Di Carlo Baffi
Il 29 dicembre del 1962 in Sud Africa presso Eastern Cape, calava il sipario sul mondiale di Formula Uno e salutava la conquista del titolo iridato di Graham Hill al volante della BRM P57. Per il fuoriclasse inglese nato ad Hampstead il 15 febbraio del 1929, si trattava della sua prima corona mondiale, ne avrebbe poi vinta un’altra sei anni dopo. Quella stagione era iniziata il 20 maggio a Zandvoort in Olanda, gara in cui si era imposto proprio Hill e prevedeva altri otto Gran Premi. La lotta al vertice aveva avuto come protagonisti lo stesso Hill e lo scozzese Jim Clark in forza alla Lotus, mentre la Ferrari campione uscente con l’americano Phil Hill aveva rimediato solo tre podi. S’erano messi in luce pur Bruce McLaren e Dan Gurney, vincitori rispettivamente a Monte Carlo ed a Rouen. Alla vigilia dell’ultimo atto, la classifica piloti vedeva Hill primo con nove lunghezze di vantaggio su Clark. Tre successi per entrambi, ma se il primo era andato a punti 8 volte su 9, il secondo era incappato in tre ritiri.
Situazione simile anche tra i costruttori, con la Brm che godeva di soli tre punti sulla Lotus. Il regolamento prevedeva 9 punti al primo, 6 al secondo, 4 al terzo, 3,2 ed 1 fino al sesto classificato. Teatro di questo rush conclusivo, era quello del Prince George Circuit, una pista inaugurata negli anni ‘30 lunga 3.920 metri che permetteva di raggiungere velocità elevate. Un evento significativo, grazie al quale il Sud Africa faceva il suo esordio nel mondiale di Formula Uno. Le qualifiche salutarono la pole di Clark che fece registrare il crono di 1’29”3, tre decimi in meno del diretto rivale. A seguire Brabham, Ireland, Surtees e Maggs; da rilevare l’assenza delle rosse di Maranello. Il Cavallino chiudeva molto mestamente un periodo molto problematico emerso sin dalla prima uscita nei Paesi Bassi. Non dimentichiamoci che l’anno prima, il Commendatore aveva epurato l’intero gruppo dirigenziale, colpevole a suo dire di aver ordito una “congiura di palazzo” e di conseguenza i cosiddetti caporali erano stati promossi a generali. Tra questi c’era Mauro Forghieri, un giovane e promettente tecnico che assunse in toto la direzione del reparto corse. Seppur alle prese con la consueta gavetta, l’ingegnere modenese avrebbe dimostrato tutto il suo talento, riportando negli anni seguenti il Cavallino ai fasti che si meritava. Intanto però andava fronteggiata la concorrenza proveniente da oltre Manica, con Brm e Lotus che avevano messo a punto i loro V8, la cui potenza era perfino superiore al V6 made in Maranello. Difficoltà aggravate anche da una catena di scioperi indetti dalle categorie dei metalmeccanici che rallentarono gli sviluppi della monoposto. Ma torniamo ad East London ed al testa a testa tra i due mostri sacri del Regno Unito. “Big Jim” fu lesto a prendere subito il comando e cercò di forzare il ritmo, staccando Hill, il quale non potè far altro che limitare i danni. E quando a metà delle 82 tornate previste, Clark ebbe un margine più che rassicurante di mezzo minuto, si fece sempre più concreta la possibilità di vederlo salire sul trono iridato.
Ad Hill ormai rassegnato, non restava che metabolizzare la delusione quand’ecco che si materializzò un improvviso colpo di scena. Al 59 passaggio, dagli scarichi della Lotus Climax fuoriuscì una nuvola di fuma nerastro che indussero “lo scozzese volante” a riparare ai box due giri dopo. In quell’istante, Hill transitò sul traguardo in prima posizione, probabilmente incredulo di quanto stesse accadendo. Lo scenario s’era improvvisamente capovolto e quando i meccanici della Lotus dovettero arrendersi di fronte a quella maledetta rottura del propulsore provocata da una perdita dell’olio, Graham potè dare inizio alla sua marcia trionfale, che culminò con la vittoria e la realizzazione di un grande sogno. “Quando ha visto la vettura di Clark tra il fumo – rivlerà il neo campione a fine gara – ho capito che la corsa per il mio rivale era ormai finita. Francamente mi è dispiaciuto che Clark sia stato colpito dalla sfortuna.” Parole da cui emergeva una grande sportività, che avrebbe sempre contraddistinto questo signore e fuoriclasse del volante. Alle spalle del trionfatore si piazzarono McLaren e Maggs sulle Cooper. Un successo che permise alla Brm di imporsi anche nella graduatoria costruttori, precedendo nell’ordine: Lotus, Cooper, Lola, Porsche, Ferrari e Brabham. Comunque, la rivincita di Clark non si sarebbe fatta attendere a lungo e l’anno dopo, ebbe la meglio proprio su Hill, così come la Lotus strappò il titolo alla Brm.