Storia

Published on Febbraio 3rd, 2023 | by Massimo Campi

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Shadow DN1-Ford – Embassy Hill

 

Gran Premio degli Stati Uniti 1969, la Lotus del Campione Mondiale Graham Hill vola fuori pista a 18 giri dalla bandiera a scacchi sul tracciato di Watkins Glen. La vettura prende il volo, la scocca è distrutta, il campione inglese viene estratto dai rottami con le gambe spezzate, come la sua carriera da pilota ufficiale Lotus e deve iniziare una lunga riabilitazione. Nel 1970 è al via con la Lotus del Rob Walker Racing Team la  scuderia fondata nel 1953 da Rob Walker, discendente dei fondatori della famosa fabbrica di whisky. Ma è l’ultima stagione per il team privato del magnate inglese, i risultati sono scarsi e per le due stagioni successive Graham Hill è al volante della Brabham gestita da Ron Tauranac che vende a fine stagione 1972 la squadra a Bernie Ecclestone. Graham Hill è il pilota più anziano della massima formula, deve lottare con giovani aggressivi e più veloci di lui. I sedili nelle squadre al vertice sono tutti occupati, ma Hill ha esperienza e tante conoscenze oltre ad un grande fair play ed ottiene una sponsorizzazione della Imperial Tobacco con cui crea la sua squadra denominata Embassy-Hill per il campionato di Formula Uno del 1973.

Come monoposto, Graham Hill si rivolge a Don Nichols che ha realizzato la nuova Shadow, una vettura molto bella equipaggiata con il Ford Cosworth DFV. L’avventura della nuova squadra inizia alla quarta gara sul tracciato spagnolo del Montjuich. Graham Hill è alla guida della Shadow, che si presenta con una livrea molto elegante, bianca e rossa, ma la monoposto ha ancora bisogno di messa a punto. Nelle 12 gare disputate ci sono ben cinque ritiri e come miglior risultato un nono posto a Zolder in Belgio. Il primo anno della nuova squadra è piuttosto deludente, finisce presto la collaborazione con la Shadow e per la stagione successiva Graham Hill si fa costruire dei telai dalla Lola di Eric Broadley. La storia della Embassy Hill dura altri due stagioni, nel 1975 fa anche debuttare una vettura di sua costruzione denominata GH1. La monoposto è  derivata dalla Lola T370 e debutta al Gran Premio del Sud Africa con Rolf Stommelen. Nel successivo Gran Premio di Spagna corrono François Migault e Rolf Stommelen e quando il pilota tedesco è in testa la perdita dell’alettone provoca la sua uscita di pista con l’uccisione di quattro spettatori. Nel Gran Premio di Monaco Graham Hill tenta di qualificarsi ma senza fortuna e si convince che il suo futuro ruolo sarà quello di Team Manager.  Sostituito Stommelen con Tony Brise la scuderia riesce ad ottenere i suoi primi punti al Gran Premio di Svezia con l’inglese che arriva sesto.

La Embassy-Hill sembra una squadra con buone potenzialità di crescita ed un giovane pilota veloce come Tony  Brise pronto a nuove sfide per la prossima stagione. Tutto però finisce tragicamente il 29 novembre 1975, in un incidente aereo in cui perirà Graham Hill, assieme a Tom Brise, mentre stavano rientrando da una sessione di test al Castellet. Hill stesso è alla guida del suo aereo, a causa della folta nebbia il Piper Aztec urta contro un albero sulla pista di Elstree durante l’atterraggio. Oltre ai due piloti perdono la vita  il progettista Andy Smallman ed alcuni meccanici.

Shadow DN1 la monoposto dello 007 da corsa

Donald “Don” Nichols  è un agente della CIA, si dice che sia stato impiegato nella seconda guerra mondiale, in Corea nord e sud, Giappone, Vietnam e Germania. Insomma, dove i Marine’s posavano i cingoli di un carro armato a terra, Don Nichols c’era ed ancora oggi il fascicolo riguardante la sua carriera è sigillato negli archivi segreti della CIA. Alla fine degli anni ’60, Don Nichols capisce che è ora di dire basta a operazioni ad alto rischio e missioni segrete in nome degli USA, e si butta nel mondo motorsport. Fonda la Advanced Vehicle Systems Inc. con lo scopo di progettare e costruire un macchina per correre nella CanAm. Subito parte alla grande, con mezzi e risorse ma anche con piloti di primo piano come George Follmer, Vic Elford e Jacky Oliver che poi entrerà nell’organico del team. Tutte le macchine prodotte dalla Advanced Vehicle Systems Inc. si chiamano Shadow (ombra) e hanno come logo un uomo in impermeabile, cappello nero e la posizione tipica di una spia sotto copertura tanto per richiamare le origini del suo fondatore.  La Shadow ha tutto per sfondare, vince in America  e nel 1973, con il patrocinio della UOP (Universal Oil Products), il team di Don Nichols sbarca in Formula Uno, debuttando al Gran Premio di Sudafrica. Con i piloti Oliver e Follmer, la Shadow ottiene nell’anno del debutto due podi in Francia e Spagna e l’agente speciale Don Nichols piazza il colpo vendendo anche un telaio alla nuova squadra Embassy-Hill fondata da Graham Hill. Nel 1978 accade l’incredibile: Tony Southgate, Alan Rees e Jackie Oliver lasciano Don Nichols e la Shadow per formare la Arrows. Non solo, la Arrows FA1 è praticamente la gemella della Shadows Dn9. In pratica il progettista e il team manager (Southgate e Rees) prima di licenziarsi dalla Shadow sono passati negli uffici californiani e si sono messi in tasca i disegni della vettura che avevano progettato poco tempo prima.

La spia Don Nichols è vittima di un furto tra i più clamorosi della storia della Formula Uno: sembra uno scherzo, ma è tutto vero. Don Nichols porta in tribunale i vertici Arrows e vince senza troppi problemi. La storia della Shadow continua fino al 1980, quando Don Nichols cede una quota del Team al magnate cinese Teddy Yip e nasce la Theodore-Shadow, ma è il canto del cigno di un team tra i più misteriosi della storia della Formula Uno. I risultati sono  pari a zero e la Shadow chiude i battenti in Formula Uno a metà 1980. Dalle ceneri nascerà la Theodore Racing, ma quella è un’altra pazza storia. Per la Shadow hanno corso piloti del calibro di Jean-Pierre Jarier , Peter Revson, Brian Redman, Tom Pryce, Alan Jones che coglie in Austria nel 1977  la prima e unica vittoria in F.1 nella storia della Shadow. Finita l’avventura in Formula Uno anche Don Nichols scompare. Si dice che sia defunto nel 1992, ma in perfetto stile da 007 dei servizi segreti la notizia è in dubbio. Della Shadow rimane una intrigante storia, ed alcune tra le più belle ed eleganti vetture della F.1.

La Shadow DN1 della Embassy-Hill a Monaco Historique

La monoposto della scuderia britannica è scesa in pista al Monaco Historique 2022 con Emanuele Pirro, il cinque volte vincitore della 24 Ore di Le Mans e Commissario FIA, che si dedica da alcuni anni alle manifestazioni storiche come pilota.

La Shadow è di proprietà di Marco Coppini, un collezionista italiano, che ha appena acquistato la vettura dal precedente proprietario inglese.  L’avventura sul tracciato monegasco è stata piuttosto travagliata. La Shadow aveva ancora bisogno di una messa a punto e di risolvere alcuni problemi sull’impianto di raffreddamento come ha sottolineato il collezionista italiano, comunque contento di questa esperienza. “Sono proprietario della vettura da soli quattro mesi, ho acquistato la monoposto per una serie di ragioni: è una monoposto ancora vecchio stile, senza effetto aerodinamico, ed è una vettura con una storia importante essendo stata pilotata da Graham Hill, esteticamente è molto bella. Questa macchina apparteneva alla famiglia Hill ed il figlio Damon l’ha venduta al precedente proprietario una quindicina di anni fa. E’ usata alcune volte per manifestazioni storiche ed infine è stata venduta al sottoscritto. La Shadow DN1 della Embassy-Hill ha fatto una dozzina di gare all’epoca, nel 1973, con il campione inglese alla guida. Personalmente devo ancora provarla in pista, abbiamo invitato Pirro per testare la vettura ed ha detto che è molto confortevole da guidare rispetto ad altre monoposto di quella generazione. La partecipazione al Monaco Historique va nella direzione di fare provare la vettura ad un pilota molto esperto ed apprendere da Emanuele le varie nozioni per gestirla e metterla a punto. Con un pilota professionista c’è un rischio minore nel farla correre su un circuito come quello monegasco, dove è molto facile sbagliare e fare danni con un motore così potente.”

Franco Fraquelli, ex pilota e team manager, si occupa della gestione della vettura: “La Shadow è una monoposto molto semplice, non ha elettronica su cui intervenire con tute le difficoltà connesse. Il motore è il tradizionale Cosworth DFV, una unità abbastanza facile da gestire anche come manutenzione, come anche la trasmissione Hewland. Per garantire una adeguata sicurezza alcuni pezzi vanno sostituiti dopo alcune ore di utilizzo. Non c’è una particolare usura per le parti della scocca, in compenso vanno sostituite alcune parti delle sospensioni come gli attacchi delle sospensioni ed i mozzi. All’epoca le sospensioni venivano rifatte almeno quattro volte a stagione, nell’uso attuale, nelle manifestazioni storiche, si fa molta meno strada. Un gran premio dell’epoca, vedi il caso di Montecarlo, durava mediamente due ore e mezza, oggi la gara storica dura circa mezz’ora. I test durante la stagione erano molto più frequenti rispetto a qualche giro di prova per vedere se tutto funziona prima di una manifestazione.

In base a questi dati di utilizzo,  ed al controllo minuzioso dei particolari meccanici, viene decisa lo loro sostituzione. Il Ford Cosworth deve essere revisionato ogni 2.000 km dove viene fatta una manutenzione alle testate, mentre ogni 4.000 km si compie una revisione totale, sia per le testate che per il banco. In genere la revisione del motore viene effettuata da Richardson in Inghilterra, i costi si aggirano attorno alle 20.000 sterline (30.000 Euro) per il lavoro sulle teste, il doppio per quella completa. La trasmissione Hewland non presenta particolari problemi, spesso viene smontata per la sostituzione dei rapporti in funzione della pista in cui si corre, nel caso di usura vengono subito sostituiti cuscinetti ed ingranaggi. La Shadow DN1 è una vettura che raggiunge comunque velocità notevoli e ci vogliono mani esperte per la messa a punto e la gestione in pista. Per l’utilizzo e la programmazione dei vari interventi bisogna anche considerare che questi mezzi vengono usati da gentleman driver, o da professionisti esperti come Emanuele Pirro, che difficilmente impegnano al limite meccanico la monoposto.”

Immagini © Massimo Campi – Raul Zacchè/Actualfoto

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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