Published on Settembre 24th, 2021 | by Massimo Campi
0Addio al Preside Volante
A 88 anni, Nino Vaccarella s’è spento a Palermo – di Carlo Baffi
La triste notizia della scomparsa di Nino Vaccarella è arrivata dall’Ospedale Civico di Palermo, città dove era nato il 4 marzo del 1933. Il pilota siciliano va annoverato tra i grandi talenti del volante in particolare per quanto concerne le gare di durata, in cui ha conseguito i suoi più importanti trionfi. La sua passione per i motori si manifestò sin da bambino quando, a bordo della Ceirano guidata dal padre, si recava a far visita ai parenti residenti a Petralia Soprano. Un comune della provincia palermitana all’interno del parco delle Madonie, una zona montuosa sulle cui strade piene di curve insidiose passava la Targa Florio: quella corsa leggendaria che avrebbe fatto nascere nel piccolo Nino il desiderio di fare il pilota. Una professione non condivisa dal padre, titolare dell’Istituto Oriani una scuola media tecnico-commerciale nel capoluogo siciliano.
La passione per la velocità però era forte, così non appena diciottenne e conseguita la patente di guida, Vaccarella iniziò a guidare di nascosto l’auto di proprietà della madre (preside di una scuola elementare). Ovviamente avendo un temperamento esuberante che lo portava a pigiare sull’acceleratore senza conoscere i fondamentali della guida sportiva, non fu esente da errori come quando distrusse la “Topolino” del cognato e la Fiat 1100 di papà. Ma questo non servì a spegnere la sua vocazione verso le quattro ruote, anzi. La prematura scomparsa del padre, nel marzo del ’56, costrinse il 23enne a dedicarsi, insieme alla sorella maggiore Ada, alla gestione della scuola paterna. Al tempo stesso però, fece il suo esordio nella sua prima competizione il 9 novembre di quello stesso anno. Si trattava di una gara in salita, la Passo di Rigano-Bellolampo in cui giunse quinto di classe e ottavo assoluto, al volante della 1100/103 paterna. Nel 1957, grazie all’attività didattica, Nino (per i suoi concittadini “Ninni”) acquistò un’autovettura più potente. Era la Lancia Aurelia 2500, con la quale prese parte, come privato, alla sua prima, Targa Florio nel ‘58. L’essere iscritto a quella manifestazione famosa in tutto in mondo accanto a campioni blasonati era un sogno per ogni pilota, figuriamoci per un siciliano.
Purtroppo, inaspettati problemi fisici e l’urto contro un paracarro dopo una sbandata, lo costrinsero al ritiro. Una delusione che fu presto compensata dalla prima vittoria di classe ed assoluta ottenuta il 9 novembre 1958, all’ennesima partecipazione alla Passo di Rigano-Bellolampo. Erano trascorsi esattamente due anni dal debutto. Nel 1959, Vaccarella guidava una Maserati 2000S e s’impose subito nella Valdesi-Santa Rosalia. Alla Targa Florio fu terzo di classe e decimo assoluto, per poi inanellare una serie di trionfi significativi che lo misero in luce nel panorama agonistico. Successi che gli permisero di entrare nella blasonata Scuderia Centro Sud di Mimmo Dei, il quale gli mise a disposizione una Cooper-Maserati, sulla quale il palermitano si aggiudicò con ampio margine una cronoscalata impegnativa come la Catania-Etna. Il salto di qualità era ormai vicino ed eccolo arrivare, con l’offerta di correre la Targa Florio del ’60 insieme al quotato Umberto Maglioli a bordo della Maserati 2890, come pilota ufficiale della scuderia americana Camoradi. Sin dalle prove ufficiali, Vaccarella mostrò il suo valore e fu secondo dietro alla Porsche dello svedese Joakim Bonnier. Una volta in gara, il duo della Maserati, balzò al comando e lo mantenne con un certo vantaggio sino all’ottavo giro, quando la vettura si spense improvvisamente. I ripetuti saltelli sull’asfalto avevano bucato il serbatoio facendo uscire la benzina. Nel vedere l’idolo di casa fermo, gli spettatori presenti lo rifornirono del carburante prelevato dalle macchine parcheggiate nelle vicinanze. Vaccarella ripartì, ma il tanto ambito successo era compromesso. Percorse ancora alcuni chilometri per poi arrestarsi definitivamente, consegnando la vittoria a Bonnier. I giornali però non furono indifferenti alla mancata impresa ed elogiarono la prova di Nino.
Alla fine di quella stagione arrivò così la chiamata del conte Giovanni Volpi di Misurata, magnate e nobile romano nonché proprietario della Scuderia Serenissima con sede a Modena ed il cui parco vetture andava dalle F.1 alle Sport, fino alle Gran Turismo. Ormai divenuto pilota professionista a tutti gli effetti, Vaccarella era più che una promessa dell’automobilismo nazionale. Con la nuova squadra fu secondo di classe e quarto assoluto nella Targa del 1961 ed il 10 settembre successivo fece il suo esordio in Formula Uno al Gran Premio d’Italia, con una De Tomaso-Conrero. Una vettura sperimentale spinta da un motore Alfa Romeo da 1500 cc. Si qualificò col 20esimo tempo partendo dal centro dello schieramento. Una posizione che mantenne sino al 16esimo dei 43 passaggi previsti, prima di abbandonare per il cedimento del propulsore. Anche la stagione successiva, vide Vaccarella in forza alla Scuderia Serenissima, ma nel frattempo era arrivata la fatidica telefonata da Maranello, quella ti cambia la vita. Romolo Tavoni, allora direttore sportivo della Ferrari, comunicava al palermitano che il Commendatore Ferrari avrebbe voluto ingaggiarlo. Ma siccome non fu possibile risolvere il contratto con la Serenissima, Nino dovette rinunciare a quella grande occasione. In cuor suo sperava di poter pilotare una rossa nel 1963. Il Drake infatti continuò a seguire le valide prestazioni del giovane palermitano, come il terzo posto assoluto alla Targa Florio e puntualmente lo mise sotto contratto l’anno dopo.
L’avventura in Ferrari iniziò il 24 marzo con la 12 Ore di Sebring in coppia con Willy Mairesse sulla P.2 3000. Un debutto il cui finale ebbe il sapore di una beffa. Con la sosta di tre giri della vettura gemella di Surtees-Scarfiotti per noie elettriche, la coppia Mairesse-Vaccarella passò a condurre con un giro e mezzo di vantaggio, ma venne classificata seconda. Questo perché in direzione gara non si erano accorti della fermata ai box dell’altra Ferrari, che venne proclamata vincitrice. Il direttore sportivo Eugenio Dragoni sporse reclamo, che venne respinto. Le disavventure di Vaccarella sarebbero purtroppo proseguite due mesi più tardi. Il 17 maggio, guarda caso era un venerdì, Nino volò fuori pista sul temibile Nurburgring, nel corso delle prove ufficiali della “1000 KM”. La sua P.2 precipitò in una scarpata distruggendosi una volta arrivata al suolo. Il pilota rimase imprigionato tra le lamiere capovolte, mentre colava il carburante. Estratto dai soccorritori, Vaccarella venne trasportato all’ospedale di Adenau dove gli fu riscontrata una grave frattura al braccio destro e contusioni varie. Una volta in Italia, dovette sottoporsi ad un intervento di tre ore e affrontare la riabilitazione. Scampato al pericolo, il neo ferrarista si rimise in macchina deciso a mettersi alle spalle una stagione poco felice ed il 1964 fu l’anno delle rivincite. Dapprima firmò la vittoria insieme a Scarfiotti proprio al Nurburgring nella “1000 Km”, quando si dice il destino e poi il 21 giugno, sempre sulla 275 P.2 trionfò nella leggendaria “24 Ore di Le Mans”. Un‘impresa realizzata insieme al francese Jean Guichet, che gli valse il soprannome di “Preside Volante”. Dietro di lui le Ferrari 330P di Graham Hill-Bonnier e Surtees-Bandini a completare una fantastica tripletta. Ebbene una volta sceso dalla vettura, Vaccarella lasciò in tutta fretta il circuito per raggiungere l’aeroporto di Orly dove partiva il volo per Palermo. Era infatti il periodo degli esami scolastici e dopo una settimana di assenza doveva dare una mano alla sorella. Della serie, prima il dovere.
L’anno seguente, Nino salì finalmente sul gradino più alto del podio nella corsa a lui più cara, la Targa Florio giunta alla sua 49esima edizione. Un traguardo ottenuto davanti ai suoi tantissimi sostenitori, con il bravo Lorenzo Bandini, su una 330 P.2. E come premio, il Drake lo promosse pilota ufficiale nel Gran Premio d’Italia in programma il 12 settembre. Per Nino era la quinta gara in F.1, terza a Monza, ma aveva un sapore particolare. Dopo De Tomaso, Porsche e Lotus, era seduto nell’abitacolo di una Ferrari. Si trattava del modello 158, che non era evoluto come la 512 affidata a Surtees e Bandini. Scattato col 15esimo tempo su 23 partecipanti, Vaccarella si mantenne a centro gruppo, fino alla tornata 58 quando il motore lo abbandonò, mentre era settimo a ridosso della zona punti. L’impegno con la rossa prosegui per tutto il 1966 con scarse soddisfazioni e anche per il ’67, seppure il contratto prevedesse un suo impegno in poche gare. Malgrado le offerte ricevute dal barone Von Hanstein, direttore sportivo della Porsche per prendere parte al Mondiale Prototipi in veste di conduttore uffiale, Vaccarella preferì restare alla corte del Cavallino confidando nelle potenzialità della nuova P.4. Aspettative che andarono deluse. Con questo modello partecipò alla “Targa Florio” ed alla “24 Ore di Le Mans”, terminate con un due ritiri. Concluso il suo rapporto con la Ferrari, Nino passò all’Alfa Romeo che gli prospettò un programma interessante con gare internazionali e nel Mondiale marche. Purtroppo lo sviluppo della nuova 33 progettata da Carlo Chiti si rivelò più problematico del previsto, ma la vittoria giunse nella “500 Km” di Imola con Teodoro Zeccoli. Pure il 1969 fu un po’ sottotono, finchè la Ferrari si rifece viva, in vista del ritorno nel Mondiale Prototipi del ’70. Nelle officine emiliane era nata la 512 S progettata dall’equipe diretta dall’ingegner Mauro Forghieri. Le sirene di Maranello non lasciarono insensibile Vaccarella, che tornò al servizio del “Drake”.
Una scelta dettata non solo dalla passione, ma anche dalla fiducia verso la nuova rossa con telaio multitubolare, spinta dal V12 di cinque litri realizzato in lega leggera con quattro valvole per cilindro. E la fiducia venne ripagata con un risultato storico conseguito alla 12 Ore di Sebring. Quel 22 marzo 1970 resterà un ricordo indelebile per Vaccarella, la scuderia e tutti i tifosi del Cavallino. Un’affermazione che si materializzò al termine di una gara thrilling. Complice una foratura alla ruota posteriore destra, il palermitano raggiunse lentamente i box danneggiando la sospensione. Ogni speranza di vittoria pareva perduta, quand’ecco che i meccanici compirono un autentico miracolo rimettendo in pista la 512 S in poco più di venti minuti. Nonostante le posizioni perdute partì la riscossa. All’equipaggio formato da Nino e Ignazio Giunti si aggiunse Mario Andretti, ritiratosi poco prima con l’altra Ferrari. L’italo-americano affrontò l’ultimo turno di guida portandosi dall’ottavo posto alle spalle delle due Porsche leader della gara. La prima era la 917 di Siffert-Rodriguez, la seconda era quella di Revson e la star di Hollywood Steve McQueen, grande appassionato di motorsport. Andretti superava quest’ultima e a meno di mezz’ora dalla bandiera a scacchi procedeva a 2’ e 40” dal capofila Siffert. La missione pareva impossibile, ma quando il leader perse tempo nel corso dell’ultima sosta, la Ferrari ebbe via libera verso il successo. Forghieri & C. però iniziarono a temere di restare a secco date le alte medie sostenute, così optarono per un rifornimento lampo al fine di affrontare gli ultimi passaggi senza inconvenienti. Nel frattempo la Porsche di McQueen si faceva minacciosa, ma la rossa riuscì a tagliare il traguardo mantenendo il comando con un margine di soli 24 secondi. Una conclusione al cardiopalma salutata dall’entusiasmo del folto pubblico presente sulle tribune. In quella stagione, sempre con la 512S, Vaccarella siglò altri piazzamenti di rilievo: secondo alla “1000 Km” di Monza, terzo alla “Targa Florio” ed alla “1000 Km” del Nurburgring. Alla “24 Ore di Le Mans”, il siciliano partì dalla pole, finendo ko per la rottura di una biella dopo soli sette giri. Ma la carriera agonistica avrebbe ancora regalato a Vaccarella felici sorprese grazie a due trionfi nella sua cara Sicilia, ossia alla Targa Florio: entrambe a bordo delle Alfa 33 (vettura che conquisterà il Mondiale Marche nel ’75) schierate dall’Autodelta di Chiti. La prima in coppia con l’olandese Toine Hezemans, il 13 maggio del 1971. La seconda con Arturio Merzario, il 20 luglio del 1975, dopo due anni d’inattività. Questa data non segnò solo l’ultima vittoria del “Preside Volante”, bensì anche il suo definitivo ritiro dall’attività agonistica. Una chiusura in bellezza sulle strade di casa, per un campione che fu così ritratto da Enzo Ferrari nel sul celebre libro “Piloti che gente”:” Apparentemente calmo e compassato, si avvertiva tuttavia in lui il fuoco e la passione della sua terra d’origine. Sulle vetture Sport, era un ottimo pilota consistentemente veloce. Ha conseguito grandi vittorie e poi è ritornato a fare il preside della sua scuola a Palermo.”
Immagini ©Massimo Campi – archivio