Published on Luglio 31st, 2022 | by Massimo Campi
0Ciao Seb!
Di Carlo Baffi
Dopo tre lustri nel Circus, il quattro volte campione del mondo Sebastian Vettel ha ufficializzato di lasciare le competizioni a fine stagione.
Qualche mese fa i rumors ventilavano di un passaggio di Sebastian Vettel alla McLaren al posto del deludente Daniel Ricciardo. Voci successivamente smentite dal pilota stesso che esprimeva la volontà di proseguire la sua carriera alla Aston Martin. Invece nel giovedì precedente il Gran Premio di Ungheria, il tedesco ha annunciato che a fine stagione appenderà il fatidico casco al chiodo. Lo ha fatto postando un video sul suo profilo instagram ammettendo che è stata una scelta difficile da prendere:”… ci ho pensato parecchio. A fine anno mi prenderò un po’ di tempo per decidere a cosa dedicarmi in futuro. Amo questo sport che è stato al centro della mia vita da tantissimo tempo, ma c’è anche una vita al di fuori della pista. Essere un pilota non è mai stata la mia unica identità. La F.1 – ha aggiunto Seb – ha tolto energie e tempo alle mie altre passione maturate nel tempo e non è più compatibile con la mia volontà di essere un grande papà ed un marito. La mia priorità è passata dalla lotta in pista al vedere crescere i miei figli e trasferirgli i miei valori, ascoltandoli ed imparare da loro.” Un pensiero che fotografa in modo eloquente la grande personalità del quattro volte iridato. Per la verità da tempo circolavano interrogativi sui programmi del tedesco, i cui pensieri andavano oltre quelli legati alla pista. Sebastian ha iniziato ad interessarsi ai problemi legato alla tutela ambientale ed alle pari opportunità con iniziative concrete. Nel 2021 al termine del G.P. di Gran Bretagna, invece di tornarsene a casa si mise mascherina e guanti per unirsi agli operatori ecologici a pulire dalla spazzatura le tribune di Silverstone. Sempre in quell’anno, all’Hungaroring indossò delle scarpe con delle strisce arcobaleno in risposta alla legge Lgtb introdotta dal governo locale di Viktor Orban. Successivamente partecipò ad un evento kartistico femminile in Arabia Saudita, promuovendo i diritti nelle donne nello stato mediorientale. Allo scoppio del conflitto tra Russia ed Ucraina, per i primi test stagionali modificò i colori tradizionali del suo casco sostituendoli con quelli della bandiera ucraina.
Ed infine come dimenticare la sua apparizione sul circuito di Miami sfoggiando un paio di boxer grigi sulla sua tuta verde? Un gesto stravagante per ironizzare sulla normativa introdotta dalla Federazione che vieta ai piloti di salire in vettura con orologi, piercing, gioielli (e biancheria intima non omologata) per motivi di sicurezza. Tante sfaccettature di un personaggio molto riservato, soprattutto riguardo alla sua sfera familiare. Il padre Norbert, molo spesso in circuito al suo seguito. Non ama gli eventi mondani e non ha dato mai modo alle cronache rosa di occuparsi di lui. Nel 2019 ha sposato in forma strettamente privata Hanna Prater, conosciuta ai tempi della scuola e dalla quale ha avuto due figli. E’ un grande conoscitore della storia del motorsport ed ama trascorrere il tempo libero nel suo garage accanto alle auto e moto d’epoca della sua preziosa collezione. Non nasconde di essere superstizioso. Quando si cala nell’abitacolo porta nelle scarpe una medaglietta con l’effige di San Cristoforo, il patrono degli automobilisti donatogli dalla nonna dopo un pellegrinaggio a Lourdes. Nella tuta porta con se un centesimo di dollaro, trovato mentre faceva jogging nel 2007 alla vigilia del suo esordio in un G.P. Inoltre non si separa mai da un ciondolo con la forma di un maialino acquistato dal papà presso un distributore di benzina mentre era di ritorno col figlio da una gara poco felice: un portafortuna per scaccia guai. Insomma questo è Sebastian Vettel, di anni 35 nato il 3 luglio ’87 ad Heppenheim, cittadina situata nel land dell’Assia, nella Germania centro-occidentale. Forse non è un caso che l’ufficializzazione del ritiro sia concomitante con la trasferta magiara, perché sotto certi aspetti la svolta della carriera di Seb ha avuto origine proprio sulle rive del Danubio. Era il 2006 quando la BMW Sauber sostituì Jacques Villeneuve con Robert Kubica, ossia il terzo pilota e collaudatore del team. Un ruolo che nel successivo round in Turchia venne affidato a Vettel che aveva solo 19 anni e 53 giorni. Ebbene nelle prove libere del venerdì quel giovane cresciuto sui kart dal 1995, passato nel 2003 sulle monoposto della F.3 Euro Series e poi in F. Renault 3,5 si fece notare subito. Al di là della multa di 1000 dollari ricevuta per eccesso di velocità in pit-lane, fu il più rapido nella seconda sessione ricevendo i complimenti del suo grande idolo Michael Schumacher, conosciuto da piccolo nel kartodromo di Kerpen e di cui diventerà grande amico. Impresa che Seb ripetè anche nelle libere di Monza. Prestazioni che gli valsero la conferma come tester a Hinwill per il 2007 e quando Kubica rimase coinvolto un pauroso incidente in Canada dovendo saltare il G.P. degli Stati Uniti, ecco arrivare la chiamata dell’allora team boss Mario Theissen.
L’esordio ufficiale in F.1 ebbe luogo il 17 giugno su un tracciato leggendario, il Motor Speedway di Indianapolis. Un luogo che metterebbe in soggezione chiunque, invece il rookie dopo essersi qualificato settimo chiuse ottavo conquistando il suo primo punto iridato. Un’ulteriore prova del suo valore che non passò inosservata agli addetti a lavori, in primis quelli del clan Red Bull che scontenti dell’americano Scott Speed lo ingaggiarono per correre a partire dal G.P. di Ungheria (guarda caso) al volante della Toro Rosso (la ex Minardi con sede a Faenza). E dopo alcuni piazzamenti nelle retrovie e due ritiri, arrivò un prezioso quarto posto in Cina. L’esser entrato a far parte dei programmi della scuderia anglo-austriaca rappresentava per Seb una vera e propria rampa di lancio e non poteva fallire. Il suo grande impegno e le sue ambizioni furono premiate di li a poco, per la precisione il 14 settembre 2008, al suo secondo anno nel Circus. Lo scenario è quello di Monza, il “Tempio della velocità”. Il fine settimana del G.P. d’Italia non partì sotto i migliori auspici per quanto concerne il meteo. Il venerdì mattina si scatenò un violento nubifragio che bloccò le prime prove libere. La pioggia ritornò sul tracciato brianzolo anche il sabato sconvolgendo i piani dei big e lanciando in orbita Vettel. La domenica si aprì ancora sotto l’acqua e la corsa partì dietro la safety car. Il tracciato celava molte insidie, ma Seb dimostrò di sentirsi a proprio agio resistendo agli attacchi della McLaren di Kovalainen. E quando la pioggia cessò e la pista cominciò ad asciugarsi, il tedeschino tirò un sospiro di sollievo e condusse in porto il risultato senza alcuna sbavatura. A fronte di quel trionfo che nessuno avrebbe mai pronosticato alla vigilia, fu unanime il parere del paddock:”è nata una stella.” Parole profetiche, dal momento che due anni dopo, quando Vettel fu promosso pilota ufficiale della Red Bull conquisterà il suo primo titolo iridato. Prima però, ebbe l’onore di siglare il primo trionfo in F.1 della scuderia di Dietrich Mateshitz: il G.P. di Cina del 2009. Alla guida di una monoposto sempre più competitiva nata dal genio di Adrian Newey, Sebastian giunse all’ultima prova di Abu Dhabi in lotta per il titolo 2010. Alonso della Ferrari si presentò in qualità di capoclassifica davanti al duo Red Bull composto da Webber e per l’appunto Vettel; più staccato figurava Hamilton sulla McLaren. Lo spagnolo aveva quindi buone possibilità di conquistare il suo terzo mondiale, ma per un errore di strategia si ritrovò imbottigliato dietro la Renault del russo Petrov che gli fece perdere terreno nei confronti di Vettel che alla fine vinse gara e campionato. Una beffa atroce per la Ferrari e a farne le spese fu Chris Dyer l’ingegnere di pista di Fernando, reo d’aver sbagliato tattica. Grazie ad una schiacciante supremazia tecnica, il teutonico realizzò un filotto di successi che gli permisero di aggiudicarsi altre tre corone, eguagliando Alain Prost il “Professore”. Comunque non furono sempre rose e fiori. Nel 2012 si giocò il titolo sempre contro la Ferrari di Alonso in Brasile. Rispetto ad Abu Dhabi il quadro era diverso con l’alfiere della Red Bull davanti di 13 lunghezze. Pareva tutto facile. In qualifica se Sebastian risultò quarto, Fernando era addirittura ottavo. Però nelle prime fasi della corsa lo scenario cambiò inaspettatamente, complice anche una pioggerella. Vettel partito male, venne superato da alcuni piloti tra cui anche Alonso e tamponato da Bruno Senna andò in testa coda finendo in fondo al gruppo, così il ferrarista tornò in gioco. Ma il campione in carica da li in avanti, diede vita ad una rimonta spettacolare nonostante le bizze del meteo ed i conseguenti cambi gomme. Alla fine agguantò il sesto posto che cancellò qualsiasi speranza iridata di Fernando, secondo dietro alla McLaren di Button. Per sole tre lunghezze il driver della Red Bull potè fregiarsi del suo terzo titolo. La scalata al mondiale successivo fu ottenuta a mani basse e lo testimoniano i numeri: 13 vittorie di cui 9 consecutive. Dal 2014 con l’inizio del dominio Mercedes forte di un know-how all’avanguardia nel campo dei motori turbo-ibridi, la Red Bull dovette cedere il passo e per Vettel la strada si fece in salita. Non ultimo per l’arrivo in squadra del talento australiano Daniel Ricciardo che offuscò la figura dell’allora Re del Circus. Il bilancio di fine stagione è eloquente: Daniel finì 3° tra i piloti con 3 vittorie all’attivo, mentre Sebastian racimolò solo 4 podi e fu 5° assoluto. Ma l’avventura a Milton Keynes era giunta al capolinea, corteggiato dalla Ferrari in procinto di divorziare da Alonso, il teutonico passò alla corte di Maranello, diventando la punta numero uno della scuderia a cui aveva soffiato due campionati. Ovviamente doveva farsi carico del gravoso onere di riportare il Cavallino sul tetto del mondo.
Sotto la gestione di Sergio Marchionne, la direzione sportiva di Maurizio Arrivabene e quella tecnica dell’inglese James Allison, il futuro si annunciava sotto i migliori auspici. Ed infatti il 2015 iniziò nel migliore dei modi per Seb, con il primo trionfo in rosso nel G.P. di Malesia ed altri due podi. Per la cronaca in occasione dell’esordio ufficiale sulla rossa ai test pre-stagionali di Jerez, Seb sfoggiò un casco speciale. Tutto bianco con una striscia verticale che raffigurava la bandiera tedesca. Una replica di quello che il “Kaiser” usava da giovanissimo nelle gare di kart. Un omaggio doveroso al caro amico Schumi, che nel dicembre 2013 era rimasto vittima di un tremendo incidente sulle nevi di Meribel. Ma torniamo in pista. Le potenti Frecce d’Argento però non ebbero rivali e proseguirono il dominio della stagione precedente. Vettel festeggiò altri due trionfi ed il Cavallino chiuse secondo tra i costruttori, a ben 275 lunghezze dai primi della classe. Il 2016 non vide cambiamenti. La Ferrari fu pure costretta a cedere il posto d’onore alla Red Bull e la gestione tecnica passò nelle mani di Mattia Binotto. Il trend registrò una svolta positiva nel 2017. Il tedesco s’impose nell’esordio a Melbourne e comandò la classifica piloti per buona parte della stagione, fino a Spa. Dal Belgio in poi si registrò il ritorno di Hamilton sulla Mercedes che mise a segno cinque vittorie, mentre Seb incappò in due pesanti ritiri. Il primo a Singapore, dove partiva in pole e fu coinvolto in un incidente col compagno Raikkonen e l’irruente Verstappen appena dopo il via. E poi in Giappone, quando poco prima dello start sulla SF70H si manifestò un problema ad una candela che costrinse il ferrarista all’abbandono dopo quattro tornate. Battute a vuoto che spalancarono ad Hamilton le porte della quarta iride. Purtroppo anche il 2018 riservò un copione analogo. Ottimo avvio di Vettel con due trionfi e testa del campionato sino al G.P. di Gran Bretagna, in cui primeggiò in casa di Lewis. Poi dall’appuntamento successivo in Germania, ecco la metamorfosi che non t’aspetti. Tutto pareva andare per il meglio con Seb poleman e addirittura Hamilton 14°: premesse ideali per infliggere il colpo decisivo nella lotta mondiale. Invece L’inglese, che non si da mai per vinto, iniziò a risalire mentre fece capolino una leggera pioggia. Forse tradito dalla pista un po’ scivolosa il ferrarista finì fuori alla Sachs Kurve al 51° dei 67 giri previsti. Un autogol che in quel momento giocò in favore del fuoriclasse britannico, che vinse. Sebbene Vettel reagì subito con un secondo ed un primo posto rispettivamente in Ungheria ed in Belgio, “Hammertime” collezionò sette vittorie che chiusero i conti. Morale: Hamilton 408, Vettel 320. Un finale di stagione in salita per il Cavallino, minato anche dalla prematura scomparsa di Marchionne. Un vuoto praticamente incolmabile lasciato da un personaggio carismatico che stava costruendo il rilancio di Maranello. Da qui l’origine di una certa instabilità nella governance della scuderia, divisa in due fazioni facenti capo ad Arrivabene e Binotto. Il primo avrebbe lasciato la stanza dei bottoni ed il secondo sarebbe stato promosso Direttore Sportivo. Un avvicendamento ai piani alti che costrinse il team a ripartire nuovamente da zero. Uno scenario che Vettel non si sarebbe mai immaginato quando il 20 novembre del 2014 aveva ufficializzato di essersi accasato alla Ferrari; un passaggio in cui riponeva grandi speranze. Riportare quel titolo a Maranello che mancava dal 2007, l’avrebbe definitivamente consacrato nella storia e avrebbe fugato quelle fastidiose dicerie secondo cui aveva conquistato quattro mondiali solo grazie alla macchina. E poi trovandosi un compagno come Ricciardo, decisamente più combattivo del mansueto Mark Webber, aveva preferito cambiare aria. Il riscatto sarebbe dovuto andare in scena gioco forza nel 2019, stagione in cui la Ferrari ingaggiò Charles Leclerc, classe 1997, ritenuto da molti una giovane promessa. Un monegasco che sin da subito non nascose di partire con le stesse chances di Vettel. Inizialmente parve un po’ una sparata, poi ci si rese conto che il monegasco avrebbe via via messo in crisi la leadership di Seb, che faticava ad adattarsi alla guida della nuova SF90, ciò a differenza di Leclerc che colse due significativi successi in Belgio ed i Italia. Nella sua tanto cara Monza, che gli evocava ricordi stupendi, mentre il monegasco scattato dalla pole s’involava verso il trionfo, il tedesco subiva un crollo psicologico. Partito quarto andò in testa coda alla variante Ascari e nel rientrare pista rischiava la collisione con Lance Stroll. Manovra che gli procurò uno stop&go e che alla fine lo relegò in 13esima posizione. Si sarebbe però rifatto a Singapore Vettel firmando il suo ultimo successo in F.1: era il 22 novembre 2019. Inutile dire che anche quel campionato fu appannaggio di Hamilton e della Mercedes. Le speranze vennero riposte nella SF1000, un nome beneaugurante per celebrare i mille Gran Premi disputati dal Cavallino. Purtroppo nessuno avrebbe immaginato che quel modello realizzato per il Campionato 2020 si sarebbe rivelato a dir poco disastroso. Una debaclè sulla quale gravarono problemi di varia natura, da quelli progettuali a quelli politico-sportivi legati ad un provvedimento della Fia che mise sotto schiaffo la Ferrari con un accordo dal contenuto segreto. Un annus horribilis anche per lo stesso Vettel che ancor prima che la stagione prendesse il via, ritardato a causa della pandemia di Covid-19, non fu riconfermato per l’anno dopo. Un epilogo un po’ prevedibile viste le ultime due stagioni dal rendimento al di sotto delle aspettative. Vuoi per qualche errore di troppo in gara, vuoi per una vettura non sempre al top e la sempre crescente rivalità con il giovane compagno di squadra Charles Leclerc, rivelazione del campionato 2019. Stando alle prime indiscrezioni si parlò di una proposta con l’ingaggio ribassato che il quattro volte mondiale avrebbe rifiutato. Le cifre si aggiravano intorno ai 12 milioni di Euro per un anno (le medesime di Leclerc), a fronte dei 36 stagionali negoziati nel 2017. Certo, Seb aveva precedentemente detto che non si sarebbe mai arreso finchè non avesse conquistato il titolo mondiale con la Rossa, ma forse davanti ad un’offerta troppo bassa, avrebbe deciso di mollare il colpo. D’obbligo l’uso del condizionale perché sarebbe emersa qualche contraddizione di troppo. Intanto la Ferrari aveva annunciato l’arrivo di Carlos Sainz jr in prospettiva 2021. Sicchè il 2 luglio non appena giunto in Austria per il G.P. d’esordio stagionale, Vettel dichiarava ai media.” Sono rimasto sorpreso quando Mattia (Binotto) mi ha detto che non c’era nessuna intenzione di continuare. Non abbiamo mai avuto discussioni, non c’è mai stata un’offerta sul tavolo, nessun punto d’incontro.” A sorprendere però non fu soltanto la rivelazione del tedesco, bensì la mancata smentita di Binotto:” Quello che dice Seb, lo dice onestamente e in modo trasparente. Lui era la nostra prima scelta e la volontà era quella di continuare con lui, ma è vero che non c’è mai stata un’offerta.”
L’ultimo campionato da ferrarista, partito decisamente col divorzio da Maranello, vide Seb concludere 13esimo con un solo podio all’attivo (3° nel G.P. di Turchia). La sua avventura a Maranello si chiudeva in modo mesto, criticato non poco dai tifosi del Cavallino che ormai stravedevano per Leclerc. Si disse che Seb avesse ormai imboccato il viale del tramonto e lui per tutta risposta accettò l’offerta di Lawrence Stroll proprietario della Raing Point motorizzata Mercedes, che nel frattempo aveva scaricato Sergio Perez. Vettel s’era quindi assicurato un volante per il 2021 con un team economicamente solido, in quel momento in crescita sotto il profilo dei risultati e che avrebbe corso col prestigioso nome di Aston Martin. Il resto è storia recente. Dopo i primi quattro round fuori dai punti, complice una vettura problematica, Vettel è tornaò nella top-ten a Monaco (5°) e centrò un ottimo secondo posto a Baku. Successivamente andò a punti in altre cinque occasioni e nella classifica finale figurò 12esimo. Nella stagione in corso, dopo aver saltato i primi due appuntamenti causa Covid-19, ha concluso per quattro volte tra i primi dieci. Dati poco stimolanti per un campione abituato a lottare tra i primi e che probabilmente l’hanno indotto a chiudere la sua carriera in Formula Uno in cui ha scritto pagine importanti nella storia del motorsport.
Immagini © Massimo Campi – Illustrazione © Carlo Baffi