più che soddisfacente per un debuttante nel Principato visto che erano ammesse in griglia solo venti vetture. Ma la sua voglia di affermarsi lo spinse ad attaccare e risalire beneficiato anche dai ritiri degli avversari che lo precedevano. La sua modesta Toleman-Hart volava su una pista che andava via via peggiorando, basti pensare che dopo il primo passaggio era già nono. Mentre Prost pareva avere la leadership in pugno, Senna recuperava trovandosi sempre più a suo agio su quelle condizioni estreme ed alla 19esima delle 77 tornate previste era secondo a soli 35” da Prost. Paghi di quella posizione insolita, dal box della Toleman invitarono Ayrton a rallentare onde non compromettere un risultato preziosissimo. Ma il brasiliano era incontenibile e portò la sua TG184 in scia a Prost pregustando la grande impresa. Le condizioni sempre più proibitive indussero però il celebre Jackie Ickx, in veste di direttore di gara ad esporre la bandiera rossa ponendo fine anticipata al Gran Premio. Era iniziato il passaggio 32 ed Ayrton aveva superato Alain appena dopo la finish line, ma la classifica venne congelata al giro precedente quando il transalpino era primo e gioco forza gli consegnò il successo. Un’interruzione che scatenò una marea di discussioni e sospetti, dal momento che Ickx, esperto pilota di gare endurance era legato ad un contratto con la Porsche che a sua volta forniva i propulsori alla McLaren. Nel dopo gara, Prost rivelò che causa noie ai freni aveva dovuto ridurre l’andatura e che se fosse rimasto in pista per altri due giri avrebbe dovuto cedere il comando a Senna, che si ritenne il vincitore morale. Transitò sul traguardo con il braccio alzato ed una volta sul podio sorrise ed abbracciò il vincitore, al quale venne assegnato per regolamento un punteggio dimezzato.

Forse quell’abbraccio era di circostanza perché il brasiliano da lì in avanti iniziò a vedere nel “Professore” l’uomo da battere: una rivalità destinata a trasformarsi in guerra aperta. Ayrton seppur contrariato (credeva inizialmente di aver vinto) non polemizzò a differenza dei piloti della Ferrari, che parlarono chiaramente di un favore fatto a Prost che era in crisi. “Non voglio dire che abbiano voluto avvantaggiare Prost – affermò il paulista – semmai si doveva discutere se dare o meno la partenza, visto che le condizioni della pista non erano peggiorate.” D’accordo con Ickx fu invece il terzo classificato, il 27enne tedesco Stefan Bellof, un altro giovane rookie di grande talento proveniente dalla F.2, che portò la sua Tyrrell a podio dopo esser partito dall’ultima posizione. Una grande sorpresa, che insieme a Senna calamitò logicamente l’interesse dei media. Purtroppo la carriera della speranza dell’automobilismo tedesco si sarebbe interrotta il 1 settembre dell’85 durante la “1000 KM di Spa”. In Belgio, Bellof perse la vita schiantandosi all’Eau Rouge al volante di una Porsche 956B, mentre era in lotta con la 962C di Ickx, che nel botto rimase illeso. Ma tornando a Senna occorre però tener presente un particolare circa le gomme della sua Toleman. Dopo aver interrotto l’accordo con la Pirelli, il team inglese scelse di “calzare” le Michelin che però non potevano essere quelle di nuova generazione, bensì quelle dell’anno prima per via di un vincolo contrattuale con la McLaren. Altro retroscena curioso che confermò ulteriormente le doti tecniche di Ayrton riguardò i primi giri. La troppa potenza erogata dal motore rendeva difficile la guida col conseguente rischio di testacoda, per cui il giovane paulista decise di chiudere il turbo al fine di controllare meglio la reazione della macchina su un tracciato divenuto un vero e proprio lago. Una dote acquisita durante le prime esperienze sui kart, dopo che in una gara sotto la pioggia si trovò in seria difficoltà venendo superato da molti avversari. Fu allora che Senna s’impose allenamenti costanti su pista bagnata, fino a raggiungere la piena padronanza di guida sull’acqua. Un atteggiamento che la diceva lunga sulla determinazione di questo rampante driver. Nel corso di quella stagione, il sudamericano salì altre due volte sul podio chiudendo al nono posto nella classifica generale. La sua fedeltà alla Toleman però era arrivata al capolinea e già a fine agosto, alla vigilia del G.P. d’Olanda, il brasiliano ufficializzò il suo trasferimento alla Lotus per l’anno successivo. Per la Toleman fu una sorta di tradimento, ma il contratto prevedeva questa ipotesi dietro il pagamento della penale. E col passaggio al nuovo team, la carriera di Ayrton svoltò. Al volante di una monoposto ben più competitiva arrivò il primo successo nella massima serie nel 1985 in Portogallo, sempre sotto il diluvio ed in quel campionato siglò la sua prima pole a Monaco (a fine stagione ne conterà ben sette) girando in 1’20”450 a 148 di media sfoderando un notevole controllo di guida. Una performance da dieci e lode a cui seguirono alcuni giri a velocità ridotta ostacolando gli avversari che non gli risparmiarono critiche feroci, Lauda ed Alboreto in testa. E gli anatemi lanciati all’indirizzo del poleman si materializzarono al 13esimo giro di gara quando il suo motore Renault finì ko. Avrebbe trionfato ancora una volta Prost sulla McLaren davanti alla rossa di Alboreto ed alla Lotus gemella di De Angelis. Pure l’anno dopo sarebbe stato il “Professore”, sempre alfiere della McLaren, a salire sul gradino più alto del podio davanti al compagno Rosberg e Senna terzo. Finalmente il tanto sospirato successo andò in scena il 31 maggio 1987. Sebbene al palo ci fosse Nigel Mansell sulla potente Williams-Honda, Ayrton era al suo fianco deciso a spingere al massimo sin dalle prime battute, forte anch’egli del propulsore nipponico montato sulla sua Lotus 99T dotata delle rivoluzionarie sospensioni “attive” a controllo elettronico. Due sorvegliati speciali dopo il crash avvenuto in Belgio due settimane prima al secondo start. Per fortuna tutto andò bene con l’inglese che prese il comando seguito dal paulista. Nigel spinse a fondo cercando di fare il vuoto, Ayrton invece non volle tirare il collo al suo mezzo girando pulito con un ritmo costante e tenendo a bada i rivali che lo seguivano. Una tattica saggia che l’avrebbe premiato al termine del 29esimo passaggio quando il leader solitario imboccò lentamente l’ingresso della pit-lane, parcheggiò la sua FW011 B e alzò bandiera bianca tradito dallo scarico. In quel momento Senna vide spalancarsi la porta del trionfo e non ebbe alcun problema a tenere a bada Nelson Piquet (suo acerrimo avversario non solo in pista) sulla seconda Williams, ancora sofferente per i postumi del tremendo schianto patito ad Imola.

Il carioca avrebbe chiuso ad oltre 33” dalla Lotus gialla e blu griffata con i colori della Camel, che aveva sostituito il celebre nero ed oro della John Player Special, altro sponsor legato all’industria del tabacco. Terzo chiuse Alboreto sulla Ferrari. “Solo vincere in Brasile mi avrebbe potuto fare più piacere – rivelò Senna contenuto nella felicità – Monte Carlo anche se anacronistica come gara, è estremamente prestigiosa. E’ stata una corsa fantastica e relativamente facile. Mi ero prefissato di non prendere rischi inutili e così ho fatto. Non appena la Williams numero 5 ha accusato dei problemi, io ero pronto ad approfittarne.” Alla premiazione il brasiliano fu protagonista di un inconveniente durante il brindisi, spruzzando champagne, oltre che sul proprio direttore sportivo Peter Warr anche sul Principe Ranieri e la Principessa Carolina. Dopo quell’affermazione, Ayrton fece il bis anche a Detroit portandosi in testa al mondiale piloti. Da li in avanti però la sua Lotus non fu in grado di reggere il ruolino di marcia delle Williams che conquistarono il mondiale piloti con Piquet ed il titolo costruttori con un ampio margine sulla McLaren e la stessa Lotus, retrocessa a terza forza. Un bilancio un po’ deludente rispetto alle aspettative di inizio campionato che indusse il brasiliano a trasferirsi alla corte di Ron Dennis spinto in particolar modo dalla Honda con cui vantava un rapporto privilegiato. Non a caso il gigante nipponico ruppe il contratto in essere con la Williams per fornire i suoi potenti V6 alla McLaren che abbandonava i Tag Porsche. La McLaren offriva al brasiliano parecchie chances per il decisivo salto di qualità, unica incognita era la presenza del due volte iridato Prost… già proprio lui. Era destino che le strade di questi due fuoriclasse si accostassero e pericolosamente. Una scelta rischiosa ma azzeccata, dal momento che tecnici di Woking guidati dal geniale Gordon Murray e da Steve Nichols realizzarono una vettura formidabile la MP4/4, che avrebbe permesso ai due piloti di imporsi in 15 Gran Premi sui 16 in programma nel 1988, 35 anni or sono. A Monaco, terzo appuntamento del mondiale, Senna si presentò deciso a fare bottino pieno, doveva recuperare le sei lunghezze che lo dividevano da Prost leader della classifica. Nelle qualifiche del sabato fu insuperabile migliorando ripetutamente il giro più veloce e siglando la pole in 1’23”998 a 142,632 di media, mettendo fra se e Prost, secondo, ben 1”4; alle loro spalle c’erano le Ferrari di Berger ed Alboreto decisamente più distanti. Interrogato sulla sua mirabolante prestazione, Senna confessò di aver guidato molto al di là della sua sensibilità cosciente. Uno stato quasi ipnotico in cui era un tutt’uno con il veicolo. “Il problema più grosso sarà quello di passare indenne la prima curva, evitando incidenti – aggiunse Senna – Se supero questo ostacolo gran parte della fatica è fatta.” Per contro Prost, seppur staccato anche per via di un guaio alla valvola, replicava:” Che Ayrton faccia pure tutte le pole position, a me non interessano. Non ho nessuna intenzione di prendere tutti i rischi che corre ad ogni giro il mio compagno di squadra. L’importante per me è partire in prima fila e non voler vincere le gare alla prima curva.” Una strategia attendista, alla Lauda, sapendo che la corsa è lunga e che a Monte Carlo l’esito non è sempre scontato, anche se sei in pole. Senna fu autore di un ottimo start, mentre Prost fu sopravanzato da Berger. Con l’austriaco alle spalle, il brasiliano fece la lepre e quando alla 54 esima tornata il francese ebbe la meglio sulla Ferrari numero 28, Ayrton godeva di un vantaggio intorno al minuto. Non gli restava che amministrare la corsa per i restanti 24 giri e come aveva sentenziato il giorno prima, il più era fatto. Ed è probabilmente questo il motivo che lo fece rilassare, a fargli abbandonare quella trance agonistica con cui aveva fatto la differenza fin dall’inizio conducendo in modo perfetto tale da rendere il Gran Premio soporifero. Al giro 67, Senna scese lungo il Mirabeu ed una volta giunto alla curva del Portier, che si affronta in seconda marcia, toccò il guard-rail sulla sua destra perdendo il controllo della sua MP4/4 finendo per andare a sbattere contro le barriere opposte, nonostante la frenata in extremis. Un colpo di scena che servì su un piatto d’argento il trionfo a Prost, ormai rassegnato a chiudere secondo. Nel vedere i commissari sventolare le bandiere gialle, intuì che era successo qualcosa al capofila, rallentò temendo di trovare olio o detriti in pista, dopodiché:”…mancava una dozzina di tornate al termine, una semplice formalità da espletare, senza prendere troppi rischi” – spiegò il transalpino al suo terzo successo nel Principato. La beffa subita ancora da Prost fu per Senna un autentico knock-out soprattutto perché frutto di una su papera e non se la perdonava, al punto che uscito dall’abitacolo non raggiunse nemmeno i box, si rifugiò nel suo appartamento situato al nono piano del residence “Houston Palace” poco distante dal luogo del misfatto. Solo dopo ore rilasciò un commento telegrafico sull’accaduto:” E’ stato un errore mio.” Ci mise tempo a metabolizzare la delusione ed in seguito rivelò:” Fu un episodio che mi colpì profondamente perché nelle gare successive cominciai ad avere paura a stare in testa. Mi venne quasi un complesso che durò per qualche tempo.” E guarda caso, in quel mondiale che l’avrebbe incoronato Campione per la prima volta, il paulista sarebbe incappato in un altro sbaglio imperdonabile a Monza, mentre stava involandosi verso un successo sicuro. A due giri dalla conclusione, ebbe un contatto con la Williams del doppiato Schlesser alla prima variante arrestandosi sul cordolo. Un’incomprensione che permise alle Ferrari di Berger ed Alboreto di chiudere con una storica parata. La rivalità accesa tra Senna e Prost sfociò in una vera e propria faida nel 1989 dopo Imola, il secondo round.

A Monte Carlo i due separati in casa diedero vita ad un duello avvincente sin dalle qualifiche. Il sabato pomeriggio Prost cercò di dare del filo da torcere al suo rivale prendendosi più rischi del solito, ma dovette arrendersi (rallentato da una March) quando, con il secondo treno di gomme, Senna fermava le lancette sul tempo stratosferico di 1’22”308. Il transalpino ammise la prestazione eccezionale di Ayrton, capace di infliggergli oltre un secondo di distacco, ma ammoniva:” Fra di noi non ci sono ordini di scuderia e se per caso parto meglio, come mi riesce da un po’ di tempo a questa parte, lui non mi passerà più. Comunque anche un secondo posto qui a Monaco, mi va più che bene.” Un Senna felice, dopo aver fatto autocritica per una sbavatura alla curva del Casinò nel giro record, non si sbilanciava in alcun pronostico limitandosi a dire che come lui, Prost disponeva della macchina con il motore più potente ed il telaio più efficace del lotto. Parole che anticipavano il monologo bianco-rosso della domenica con Senna lesto a balzare subito davanti guidando il plotone lunga la salita del Beau Rivage, precedendo Prost, ma senza cercare l’allungo in modo da risparmiare l’auto e le sue componenti meccaniche. Solo dopo una ventina di passaggi, dovendo affrontare i doppiati, iniziò a spingere passando con decisione i ritardatari e prese corpo la sua cavalcata in solitario. Prost non riusciva a tenere il ritmo e nemmeno Mansell alle prese con una Ferrari in affanno. Memore dell’anno precedente, Ayrton mantenne alta l’andatura e nemmeno la perdita della prima e della seconda marcia gli impedirono di chiudere in testa il suo noioso assolo. C’era pure il tempo per un siparietto romantico nel giro d’onore, quando a fargli i complimenti era la fidanzata Xuxa, al secolo Maria da Graça Meneghel una showgirl brasiliana (una relazione di breve durata), alla quale Ron Dennis aveva passato l’interfono. Davanti ai giornalisti, Senna confessò di aver fatto fatica a tener dietro Prost nei primi passaggi finchè aveva il serbatoio pieno. Poi ecco la rivelazione:” Ad un certo punto, verso metà gara, non mi entrava più la prima e nelle curve lentissime ho utilizzato il secondo rapporto, ma dopo tre giri è saltato pure questo. Un vero guaio qui a Monte Carlo, dove occorre avere una buona accelerazione in uscita da questi tornanti lenti. Inoltre temevo che il mio compagno capisse che ero in difficoltà e mi venisse sotto, così per non far sapere nulla a Prost ed al mio box ho spinto al massimo nelle parti più veloci del tracciato, cioè nelle curve da terza, quarta e quinta per ottenere dei buoni tempi sul giro e nascondere quando perdevo nella parte lenta e mista. Non è stata una corsa facile – concludeva il paulista – ma forse è meglio così: ho evitato di deconcentrarmi come mi era capitato l’anno scorso.” Una dimostrazione che a Monaco si vince anche con l’intelligenza e l’astuzia e in quel 7 maggio 1989, questa fu una vera rasoiata da maestro assestata al “Professore”. E ritornando sulla lotta interna alla scuderia, “Magic” cercò di stemperare gli animi dicendo quanto sia facile alimentare la polemica quando ci sono due piloti così forti nella stessa squadra.” E’ chiaro che vi possano essere delle piccole incomprensioni e c’è sempre chi strumentalizza questi episodi.” Una versione alquanto diplomatica dei rapporti, perché quella stagione si sarebbe conclusa in Giappone con il titolo vinto da Prost dopo che le monoposto si agganciarono. Un epilogo che portò il dualismo oltre i livelli di guardia. Senna venne squalificato per aver criticato apertamente la Federazione ed il Presidente Jean Marie Balestre, reo di favorire il connazionale Prost, che fra l’altro già da metà stagione aveva ufficializzato il suo passaggio alla Ferrari. Per quel duro “j’accuse” a Senna venne ritirata momentaneamente la licenza, fortunatamente tutto rientrò, ma il conflitto e le tensioni proseguirono per tutto il 1990 coinvolgendo la McLaren e la Ferrari tornata competitiva. Gli acerrimi duellanti arrivarono a Monaco, terzo G.P. in calendario, divisi da un solo punto nella classifica piloti: Senna 13, Prost 12. Ayrton dettò subito legge conquistando la pole, la 45esima della sua carriera. S’inventò una delle sue solite magie e nemmeno un Prost perfetto capace di mettere a punto la sua 641 spinta dal nuovo V12 0.36 utilizzato solo in qualifica, riuscì a battere quel 1’21”314 e rimase secondo. Sorprendente il terzo crono del 26enne Jean Alesi al suo secondo anno in F.1 con la Tyrrell-Ford. Dunque in prima fila si riproponeva l’ennesimo scontro, ma quest’anno andava oltre, perché vedeva di fronte due colossi dell’auto, ovvero la Honda e la Fiat. E qui tornano alla mente le parole profetiche dell’Avvocato Gianni Agnelli pronunciate due anni prima proprio nel Principato. Di fronte all’egemonia assoluta della vettura anglo-nipponica si rassegnò sul breve termine, ma precisò:” Con i giapponesi ci vuole tempo, nella tecnologia non c’è nulla che non possa essere raggiunto e superato.” Ebbene da oltre un secondo, ora la sua Ferrari era a soli 4 decimi dalla McLaren-Honda. Un bel regalo di compleanno per il direttore sportivo Cesare Fiorio che ringraziò il “Professore”, il quale avvertì Senna:” Basta stargli in scia, in gara siamo superiori.” L’ottimismo del clan Ferrari però si esaurì sin dalle prime battute. Al semaforo verde il poleman si issò davanti a tutti con autorità e dietro di lui, alla curva del Mirabeu, si verificò il caos: Alesi infilò Prost all’interno, il quale per evitare la collisione frenò venendo tamponato da Berger. Morale, bandiera rossa e partenza da ripetere con il transalpino e l’austriaco costretti a salire sui muletti riservati a Mansell e Senna. Anche al restart Ayrton mantenne la testa su Prost ed Alesi che via via persero terreno. Confortato dal crescente vantaggio, il Gran Premio del paulista divenne ancora più facile con il ritiro del “Professore” avvenuto al passaggio numero 30, complice il cedimento della batteria. Una doccia fredda che fece svanire per il ferrarista l’occasione di eguagliare il record di 5 vittorie a Monte Carlo detenuto da Graham Hill. Ormai solo al comando Senna teneva agevolmente a bada Alesi che spingendo come un forsennato giunse secondo a 1”087, terzo fu Berger sulla seconda McLaren a 2”073. Ingoiato il rospo, Prost si riscattò negli appuntamenti successivi arrivando a giocarsi il titolo nuovamente in Giappone, a Suzuka. Come l’anno prima la disputa si sarebbe risolta con un nuovo botto, questa volta in partenza. Senna non si fece scrupoli a speronare la Ferrari in piena accelerazione e si prese la seconda corona tra veleni e rancori. Nella stagione 1991, “Magic” si riconfermò Campione al termine di una lotta contro Mansell trasferitosi alla Williams motorizzata Renault. Niente contese con Prost penalizzato da una Ferrari poco competitiva. A Monte Carlo il sudamericano avrebbe posto il suo quarto sigillo dopo aver realizzato la quinta pole, quarta consecutiva in campionato, 56esima in carriera. Un copione ormai divenuto una costante nel tracciato salotto. Alle spalle dell’1’20”344 spuntò Stefano Modena con la Tyrrell-Honda e poi Riccardo Patrese (vincitore nell’82) sulla Williams-Renault. Oltre all’exploit dei due driver di casa nostra, a fare notizia furono i due errori commessi da Senna. Il primo verificatosi nelle libere all’uscita dalla Rascasse in cui piegò il braccetto della sospensione posteriore ed il secondo, quando non mantenne la promessa di scendere sotto l’1’20”, complice l’aver cambiato male una marcia lungo la discesa del Casinò. Insomma anche i fenomeni non saranno infallibili, ma si riscattano subito. Allo start Senna mantenne il comando e pur forzando non distanziò Modena che guadagnava qualcosa durante i doppiaggi: dopo una trentina di passaggi il pilota della Tyrrell aveva un gap di 6” dal leader, Patrese era a 8 e Prost addirittura a 18. Una prestazione da incorniciare quella del modenese che però s’interrompeva al 43esimo dei 78 giri previsti, causa il cedimento dell’unità motrice che rilasciando olio provocò l’uscita di pista di Patrese, colpito come sempre dalla jella. Con due dei diretti rivali fuori causa in un solo colpo, Ayrton si ritrovò alle spalle il vecchio antagonista, ma rispetto al passato, il francese non era in grado di impensierirlo e puntava a mantenere la seconda piazza guardandosi da Mansell. Uno sforzo vano quello di Alain che perderà terreno dal battistrada dopo una sosta tormentata ai box. Alle spalle di Senna si piazzeranno Mansell ed Alesi. Dunque tutto facile per il campionissimo che quel 12 maggio aggiornò i primati personali: 4 vittorie consecutive a Monaco, 4 di fila nel mondiale ’91 e 56 pole. Che dire d’altro? In classifica prese il largo con 40 punti all’attivo davanti a Prost fermo a quota 11. Tra i costruttori la McLaren-Honda comandava con 34 lunghezze sulla Ferrari. A fine anno Ayrton sarà tre volte iridato guardando al mondiale successivo: un’altra sfida stimolante per allungare la sua lunga striscia di successi. Il 1992 si presentò con uno scenario in parte rivoluzionato, Prost e Piquet mancavano all’appello (sei corone in due). Se Nelson usciva definitivamente dal Circus, Alain si prese un anno sabbatico dopo il licenziamento da parte del Cavallino con cui era entrato giunto ai ferri corti. Dunque una grana in meno per Ayrton? Nient’affatto. La Williams spinta dal formidabile V10 Renault e cresciuta l’anno prima, schierò la FW14B dotata delle rivoluzionarie sospensioni intelligenti, pilotata dai quotati Mansell e Patrese. Che fossero gatte da pelare, il paulista lo capì subito assistendo al filotto di 5 centri su 5 del “Leone” inglese. Si arrivò così all’appuntamento col 50esimo Gran Premio di Monaco, terreno di caccia di Senna, che però nulla potè contro la pole record (sesta da inizio stagione) di Nigel: 1’19”495 a 150 di media. E non solo, venne pure sopravanzato da Patrese. Una delusione così spiegata da Ayrton.” Purtroppo con la mia macchina mi sono girato al Mirabeau sbattendo contro i guard-rail. Ho dovuto così salire sul muletto per tentare di fare il tempo. Avevo un buon assetto, ma non era proprio come quello della monoposto da gara preparato dal giovedì. Quindi non ho potuto lottare con Mansell.” E sulla corsa confidava nella competitività della MP4/7, rammaricandosi di essere in seconda fila:”… qui bisogna partire davanti.” Ma come spesso accadde in passato, il dedalo del Principato si trasformò in una roulette mossa dalla dea bendata, capace di azzerare i valori tecnici e sportivi. Mansell prese il largo imponendo il suo ruolino di marcia accumulando un vantaggio considerevole di 28”4 fino al 71esimo dei 78 passaggi previsti. E mentre assaporava già il profumo dello champagne da stappare sul palco dei Principi, lamentò via radio la foratura di un pneumatico e riparò freneticamente ai box. I meccanici furono lestissimi a rimetterlo in gioco, ma la vettura bianco-rossa numero 1 era già transitata al comando ed ebbe così inizio un nuovo e palpitante Grand Prix. L’handicap delle coperture fredde obbligò il “Leone” a spingere soltanto dopo che le gomme fossero andate in temperature. Con il contagiri che andava avanti inesorabile, l’alfiere della Williams tentò il tutto per tutto, facendo scendere il distacco dal capofila da 5”1 a 1”9. La FW14B divorava l’asfalto danzando sui cordoli: era molto più rapida della MP4/7 quasi fosse in procinto di passargli sopra. Non essendo un novellino il brasiliano non si scompose chiudendo tutti i varchi possibili tra se e le barriere, affidandosi ad un’ottima trazione del motore Honda, malgrado le sue gomme fossero al limite. Lui e Nigel si trovarono davanti il doppiato Lehto e lo sverniciarono all’uscita del tunnel. Nei pochi chilometri che gli restavano a disposizione, Mansell mise pressione sul rivale percorrendo traiettorie diverse saltando da destra a sinistra, ma vista la “mission impossible” desisteva evitando di andare a sbattere e rimediare uno zero deleterio in ottica mondiale. Dopo otto tornate tiratissime, Senna compiva il suo ennesimo capolavoro, rompeva l’egemonia del binomio Mansell-Williams ed eguagliava il record di Hill. “Seppure la mia macchina da gara andasse meglio rispetto a quella usata in qualifica – raccontò il brasiliano – non c’era modo di lottare con Mansell. Le Williams hanno avuto un ottimo avvio ed io anche. Alla prima staccata ho frenato il meglio che potevo guadagnando una posizione, riuscendo a fermare la mia vettura per evitare una collisione con Mansell a St.Devote. Poi – proseguiva Ayrton – ho cercato di fare una corsa tattica tentando di non accumulare troppa distanza da Nigel, senza spremere troppo le gomme, per essere in grado di lottare qualora si fosse verificato un imprevisto e così è stato con la sosta dell’inglese. Negli ultimi 5 o 6 giri, gli pneumatici erano davvero usurati e avevo spremuto moltissimo il mezzo. Però ho visto che sui rettifili tirando tutto il possibile, riuscivo a tenere dietro Nigel. Grazie al motore Honda avevo abbastanza velocità e contenevo gli attacchi. Mi sentivo come sopra un dragster – spiegava Senna – il piede schiacciato giù al massimo, soltanto io e le marce che salivano e le ruote che le assecondavano: 2^, 3^, 4^, limitandomi a fare le traiettorie giuste. Il nostro duello è stato qualcosa di eccitante. Lui è arrivato alle mie spalle che sembrava un matto, ma io non ero disposto a buttare via questa vittoria. So che a Monaco si deve partire pensando soltanto a vincere perché questa possibilità c’è sempre.” Se il plurivincitore salì sul podio visibilmente provato, Mansell era talmente stremato da reggersi al braccio di un commissario e dopo la consueta doccia di champagne si sedette in terra privo di forze. Quella gioia targata 31 maggio 1992, fu una di quelle più sudate è più significative per Senna, in quanto consapevole di esser stato l’artefice assoluto di quella meraviglia. Il divario tecnico tra la MP4/7 e la FW14B era sotto gli occhi di tutti. Ron Dennis con obiettività commentò:” La McLaren è arrivata seconda, ma Ayrton ha vinto la gara per noi.” Una bella parentesi a cui ne seguirono altre due, all’Hungaroring ed a Monza. Solo tre vittorie, troppo poche, tant’è che nella graduatoria finale Senna chiuse quarto a 58 punti da Mansell, superato da Patrese (secondo) e dal giovane astro nascente Michael Schumacher (terzo). Consapevole della superiorità schiacciante della compagine di Sir Frank (Mansell divenne Campione del Mondo con sei gare di anticipo), Senna cercò ripetutamente di accasarsi a Grove, ma ancora una volta trovò sulla sua strada il vecchio nemico: Prost. Il francese tornava in F.1 alla guida della monoposto più forte e c’è di più, nel suo contratto fece inserire la clausola che impediva l’ingaggio di Senna. Un aspetto che il brasiliano non poteva tollerare. A complicare ulteriormente il quadro si aggiunse anche la perdita del motore Honda da parte della McLaren che dovette affidarsi all’8 cilindri Ford. Inutile dire che Senna era molto scettico sul futuro, al punto di non firmare alcun contratto con Dennis e di correre a cachet gara per gara. Ayrton era solo contro tutti, ma accettò l’ennesima sfida seppure tutta in salita e per più contro quel diavolo di Prost. Ma voleva dimostrare al mondo che poteva batterlo anche senza la monoposto migliore, come era successo pochi mesi prima a Monte Carlo ed alla fine qualche colpo lo mise a segno. Saranno cinque le sue affermazioni a fine anno e tra queste ci sarà proprio il Gran Premio di Monaco. E dire che il fine settimana in Costa Azzurra non iniziò nel migliore dei modi. Nelle prove del giovedì Senna si schiantava di punta contro le barriere interne alla curva di Sante Devote ad oltre 230 km/h distruggendo tutto l’avantreno della sua McLaren rimediando per sua fortuna solo una lussazione al polso destro. Una brutta botta che lo indusse a non forzare nel pomeriggio e giocare le sue carte il sabato. Ma pure quel giorno non fu fortunato: Ayrton incappò in altri due lievi incidenti e Prost diede un’autentica prova di forza ottenendo la sua sesta pole consecutiva della stagione. La realizzò dopo soli 7 minuti per poi fare da spettatore nei restanti 53 senza che nessuno riuscisse a fare meglio di lui. Un sonoro schiaffone a tutti, Senna compreso qualificatosi solo terzo, sopravanzato da Schumi. Un risultato accolto favorevolmente dal “Professore”:” Preferisco partire con Schumacher accanto e non Senna che è in lotta con me per il mondiale e ci separano soltanto due punti.” Ed in merito alle difficoltà Ayrton chiariva:” Certo, non è normale che sia protagonista di tre incidenti in due giorni. Anche ad Imola sono finito fuori due o tre volte. E’ il sintomo che in certe condizioni di aderenza, su fondo sconnesso, la nostra macchina se portata al limite ha reazioni improvvise perchè non assorbe bene le asperità della pista e diventa difficile da controllare. C’è un problema sulla vettura che non posso discutere, ma confermo che abbia una grossa responsabilità nella maggioranza degli incidenti che abbiamo avuto di recente.” E sulla mano infortunata, rassicurava:” E’ ancora un po’ gonfia e mi fa un po’ male quando le ruote trasmettono qualche colpo al volante salendo sui cordoli, ma grazie alla fasciatura speciale (opera del massofisioterapista del team Josef Leberer) per la gara non dovrei avere problemi.” Premesse non incoraggianti, dal momento che egli stesso confessò che:” Monaco è la sfida. Devi andar forte senza toccare i muri per 78 giri di fila.” Di conseguenza se non sei a posto fisicamente ed il mezzo non è al 100% tutto si complica, ma non dimentichiamoci che la corsa in questione è un terno al lotto ed il colpo di scena si palesò allo start. Prost anticipò leggermente la luce verde e prese il comando, Schumacher rimase davanti a Senna che si mantenne terzo tagliando un po’ la strada a Damon Hill sulla seconda Williams. Senna si accorse dell’irregolarità del poleman e confidando in una sanzione non si preoccupò affatto di perdere terreno. Infatti all’undicesimo passaggio arrivarono puntuali i 10 secondi di penalità che il transalpino scontò ai box con una sosta obbligatoria complicata dal V10 Renault che non ripartiva pregiudicando definitivamente il suo Gran Premio: aveva perso un giro! Senna salì secondo, ma con la Benetton di Schumacher davanti di oltre venti secondi capì che il tedesco era imprendibile. Trascorsero 21 tornate ed ecco la svolta decisiva. La B193 motorizzata Ford del giovane tedesco finì ko per la rottura dell’impianto delle sospensioni attive ed Ayrton potè viaggiare sul velluto. Nella roulette monegasca era uscito il suo numero 8 dal colore rosso fluorescente. Un colpo di fortuna mica da ridere, ma si sa che spesso la dea bendata ha un occhio di riguardo per i campionissimi. Da quel momento per Senna fu quasi una formalità controllare Hill divenuto il suo diretto rivale, al punto da permettersi un cambio gomme non strettamente necessario. Concluse la sua marcia trionfale nel tempo di 1 ora 52’10”947 ad una media di 138,837 km/h. Alle sue spalle si piazzarono Hill, Alesi sulla Ferrari e Prost. Dopo le disavventure iniziali, il “Professore” ebbe una grande reazione e da 22esimo chiuse quarto facendo segnare anche il giro più veloce. Nel dopo gara, Alain dirà di non aver commesso alcuna infrazione e di essere partito quando si era spento il rosso:” … una cosa che ad ogni G.P. fanno almeno 15 piloti.” Sarebbe stato però contraddetto dal suo patron Frank Williams che si disse d’accordo con la decisione presa dalla direzione gara. Con quel trionfo, Ayrton guadagnò i punti che gli permisero di tornare in vetta al mondiale, ma il dato più importante fu che con quella sesta sinfonia (quinta di fila dall’89), come avrebbe titolato il giorno dopo “La Gazzetta dello Sport”, superò il record di Hill senior. Bello il complimento ricevuto da parte del figlio Damon a fine gara:” Se mio padre Graham oggi fosse stato qui, di sicuro sarebbe stato il primo a complimentarsi con te per questa vittoria e soprattutto per il record che gli hai strappato.” Quel 23 maggio 1993 fu senz’alcun dubbio una giornata storica non solo per Senna, ma per il paese verde-oro, con il telecronista della tv brasiliana che quando vide transitare sotto la bandiera a scacchi la McLaren urlò:” Ayrton… Ayrton Senna do Brasil !!!” Una volta davanti ai media, “Magic” fornì un racconto dell’impresa puntualizzando di non esser stato baciato dalla fortuna:” Avevo una tattica di gara precisa. Partendo dalla seconda fila, dopo l’incidente di giovedì sapevo di dover iniziare con tranquillità. Quando ho visto che Prost ha anticipato la partenza come fa spesso e finalmente l’hanno punito, ho avuto la conferma che era nervoso: forse è scappato via per l’ansia di voler affrontare in testa la prima curva. Schumacher – proseguì Ayrton – gli è andato dietro tirando fortissimo. Proprio quello volevo, sperando che i suoi pneumatici si deteriorassero più rapidamente dei miei che ho preferito risparmiare. A quel punto ho mantenuto il distacco da Schumacher entro i 15 secondi e quando ho notato che tendeva ad aumentare ho spinto per non perdere contatto. Per prudenza ho sostituito le gomme, così ero nelle condizioni ideali per affrontare la parte decisiva della corsa ed è stata la mossa giusta per vincere. A quel punto con Prost lontano e Schumacher fuori, ho potuto centrare questa vittoria. Anche se il tedesco l’avrei preso comunque. E poi ecco un’altra rivelazione:” Domenica mattina mi sono svegliato con una bella impressione sulla giornata che mi aspettava. Qui a Monte Carlo si vede sempre la differenza tra l’andare al massimo ed al 90%: l’ho sperimentato in prova con tre incidenti.” Il pensiero del paulista si rivolse poi al futuro confermando di continuare a correre a gettone per la McLaren, per usare le sue parole:” di fare il taxi-driver ad un buon livello” e sul mondiale:” E’ importante essere in cima alla classifica, ma sono realista e so che anche qui la Williams ci è stata superiore. In queste condizioni di inferiorità tecnica resta impossibile lottare per il titolo. Anche se in corsa le cose non vanno sempre secondo la logica.” Quella stagione saluterà la conquista del quarto mondiale di Prost. Senna s’imporrà anche in Giappone ed in Australia, chiudendo il campionato alle spalle del transalpino, staccato di 26 punti. Nell’ultimo round di Adelaide, sul podio, abbraccerà il “Professore” fresco iridato. Un gesto che venne interpretato come un vero e proprio passaggio di consegne, perché se Alain annunciò il suo ritiro definitivo dalle competizioni, il brasiliano raggiunse il tanto agognato accordo per guidare la Williams l’anno dopo. Senna era finalmente felice, aveva coronato quel sogno rincorso per due anni. Grazie alla monoposto anglo-francese avrebbe potuto lanciare l’assalto alla sua quarta corona iridata (come Prost). Invece la storia sarebbe andata diversamente, con un tragico epilogo.

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Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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