Published on Febbraio 18th, 2023 | by Massimo Campi
0Gigi Villoresi a tutto gas e senza freni
Una serata al Monza Auto Moto Storiche in ricordo del campione milanese raccontato da Valerio Villoresi
Luigi Villoresi è stato un pilota corretto ed un uomo dal “cuore d’oro”. A lui è dedicato un libro scritto dal lontano nipote Valerio che è stato presentato nell’evento organizzato dal Monza Auto Moto Storiche. Il libro parte da Gigi anziano, nella Casa di Riposo della Gioia e del Sole a Modena, racconta la sua vita alla donna che ama. Ora è povero e infermo, sulla sedia a rotelle “meccanizzata” regalatogli dal giovane collega Michael Schumacher, ma è felice perché ha vissuto la sua vita sempre al massimo, ben consapevole che “la paura del pericolo è cento volte più temibile dello stesso pericolo”.
Dagli esordi durante il Ventennio all’acquisto della Fiat Balilla Spider Sport col fratello Emilio al tragico Gran Premio d’Italia del 1933, dalla rivalità con Giuseppe Farina al sogno realizzato di partecipare alla Mille Miglia, dall’incontro col mito Tazio Nuvolari alla vittoria alla Targa Florio, fino al Rally dell’Acropoli in Grecia: una vita agonistica fatta di grandi successi, ma che dopo il ritiro gli riservò non poche amarezze.
Luigi Villoresi è stato un grande campione ed è stato per due volte Campione d’Italia assoluto. Nel 1950 passa alla Ferrari in contemporanea con la nascita della Formula 1. Nel 1954 inizia per il campione una nuova avventura con la Lancia D50 fino all’incidente in cui muore l’amico e collega Ascari. L’ultima vittoria è al volante di una Lancia Aurelia GT nel 1958 al Rally dell’Acropoli.
“Il Novecento ha avuto, tra tante tragedie figlie della ideologia, protagonisti che hanno dato corpo e anima al servizio dei sogni. Gigi Villoresi da Milano fu uno di loro – commenta così Leo Turrini che del libro ha curato la Prefazione –. Ha guidato le Ferrari, le Maserati, le Lancia, le Osca. È stato un non oscuro profeta di una certa idea di progresso, in nome della tecnologia, dell’ardimento e della passione. Di più. Quasi nessuno lo rammenta, perché il tempo scorre e non di rado le nostre emozioni scivolano via, abbandonate tra i detriti del passato. Io mi sono fatto l’idea che Gigi, in carriera, abbia vinto meno di quanto meritava. Spero possa, in compenso, conservare un posto nei nostri cuori.”
Valerio Villoresi, lontano parente del campione scomparso, ha raccontato durante un incontro con il Monza Auto Moto Storiche come è nato “A TUTTO GAS E SENZA FRENI” edito da Minerva. Nel libro l’autore racconta Gigi Villoresi, descritto sia come pilota che soprattutto uomo.
“Ho sempre avuto quasi un senso di colpa verso Gigi che muore povero in una casa di riposo per anziani e la famiglia avrebbe potuto stargli più vicino. Luigi discende da una famiglia molto nota a Milano, suo padre Gaetano era figlio di Eugenio Villoresi, l’ingegnere che progettò il Canale Villoresi, e il nipote di Luigi Villoresi uno dei grandi botanici e paesaggisti del XIX secolo. Il suo ramo famigliare però è piuttosto sfortunato, Gigi ha quattro fratelli ma tutti muoiono tragicamente o per malattia tra cui Emilio che condivide con lui la passione per i motori e scompare a Monza il 28 giugno 1939 mentre stava collaudando una Alfetta ed alla fine Gigi rimane da solo e senza nessun parente diretto. La famiglia Villoresi ha una lunga tradizione di tecnici e studiosi molto riservati e due persone erano visti come pecore nere: Gigi e Lidia che fa la poetessa. Villoresi era sempre sulle prime pagine dei giornali ed a quei tempi non era capita la sua scelta di vita. Gigi aveva una grande carica emotiva con una gran voglia di fuggire da una vita già programmata. Gigi uomo l’ho scoperto andando a ricercare la storia degli antenati di famiglia ed il libro nasce il giorno del suo funerale, quando arriva alla funzione con mio padre nella chiesa di Modena, la città dove era scomparso e scopro che dietro a questo strano parente c’era un mondo da raccontare. Don Sergio Mantovani era il sacerdote che l’aveva assistito negli ultimi anni e dopo la toccante cerimonia ci ha consegnato tutte le sue memorie dalle quali si è potuto capire lo spessore dell’uomo oltre alle doti di pilota. Dopo avere letto qui documenti è iniziata la curiosità verso la vita, gli amori ed i dolori di questo parente che conoscevo molto poco e che invece lo scoprivo sempre più vicino.”
La vita di Gigi ha avuto diverse sfaccettature tra cui la guerra in Grecia
“Non voleva parlare di quel triste periodo, per lui erano solo terribili ricordi. Anche il fronte greco del secondo conflitto mondiale è stato devastante, doveva essere una guerra lampo ed invece si rivelò lunga e drammatica. Lui viene arruolato nei Lanceri a Milano e si ritrovano sul fronte senza attrezzature ed allo sbando. Quando Badoglio firma l’armistizio tutti gli italiani devono cedere le armi, vengono circondati dai tedeschi e Luigi viene fatto prigioniero. I suoi principi di libertà e di giustizia prevalgono, non cede all’alleanza con i tedeschi e riesce a scappare con altri tre compagni unendosi alla divisione Pinerolo del Generale Infante che non si era arresa e continua nella Guerra di liberazione mentre l’ottanta per cento dei militari italiani che si erano arresi vengono in seguito spediti a morire nei campi di concentramento in Germania.”
Sono stati anni difficilissimi per Villoresi
“Sicuramente gli anni di guerra lo hanno segnato pesantemente e la sua integrità morale lo ha anche salvato da scelte inopportune come quella di Varzi che ha ceduto agli stupefacenti ed ha finito la sua carriera o altri che si sono dati all’alcool. Ha comunque continuato a correre fino a 52 anni, poi si è accorto che il fisico ed i riflessi non erano più all’altezza per rimanere sufficientemente competitivo. Dopo le corse si è dovuto inventare un nuovo lavoro da imprenditore che però non ha dato i frutti sperati ed ha finito la sue esistenza senza risorse visto che era stato diseredato dalla famiglia proprio per le sue scelte. Villoresi è stato un uomo con molte doti di umanità. Ho sempre pensato che Il suo essere eroe non era il Villoresi pilota che vinceva la Targa Florio o la Mille Miglia, ma quello di avere sopportato una serie di disgrazie ed avversità con estrema dignità ed avere sostenuto le sue scelte fino alla fine.”
Quale era il rapporto con i suoi colleghi
“Con alcuni piloti c’era una grande amicizia come quella con Alberto Ascari. È stato Gigi Villoresi a consigliarlo ad Enzo Ferrari che lo riteneva ancora acerbo per le sue vetture. Ascari ha ripagato con i titoli mondiali vinti e quando è passato alla Lancia ha voluto che Gigi lo seguisse. Con Nino Farina invece il rapporto non è mai stato buono. Villoresi considerava il pilota piemontese come un ricco spaccone ed arrogante, con una condotta di gara quasi sempre scorretta e sleale. Anche con Varzi inizialmente non c’era un buon rapporto, il pilota di Galliate si considerava superiore a tutti gli altri, poi quando tornò a correre dopo la Guerra i rapporti cambiarono diventarono amici anche se gli fece in un certo senso pena per la vicenda della droga. Anche con Enzo Ferrari ci fu un rapporto contrastante e turbolento. Il fratello Emilio morì a bordo di Alfetta della Scuderia Ferrari ed la prima cosa a cui pensò il Drake fu quella di fare sparire i rottami della macchina per non fornire prove di un cedimento meccanico, addossando tutte le colpe al pilota. Grande rispetto invece era quello per Tazio Nuvolari. Dopo la Guerra Villoresi andò a trovarlo a Mantova, il campione era ormai l’ombra di se stesso, già malato ai polmoni e magrissimo con una vena di depressione data dalla recente morte del suo secondo figlio, una vera tragedia che segnò profondamente la sua vita. Villoresi cerò di convincerlo a seguirlo in America per la trasferta della 500 Miglia di Indianapolis, ma Nuvolari non se la sentiva, alla fine i due si abbracciarono ed il mantovano volante gli disse che era stato molto contento della sua visita.”
Quale è stato il rapporto di Villoresi con la pista di Monza?
“Purtroppo non è stato un buon rapporto. Il fratello Emilio muore il 28 giugno del 1939 in una sezione di prove sulla pista brianzola, come il suo grande amico Alberto Ascari. Fu proprio Gigi a portare Ascari a Monza per fare visita all’amico Castellotti che stava provando una Ferrari sport. Il grande rammarico fu anche quello di non averlo fermato in tempo quando volle provare quella macchina senza il suo casco e la divisa da pilota a cui teneva molto. Il terzo dramma è quello di Radice Fossati, amico che stava correndo in coppia con Gigi, che esce anche lui rovinosamente di strada.”