Storia

Published on Marzo 24th, 2022 | by Massimo Campi

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Ferrari GTO, il capolavoro di Giotto Bizzarrini

Il 24 marzo 1962 debutta a Sebring la Ferrari GTO

È l’auto simbolo sportivo per eccellenza, è la Ferrari GTO, la “rossa” più ricercata ed invidiata dai collezionisti. Un’opera d’arte viaggiante, che ha sempre preso più valore nel tempo, creata da Giotto Bizzarrini, per volere di Enzo Ferrari, realizzata per vincere le gare e vendere auto da sogno a facoltosi clienti sportivi. Per il 1962 la Federazione Internazionale emette le nuove regole per il Mondiale Marche che viene riservato alle vetture gran turismo omologate per correre. La Ferrari ha già con la 250 SWB (Short Well Base) ovvero una 250 con il passo accorciato e la carrozzeria alleggerita, ma la berlinetta mostra già i suoi limiti alle alte velocità con l’avantreno che si alleggeriva pericolosamente e decide di intervenire con un nuovo modello.

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Lo staff tecnico, capitanato da Carlo Chiti, si mette all’opera ed il giovane ingegnere Giotto Bizzarrini è quello incaricato di realizzare e sviluppare la vettura. Nasce una berlinetta slanciata, snella, ma ben poco somigliante con la sua progenitrice. Non esiste un particolare progetto per la carrozzeria della  GTO, che viene fatta praticamente in casa con la collaborazione di Sergio Scaglietti. Tra le caratteristiche il muso basso e filante con le tre prese d’aria anteriori e gli sfoghi dietro i passaruota. Inizialmente il posteriore era arrotondato, in seguito venne realizzata la coda tronca con lo spoiller per dare carico al posteriore. Essendo tutte costruite a mano, ogni GTO è diversa da quella precedente. Magari piccoli particolari, le prese d’aria o qualche calandra. Per ogni carrozzeria occorrevano circa 1.600 ore di lavoro e spesso si lavorava di notte, per potere soddisfare gli ordini. Le ultime realizzate nel 1964, erano molto diverse dalle prime, con una carrozzeria ancora più filante. Tra le varie versioni c’è quella ricarrozzata da Drogo, dopo un incidente, con il posteriore altissimo detta “Bredvan” o la macchina per il panettiere. Le regole della Federazione richiedono l’omologazione per partecipare alle gare, con una produzione minima di 100 esemplari, troppi per la piccola fabbrica di Maranello. Allora il Drake, abilissimo politico, trovò il modo di aggirare l’ostacolo registrando la “GTO” come “SWB” modificata in alcuni particolari. In realtà la nuova vettura superava ampiamente i limite di una semplice estensione dell’omologazione, ma la commissione chiuse un occhio e la GTO scese in pista sfidando e battendo la concorrenza. La messa a punto della vettura fu comunque travagliata. Venne chiamato Stirling Moss per un test a Monza e fece volare il prototipo  della nuova vettura dandone un giudizio positivo. Intanto il papà della GTO, Giotto Bizzarrini, venne licenziato a fine 1961 con tutto il resto della direzione Ferrari.

Mauro Forghieri ad inizio 1962 eredita la direzione tecnica della Ferrari e con essa lo sviluppo della GTO, ma ben presto emergono i limiti della vettura. Venne effettuato un altro test a Monza con Bandini e Scarfiotti, mentre Willy Mairesse continuava i test su strada ed i responsi erano decisamente negativi: la vettura perdeva aderenza alle alte velocità ed era decisamente instabile e pericolosa. “Willy Mairesse andò a testarla sui curvoni della Bologna – Firenze dove volò fuori strada distruggendo la vettura” sono le parole di Forghieri “disse che la GTO in velocità oscillava molto ed aveva un comportamento autosterzante che la rendeva pericolosa ed instabile alle alte velocità. A Monza Bandini e Scarfiotti  fecero dei tempi molto superiori a quelli di Moss, la GTO sui curvoni veloci aveva dei grossi problemi. Il retrotreno era tenuto assieme da due balestre a cui erano state aggiunte delle molle, ma il tutto non funzionava. La tenuta di strada si basava principalmente sulla tenuta delle gomme posteriori che quando la macchina rollava in curva entravano in crisi causando un fenomeno autosterzante con conseguenti derapate e perdita di strada. Essendo la macchina già omologata non si poteva cambiare il disegno delle sospensioni, ma si poteva solo nel caso aggiungere altri rinforzi. Allora mi inventai un parallelogramma di Watt per rendere più rigido il sistema. Con quell’accorgimento le molle non servivano più ma non potevo tirarle via e costruimmo delle molle speciali con un filo di 1,5 mm, praticamente inutili all’effetto pratico ma indispensabili per passare le verifiche sportive. Andammo a riprovare a Monza e Bandini abbassò di un secondo il tempo sul giro di Moss. Scese dicendo che la macchina aveva completamente cambiato comportamento. Con me c’erano Rocchi, Salvarani, Maioli, e capimmo che finalmente la GTO era pronta per correre”.

La GTO venne presentata durante la conferenza stampa del 24 febbraio 1962, con cui Enzo Ferrari mostrava ai giornalisti le sue vetture da corsa per la stagione. Il telaio derivava da quello della 250 SWB, il motore di 2.953 cc collocato più in basso ed arretrato, era dotato di alberi a camme speciali e derivava dal V12 della Testa Rossa. Le valvole erano state maggiorate, l’alimentazione era garantita da sei carburatori Weber doppio corpo 38 DCN, il tutto per una potenza di 300 cv un vero record per una vettura stradale.

Il debutto a Sebring

Il 24 marzo 1962 la GTO debuttò in Florida alla 12 ore di Sebring con i colori del North American Racing Team di Luigi Chinetti. Piloti Phil Hill ed Olivier Gendebien. Fu un debutto clamoroso: secondo gradino del podio e prima fra le GT, dietro la potente Ferrari 250 Testa Rossa della Scuderia Serenissima pilotata da Joakim Bonnier e Lucien Bianchi. In poco più di due anni vennero prodotte 39 GTO, di queste 36 in versione 250, ovvero con motore tre litri e le ultime 3 in versione 330 con motore da 4 litri. Le GTO in mano a vari privati, sia scuderie che gentleman driver correvano dovunque ed avevano ben poche rivali ed anche con poca determinazione. La concorrenza era rappresentata dalle Aston Martin DB4 Gt Zagato e dalle Jaguar E Type Lightweight, ma erano in genere meno veloci o meno affidabili, comunque non adeguatamente sviluppate. C’erano anche le Chevrolet Corvette, ma erano della partita solo a Le Mans. La GTO erano sempre della partita, non certamente vettura da assoluti dove i prototipi dominavano, ma sempre nelle posizioni alte della classifica e vincitrici nella categoria GT.

Tra le vittorie assolute più note quelle al Tour de France, nel 1963 con Guichet/Berha e nel 1964 con Bianchi/Abate. Ma ci sono anche gli assoluti al Tourist Trophy, circuito di Goodwood, nel 1962 con Ireland/Gregory e nel 1963 con Graham Hill. Alla 1000 Km di Parigi del 1962 i fratelli Rodriguez batterono la vettura ufficiale di John Surtees / Mike Parkes dimostrando come le vetture private (in questo caso della NART) fossero preparate e veloci come le ufficiali. Più di metà produzione venne venduta in Inghilterra, dalla Maranello Concessionaires del colonnello Ronnie Hoare, le altre vennero acquistate dalla NART di Luigi Chinetti, dalla Ecurie Francrchaps di Jaques Swaters in Belgio, da Giorge Filipinetti in Svizzera, da Charles Pozzi in Francia e da vari corridori – gentleman driver come Carlo Mario Abate, Gianni Bulgari, Paolo Colombo, Luciano Conti, Edoardo Lualdi, Nando Pagliarini, David Piper, ed alcuni altri facoltosi personaggi dell’aristocrazia e dell’alta borghesia internazionale. Il volante delle varie GTO ha visto alcuni dei più grandi campioni dell’epoca, che spesso hanno vinto o colto importanti risultati: Stirling Moss, Willy Mairesse, Graham Hill, Olivier Gendebien, Lodovico Scarfiotti, Phil Hill, Pedro e Ricardo Rodriguez, John Surtees, Nino Vaccarella, Innes Ireland, Mike Parkes, Luciano Bianchi, Jo Bonnier, Seppy Siffert, Roger Penske, ma hanno contribuito a vincere i titoli mondiali marche per la casa di Maranello. Solo verso la metà del 1964 comparvero sulla scena le Cobra Daytona di Carrol Shelby, con il V8 di 4,7 litri che impensierirono le GTO e vinsero il titolo mondiale, ma ormai in Ferrari si stava sviluppando la nuova 250 LM con motore centrale.

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La macchina più costosa al mondo

La Ferrari 250 GTO viene considerata la Ferrari per eccellenza ed è tuttora una delle automobili più conosciute di tutti i tempi. Tale sigla non verrà poi utilizzata per parecchi anni fino alla presentazione nel 1984 della Ferrari 288 GTO. Nel 2004 la rivista automobilistica statunitense Sports Car International ha eletto la 250 GTO all’ottavo posto delle “migliori vetture sportive degli anni ’60” e per la rivista anch’essa statunitense Motor Trend Classic la 250 GTO è la “Migliore Ferrari di tutti i tempi”. Degli esemplari prodotti, solo due uscirono da Maranello in tinta verde e, ad oggi, solo uno è ancora di questo colore, il verde BP tipico del marchio petrolifero inglese, mentre l’altro fu ridipinto rosso classico. Un’altra peculiarità del modello verde è la guida a destra. Uno degli amministratori della SEFAC (l’allora nome della Ferrari), Michael-Paul Cavallier, se ne fece costruire una con motore 4 litri e 5 cm più lunga (poiché era di statura sopra la media), ed è l’unica GTO a non aver mai preso parte ad una gara agonistica.

Negli anni ottanta, i prezzi per automobili classiche lievitarono notevolmente e la GTO fece subito la parte del leone nel marcato. Nel 1988, venne venduta all’asta una 250 GTO per il prezzo di circa 2 milioni di dollari. I prezzi raggiunsero i 15 milioni di dollari attorno al 1991. Le ultime quotazioni hanno raggiunto cifre attorno ai 60 milioni di Euro confermando il primato della vettura di Maranello.

Immagini © Massimo Campi

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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