Storia

Published on Ottobre 1st, 2022 | by Massimo Campi

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Ivan Capelli e Ferrari F92A: quando il sogno diventa incubo

Nel 1992 il pilota milanese è al volante della rossa, ma ben presto sarà una grande delusione

Un italiano a volante della rossa, un sogno che tantissimi piloti, o forse tutti hanno da quando impugnano tra le mani il volante di una macchina da corsa. Negli anni ’80 la pattuglia italiana è ben nutrita, tanti giovani potenziali campioni da cui emergono diversi nomi. Enzo Ferrari scommette su uno di loro, Michele Alboreto, il campione milanese arriva a Maranello, inizia a vincere, rimane in lizza per il titolo mondiale ma il cambio delle turbine fa svanire il sogno di un pilota italiano mondiale con la rossa. A fine del 1988, con la scomparsa del Drake, finisce anche l’avventura del milanese con il cavallino rampante, ma altri giovani piloti diventano in lizza per il sedile più ambito di tutta la formula 1. Tra questi c’è un altro giovane di Milano, Ivan Capelli, pilota corretto e veloce, vince con le formule minori, vince il titolo di F.3000 del 1986 e diventa uno dei nomi ambiti da vari team manager. Il milanese ha già corso in Formula 1 con Ken Tyrrell nel 1985, due sole gare, a Brands Hatch al debutto dove si ritira e poi in Australia, ultima gara della stagione con un bellissimo quarto posto in classifica. Le strade sembrano aperte, ma in quel periodo storico contano spesso più i soldi degli sponsor che uno porta in dote del piede, Ivan rimane in F.3000, vince con la March e lo sponsor Leyton House finanzia la nuova avventura in Formula 1 con la March disegnata dal giovane Adrian Newey. È una delle poche monoposto che corre con un motore aspirato mentre i top team gareggiano ancora con i turbo, alla fine del loro periodo storico. La differenza è di circa 200 cv, ma Ivan con la March fa faville ed entra in zona punti. Quando finisce l’avventura con la Leyton House, a fine stagione 1991, sembra che siano tante le porte aperte per il milanese, e come d’incanto si aprono le porte di Maranello. Sembra un sogno, per tutti i tifosi, per Ivan Capelli, ma ben presto si rivelerà un incubo e la fine della carriera del milanese.

Al timone del reparto corse c’è Claudio Lombardi, la Ferrari è una squadra dilaniata da faide interne che hanno portato al licenziamento di Alain Prost e di Cesare Fiorio, mentre la progettazione della nuova vettura è affidata al duo Harwey Postethwaite e Jean Claude Migeot che si occupa soprattutto della parte aerodinamica, sempre più importante nella Formula 1 di quegli anni.

La stagione 1992, per la fabbrica di Maranello, rappresenta un anno di grande svolta, purtroppo non positiva. Luca di Montezemolo è appena tornato in terra emiliana al comando di tutta la fabbrica e vuole risultati, sia commerciali che sportivi, lanciando un nuovo corso che avrà i suoi frutti dopo qualche anno.

Nelle stagioni precedenti, tra il 1989 e il 1991, le monoposto di Maranello sono nate e sviluppate attorno alla base della Ferrari 640 F1, la vettura di John Barnard, con il V12 di 3.5 litri e l’innovativo cambio sequenziale che è arrivata vicino a titolo mondiale con Prost. La vettura per il 1992, la F92A è una monoposto completamente nuova che non condivide nessun particolare con il recente passato.

La Williams e la McLaren hanno fatto notevoli progressi nel 1991, ed a Maranello viene decisa la realizzazione di progetto innovativo. Con l’obbiettivo di massimizzare l’efficienza del telaio con la  conformazione aerodinamica vengono ridisegnati tutti i componenti principali, carrozzeriamotore e cambio, con l’intenzione di allineare la vettura agli ultimi dettami aerodinamici introdotti dalla March 881/Leyton House di Adrian Newey e dalla Tyrrell 019 del duo Postlethwaite-Migeot passati poi alle dipendenze di Maranello.

Migeot è un esperto di aerodinamica ed applica alcune soluzioni adoperate in aeronautica come il musetto anteriore rialzato, collegato all’ala anteriore con due montanti paralleli, e le prese d’aria delle fiancate, di forma ovoidale e separate dal corpo vettura. La soluzione è spesso impiegata nei caccia a reazione militari dove le prese d’aria dei motori sono sempre staccate dalla fusoliera per evitare l’ingestione dello strato limite. Quando viene presentata la F92A prende subito il nomignolo di caccia, il suo aspetto, in verità molto bello si basa su fiancate particolari, scavate sotto le prese d’aria, molto strette e staccate dall’abitacolo. La soluzione aerodinamica serve per realizzare un condotto tra il fondo della vettura e quello delle pance, con l’obiettivo di ricreare l’effetto Venturi e recuperare valori di deportanza. Tra le novità c’è anche la sospensione anteriore con un mono ammortizzatore per entrambe le ruote invece di due. Postlethwaithe e Migeot hanno colpito nel segno almeno all’apparenza, l’auto è innovativa, forse troppo ed appena messe le ruote in pista si rivela un vero disastro. Le soluzioni studiate da Migeot hanno dato eccellenti risultati in galleria del vento, ma all’atto pratico si dimostrano controproducenti. La minima variazione di altezza dal suolo rende il doppio fondo inefficace, togliendo gran parte del carico aerodinamico alla vettura. La F92A risulta difficile da domare, in alcune situazioni i piloti si lamentano del sottosterzo sulle curve veloci e del sovrasterzo su quelle lente, con la sospensione anteriore che causa molti guai nella precisione di guida.

La F92A si rivela un vero disastro, lenta, poco gestibile ed inaffidabile. La squadra inizia a fare vari esperimenti, ma nulla riesce a risollevare le sorti delle stagioni. Le scarse prestazioni vengono addebitate soprattutto alla parte telaistica, ma anche la meccanica ha dei grossi problemi che causano numerose tensioni all’interno della squadra. Il motore della F92A è una evoluzione di quello della stagione precedente sviluppato dal tecnico Paolo Massai. Il V12 di 3.500 cc deve essere depotenziato per reggere la durata di una gara, tanto che la versione precedente, data in versione clienti alla Dallara-Scuderia Italia, ha una potenza maggiore. Al motore versione 1992, denominato 038, viene abbinato il cambio semiautomatico dotato di solo 6 rapporti mentre gli altri motoristi hanno giù sviluppato unità a sette rapporti per avere una migliore distribuzione della potenza e non incorrere in abbassamenti di giri visti gli alti regimi di rotazione.

Al volante della rossa ci sono i due piloti di Maranello, Jean Alesì ed il nuovo arrivato Ivan Capelli. Il francese si è già ambientato con le guerre intestine che imperversano a Maranello, l’italiano invece rimane vittima della situazione, ci rimetterà il posto e la carriera.

La storia di Ivan Capelli e la Ferrari è ancora una spina nel cuore per molti tifosi, il milanese è arrivato nella squadra emiliana in uno dei momenti peggiori della storia di Maranello. A fine stagione 1991 Alain Prost era stato cacciato senza tanti complimenti, Cesare Fiorio non c’era più, ma al suo posto l’ingegner Claudio Lombardi voleva proseguire la tradizione del Made in Italy a Maranello. Un italiano in Ferrari serviva anche a tacitare le polemiche sul mancato ingaggio di Ayrton Senna. Ivan per il 1992 aveva già trovato un sedile, proprio con la Scuderia Italia motorizzata Ferrari, al suo posto salirà Pierluigi Martini sulla Dallara. Ivan a Maranello trova Lombardi, ma anche un ambiente pervaso da logiche politiche interne. Quando sale per la prima volta sulla F92A capisce che ci sono grossi problemi da affrontare e che il futuro sarebbe stato duro e tutto in salita. Jean Alesì invece sa come comportarsi nelle logiche della squadra corse, approva la macchina nei test invernali, mentre il milanese si lamenta della instabilità della monoposto e del comportamento che cambiava in ogni curva. Poi ci sono i problemi di motore, c’è poca potenza, a Maranello non si può ammettere che un V12 vada piano e Capelli viene subito messo da parte, mentre Alesì diventa di fatto il pilota di riferimento. Il milanese si impegna, ma la vettura ha troppi problemi e soprattutto non sono prese in considerazioni le sue opinioni.

“Nel 1991 la Leyton House ha vari problemi economici, capisco che sta andando verso la fine del suo ciclo, Akagi è esplicito e mi avverte delle difficoltà che sta incontrando in Giappone, è ora di cambiare aria.  – sono i ricordi di Ivan Capelli – Mi accordo con la Dallara Scuderia Italia, per la stagione 1992 la macchina era motorizzata con il 12 cilindri Ferrari ed il mio compagno di squadra doveva essere J.J. Letho. Provo le misure dell’abitacolo da Dallara, mi fanno le misure per il sedile, gli accordi sono fatti, quando un dirigente della Scuderia Italia mi preannuncia che avrei ricevuto una telefonata da Maranello. Una mattina ricevo la telefonata dell’Ing. Claudio Lombardi, allora responsabile tecnico della squadra del Cavallino, fu subito molto esplicito “stiamo pensando di ingaggiarla come pilota Ferrari per la prossima stagione” risposi che avevo già un accordo con la Scuderia Italia, ma Lombardi disse che non era certamente un problema, voleva subito una risposta sulla mia disponibilità per la stagione 1992, voleva subito un si o un no!. La Ferrari era il sogno di ogni pilota, soprattutto italiano, ovviamente accettai, senza avere visto la macchina, l’organizzazione tecnica, la situazione di Maranello. Firmai subito il contratto con l’avvocato svizzero che seguiva la scuderia e venni scambiato con una migliore fornitura di motori alla Dallara ed il sedile venne preso da Piero Martini. Dalla mattina alla sera mi ritrovai in squadra con Jean Alesì. Con Maranello fu però una avventura deludente, fu una delle peggiori annate della Ferrari, non funzionava nulla. La squadra di Maranello era in crisi, aveva bisogno di una profonda riorganizzazione sia sportiva che tecnica. Erano appena andati via Prost e Fiorio, era finito un ciclo tecnico e di equilibri interni. La F92A era stata progettata da Jean Claude Migeot e Steve Nichols ma era una frana dal punto di vista tecnico. Aveva quella strana forma, con il doppio fondo che non funzionava, le pance laterali con le prese d’aria tipo caccia, che funzionavano solo in galleria del vento, in pratica creavano dei vortici che frenavano aerodinamicamente la vettura. Il V12 Ferrari era diventato inaffidabile, le evoluzioni consentivano teoricamente di girare a 12.400 giri, ma subito si rompeva ed era stato ridotto il regime di rotazione con una diminuzione sostanziale di potenza. C’era anche un trafilaggio di olio dai pistoni, dovevano montare un serbatoio supplementare per finire le gare, non girava nulla per il verso giusto. La F92A era stata progettata con il cambio trasversale, ma anche la nuova trasmissione era completamente inaffidabile, si rompeva continuamente. I cambi di scorta erano per Alesì, mentre io dovevo correre con il cambio longitudinale e tutto il retrotreno della monoposto del 1991. In quella configurazione ho fatto le prime sette gare, con una monoposto completamente sbilanciata. Avevamo due macchine sostanzialmente diverse ed era difficile fare qualsiasi tipo di sviluppo e di confronto tecnico. La sospensione anteriore a monoammortizzatore non funziona e deve essere bloccata per rendere rigido l’avantreno, che però salta ad ogni minima asperità perdendo efficienza aerodinamica con conseguente sottosterzo in ogni curva. Dovevamo combattere contro la Williams con le sospensioni attive che ci dava mediamente 1,5 secondi al giro. La situazione era veramente problematica ed allo sbando tecnico totale”.

Il rapporto tra la Maranello ed il pilota di Milano si deteriora nel giro di pochissimo tempo, la colpa è della macchina, delle pressioni e tensioni all’interno della squadra, per il secondo anno consecutivo la Ferrari non ottiene né una vittoria, né una pole position, né tanto meno un giro più veloce in gara. Jean Alesì salva la faccia cogliendo due terzi posti nel Gran Premio di Spagna e nel Gran Premio del Canada, Ivan Capelli conquista due soli piazzamenti a punti: il quinto posto in Brasile e il sesto in Ungheria. Tra Maranello e Capelli si interrompono i rapporti dopo il GP del Portogallo, a fine settembre. Nelle ultime due gare è sostituito dal terzo pilota Nicola Larini, ma anche lui, pur avendo girato tutto l’anno a Fiorano, non riesce a cogliere nessun risultato utile con la F92A confermando i problemi incontrati in tutta la stagione.

Immagini © Massimo Campi – Raul Zacchè/Actualfoto

 

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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